T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 04-05-2011, n. 1176

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con distinti ricorsi, riuniti all’udienza odierna, notificati in data 28.5.2007 e depositati in data 12.6.2007 dalle società ricorrenti, è stata impugnata la Delibera 79/2007 dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas (d’ora in poi A.E.E.G. o Autorità); essi sono stati discussi alla camera di consiglio del 19.6.2007 all’esito della quale veniva respinta l’istanza cautelare.

L’Autorità si è costituita in giudizio chiedendo il rigetto dei ricorsi.

Successivi giudizi, aventi ad oggetto la medesima ordinanza, all’udienza del 15.4.2008 venivano decisi in parte con la sentenza non definitiva nr. 1875/2008 mentre per il resto veniva emessa un’ordinanza di rinvio pregiudiziale degli atti alla Corte di Giustizia Europea ai sensi dell’art. 267 TFUE (177/2008).

La questione rimessa alla valutazione della Corte di Giustizia riguarda l’ambito di compatibilità dell’estensione dall’1.7.2007, ai sensi dell’art. 23 della direttiva 2003/55/CE, della qualificazione di "liberi" a tutti i clienti del mercato del gas col permanere dell’esercizio del potere di intervento dell’Autorità preposta alla regolazione del mercato stesso nel settore della vendita del gas, anche in considerazione di quanto disposto dall’art. 3 della direttiva medesima.

La Corte di Giustizia Europea si è espressa con la sentenza del 20.4.2010 nella C265/08.

Le parti hanno prodotto memorie e documenti.

All’udienza del giorno 27.04.2011 i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.
Motivi della decisione

Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi per connessione oggettiva essendo impugnata la stessa delibera con argomentazioni identiche.

I motivi illustrati nei ricorsi sono sei.

Il primo lamenta la violazione del giudicato poiché la delibera 248/04 era stata annullata con sentenza passata in giudicato è il contenuto della delibera 79/2007, laddove regolava il prezzo di vendita fino al 30.6.2007, doveva considerarsi nulla ex art. 21 septies L. 241/90 poiché ripristinava una disciplina che era stata cassata in modo definitivo dal giudice amministrativo.

Il secondo motivo contesta che l’Autorità abbia travalicato le regole della libera concorrenza andando oltre i poteri che il D.P.C.M. 31.10.2002 gli assegnava nella regolazione del passaggio da un regime sostanzialmente amministrato ad uno liberalizzato.

A livello comunitario l’art. 25 delle Direttiva 2003/55 non consente un intervento regolatorio nel settore della vendita del gas, ma solo in tema di trasporto e di distribuzione.

L’intervento dell’Autorità si pone in sostanziale contrasto con il disposto dell’art. 41 Cost.

Il terzo motivo denuncia come l’intervento dell’Autorità ostacola la finalità, di cui all’art. 3.3 della citata direttiva, di favorire un cambio di fornitore da parte dei clienti idonei.

Il quarto motivo lamenta l’illegittimità di un meccanismo di determinazione del prezzo del gas che ingessa il mercato e contesta che vi sia una base normativa per un intervento del genere, negando che all’Autorità possa essere riconosciuto un " potere implicito " in tal senso.

Il quinto motivo censura il difetto di motivazione poiché non è sufficiente far riferimento ad un contrasto di giudicati per giustificare una regolamentazione come quella contestata.

Il sesto motivo denuncia la violazione del principio di irretroattività che deve ritenersi non confinato nel campo del diritto penale o amministrativo sanzionatorio, ma che vale salvo espressa deroga per le norme primarie e gli atti amministrativi.

Nell’affrontare le censure delle società ricorrenti non può far a meno il Collegio di evidenziare che ricorsi aventi il medesimo oggetto sono stati decisi con una prima sentenza parziale (1875/2008) che ha valutato la validità della delibera impugnata per il periodo fino al 30.6.2007 e una sentenza definitiva, che alla luce di una pronuncia della Corte di Giustizia Europea investita con ordinanza coeva alla sentenza parziale, ha definito il giudizio anche per il periodo di validità della delibera successivo al 1.7.2007.

La sentenza parziale citata ricostruisce così le ragioni che hanno portato all’emanazione della delibera impugnata: "La vicenda portata all’attenzione del Collegio con il ricorso in esame prende le mosse dall’adozione, da parte dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas della delibera n. 248/04, del 29 dicembre 2004, con cui essa aveva introdotto – in sede di aggiornamento delle condizioni economiche di fornitura del gas naturale definite dalla precedente delibera n. 195/02 – un nuovo meccanismo di indicizzazione della componente materia prima nell’ambito delle condizioni economiche di fornitura del gas naturale ai clienti del mercato cosiddetto vincolato, introducendo un’attenuazione dell’incidenza delle quotazioni dei prodotti petroliferi ai quali il prezzo del gas è legato, nel caso in cui l’andamento delle stesse non fosse rientrato in un predeterminato intervallo di prezzo, individuato tra 20 e 35 dollari al barile.

In altre parole l’AEEG aveva previsto che, nel caso di aumento del prezzo dei prodotti petroliferi oltre l’intervallo di prezzo definito, tale aumento non potesse essere scaricato integralmente sui consumatori finali, incrementando, ai fini della determinazione del prezzo praticato a quest’ultimi, la componente materia prima di un valore pari sostanzialmente al 75 % dell’aumento stesso.

In tal modo l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, come si può dedurre anche dalle premesse della delibera impugnata, aveva inteso far fronte all’improvviso ed imprevedibile aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi assunti a riferimento nei mercati internazionali di compravendita all’ingrosso per la determinazione del prezzo del gas, evitando una sovraremunerazione dei grossisti, avvantaggiati dalla prassi diffusa di prevedere nei contratti di acquisto clausole di adeguamento dei prezzi atte ad attenuare l’incidenza dell’andamento dei prodotti petroliferi (clausole di salvaguardia), a danno dei clienti finali.

La delibera 248/04 è stata fatta oggetto di una pluralità di ricorsi, i quali hanno avuto esiti diversi in seguito agli appelli proposti dall’AEEG, nonostante l’orientamento costante di questo Tribunale che aveva ritenuto che l’emanazione della legge n. 239/04, implicante una valutazione del legislatore di esaurimento della fase di "transizione protetta" al mercato non vincolato, avesse comportato l’esaurimento dei poteri dell’Autorità rispetto alle attività libere nel settore (come la vendita al dettaglio), inibendo all’Autorità stessa ogni ulteriore intervento regolatorio sulle stesse che non fosse fondato su una disposizione di legge o una norma comunitaria.

Parte degli appelli proposti ha condotto, a causa del tardivo deposito del ricorso da parte dell’AEEG, alla definitività delle sentenze di primo grado che avevano annullato la delibera n. 248/04. Con sentenza n. 3352/06, invece, il Consiglio di Stato è entrato nel merito della questione ed ha annullato la sentenza del TAR Milano n. 3478/05, precisando che l’Autorità "è titolare di poteri di regolazione anche nei settori liberalizzati, affinché siano salvaguardate le dinamiche concorrenziali, a tutela dell’utenza", poteri che sarebbero stati ragionevolmente esercitati con la deliberazione n. 248/04, avendo l’Autorità "motivatamente evidenziato come l’efficienza del settore – con benefici per l’utenza – sia incentivata dall’introduzione obbligatoria nella contrattualistica della clausola di salvaguardia".

Medio tempore l’Autorità ha provveduto con deliberazioni n. 298/05 e n. 63/06 agli aggiornamenti delle condizioni economiche di fornitura per i trimestri gennaiomarzo ed aprilegiugno 2006, richiamando la metodologia di cui alla deliberazione n. 248/04 ed apportando ulteriori correttivi alla stessa.

Con le successive deliberazioni n. 65/06, n. 134/06 (articolo 5), n. 205/06 e n. 320/06 sono stati quindi disposti i primi conguagli a favore dei clienti finali.

Con la delibera n. 134/06, inoltre, (articoli 3 e 4), al fine di evitare un onere eccessivo in capo agli esercenti tenuti ai predetti conguagli i cui contratti di acquisto all’ingrosso non prevedessero clausole di adeguamento o di revisione dei prezzi in caso di modifica della disciplina di aggiornamento, è stato introdotto un obbligo, per le parti venditrici di detti contratti, di offrire nuove condizioni economiche in coerenza con la metodologia di aggiornamento della componente materia prima applicata nel periodo corrispondente, contestualmente ponendo a carico del sistema una parte degli oneri derivanti da tale rinegoziazione e prevedendo ulteriori integrazioni e modifiche alle modalità di aggiornamento per fare fronte all’imprevedibile e persistente aumento delle quotazioni dei prodotti energetici.

Preso atto delle alterne sorti dei giudizi avverso la deliberazione n. 248/04 e del sovrapporsi delle successive determinazioni dell’Autorità, quest’ultima ha ritenuto opportuno delineare un quadro completo delle condizioni economiche di fornitura del gas naturale dal 1 gennaio 2005 e fino al 30 giugno 2007 mediante l’avvio di un nuovo procedimento – con delibera n. 12/07 – e la successiva adozione della delibera n. 79/07, entrambe oggetto del ricorso in esame.

Secondo la prospettazione di parte ricorrente, attraverso tale determinazione l’AEEG sarebbe, ancora una volta, impropriamente intervenuta a definire la tariffa di vendita ai clienti vincolati, pur non esistendo più tale categoria, data la liberalizzazione del mercato: ciò sarebbe dimostrato dal fatto che le "condizioni economiche di fornitura del gas naturale" che l’Autorità ha dichiaratamente voluto aggiornare, altre non sono che la tariffa di vendita ai clienti vincolati che l’AEEG aveva fissato nel 2002 quando questa categoria ancora esisteva, che la componente materia prima era una delle voci di tale tariffa, che le modalità di aggiornamento consistono in condizioni di indicizzazione della tariffa stessa."

Nella parte in diritto della sentenza affrontando le doglianze non dissimili da quelle esposte nei ricorsi riuniti afferma: "Con il provvedimento censurato l’Autorità interviene al fine di disciplinare le modalità di definizione delle condizioni economiche di vendita del gas che gli esercenti l’attività di vendita del gas naturale sono tenuti a proporre al cliente finale, unitamente a quelle dagli stessi definite, nonostante tutti i clienti debbano ritenersi idonei dal 1 gennaio 2003.

Per meglio comprendere la portata e gli effetti del potere esercitato dall’AEEG e censurato, appare opportuno premettere che anche dopo il primo gennaio 2003, data individuata dall’art. 17 della legge n. 164/2000 come data a decorrere dalla quale la vendita del gas doveva ritenersi liberalizzata, le condizioni economiche relative alla vendita del gas ai clienti finali hanno continuato ad essere regolate dall’AEEG, in ossequio a quanto disposto dal d. legge 4 settembre 2002, n. 193 (convertito dalla legge 28 ottobre 2002, n. 238).

