T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 04-05-2011, n. 1147 Piano regolatore comunale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

icorrenti; avv. Gian Paolo Cimolino per il Comune di Cabiate;
Svolgimento del processo

I coniugi A.A. e G.F. sono comproprietari di un complesso immobiliare sito nel Comune di Cabiate, costituito da un corpo di fabbrica e da un’annessa area pertinenziale adibita a parcheggio.

Nel 1980 la società "Figli di A.G. di A.A. e G.F. Snc" (da ora anche solo la società), all’epoca proprietaria dell’edificio di cui oggi è soltanto affittuaria, chiese ed ottenne di trasferire in detto immobile la propria attività commerciale per l’esposizione e la vendita di arredi.

Al tale scopo, la società chiese il rilascio di una concessione edilizia (da ora anche solo C.E.) per la modifica della destinazione d’uso del piano terreno di detto fabbricato che, sino ad allora utilizzato come deposito, avrebbe dovuto assumere la funzione di locale per l’esposizione e la vendita.

Il titolo abilitativo edilizio (la concessione edilizia n. 2825 del 30.06.1980) fu, quindi, assentito, sul presupposto che la società provvedesse all’asservimento di un’area da destinarsi a parcheggio, in accordo ai dettami dell’art. 22 L.R. n. 51/1975.

A tanto la società provvide, con dichiarazione del 27.06.1980, mediante produzione "di tipo dimostrativo indicante l’area standard computata da assoggettare ad uso pubblico", in cui veniva ad essere individuata la superficie di mq. 232,87 qualificata come "area con servitù a parcheggio".

Sennonché, a mente degli istanti, detta area si connoterebbe come area privata, sia pure assoggettata a servitù di uso pubblico, il cui contenuto si concretizzerebbe nella messa a disposizione della superficie per il parcheggio dell’autovettura soltanto a favore dell’utenza diretta all’esercizio commerciale dei ricorrenti.

Di diverso avviso, l’Autorità comunale che, nel P.G.T. oggi impugnato, ha classificato l’area in questione come "di sosta pubblica", ovvero, come area messa a disposizione della collettività indistinta.

Di tale erronea – a mente degli istanti – individuazione del contenuto di siffatta servitù e, quindi, di tale erronea classificazione dell’area in esame, si trarrebbe ulteriore contezza avendo riguardo alla determinazione dirigenziale n. 10794 del 9.11.2007 (impugnata dai sigg.ri A. con ricorso n. 208/2008 r.g. T.A.R. Lombardia – Milano), concernente incombenti disposti ai fini della "tutela possessoria in riferimento al bene demaniale comunale identificato nella porzione del mappale 741, tra Via S. Pellico e viale della Repubblica". A ben vedere, infatti, tale ultimo provvedimento (con cui il Comune ha ordinato e attuato la rimozione forzata della segnaletica e degli sbarramenti, posti dalla proprietà a garanzia della fruizione del parcheggio da parte dei soli beneficiari della servitù, vale a dire, stando alla tesi istante, dei soli utenti del negozio), si giustificherebbe soltanto avendo riguardo all’erronea considerazione dell’area in questione serbata dall’amministrazione locale qui intimata.

In conseguenza di tutto ciò, quindi, la difesa ricorrente – nella convinzione che la non corretta classificazione dell’area quale "di sosta pubblica", così come contenuta nel P.G.T., sarebbe l’effetto di una tralaticia trasposizione in esso di una erronea interpretazione della convenzione, da parte comunale – ha interposto l’odierno gravame, che fa leva sui vizi di violazione di legge ed eccesso di potere, sotto più profili.

Si è costituito il Comune di Cabiate, controdeducendo con separata memoria alle censure avversarie.

Alla pubblica udienza del 24 febbraio 2011 la causa, su concorde richiesta delle parti, è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
Motivi della decisione

Per comprendere la ragione sottesa alla scelta di azzonamento dell’area di proprietà dei ricorrenti, espresse dal Comune di Cabiate col P.G.T. impugnato, è necessario esaminare la documentazione versata in atti da parte resistente, da cui si evince che:

– in relazione alla domanda di rilascio di C.E. per "completamento costruzione esistente per formazione di esposizione e abitazione" presentata il 25.06.1980, gli istanti – con dichiarazione presentata al Comune stesso il 27.6.1980 (cfr. doc. n. 2 di parte resistente) – richiedevano la modifica dell’ubicazione del negozio e il cambio di destinazione del piano terreno del fabbricato da adibire ad esposizione – negozio, allegando copie indicanti l’area a standard "da assoggettare ad uso pubblico";

