Cass. civ. Sez. I, Sent., 22-08-2011, n. 17456 Ammissione al passivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Mario Cirino Pomicino s.p.a. propone ricorso per cassazione avverso il decreto con il quale il tribunale, pronunciandosi in sede di opposizione allo stato passivo del fallimento So.Co.Tau. s.c. a r.l., ha confermato il provvedimento del giudice delegato che ha ammesso il credito della ricorrente con gli interessi convenzionali mentre ha escluso quelli anatocistici.

Il ricorso è affidato a tre motivi. Con il primo si deduce violazione di legge censurandosi il tribunale che ha confermato l’operato del giudice delegato laddove ha proceduto all’interpretazione del giudicato in base al quale è stata proposta domanda di insinuazione al passivo. Con gli ulteriori motivi si censura la correttezza dell’interpretazione fornita del citato giudicato in ordine alla pronuncia sugli interessi anatocistici.

La curatela fallimentare non ha proposto controricorso, partecipando unicamente alla discussione.

Sia la ricorrente che la curatela hanno depositato memoria.
Motivi della decisione

Deve preliminarmente rilevarsi l’inammissibilità del deposito di memoria da parte della curatela, non avendo questa proposto controricorso (ex multis: Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 18091 del 12/09/2005).

Il primo motivo con il quale si deduce violazione di legge e si chiede di affermare il principio secondo cui il giudice delegato non avrebbe il potere, in sede di valutazione di domanda di ammissione al passivo, di "riesaminare e interpretare la sentenza, passata in giudicato per mancata impugnazione della società poi fallita, che è stata posta dal creditore a base della sua domanda di ammissione al passivo" è manifestamente infondato nei termini in cui è proposto in quanto appare ovvio che in caso di contrasto in ordine alla portata del giudicato stesso il giudice debba procederne all’interpretazione al fine di individuarne il contenuto e i limiti, non potendo diversamente trame le conseguenze nel giudizio nell’ambito del quale il dictum giurisdizionale deve operare.

Con il secondo ed il terzo motivo, che per la loro complementarietà possono essere decisi congiuntamente, si censura sotto il profilo della violazione di legge, l’interpretazione fornita dal Tribunale della sentenza della Corte d’appello posta a base della domanda di insinuazione.

Premesso che "Posto che il giudicato va assimilato agli elementi normativi, cosicchè la sua interpretazione deve essere effettuata alla stregua dell’esegesi delle norme e non già degli atti e dei negozi giuridici, essendo sindacabili sotto il profilo della violazione di legge gli eventuali errori interpretativi, ne consegue che il giudice di legittimità può direttamente accertare l’esistenza e la portata del giudicato esterno con cognizione piena che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal giudice di merito" (Cassazione civile, sez. un., 28 novembre 2007, n. 24664), giova riferire che, come risulta dal stesso ricorso, la vicenda processuale il cui provvedimento conclusivo ha determinato l’accertamento del credito insinuato, nasce nel 1992 con la richiesta di decreto ingiuntivo da parte della Mario Cirino Pomicino nei confronti della So.Co.Tau. per il pagamento della somma di L. 67.251.390 "oltre interessi convenzionali dal 01.02.91"; con decreto del 1.7.92 il tribunale di Napoli ingiunse il pagamento della somma di L. 67.251.390 per la causale di cui al ricorso, oltre gli interessi convenzionali (27,5%) dal 18/2/91 al soddisfo) sull’opposizione della ingiunta e in esito alla richiesta da parte della creditrice anche degli interessi anatocistici (ma solo in comparsa conclusionale, come nota il decreto oggetto del ricorso) il tribunale rigettò l’opposizione precisando che "ogni altro motivo di opposizione va disatteso ai sensi dell’art. 14 delle condizioni di vendita … con conferma degli interessi pattuiti". In esito al gravame della sola So.Co.Tau. la Corte d’appello dispose "1. Accoglie l’appello per quanto di ragione, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata: a) revoca il decreto ingiuntivo, emesso dal presidente del tribunale di Napoli in data 1 luglio 1992; b) condanna la SO.CO.TAU. …. a pagare alla SpA Mario Orino Pomicino la somma di Euro 23.428, oltre gli interessi nella misura convenzionalmente stabilita dalle parti nelle condizioni di vendita (art. 11) sottoscritte il 12 dicembre 1898, dal 16 giugno 1990 sino al saldo".

Tali essendo i provvedimenti che qui rilevano non vi è dubbio che la sentenza della Corte d’appello debba essere interpretata nel senso dell’avvenuto riconoscimento dei soli interessi convenzionali previsti nella citata clausola n. 11 del contratto concluso tra le parti (che prevede, in caso di inadempimento, la corresponsione di "interessi di mora ad un tasso pari a 15 punti in più rispetto al tasso ufficiale di sconto della Banca d’Italia calcolati per ogni giorno di ritardo") e non anche di quelli anatocistici, pur previsti nella stessa clausola ("Promossa eventualmente azione giudiziaria ai danni degli inadempienti, la Spa Pomicino ha diritto di richiedere gli interessi anatocistici al tasso indicato dal giorno della domanda giudiziale").

Premesso invero che gli interessi anatocistici non vennero richiesti con il ricorso per decreto ingiuntivo, tanto che in detto decreto la condanna fu limitata agli "interessi convenzionali (27,5%)", ma, come rileva il provvedimento impugnato, la domanda venne avanzata solo in sede di comparsa conclusionale nel giudizio di opposizione, gli stessi non vennero neppure riconosciuti nella sentenza che ha rigettato l’opposizione che ha implicitamente respinto la richiesta tardiva "con conferma degli interessi pattuiti" che altro non possono essere che quelli convenzionali menzionati nel decreto ingiuntivo.

Poichè la sentenza del Tribunale è stata appellata dalla sola So.Co.Tau mentre la controparte ha prestato acquiescenza, la pronuncia della corte territoriale secondo cui sono stati riconosciuti, oltre al capitale, gli "interessi nella misura convenzionalmente stabilita tra le parti nelle condizioni di vendita (art. 11)" non può che essere riferita ai soli interessi già riconosciuti dal primo giudice e quindi esclusi quelli anatocistici, non potendosi presumere che il giudice sia andato ultra petita.

Il ricorso deve dunque essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese che liquida in complessivi Euro 5.200,00 di cui Euro 5.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *