Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 13-04-2011) 05-05-2011, n. 17311

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el ricorso.
Svolgimento del processo

1. Con la ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale della Libertà di Napoli rigettava l’appello proposto da B.P. avverso l’ordinanza emessa da quella Corte di Appello in data 19 luglio 2010, con cui gli era stata negata la revoca della misura cautelare massima. Rilevava che l’imputato, colpito dal provvedimento restrittivo per il delitto di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e di detenzione di sostanze, aggravata dalla finalità di favorire il clan camorristico Giuliano, aveva solo invocato il mutamento del regime cautelare nei confronti di altri imputati, ossia elemento di natura esogena non rilevante sulla sua posizione, per dimostrare il mutamento del quadro cautelare. Secondo il Tribunale, ancora, permaneva il rischio di condotte recidivanti, in relazione al suo curriculum criminale, definito imponente; il fatto che gli fosse ristretto per altro titolo, definitivo, non escludeva il pericolo di fuga e/o di inquinamento probatorio, non potendosi escludere una successiva liberazione.

2. Ricorre il difensore, nell’interesse del B., e deduce che la pronunzia è stata emessa in violazione di legge e senza adeguata motivazione, con riferimento alla attualità delle esigenze cautelari, non avendo il Tribunale considerato che l’associazione camorristica, detta clan Giuliano, non è più in vita, sin dal 1999 e che comunque che l’imputato non potrà tornare in libertà, perchè in espiazione pena. In ogni caso, poi, il B. è soggetto al regime detentivo di cui all’art. 41 bis o.p., che esclude la possibilità di inquinamento probatorio.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Il B., con poche e generiche proposizioni, formula dei motivi affetti non solo dal vizio di aspecificità, ma anche manifestamente infondati.

3. Infatti, il ricorrente da un canto non si confronta con l’iter argomentativo del provvedimento impugnato, che in primo luogo ha escluso che fatti sopravvenuti consentissero in senso favorevole all’imputato una rivisitazione del grave quadro cautelare a suo carico, osservazione questa di per sè bastevole per negare le ragioni della revoca; dall’altro, in questa sede si limita a ribadire, ai fini della adeguatezza special-preventiva della misura, il venir meno del clan Giuliano, senza considerare che il TDL ha centrato la pericolosità specifica non solo sulla appartenenza alla associazione di stampo camorristico, ma sul suo spessore criminale, quale emergente dai precedenti penali, operando correttamente una valutazione concreta di attitudine al delitto e quindi di propensione alla reiterazione.

4. L’ulteriore deduzione relativa al suo attuale stato di detenzione è del tutto fuor di luogo, essendo principio acquisito che lo stato di detenzione per altra causa ed anche in virtù di condanna definitiva, del destinatario di una misura coercitiva custodiale non è di per sè in contrasto con la configurabilità di esigenze cautelari, ed in particolare con quella rappresentata dal pericolo di reiterazione della condotta criminosa. Ciò in considerazione dei molteplici benefici che l’ordinamento prevede per la attenuazione del regime carcerario ed il riacquisto anticipato della libertà, come messo in evidenza, esattamente, nel provvedimento impugnato.

5. In conseguenza della ritenuta inammissibilità, il ricorrente è da condannare al pagamento delle spese processuali ed alla somma di Euro mille da versare alla cassa delle ammende.

6. A norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, copia del presente provvedimento va trasmesso al Direttore dell’istituto penitenziario in cui il ricorrente è ristretto.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla somma di Euro mille a favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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