A decorrere dal 1 gennaio 2003 e fino alla completa attuazione della liberalizzazione del mercato, e, quindi, nella fase di transizione, la normativa ha, infatti, previsto che l’Autorità continuasse a definire condizioni economiche e prezzi di riferimento basati sui costi effettivi del servizio da applicarsi ai clienti non passati al mercato libero. L’art. 1 del d.l. 193/2002 prevede infatti: "Fermo quanto disposto dalla normativa vigente, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata su proposta del Ministro competente, sono stabiliti criteri generali integrativi per la determinazione delle tariffe dei servizi pubblici di cui alla legge 14 novembre 1995, n. 481.".

La disposizione è stata intesa come attributiva di un potere regolamentare a garanzia non solo degli utenti ancora vincolati, ma anche dei clienti finali liberi ed in particolare di quelli domestici, affinché non dovessero subire effetti negativi dall’opzione per la stipulazione di un nuovo contratto sul libero mercato: ai clienti domestici è stata, infatti, garantita la possibilità di ritornare sempre alle condizioni economiche definite dall’Autorità, prescrivendo, a tal fine, ai venditori di inserire sempre, nelle proprie fatture, tra le condizioni economiche, anche quelle definite dall’Autorità, in modo da rendere possibile al cliente finale un confronto in termini di economicità della scelta del diverso contratto.

In attuazione del d.l. 193/2002 è stato quindi adottato il D.P.C.M. 31 ottobre 2002, pubblicato in G.U.R.I n. 278 del 27 novembre 2002, secondo il quale "l’Autorità per l’energia elettrica e il gas provvede a: a) definire, calcolare e aggiornare le tariffe relative all’elettricità e al gas, anche successivamente alla apertura dei mercati ai clienti idonei, al fine di consentire un ordinato e graduale passaggio al mercato liberalizzato da parte degli utenti finali che si trovano nella condizione di cliente vincolato; b) definire metodologie di aggiornamento delle tariffe in relazione alla componente dei costi variabili, che minimizzino l’impatto inflazionistico, in particolare prevedendo frequenze di aggiornamento congrue con l’obiettivo di ridurre gli impulsi inflazionistici dei prezzi dell’energia, sotto il vincolo di tutelare la piena economicità delle imprese produttrici di energia, nel pi generale rispetto degli obiettivi di competitività del sistema produttivo; c) definire le modalità di imputazione degli oneri derivanti da misure a contenuto sociale, al fine di minimizzare il costo netto complessivo dell’intervento e di rispettare condizioni di neutralista dell’incidenza sulle diverse tipologie di utenza.".

Ne è scaturita la deliberazione dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas n. 207/02, che ha imposto agli esercenti l’attività di vendita del gas naturale di continuare ad applicare le condizioni di fornitura praticate ai sensi della deliberazione dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas 28 dicembre 2000, n. 237/00 e della deliberazione 29 novembre 2002, n. 195/02, sia ai clienti finali, che alla data del 31 dicembre 2002 si trovavano nella condizione di cliente non idoneo, ai sensi del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, sia ai clienti finali che, trovandosi nella condizione di cliente idoneo ai sensi del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, alla data del 31 dicembre 2002 non avevano esercitato la capacità di stipulare nuovi contratti connessa a tale condizione.

Ad essa ha fatto seguito la deliberazione n. 138/03, con cui l’Autorità per l’energia elettrica e il gas ha previsto che le condizioni economiche da proporre ai clienti finali di cui alla deliberazione n. 207/02 (e cioè a tutti i soggetti che hanno un consumo inferiore a 200.000 mc – o che pur avendo un consumo superiore non hanno optato per la stipulazione di un contratto libero) dovessero essere determinate sommando quattro principali componenti: costo del trasporto, costo della distribuzione del gas fino al contatore del cliente (entrambi rappresentati da una tariffa stabilita dall’Autorità, in quanto accedenti a settori del mercato del gas tutt’ora vincolati), cui vanno ad aggiungersi i costi di acquisto e vendita del gas al cliente finale (più precisamente il corrispettivo variabile per la commercializzazione all’ingrosso e il corrispettivo variabile per la vendita al dettaglio) che, teoricamente, avrebbero dovuto, almeno per i clienti del mercato libero essere determinati dall’incontro della domanda e dell’offerta.

Nel perseguimento dell’obiettivo di protezione di cui si è detto la delibera n. 138/03 ha però previsto uno specifico criterio per determinare il costo di commercializzazione all’ingrosso del gas, basato sull’andamento del mercato delle principali fonti energetiche alternative al gas.

L’andamento del mercato delle fonti energetiche ed in particolare il congiunturale ed imprevisto aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi assunti a riferimento per la determinazione del prezzo del gas nei contratti internazionali (e considerato come parametro anche nel criterio di definizione del prezzo di vendita al cliente finale) ha determinato un aumento della componente materia prima, con conseguenti impatti inflazionistici, che ha indotto l’Autorità ad un nuovo intervento.

