Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 14-04-2011) 05-05-2011, n. 17696 Falsità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I.A. ricorre personalmente avverso la sentenza di applicazione pena su richiesta emessa dal GUP del Tribunale di Sondrio, in data 12-10-2010, in relazione ai reati, consumato e tentato, di falso ideologico per induzione di cui agli artt. 48 e 479 e di favoreggiamento della permanenza in Italia di cittadini extracomunitari clandestini, di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, comma 5.

In breve la vicenda: I., medico dell’INPS di Sondrio, in concorso con l’avvocato P.K.D. e con K. F.H., aveva presentato istanze di regolarizzazione L. n. 102 del 2009, ex art. 1 ter di alcuni cittadini (OMISSIS) – una delle quali andata a buon fine con rilascio del permesso di soggiorno, corredate da false attestazioni dell’esistenza di rapporti di lavoro, provenienti da persone invalide o con problemi economici – individuate da I. che si erano indotte a ciò dietro compenso e con l’accordo che gli stranieri non avrebbero mai prestato la loro opera.

Il ricorso è articolato in sei motivi.

1) Erronea applicazione degli artt. 48 e 479 in relazione all’art. 476 c.p., comma 2. Il permesso di soggiorno, tramite il richiamo a quest’ultima norma, è stato configurato, e ritenuto in sentenza, quale atto pubblico fidefacente – con conseguente pena edittale superiore, mentre, pur essendo atto pubblico, non fa fede fino a querela di falso.

2) Erronea qualificazione del fatto sotto altro profilo, quello della ricorrenza, in luogo del reato di cui all’art. 479 c.p., di quello di cui alla L. n. 2 del 2009, art. 1 ter (legge di conversione del D.L. n. 8 del 2009) – disciplina speciale rispetto a quella applicata, che punisce, salvo che il fatto costituisca più grave reato, le false dichiarazioni o attestazioni e la contraffazione o alterazioni di documenti – o l’utilizzo di tali documenti – nell’ambito della procedura di emersione.

3) Ulteriore violazione della legge penale, laddove al solo I. è stato contestato l’art. 479 c.p., mentre a tutti agli altri fittizi datori di lavoro è stata ascritta la violazione di cui all’art. 483 c.p. in relazione alla L. n. 2 del 2009, art. 1 ter.

4) Erronea applicazione della norma sul tentativo, in relazione alla presentazione delle false istanze di regolarizzazione non accolte, in quanto il reato contestato si perfeziona istantaneamente al momento della formazione dell’atto pubblico falso, e non ammette tentativo.

5) Erronea applicazione della legge penale per errore nella qualificazione giuridica del fatto in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, comma 5 che esige il fine di ingiusto profitto, della cui prova non vi è cenno nella sentenza impugnata.

6) Inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità ( art. 406 c.p.p.) per mancata notifica all’imputato e al difensore dell’avviso della richiesta di proroga del termine delle indagini preliminari, che ha determinato nullità dell’autorizzazione alla prosecuzione delle indagini e di tutti gli atti conseguenti, compreso il decreto di giudizio immediato.

Il PG presso questa corte, con requisitoria scritta, ritenuto che il permesso di soggiorno, atto pubblico, non sembra potersi considerare come fidefacente, e che conseguentemente nella sentenza non si è dato atto del controllo effettuato sulla qualificazione giuridica del fatto, ne ha chiesto l’annullamento con rinvio al giudice a quo, per nuovo esame.

Il difensore d’ufficio avv. Anna Vittoria Vadino in data 11-4-2011 ha depositato memoria con cui insiste per l’accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione

Il primo motivo è fondato, essendo gli altri motivi inammissibili o infondati.