– la C.E., così come richiesta, è stata rilasciata con atto n. 3326, del 30.06.1980, e l’area da assoggettare ad uso pubblico risulta essere stata, effettivamente e di fatto, destinata a tal uso, a far data dal 1986 (cfr. la dichiarazione del dipendente dell’amministrazione comunale, in qualità di operatore ecologico e quelle del Comandante e del Comm. Agg. della Polizia Locale dello stesso Comune, all. nn. 5 di parte resistente);

– nel previgente P.R.U.G., l’area de qua era stata azzonata in conformità della predetta servitù pubblica, come zona F3 "Standard comunali per parcheggi" (cfr. doc. n. 9 del Comune);

– con la deliberazione n. 44, del 17.12.2008 (doc. n. 10) il C.C. di Cabiate ha adottato il nuovo P.G.T. classificando l’area in questione come "Aree di sosta pubbliche";

– con la deliberazione n. 11, del 15.04.2009 il Comune ha riscontrato negativamente le osservazioni degli istanti, confermando la destinazione come sopra dell’area de qua.

Ebbene, sulla base delle suesposta documentazione, il Collegio – tralasciando l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata da parte resistente sul presupposto del difetto di interesse ad impugnare un atto privo, in parte qua, di carattere innovativo- non può che rilevare l’infondatezza nel merito dell’odierno gravame.

Così, quanto all’unico, ma articolato motivo di ricorso, con cui si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 della legge n. 241/1990 e 22, n.3, secondo cpv. e ult. co. della L.R. Lombardia n. 51/1975, la violazione dell’art. 6 delle N.T.A. del Piano dei Servizi (P.d.S.), nonché, l’eccesso di potere per difetto assoluto dei presupposti, travisamento, falsità della motivazione.

In sostanza, ciò di cui gli esponenti si dolgono, è l’errore in cui sarebbe incorsa l’amministrazione, per avere classificato (cfr. Tav. 9 allegata al Piano dei Servizi; doc. n. 5 parte ricorrente) l’area in questione come di "sosta pubblica", tenuto conto che, ai sensi dell’art. 6 delle N.T.A. allegate al cit. P.d.S. (cfr. doc. n. 8 parte ricorrente): "I parcheggi pubblici sono sempre di proprietà pubblica e realizzati su aree pubbliche o destinate ad essere cedute al Comune". L’area in questione, invece, sottolineano i ricorrenti, sarebbe sempre rimasta un’area privata, gravata da servitù di uso pubblico a soddisfacimento dello standard generato dall’attività commerciale. Analogamente erronea sarebbe, poi, la controdeduzione all’osservazione degli esponenti, nella parte in cui essa fa riferimento alla predetta area, indicandola come: "già convenzionata da cedere al Comune", atteso che, non vi sarebbe alcun impegno di cessione in tal senso da parte degli istanti.

Il motivo è, nel senso di seguito esposto, infondato.

L’art. 41 quinquies, aggiunto alla legge urbanistica del 1942 (n.1150) dall’art. 17, L. 6 agosto 1967, n. 765, prevede dei limiti inderogabili da osservare nella formazione degli strumenti urbanistici (cd. standards urbanistici speciali, che, come tali, si distinguono da quelli "generali", fissati per legge e validi per tutto il territorio nazionale) statuendo al riguardo, che:

"In tutti i Comuni, ai fini della formazione di nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, debbono essere osservati limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza tra i fabbricati, nonché rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi" (comma 8°).

"I limiti e i rapporti previsti dal precedente comma sono definiti per zone territoriali omogenee, con decreto del Ministro per i lavori pubblici di concerto con quello per l’interno, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici. In sede di prima applicazione della presente legge, tale decreto viene emanato entro sei mesi dall’entrata in vigore della medesima" (comma 9° art. cit.).

In attuazione di tale ultima previsione è stato adottato, com’è noto, il d.m. n. 1444 del 02.04.1968, che ha fissato valori minimi inderogabili con riferimento alle "zone territoriali omogenee".

La disciplina in questione è stata, poi, integrata – a livello regionale – con l’art. 22 della L.R. Lombardia n. 51/1975 cit. (legge abrogata dall’art. 104, comma 1, lett. a, della L.R. 11 marzo 2005, n. 12), modificato dall’art. 3 della L.R. 7 giugno 1985, n. 73, applicabile ratione temporis al caso di specie e disciplinante la dotazione di aree per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale, che, al riguardo, aveva previsto che:

" Negli strumenti urbanistici generali e nei piani attuativi deve essere assicurata una dotazione globale di aree per attrezzature pubbliche e di uso pubblico, commisurata all’entità degli insediamenti residenziali, produttivi, direzionali e commerciali, sulla base dei seguenti parametri:

3) aree per attrezzature al servizio degli insediamenti direzionali e commerciali. La dotazione minima di standards funzionali ai nuovi insediamenti di carattere commerciale e direzionale per parcheggi, verde…stabilita dall’art. 5 sub 2) del d.m. n.1444 del 1968 in misura dell’80% della superficie lorda di pavimento degli edifici previsti, è elevata al 100%. Di tali aree almeno la metà dovrà essere destinata a parcheggi di uso pubblico".