Le indagini condotte dall’AEEG a tal fine hanno, inoltre, secondo la stessa Autorità, evidenziato come molti contratti internazionali di approvvigionamento contenessero clausole di salvaguardia, atte a limitare gli effetti dell’andamento dei prezzi dei prodotti petroliferi al di fuori di una forbice predefinita, scaricando sul consumatore finale gli aumenti del prezzo, a tutto vantaggio dei produttori/importatori dall’estero e rappresentando solo un "costo passante" per i venditori al dettaglio, i cui contratti, invece, generalmente non prevedono altrettante clausole di salvaguardia.

In ragione di tutto ciò l’Autorità, con il documento 30 novembre 2004, ha posto in consultazione misure volte a modificare la disciplina di aggiornamento del corrispettivo variabile relativo alla commercializzazione all’ingrosso, che hanno condotto all’approvazione della delibera n. 248/04.

Invero taluni operatori avevano evidenziato l’inesistenza delle clausole di salvaguardia ipotizzate, in ragione delle quali si è ritenuta esistente una sovraremunerazione dei grossisti, mentre alcune società di vendita avevano lamentato come la modifica della disciplina di aggiornamento della componente materia prima, nel senso delineato dal documento di consultazione, avrebbe determinato gravi conseguenze distorsive, imponendo oneri eccessivi in capo all’acquirente del mercato all’ingrosso nazionale il cui contratto non prevede clausole di salvaguardia analoghe a quelle stipulate dai grossisti sul mercato internazionale.

Ciononostante l’Autorità per l’energia elettrica e il gas ha ritenuto di modificare il contenuto della deliberazione n. 195/02:

– introducendo, al fine di evitare una sovraremunerazione per gli operatori che acquistano gas all’estero, una disposizione che assicurasse variazioni della componente materia prima ridotte ad un valore pari al 75 %, qualora il prezzo del Brent ricada al di fuori dell’intervallo compreso tra 20 e 35 dollari/barile;

– rettificando i pesi adottati nel paniere di riferimento, con la previsione di una maggiore quota per il BTZ e di una corrispondente minore quota del gasolio;

– utilizzando per il greggio il riferimento alle quotazioni del Brent in luogo del paniere dei greggi precedentemente adottato, tenuto conto del suo rilievo nella contrattualistica internazionale.

Strumentalmente al perseguimento dell’obiettivo sopra individuato, l’Autorità ha altresì ritenuto come necessario adottare una direttiva impositiva, in capo ai grossisti, dell’obbligo di inclusione nei contratti di vendita all’ingrosso del gas naturale di condizioni economiche coerenti con gli esiti dell’aggiornamento della componente materia prima effettuato sulla base della modifica contenuta nella stessa deliberazione n. 248/04, nonché come opportuno "al fine di incentivare nei contratti di importazione del gas la negoziazione di prezzi coerenti con il prezzo medio europeo, ridurre il valore attualmente riconosciuto del corrispettivo variabile relativo alla commercializzazione all’ingrosso".

L’annullamento, ad opera di molteplici sentenze di questo Tribunale, della deliberazione in questione in forza di sentenze di primo grado, incentrate sulla presa d’atto dell’intervenuta liberalizzazione del mercato, passate in giudicato per vizi formali nella proposizione del ricorso, è andato intrecciandosi con le pronunce di secondo grado che, invece, facevano salvo l’esercizio del potere regolatorio riconosciuto all’Autorità, confermavano la legittimità della stessa deliberazione n. 248/04.

Medio tempore l’Autorità ha continuato ad applicare il criterio di calcolo del corrispettivo variabile di commercializzazione all’ingrosso, di cui alla deliberazione n. 248/04, facendolo proprio ed aggiornando i relativi parametri di trimestre in trimestre, attraverso le deliberazioni degli anni 2005 e 2006 indicate in narrativa.

Intervenuta la pronuncia del Consiglio di Stato n. 3352/06 (le cui conclusioni, in tema di sussistenza del potere regolamentare dell’AEEG, sono state poi ribadite dalle successive sentenze n. 4896, 4920 e 4120 del 2007, ancorché volte in via principale ad affermare l’improcedibilità degli appelli avverso le sentenze di primo grado di segno negativo per l’Autorità) che, entrando nel merito della questione della permanenza del potere regolatorio dell’AEEG, pur riconoscendo l’annullamento con efficacia erga omnes della delibera n. 248/04, affermavano la sussistenza del potere stesso, anche dopo l’1 gennaio 2003, l’Autorità si determinava a farne nuovamente esercizio.

Nella situazione di incertezza così ingeneratasi, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas ha, quindi ravvisato l’opportunità dell’approvazione del provvedimento oggetto del ricorso in esame, con il quale ha ritenuto necessario:

a) per l’anno 2005, pur sancendo l’applicazione del regime di aggiornamento delle condizioni economiche di fornitura del gas naturale di cui alla deliberazione n. 248/04, porre a carico del sistema gli oneri che deriverebbero da tale applicazione, affermando come congrui (tenuto conto anche che le condizioni economiche di fornitura effettivamente praticate ai clienti finali nello stesso anno 2005 hanno realizzato un effetto economico simile a quello che deriverebbe dall’applicazione della misura di cui alla deliberazione n. 248/04) valori di aggiornamento per tale anno in misura identica a quelli realmente praticati in conseguenza dell’applicazione della deliberazione n. 195/02, nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla deliberazione n. 248/04;

b) per il primo semestre 2006 fare salvi i valori incrementali risultanti dall’applicazione dei criteri introdotti dalle deliberazioni n. 298/05 e n. 63/06;

