Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 15-04-2011) 05-05-2011, n. 17701 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

L.A., indagato per il delitto di omicidio in danno di B.S., aggravato dai motivi abietti e rutili e dalla premeditazione, nonchè del reato di cui aH’art.412 c.p., entrambi aggravati L. n. 203 del 1991, ex art. 7 ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso l’ ordinanza 7.12.10, emessa ex art. 310 c.p.p. dal Tribunale del riesame di Catania con la quale è stata rigettata la richiesta di revoca della misura cautelare della custodia in carcere applicata al L. dal g.i.p. e confermata poi dal Tribunale del riesame in data 19.3.10.

Deduce la difesa del ricorrente, nel chiedere l’annullamento dell’impugnato provvedimento, violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed c) per avere i giudici del riesame, con motivazione apparente, rigettato l’appello con cui veniva richiesta la revoca della misura cautelare, senza valutare gli elementi oggettivi scaturenti dagli atti al fine di esaminare la veridicità o meno delle affermazioni rese dalle persone sentite in sede di indagini difensive – ma mai dalla p.g. o dal p.m. – e che erano state indicate sia dai fratelli del defunto B.S. che dal pentito T.S., ma aprioristicamente giudicate inattendibili dal tribunale catanese.

Senonchè – prosegue il ricorrente, con riferimento alla ricostruzione del luogo dell’omicidio, le dichiarazioni di F. C., proprietario della villa presso cui era stata uccisa la vittima e che aveva escluso la stessa fosse dotata di ventilatore (di cui invece il T. aveva affermato l’esistenza dicendo che il cavo utilizzato dal L. per strangolare B.S. era stato strappato da un ventilatore che colà si trovava), non potevano essere ritenute inattendibili in quanto – come ritenuto dal tribunale della libertà – provenienti da soggetto che aveva comunque un interesse ad evitare un suo personale coinvolgimento nella vicenda, dal momento che mai il C. era stato indagato nel procedimento de quo, per cui si trattava di soggetto credibile, così come M.A., titolare dell’officina presso cui il T. si era presentato con la sua vettura di colore rosso (stesso colore delle tracce di vernice rinvenute sul ciclomotore del defunto B.) e che aveva affermato che quest’ultimo aveva colà portato la sua macchina non per rottamarla (come invece sostenuto dal T.) ma per ripararla.

Anche le dichiarazioni di F.A. e Fl.Gi. – evidenzia ancora il ricorrente, secondo cui essi non avevano mai avuto rapporti con il L., erano state aprioristicamente disattese dai giudici del riesame solo perchè il T. aveva asserito il loro inserimento nell’ambito dell’associazione malavitosa facente capo al L., benchè gli stessi non fossero mai stati indagati nè nel processo de quo nè in altri, mentre con riferimento alle dichiarazioni di "(OMISSIS)" ( Ta.Vi.) il tribunale del riesame aveva ritenuto che il L. avesse programmato l’omicidio di B. e che l’episodio di (OMISSIS) altro non fosse che l’input ed il pretesto per avventarsi contro la vittima, laddove invece mai il T. aveva parlato di programmazione dell’omicidio nè aveva affermato che il L. avesse mostrato risentimento per una richiesta di pizzo avanzata dal B. nei confronti di (OMISSIS). Mancavano dunque i riscontri alle dichiarazioni dei collaboranti, dal momento che, quanto alla causale dell’omicidio – cioè il predominio nella collocazione di apparecchi videopoker – , in casa del L. non erano stati rinvenuti apparecchi videopoker nè era emerso alcun elemento da cui inferire un suo interessamento in proposito, mentre, quanto alla esecuzione dell’omicidio, mai vi era stato un preventivo incontro diretto tra la vittima ed il L., avendo il T. dichiarato di essere stato lui il portavoce del L. anche per concordare l’incontro tra i due del (OMISSIS) nei pressi della caserma dei carabinieri, nessuna prova essendovi poi, se non le dichiarazioni del predetto, circa il successivo incontro avvenuto in aperta campagna, alle ore 18 del giorno seguente ed al buio, proprio cioè nelle condizioni che la stessa vittima temeva tanto da aver rassicurato il fratello Fr. che si sarebbe recato all’incontro dinanzi al ristorante in quanto in paese ed in luogo vicino alla caserma dei carabinieri.

Infine, si deduce violazione di legge per avere il tribunale omesso di motivare in ordine alle ragioni per le quali aveva ritenuto sussistente l’aggravante L. n. 203 del 1991, ex art. 7 mancando la individuazione del gruppo malavitoso agevolato ed i nomi dei presunti associati.

Osserva la Corte che il ricorso è infondato.

E’ giurisprudenza consolidata di questa Corte che alle ordinanze, anche se non impugnate, adottate dal tribunale ex artt. 309 e 310 c.p.p., in sede di riesame o di appello avverso provvedimenti de liberiate deve essere riconosciuta una sia pur limitata efficacia preclusiva, di natura endoprocessuale, fondata sul principio del ne bis in idem, di cui all’art. 649 c.p.p., per cui soltanto un successivo, apprezzabile mutamento del fatto può consentire la revoca, per inidoneità degli indizi, della medesima ordinanza la quale sia comunque divenuta definitiva (v. Sez.un., 12 ottobre 1993, n. 23; Sez. 6, 25 ottobre 2002, in C.E.D. Cass., n. 223654).