1) Va rilevato, in conformità alla requisitoria scritta del PG, che il permesso di soggiorno è atto pubblico che non fa fede fino a querela di falso, donde l’erronea qualificazione dei reati sub b) e c), ascritti al ricorrente, e, per l’effetto estensivo, dei reati sub e) ed f), ascritti alla P. e a K., non ricorrenti, e dei reati sub h) ed i) ascritti a K., non ricorrente, reati tutti qualificati, per effetto di contestazione suppletiva del PM, come aggravati ai sensi dell’art. 476 c.p., comma 2. 2) Palesemente erronea è invece la pretesa del ricorrente, di cui al secondo motivo, di qualificare i reati di falso, rispettivamente consumato e tentato, di cui agli artt. 48 e 479 c.p., ai sensi della L. n. 2 del 2009, art. 1 ter essendo la ratto di tale previsione, finalizzata a stroncare la prassi di dichiarazioni di lavoro subordinato compiacenti, quella di conferire rilevanza penale a qualunque tipo di falsa dichiarazione o attestazione, e di contraffazione o alterazione di documenti, e al loro utilizzo, commessi nell’ambito della procedura di emersione, ‘salvo che il fatto costituisca più grave reato. Inciso, quest’ultimo, che, lungi dall’attribuire carattere di specialità alla figura criminosa, ne evidenzia invece il carattere sussidiario. Con l’ovvia conseguenza che il reato previsto dalla legge speciale è integrato quando non ricorrano gli elementi costitutivi di altre figure criminose, nella specie quelli del falso ideologico del pubblico ufficiale per induzione, secondo costante orientamento di questa corte relativo al permesso di soggiorno (Cass. 19924/2005).

3) Del pari priva di fondamento è la doglianza, avanzata con il terzo motivo, relativa alla mancata qualificazione del falso ascritto a I. sub specie di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico ( art. 483 c.p.), che si assume contestata agli altri datori di lavoro. Mentre tale ultimo dato risulta meramente affermato, ed è comunque irrilevante, va osservato che il reato di cui all’art. 483 c.p. ricorre quando la falsa dichiarazione riveste autonomo rilievo essendo destinata a confluire in un atto pubblico senza che rientri nelle funzioni del P.U. attestarne la veridicità.

Il reato di cui all’art. 479 c.p. richiede invece che il P.U. integri la dichiarazione del privato con una sua attestazione di rispondenza al vero, che è quanto avviene nel caso del permesso di soggiorno (Cass. 29860/2006).

4) Non è ravvisabile violazione di legge nella configurazione del reato tentato laddove le false dichiarazioni dei datori di lavoro fittizi non hanno portato al rilascio del permesso dei soggiorno ai cittadini cinesi. Questa corte si è infatti pronunciata per la configurabilità, in generale, del tentativo del falso ideologico per induzione (Cass. 38226/2008), precisando in particolare che ricorre tale figura quando, a seguito dell’inganno, il P.U. compia atti idonei diretti in modo non equivoco all’adozione di un provvedimento ideologicamente falso (Cass. 12034/2007), nella specie ravvisabili (come risulta dal capo e d’imputazione) nelle iniziative dell’ufficio competente intese ad accertare la regolarità delle false dichiarazioni, cui erano seguite le indagini dei carabinieri.

5) Inammissibile è il quinto motivo (a tenore del quale non sarebbe provato il fine di ingiusto profitto richiesto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, comma 5), in quanto non consentito nel giudizio di legittimità trattandosi di questione in fatto.

6) Manifestamente infondato il sesto, dal momento che la mancata notifica all’imputato e al difensore dell’avviso della richiesta di proroga del termine delle indagini preliminari, costituisce vizio di nullità relativa a regime intermedio che avrebbe dovuto essere eccepito dopo l’accertamento per la prima volta della costituzione delle parti, ai sensi dell’art. 181 c.p.p., comma 2 e art. 491 c.p.p., comma 1, il che non è avvenuto.

La sentenza di primo grado va annullata senza rinvio in conseguenza dell’accoglimento del primo motivo di ricorso, con effetto estensivo nei confronti degli imputati non ricorrenti P.K. D. e K.F.H., e con trasmissione degli al giudice a quo per l’ulteriore corso.
P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di I.A. e, per l’effetto estensivo, nei confronti di P.K.D. e di K.F.H., e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Sondrio per l’ulteriore corso.

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