c) consentire, in relazione ai due periodi considerati, il recupero delle somme relative ai parziali conguagli in precedenza disposti a favore dei clienti finali con deliberazioni n. 65/06, n. 134/06, n. 205/06 e n. 320/06, secondo modalità da definirsi con separato provvedimento;

d) fare salvi, per il periodo dal 1 luglio 2006 al 1 aprile 2007, i valori incrementali risultanti dall’applicazione dei criteri introdotti con la deliberazione n. 134/06;

e) applicare dal 1 aprile 2007, data di entrata in vigore della deliberazione n. 79/07, i valori risultanti dalla applicazione della stessa (specificamente fissati dalla contestuale delibera n. 80/07);

f) imporre agli esercenti l’attività di vendita all’ingrosso di offrire ai propri clienti nuove condizioni economiche formulate in coerenza con i valori di cui all’art. 2 per il periodo 1 gennaio – 30 giugno 2006 (e, quindi, prezzi pari o inferiori ai valori di cui all’art. 2 della stessa deliberazione n. 79/07), riconoscendo altresì agli esercenti che hanno ottemperato "un importo pari al prodotto tra i volumi corrispondenti consumati dai clienti finali di cui alla deliberazione n. 138/03 e il 50 % della differenza derivante dall’applicazione da parte dei medesimi esercenti, per il periodo 1 gennaio 2006- 30 giugno 2006, dei valori calcolati ai sensi della deliberazione n. 195/02";

g) aggiornare il corrispettivo variabile relativo alla commercializzazione all’ingrosso per il periodo 1 gennaio 2005 – 31 marzo 2007."

La sentenza ha operato, pertanto, un riepilogo del contenuto dell’intervento regolatore dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas contestato dalla ricorrente, che consente di esaminare le singole censure dedotte nei confronti della deliberazione n. 79/07.

Parte ricorrente deduce, con il primo motivo di ricorso, la violazione del giudicato formatosi sulla delibera 248/04. Senza porre in discussione il principio generale dell’ efficacia erga omnes dell’annullamento di un provvedimento amministrativo, non può prescindersi, nel caso in esame, dal considerare la particolarità della fattispecie al fine di individuare l’estensione, in concreto, degli effetti delle pronunce con cui il giudice di primo grado ha espunto dall’ordinamento la delibera n. 248/04.

Senza voler valutare profili sottili di diritto processuale circa la possibile vanificazione della sentenza di appello che, invece, ancorché con riferimento a giudizio promosso da soggetto diverso, ha ritenuto legittima la stessa deliberazione n. 248/04, il punto sostanziale in relazione alla specifica controversia in esame è che il Consiglio di Stato ha inequivocabilmente affermato il principio della sussistenza del potere di AEEG di intervenire regolamentando il criterio di formazione del prezzo di vendita del gas naturale, con effetto di controllo del mercato in un’ottica di favorire proprio quella liberalizzazione che parte ricorrente invoca a sostegno dell’eccesso di potere dell’Autorità.

Da ciò consegue che, avendo la delibera 248/04 modificato, per il primo trimestre del 2005, il criterio di determinazione del prezzo già fissato dalla deliberazione 195/02, se si annulla la prima, quindi, non si vanifica l’intero sistema di definizione delle condizioni economiche di fornitura del gas naturale, ma solo le modifiche allo stesso apportate con riferimento al primo trimestre 2005.

Poiché la deliberazione n. 79/07 ripristina, per tale periodo, la sostanziale applicazione proprio delle condizioni economiche discendenti dalla deliberazione n. 195/02, il Collegio ritiene che sotto il profilo degli effetti concreti non possa ritenersi intervenuta alcuna violazione del giudicato, considerato che per il primo trimestre 2005 la deliberazione n. 248/04 è comunque priva di effetti.

La sentenza 1875/08 sul punto argomentava ulteriormente: " Facendo una considerazione di più ampio respiro, estesa a tutto il periodo regolatorio preso in considerazione dalla delibera 79/07 e correlata al principio individuato dal giudice amministrativo di secondo grado in ordine alla sussistenza o meno del potere regolatorio esercitato dall’AEEG nella definizione delle condizioni economiche di vendita del gas naturale, il contrasto ingenerato dal giudicato formatosi – per questione meramente procedurale (discendente dal mancato tempestivo deposito del ricorso in appello da parte dell’Autorità) – sulle sentenze di primo grado che ne negavano la legittimità e dalla riforma di alcune di esse da parte del Consiglio di Stato che, laddove ha potuto entrare nel merito della vicenda, ha affermato il potere stesso, può essere risolto, se non in termini "gerarchici", in termini di successione nel tempo delle pronunce.

Le sentenze n. 3352 del 5 maggio 2006 e 4896 del 24 settembre 2007 (e le altre decisioni identiche a quest’ultima pronunciate nello stesso periodo), con le quali si afferma la permanenza, in capo all’Autorità per l’energia elettrica e il gas, del potere di incidere sulla determinazione del prezzo del gas anche dopo la liberalizzazione del mercato, sono, infatti, successive alle pronunce del giudice di primo grado che, invece, lo negava. Il che rileva non in termini di conservazione degli effetti dell’atto, ma di affermazione del principio di riferimento, il quale finisce per indirizzare anche l’orientamento del giudice di primo grado.