Ebbene, nel caso di specie, viene in rilievo un’ipotesi tipica di asservimento di area a parcheggio di uso pubblico, riconducibile alla categoria degli "standards funzionali" di cui agli artt. 41 quinquies co. 9° cit., così come attuato dal d.m. 02.04.1968 n. 1444, e 22 L.R. n. 51/1975 sopra citata.

Si tratta, in particolare, di una fattispecie riconducibile alle servitù di uso pubblico, che si caratterizzano, come noto, per essere costituite bensì sopra un fondo, ma non per l’utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario, com’è per l’istituto delle servitù prediali, disciplinate dagli artt. 1027 e ss. cod. civ: qui, infatti, la relazione funzionale si pone tra due fondi, mentre, nel caso dello standard, il vantaggio deve riversarsi a favore della collettività in genere o, comunque, di collettività determinate, senza che sia possibile limitare (come adombra di ritenere la difesa ricorrente) l’ambito dei fruitori delle utilitas ritraibili dal fondo dominante, attraverso il riferimento agli utenti di un altro fondo (quale sarebbe, nel caso di specie, il fondo a destinazione commerciale di proprietà degli esponenti).

Tale soluzione interpretativa, infatti, si pone in evidente contrasto con la caratteristica saliente di siffatte servitù, rappresentata dalla mancanza di un fondo dominante in relazione al quale limitare l’individuazione degli aventi diritto al godimento delle utilitas ricavabili dal fondo servente (cfr. Cassazione civile, sez. II, 10 gennaio 2011, n. 333; Consiglio Stato, sez. V, 04 marzo 2010, n. 1266). Di modo che, la fattispecie all’esame si distingue anche da quella dei parcheggi pertinenziali di cui all’art. 41 sexies della legge urbanistica n. 1150/1942, nel testo introdotto dall’art. 18 della legge 6 agosto 1967 n. 765, prima dell’inserimento del 2° comma da parte della legge 28.11.2005 n. 246.

Anteriormente a quest’ultima modifica, infatti, i parcheggi ex art. 41 sexies cit., pur essendo riconducibili alla categoria degli standards urbanistici (generali), realizzavano un vincolo pubblicistico di destinazione delle aree riservate a parcheggio, non scindibile da atti di autonomia privata, e che si traduceva nel riconoscimento di un diritto reale di uso a favore dei soli condomini dell’unità immobiliare a cui le predette aree accedevano (cfr. Cass. S.U. 17.12.1984, nn. 6600,6601 e 6602; Cass., I, sent. n. 4197 del 05042000; Cass., Sez. II, sent. n. 2004 del 25021991); nell’ipotesi della servitù di uso pubblico, invece, l’asservimento si riversa a favore della collettività, con i soli limiti dettati dal pubblico interesse (dopo la riforma del 2005, pur restando inalterato il vincolo urbanistico di destinazione a parcheggio, di cui al 1° co. dell’art. 41 sexies cit., non appare più configurabile alcun diritto reale a favore degli abitanti del relativo stabile, stante il chiaro tenore della disposizione introdotta al 2° co. della medesima norma, che così recita: "Gli spazi per parcheggi realizzati in forza del primo comma non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da diritti d’uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono trasferibili autonomamente da esse").

