Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 13-04-2011) 05-05-2011, n. 17302

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

he si riporta ai motivi e si associa alle richieste del PG.
Svolgimento del processo

1. Con sentenza resa il 3 giugno 2009, la Corte di Appello di Lecce confermava quella emessa dal Tribunale di Brindisi in data 26 gennaio 2007, con cui era stata affermata la responsabilità di A. A. e G.C. per il delitto di tentata truffa commesso ai danni della Fondiaria Assicuratrice spa, consistito nell’avere denunciato un sinistro stradale, avvenuto il 22 dicembre 2002, che aveva coinvolto le loro autovetture, esponendo modalità incompatibili con i danni riportate, e perciò false, ed avere, dunque, tentato di lucrare un indebito risarcimento.(capo B della imputazione). Ribadiva, inoltre, la responsabilità per il delitto di cui all’art. 372 c.p. di O.M., che aveva dichiarato nel giudizio svoltosi innanzi al giudice di pace per la liquidazione dei danni a carico della Fondaria, incoato dai due nominati automobilisti, la circostanza, non vera, che la moglie del G. era a bordo della autovettura condotta dal marito.

2. Ricorrono gli imputati: il G. denuncia vizio di violazione di legge, poichè la querela era stata presentata da un procuratore generale della società assicuratrice, non munito per l’atto in esame di mandato specifico. Detto rilievo non sarebbe stato esaminato dalla Corte, che aveva frainteso il tenore della procura depositata in atti ed inoltre fatto erroneo riferimento al disposto dell’art. 37 disp. att. c.p.p., in quanto, comunque, non erano state indicate preventivamente le fattispecie di reato per cui doveva valere la procura preventiva. Con un secondo motivo eccepisce la tardività della querela, proposta tre mesi dopo la citazione in giudizio della Fondiaria, che costituiva l’atto che aveva consentito al truffato di avere piena cognizione degli elementi costitutivi del reato. La medesima eccezione di tardività della querela e la denuncia della erroneità della decisione presa sul punto dal giudice distrettuale, costituiscono anche il nucleo centrale del ricorso proposto dall’imputato A., il quale peraltro retrodata la conoscenza dei fatti in primo luogo alla data dell’8 maggio 2003, in cui la Fondiaria aveva rigettato la domanda extragiudiziale di risarcimento avanzata dall’imputato ed era quindi in possesso degli elementi utili da cui desumere la sussistenza del raggiro ai suoi danni. In secondo luogo, anche ammesso che il termine per la proposizione della querela fosse da spostare in avanti, facendolo coincidere con la causa civile, contesta che la corte illogicamente ed in patente violazione della parità di trattamento, ha ulteriormente posticipato la data utile per il decorso dei 90 gg a quella di deposito della comparsa di costituzione, sul rilievo che solo allora la società, in considerazione della sua struttura organizzativa e dalla ampiezza delle necessarie indagini, avrebbe elaborato la piena conoscenza dei fatti. La notazione a parere dell’appellante privilegia la parte lesa, rispetto ad un comune cittadino, ed in ogni caso viola i principi espressi in materia, atteso che il punto centrale per la verifica della tempestività era costituito dal momento in cui la parte lesa sia in grado di attivarsi per giungere alla conoscenza del fatto di reato, non già quando la stessa si determini ad indagare; nel caso in esame sin dalle prime indagini ispettive la società assicuratrice era in possesso degli elementi oggettivi per la identificazione della falsità della denuncia.

Con un secondo motivo eccepisce la prescrizione del reato.

O.M. denuncia manifesta illogicità della sentenza e violazione di legge, poichè gli è stato attribuita una falsa dichiarazione mai resa e comunque priva del necessario dolo.
Motivi della decisione

1. Sono da esaminare congiuntamente i motivi proposti dal G. e dal l’ A. in ordine alla irritualità e tardività della querela, che nell’ordine logico delle questioni si impongono per la loro pregiudizialità. 2. E’ da escludere che l’atto querelatorio sia stato presentato da soggetto non munito di poteri; risulta sia dalla motivazione della sentenza del giudice distrettuale sia dalla documentazione allegata in copia alla comparsa dalla parte civile, all’odierna udienza, del tutto conforme a quanto a depositato innanzi al giudice di merito, che il proponente era stato nominato procuratore speciale e con specifica indicazione che tale potere era conferito in relazione ai sinistri denunciati su polizze.

3. Tale giustificazione dei poteri è perfettamente legittima e valida e risponde ai principi espressi in materia da questa corte, che ha affermato, con orientamento consolidati, che la rituale presentazione della querela nell’interesse di una persona giuridica, non richiede che la procura speciale indichi specificamente i reati per i quali è conferito il potere di querela, essendo sufficiente l’indicazione della tipologia generale degli stessi, ove non implicitamente desumibile dall’oggetto sociale dell’ente.