La stessa sentenza n. 4896/07, infatti, dà espressamente conto dell’efficacia di annullamento erga omnes da riconoscersi alle sentenze di primo grado passate in giudicato sulla deliberazione n. 248/04, ma contestualmente ribadisce il principio secondo cui, "l’Autorità è titolare di poteri di regolazione anche nei settori liberalizzati, affinché siano salvaguardate le dinamiche concorrenziali, a tutela dell’utenza."; potere il cui esercizio non potrebbe essere precluso dal dedotto previo passaggio in giudicato delle sentenze del Tribunale di prime cure volte all’annullamento del provvedimento di che trattasi.

Secondo il Consiglio di Stato, quindi, con riferimento alla presente fattispecie, l’annullamento della delibera n. 248/04, non pregiudica, ex art. 26 della legge n. 1034/1971, la persistenza del potere amministrativo in effetti riesercitato dall’Autorità con le determinazioni n. 134 del 2006 e n. 79 del 2007.

Nessuna violazione o elusione del giudicato può quindi ravvisarsi nell’adozione della deliberazione n. 79/07, considerato che:

– per il 2005 essa continua a prevedere l’applicazione della delibera 195/02, non applicando, quindi, le disposizioni contenute nella 248/04, con ciò conformandosi all’annullamento da parte del giudice amministrativo;

– per gli anni successivi, affermato il principio della sussistenza del potere regolamentare, non certo pregiudicato dall’annullamento della deliberazione n. 248/04, il regime delle condizioni di vendita del gas naturale è stato disciplinato con autonomi provvedimenti che, seppur richiamando e, quindi, facendo implicitamente propri gli innovativi criteri introdotti con la deliberazione annullata, rappresentano un nuovo intervento regolatorio dell’Autorità sul quale non ha alcun effetto il passaggio in giudicato delle sentenze che hanno annullato la delibera 248/04. Ciò in conformità a quanto espressamente affermato dal Consiglio di Stato con la sentenza sopra ricordata, sopravvenuta rispetto all’annullamento stesso.

Sentenza la cui sopravvenienza non poteva non orientare l’attività dell’Amministrazione: affermata la sussistenza del potere, infatti, la coerenza con i propri fini istituzionali e con le considerazioni poste a base dei provvedimenti oggetto di censura, imponevano all’Autorità stessa un comportamento in linea con il quadro ordinamentale delineato dal giudice di secondo grado. Ne è disceso il nuovo esercizio del potere in un’ottica di organica ricostruzione della disciplina intervenuta sin dal gennaio 2005 e fino all’aprile 2007, che ha trovato la sua esplicitazione, ancorché in termini non innovativi, ma ricognitivi per quanto riguarda il periodo anteriore all’1 aprile 2007, nella deliberazione n. 79/07.

Il provvedimento in questione, quindi, proprio perché si propone di riassumere in un unico provvedimento l’intera disciplina della materia a decorrere dal 1 maggio 2005, presenta una doppia "anima". Esso, nel disciplinare in via generale ed astratta un complesso sistema di calcolo del corrispettivo variabile della commercializzazione all’ingrosso che applica formule diverse a secondo dell’andamento dei mercati delle fonti energetiche alternative, fa propri gli effetti prodotti dall’analogo criterio previsto ed applicato negli interventi regolatori dell’Autorità dopo la delibera n. 248/04 (delibere 56/05, 132/05, 200/05, 298/05, 63/06, 134/06, 205/06 e 320/06) e dispone per la concreta applicazione dello stesso a decorrere dalla sua entrata in vigore.

La delibera 79/07 ha, quindi, in primo luogo carattere riepilogativo e confermativo della disciplina dettata dall’Autorità in ragione di un potere che, ancorché contestato, le è stato espressamente riconosciuto dal Consiglio di Stato, a prescindere dall’annullamento in concreto dell’originario provvedimento regolatorio per effetto del passaggio in giudicato della sentenza di primo grado che lo negava, a causa di una preclusione processuale.

Ciò discende direttamente dall’interpretazione dei principi generali in materia di efficacia delle sentenze di primo grado scaturente dalle sentenze del Consiglio di Stato n. 3352/06 e 4896/07, per la quale la pronuncia negativa, immediatamente esecutiva se non sospesa, preclude all’Amministrazione di portare ad esecuzione il provvedimento, ma non impedisce alla stessa di esercitare nuovamente il potere, disciplinando una nuova fattispecie in modo analogo, ma comunque diverso e frutto di una nuova manifestazione di volontà cui l’Amministrazione è pervenuta nel valutare l’oggetto della disposizione che può essere nuovo e diverso anche solo, come nel caso di specie, sotto il profilo del periodo di riferimento (la deliberazione n. 248/04 riguardava il primo trimestre 2005, le successive i periodi seguenti).

Legittimamente, quindi, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas ha, nonostante la pendenza del contenzioso avverso la delibera n. 248/04 e la successiva pronuncia di primo grado che tale deliberazione ha annullato, provveduto per tutti i periodi di regolazione successivi a quello preso in considerazione dalla stessa delibera n. 248/04 non a dare esecuzione a quest’ultimo provvedimento, ma ad affermare, attraverso un nuovo esercizio del potere, l’applicabilità delle formule di calcolo – implicitamente richiamate dalla deliberazione 56/05 e dalle successive che le hanno fatte proprie – introdotte per la prima volta con la deliberazione n. 248/04, apportando alle stesse opportuni criteri di adeguamento alla realtà in movimento del mercato del gas.