Pertanto, in tema di ed. giudicato cautelare, la preclusione derivante da una precedente pronuncia del tribunale del riesame può essere superata solo quando si prospettino nuovi elementi di valutazione e di inquadramento dei fatti, per effetto di sopravvenuti sviluppi delle indagini, che rendano possibile la revoca o la sostituzione della misura applicata (cfr. Sez. 1, 19 gennaio 2007, n. 15906).

Orbene, nella specie, con motivazione non certo apparente, ma congrua e scevra da profili di illogicità, i giudici catanesi, aditi ex art. 310 c.p.p., hanno ritenuto che la solidità del quadro indiziario a carico dell’odierno ricorrente, con riferimento all’omicidio di B.S. non è venuta meno anche in considerazione degli elementi addotti dalla difesa nell’istanza con cui è stata chiesta la rimessione in libertà del L., costituiti precipuamente dalle dichiarazioni dei soggetti sentiti in sede di indagini difensive.

Ricordato come l’odierno ricorrente sia stato raggiunto dalla chiamata in correità di T.S., ritenuta precisa e circostanziata, nonchè riscontrata dagli esiti delle prime indagini, segnatamente da quanto riferito dal fratello della vittima, B. F., relativamente all’appuntamento che questi aveva con il L. il giorno della sua scomparsa (avvenuta il (OMISSIS)), e ai recenti contrasti insorti tra i due a motivo della collocazione di apparecchi videopoker – elemento quest’ultimo di particolare pregnanza che riconduceva al movente dell’omicidio – , i giudici della libertà hanno evidenziato la convergenza delle indicazioni fornite dal T. e dal B.F., i quali avevano assunto notizie ed informazioni dirette, ognuno dai rispettivi contendenti con i quali erano in rapporto di vicinanza.

Quanto ai risultati delle indagini ex art. 391-bis c.p.p., la valutazione dei giudici di merito è correttamente avvenuta con la comparazione tra le affermazioni delle persone sentite dal difensore e gli elementi indiziali raccolti a carico del L., caratterizzati da quella necessaria gravità ai fini di cui all’art. 273 c.p.p. che non è venuta meno in considerazione degli elementi addotti dalla difesa, essendo stato rimarcato come le dichiarazioni di C.F. – di aver negato di aver ceduto al L. le chiavi della propria abitazione e di aver mai avuto un ventilatore all’interno della stessa (circostanze affermate invece dal T. il quale aveva precisato che la morte di B.S. era avvenuta mediante strangolamento con un filo elettrico strappato da un ventilatore trovato nella casa di campagna del C., dove esso T. era giunto, dopo aver concordato l’appuntamento con la vittima, a bordo della propria vettura assieme all’odierno ricorrente, poi raggiunti dal B. alla guida di un ciclomotore) – erano già state compiutamente disattese in sede di riesame perchè rese da soggetto che aveva l’evidente interesse ad evitare un suo coinvolgimento nella vicenda omicidiaria e analogamente era a dirsi per quelle di M.A., anch’egli passibile di coinvolgimento nella vicenda, quanto meno a titolo di favoreggiamento, e per questo interessato ad allontanare ogni sospetto da sè, reputato peraltro già inattendibile in sede di riesame -hanno precisato i giudici del tribunale – allorchè aveva asserito di aver consegnato alla ditta Scatà i documenti relativi alla vettura del T. da rottamare, circostanza risultata infondata. Era poi evidente – hanno ancora rilevato i giudici catanesi – come F.A. e Fl.Gi. avessero smentito di appartenere alla consorteria criminale facente capo al L., come invece sostenuto dal T. il quale aveva anche evidenziato come Ca.Ri. fosse anch’egli soggetto attiguo ad ambienti criminali, sì che non poteva sorprendere che avesse negato i suoi contatti con B.F. dopo la scomparsa del fratello Salvatore, dovendo ribadirsi – hanno poi plausibilmente concluso i giudici della libertà – che sia B. F. che il fratello S. avevano sin dall’inizio incentrato le loro accuse sul L. a cagione dei forti dissidi che questi aveva avuto con B.S. circa la collocazione negli esercizi pubblici degli apparecchi videopoker, contrasti poi ribaditi dallo stesso T.S. e che avevano condotto l’odierno ricorrente a programmare l’omicidio del rivale solo preceduto – nella sua dinamica – dalla richiesta di chiarimenti in ordine alla pretesa estorsiva contestata al B. nei riguardi di (OMISSIS), a mò di pretesto del L. per avventarsi contro la vittima.

Quanto al motivo concernente la mancata motivazione – peraltro solo genericamente dedotta dalla difesa – in ordine agli elementi per ritenere l’aggravante L. n. 203 del 1991, ex art. 7 i giudici dell’appello hanno fatto corretto riferimento, anche sul punto, alle propalazioni del collaborante T.S. e alla loro complessiva attendibilità.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli avvisi di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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