Tornando alla servitù di uso pubblico, va poi chiarito come la presenza sul fondo del vincolo di destinazione all’uso pubblico giustifica, per pacifica opinione dottrinale e giurisprudenziale, l’esercizio da parte dell’amministrazione dei poteri funzionali al mantenimento dell’uso pubblico, compresi quelli volti a fare cessare eventuali impedimenti e turbative (cfr. T.A.R. Lombardia Brescia, 18 marzo 2002, n. 496, secondo cui, ove sia stata imposta servitù di uso pubblico sugli spazi di sosta a parcheggio di proprietà della lottizzante, legittimamente l’amministrazione comunale può ingiungere il ripristino dell’ uso pubblico degli standard urbanistici). Sul punto, giova tuttavia precisare come, sebbene le servitù di uso pubblico sottopongano i beni che ne sono gravati ai poteri di regolazione spettanti all’autorità amministrativa, tali poteri siano limitati a quelli intesi a garantire l’uso del bene da parte della collettività, in conformità ai dettami del pubblico interesse; l’amministrazione non potrebbe, invece, disporre del bene ed esercitare su di esso i poteri che le competerebbero, se questo appartenesse al proprio demanio (cfr. T.A.R. Lombardia, III^, 11.02.2011 n. 466). Proseguendo in tal senso ed esemplificando, si deve ritenere che, ove il bene sia costituito, come nel caso di specie, da un parcheggio, l’esistenza di una servitù di uso pubblico, mentre consente all’amministrazione di realizzare gli interventi che ne garantiscono una migliore fruizione, non consente alla stessa di esercitare i poteri diretti ad autorizzarne l’uso eccezionale (si pensi, ad esempio, alla concessione di una porzione dell’area per la costruzione e la gestione di un’edicola). Non può escludersi, a tale stregua, che se su di un’area già gravata da servitù di uso pubblico, dovesse sorgere un interesse dell’amministrazione a divenirne proprietaria, in tal caso, la stessa P.A. dovrà esercitare con riferimento a detta area il potere espropriativo che le compete (cfr., a proposito di un terreno di proprietà privata asservito ad uso pubblico per dicatio ad patriam, ancora T.A.R. Lombardia, III^, 11.02.2011 n. 466, che si sofferma anche sulla distinzione fra servitù di uso pubblico e servitù pubbliche, specificando che, mentre le prime postulano l’esistenza di un solo immobile gravato dal "peso" funzionale alla generalità dei consociati, che possono così fruire, in maniera più o meno ampia a seconda dell’effettivo contenuto del diritto, di beni di proprietà privata, le servitù pubbliche, al pari delle servitù private, presuppongono l’esistenza di due fondi, dei quali uno, detto servente, viene gravato da pesi al fine di assicurare utilità ad un altro fondo, detto dominante).

Ne consegue, in definitiva, che gli spazi che per legge debbono essere destinati a soddisfare gli standards di cui al d.m. 1444 cit., nel caso di specie la destinazione a parcheggio, ai sensi dell’art. 22 della L.R. n. 51/1975, debbono ritenersi asserviti all’uso generalizzato da parte della collettività indistinta degli utenti e non all’uso limitato dei soli utenti dell’unità immobiliare in relazione alla quale è sorto l’obbligo della dotazione dello standard in questione (cfr. Cons. di Stato, sez. VI, 12.12.2006 n. 7340).

Nessuna rilevanza può assumere, al fine di incidere sul regime dell’area di che trattasi, l’erronea affermazione (a proposito di un presunto impegno dei ricorrenti alla cessione dell’area stessa) contenuta nelle controdeduzioni del Comune finalizzate al rigetto delle osservazioni dei ricorrenti. E, ciò, sia in considerazione della natura interlocutoria e, come tale, priva di autonoma lesività dell’atto con cui la predetta affermazione è stata esternata, sia perché, l’affermazione stessa non risulta ripetuta nel P.G.T. qui impugnato, come si desume dalle Tav. 13 e 14 e dall’art. 5 delle N.T.A. allegate al P.d.S. (cfr., rispettivamente, doc. nn. 6, 7 e 8 depositati da parte ricorrente).

Giova chiarire al riguardo, come lo spazio in questione non denoti affatto un "parcheggio pubblico", ai sensi dell’art. 6 delle N.T.A. citate, difettando, per la predetta qualificazione dell’area, la conditio sine qua non rappresentata dalla proprietà pubblica dell’area medesima o dall’obbligo di cessione della stessa al Comune, in capo agli odierni istanti.

In conclusione, quindi, pur restando l’area per cui è causa, in proprietà dei privati ricorrenti, la stessa non dà luogo ad un parcheggio privato, di pertinenza dell’unità immobiliare adibita a negozio, rimasta nella titolarità dominicale degli istanti, ma denota un’ipotesi tipica di servitù ad uso pubblico, che – come tale – deve ritenersi fruibile da parte della collettività indistinta dei consociati, nel senso più sopra esposto.

Per le considerazioni che precedono, il ricorso in epigrafe specificato deve essere respinto. Deve essere, invece, dichiarata inammissibile (prima ancora che infondata) la domanda risarcitoria, proposta per la prima volta con memoria depositata il 22.10.2010, non notificata all’altra parte in causa (sempre ché la stessa domanda sia intesa come riferita anche all’odierno ricorso, anziché soltanto a quello n. 208/2008 r.g., deciso separatamente con sentenza allegata agli atti di causa).

Sulle spese il Collegio, in considerazione della particolarità delle questioni affrontate, ravvisa giusti motivi per disporne l’integrale compensazione fra le parti costituite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge in ogni sua domanda.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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