Non si può, quindi, parlare di tentativi di dare ultrattività ad un provvedimento annullato con efficacia erga omnes (annullamento cui l’Autorità si è prontamente adeguata escludendo, anche nella deliberazione n. 79/07, l’operatività del criterio di calcolo originariamente previsto dalla delibera n. 248/04 per l’anno 2005), ma della volontà di affermare, con provvedimenti del tutto autonomi, un criterio di calcolo della variazione della componente materia prima, recuperando ed aggiornando quello già oggetto della deliberazione n. 248/04, espressamente richiamata per relationem.

La correttezza di tale modus operandi risulta, peraltro, confermata dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 4896/07, laddove la stessa afferma che: "l’annullamento della delibera n. 248/04, non pregiudica, ex art. 26 della legge n. 1034/1971, la persistenza del potere amministrativo in effetti riesercitato dall’Autorità con le determinazioni prima specificate" (134/06 e 79/07 precedentemente citate nella pronuncia).

Il Collegio ritiene, perciò, di potere affermare, condividendo l’orientamento espresso dal Consiglio di Stato, che le delibere adottate dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas successivamente alla 248/04 non possono ritenersi essere state adottate né in violazione del giudicato, né in elusione dello stesso, con conseguente reiezione del primo motivo di ricorso."

Quanto riportato in relazione al primo motivo di ricorso contiene argomenti sufficienti anche per respingere la censura di cui al secondo motivo di ricorso nella parte in cui nega l’esistenza di un potere all’Autorità, quella del quinto motivo relativamente al difetto di motivazione e quella di cui al sesto motivo a proposito della violazione del principio di irretroattività degli atti amministrativi.

Resta da verificare la fondatezza del terzo e quarto motivo di ricorso e del secondo nella parte in cui parla della violazione del principio della libertà di iniziativa economica anche sotto il profilo della libera concorrenza tra imprese.

A questo proposito appare necessario verificare se a decorrere dal 1 luglio 2007 non vi sia stata una modificazione del potere regolatorio fino alla sua eliminazione.

Preliminarmente sono opportune talune precisazioni in ordine al periodo transitorio intercorrente tra l’1 gennaio 2003 e l’1 luglio 2007 dal momento che la liberalizzazione che ha avuto inizio a decorrere dal 1 gennaio 2003.

Sul punto soccorre sempre la sentenza 1875/03 che così motiva: " A tale proposito si richiama la sentenza del Consiglio di Stato n. 4896/07, la quale espressamente afferma il principio secondo cui: "la liberalizzazione di un mercato non comporta automaticamente il passaggio ad una situazione di concorrenza, la cui promozione rientra tra le competenze dell’Autorità, fin quando essa ritenga che il mercato non sia idoneo alla formazione corretta dei prezzi in una reale competizione. Una normativa di liberalizzazione non è infatti, di per sé incompatibile con quella previgente di carattere generale che miri a salvaguardare la concorrenza e gli interessi dell’utenza.". Ed ancora: "la voluntas legis di liberalizzare un settore:

– non può indurre a considerare abrogate per incompatibilità le norme finalizzate alla salvaguardia della dinamica concorrenziale (soprattutto quando, come nel caso di specie, i poteri di regolazione siano stati previsti da una normativa di attuazione di una direttiva comunitaria, come nella specie è avvenuto per il decreto legislativo n. 164 del 2000);

– al contrario, implica il poteredovere dell’Autorità di disporre tutte le misure volte a favorire l’affermarsi di un mercato caratterizzato da una effettiva concorrenza, anche nell’interesse dell’utenza, non solo con azioni repressive ex post, ma anche imponendo comportamenti che ex ante possano rimuovere o prevenire effetti distorsivi.".

Tale orientamento appare in linea con gli interventi del legislatore che, proprio in un’ottica di graduale passaggio ad un mercato pienamente liberalizzato ed in ragione della particolarità del mercato del gas italiano che è caratterizzato da una ristretta presenza di venditori all’ingrosso, operanti in condizioni di sostanziale oligopolio e quindi in grado di esercitare forti influenze sul mercato stesso, al fine di garantire l’obiettivo di un’adeguata ripartizione dei benefici tra clienti ed imprese (fissato dall’art. 23 del d. lgs. 164/00), ha scaglionato nel tempo la piena liberalizzazione, sotto il profilo tariffario, nei confronti dei clienti finali, in particolare domestici.

Si è già visto come il D.L. 193/02, convertito nella legge 238/02, e il conseguente D.P.C.M. 31 ottobre 2002, abbiano conservato un’ampia funzione regolatoria in capo all’Autorità per l’energia elettrica e il gas, la quale ha continuato ad essere esercitata in considerazione del fatto che, con la successiva legge n. 239/04, la condizione generalizzata di cliente idoneo è stata prevista sin dall’1 luglio 2004 solo nei confronti dei clienti non domestici, rimandando all’1 luglio 2007 l’estensione della stessa ai clienti domestici.