4. E’ fondato, invece il motivo relativo alla tardività della querela.

5. I giudici del merito hanno al proposito osservato che la società assicuratrice fu in grado di presentare la querela entro tre mesi dalla data della sua costituzione in giudizio, che segnava, con il deposito della memoria di costituzione il momento utile per la identificazione non solo degli autori del fatto ma delle concrete modalità dello stesso e della sua inquadrabilità in una fattispecie penale. Hanno messo in evidenza che solo dopo la citazione in giudizio, la Fondiaria, avendo preso visione delle prove offerte dagli attori ed avviato una sua indagine interna, che avevano comportato la ricerca in archivio di analoghe denunce sporte dai protagonisti della vicenda in esame (e precisamente un sinistro del (OMISSIS) tra A. e G., un secondo del (OMISSIS) tra G. alla guida di un’auto dell’ A. ed altra vettura, ed un terzo del 17 ottobre 2000 tra i coniugi G. e l’auto di tale N. – anch’esso poi imputato di truffa) e spiegato che il periodo di tempo impiegato era ragionevole anche in considerazione della compagine organizzativa complessa.

6. Si tratta di una motivazione del tutto disallineata rispetto a quanto ritenuto da questa Corte in materia di decorrenza del termine perentorio della querela. Vero è che occorre che l’offeso abbia avuto conoscenza precisa, certa e diretta del fatto delittuoso, in maniera da possedere tutti gli elementi di valutazione onde determinarsi e che la notizia del fatto che costituisce reato, indicata dall’art. 124 c.p., comma 1, è da intendere come conoscenza certa del fatto, non solo sotto il profilo oggettivo, ma anche sotto quello soggettivo, concernente la identificazione dell’autore del reato, che è indispensabile perchè la PO, anche intuitu personae, possa fare quella scelta che la legge rimette alla sua discrezione.

E’ stato poi anche stabilito che il termine di tre mesi, previsto per la presentazione della querela, decorre dal momento in cui il titolare ha conoscenza certa, sulla base di elementi seri, del fatto- reato nella sua dimensione oggettiva e soggettiva, conoscenza che può essere acquisita in modo completo soltanto se (e nel momento in cui) il soggetto passivo ha contezza dell’autore e possa, quindi, liberamente determinarsi.

7. Ora nel caso in esame, è evidente che fino al momento in cui gli imputati non posero in essere gli atti idonei per il raggiro non vi sia stata ingiustificabile inerzia da parte della PO, che non aveva ragione di attivarsi. Viceversa, quando con l’atto di citazione venne portata a conoscenza della Società la dinamica dell’incidente e le asserte prove dello stesso, la po’ fu messa nelle condizioni di procedere ai dovuti accertamenti per la identificazione degli elementi oggettivi del reato e nella contesa giudiziaria la sua prudenza va apprezzata.

8. E’ perciò evidente che da tale momento,-anche a non voler considerare che in realtà già la richiesta stragiudiziale di risarcimento conteneva in sè tutti gli elementi per individuare la intenta truffa-, doveva decorrere il termine di giorni 90 previsto dalla legge; è un fuor d’opera, privo di aggancio alla realtà e del tutto avulso da logica il ragionamento seguito dai giudici di merito, che hanno tenuto conto della qualità soggettiva della Fondiaria per giustificare la lentezza dell’indagine, introducendo un elemento solo supposto e non dimostrato. E’ poi del tutto apodittica l’affermazione che non fosse ragionevole e bastevole il termine di 90 giorni dalla citazione in giudizio (avvenuta in data 18.6.2003) e che lo stesso dovesse decorrere dalla data prossima alla redazione della comparsa di costituzione, che è del successivo settembre 2003 e che in concreto introduce una illegittima dilatazione del dies a quo non collegata ad alcun dato obbiettivo.

9. La Fondiaria è dunque decaduta dal diritto di proporre la querela e tale causa di improcedibilità è logicamente prevalente sulla prescrizione del reato, pure verificatasi nelle more del giudizio.

10. La impugnata sentenza è pertanto da annullare senza rinvio nei confronti dei due nominati ricorrenti in ordine al reato loro ascritto al capo b dell’epigrafe, perchè l’azione penale non poteva essere iniziata per difetto di querela.

11. Il ricorso proposto da O.M. è inammissibile.

12. Il ricorrente propone infatti una non consentita rilettura delle risultanze processuali, sostenendo che la falsa testimonianza ascrittagli sarebbe frutto di una infelice verbalizzazione operata nel giudizio civile.

13. Si tratta di motivo inammissibile, in quanto tende a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito ed insiste in particolare su asseriti travisamenti dei fatti insuscettibili di verifica in sede di giudizio di legittimità. 14. Peraltro, la Corte ha adeguatamente messo in luce che la testimonianza dell’ O. confliggeva con quella della moglie del G., che aveva smentito di essersi trovata a bordo della autovettura incidentata, operando un confronto tra le due dichiarazioni, condotto con logicità ed aderenza ai dati processuali.

15. Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1000 (mille).
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di A. A. e G.C. in ordine al capo B della imputazione perchè l’azione penale non poteva essere iniziata per difetto di querela.

Dichiara inammissibile il ricorso di O.M. che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di 1000 (mille) Euro in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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