In attesa della definizione dell’impianto riformatore, infine, in vista del completo recepimento delle direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE, è stato emanato il decreto legge 18 giugno 2007, n. 73 (convertito nella legge 125/07), il quale ha stabilito che: "L’Autorità per l’energia elettrica e il gas indica condizioni standard di erogazione del servizio e definisce, in base ai costi effettivi del servizio, prezzi di riferimento per le forniture di energia elettrica ai clienti di cui al comma 2 e per le forniture di gas naturale ai clienti domestici, che le imprese di distribuzione o di vendita sono tenute ad inserire nelle proprie offerte commerciali. Sono fatti salvi i poteri di vigilanza e di intervento dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas a tutela dei diritti degli utenti, anche nei casi di verificati e ingiustificati aumenti dei prezzi e alterazioni delle condizioni del servizio per i clienti che non hanno ancora esercitato il diritto di scelta.".

Il Collegio ha ben presente la circostanza per cui la delibera n. 79/07 è anteriore rispetto a tale norma, che non ha, né potrebbe avere efficacia "sanante" retroattiva (e tanto basta per fugare ogni sospetto di incostituzionalità di detto provvedimento legislativo e togliere al contempo rilevanza- per quel che qui interessa- ad un’eventuale questione attinente all’insussistenza delle condizioni per il ricorso alla decretazione d’urgenza).

Ciononostante appare rispondente a criteri di razionalità e logicità il ritenere che se il legislatore ha ravvisato l’opportunità di prevedere espressamente la permanenza di poteri regolatori in capo all’Autorità per l’energia elettrica e il gas anche dopo l’1 luglio 2007, ciò non può che implicitamente significare che di tali poteri l’Autorità ha continuato ad essere titolare anche nel periodo 1 gennaio 2003 – 1 luglio 2007, con ciò fugando quel dubbio interpretativo che aveva condotto a pronunce discordanti tra giudice di primo grado e di secondo grado in ordine alla legittimità della delibera n. 248/04. Apparirebbe, infatti, del tutto illogico ritenere che il legislatore abbia inteso con tale norma, reintrodurre un potere regolatorio che si vorrebbe venuto meno sin dal 2003.

L’effetto del D.L. 73/07 è, quindi, quello di una norma che, coerentemente con il sistema previgente, ne ha esteso l’operatività oltre la data precedentemente fissata per la sua scadenza.

In altre parole il Collegio ritiene che allo stesso debba essere attribuita natura di norma ricognitiva di un potere già esistente e di conferma della sua permanenza anche dopo la scadenza del 1 luglio 2007, a decorrere dalla quale tutti i clienti debbono ritenersi "idonei".

Fin qui la verifica, con esito positivo, di compatibilità della deliberazione rispetto all’ordinamento interno, che implica, nel caso di specie, il rigetto del secondo motivo di ricorso.

Sul piano delle conformità ai principi comunitari deve rilevarsi che il reiterarsi degli interventi normativi ora citati sembra trovare la propria ragione d’essere nel grido di allarme lanciato dalla stessa AEEG nella memoria presentata in occasione dell’audizione presso la X Commissione Industria, Commercio, Turismo del Senato, nell’ambito dell’esame del disegno di legge AS 691 (Liberalizzazione settori energia elettrica e gas) preordinato alla definizione del testo della legge delega che dovrebbe attribuire al Governo la competenza ad adottare un decreto legislativo finalizzato al completamento della liberalizzazione dei settori energia elettrica e gas in attuazione delle direttive comunitarie 2003/54/CE e 2003/55/CE. Nella stessa l’Autorità evidenziava (siamo nell’ottobre 2006) come, dal 1 luglio 2007, tutti i clienti domestici sarebbero divenuti "idonei", con conseguentemente limitazione del ruolo delle Autorità garanti del passaggio alla liberalizzazione alla sola tutela di ben specificati interessi pubblici. Secondo l’Autorità questo non poteva che significare che, da tale data, non avrebbero più potuto esistere tariffe fissate dall’Autorità per nessuna classe di utenza, ma l’Autorità stessa avrebbe dovuto limitarsi ad indicare "prezzi di riferimento" non vincolanti, inclusivi ed evidenzianti i costi dei servizi soggetti a tariffazione, come il trasporto e la distribuzione. Tutto ciò in un settore come quello del gas naturale caratterizzato da una situazione molto critica in quanto:

– l’offerta è appena sufficiente a soddisfare la domanda ed addirittura insufficiente a garantire una adeguata sicurezza della fornitura, a causa degli insufficienti investimenti infrastrutturali passati, in tutte le attività della filiera;

– l’Eni è operatore dominante in tutte le attività della filiera ed in tutte le aree del Paese;

– non si sono sviluppati nuovi operatori di dimensioni e capacità operative adeguate ad un vero contesto concorrenziale;

– non esiste una rete di trasporto indipendente;

– proprio in ragione di ciò e della sua limitazione al perimetro nazionale, la rete di trasporto non ha attivato investimenti per incrementare le interconnessioni internazionali;

– non esiste un soggetto pubblico in grado di intermediare i clienti più deboli, ed in particolare quelli domestici.

In conclusione, ribadiva l’Autorità, nonostante l’apertura del mercato sia stata volontariamente anticipata sin dal 2003 da parte dell’Italia, la fissazione di "prezzi di riferimento" da parte dell’AEEG è stata comunque fatta oggetto, nel 2006, di una costituzione in mora da parte della Commissione Europea e "non sarà più possibile oltre la data del primo luglio 2007".

Gli stessi concetti sono stati ribaditi dall’Autorità anche nella segnalazione al Parlamento, Atto n. 19/07 del 15 maggio 2007, con la quale, considerato che le "Direttive comunitarie se da una parte impongono la completa apertura del mercato, dall’altro, nella consapevolezza che i processi di liberalizzazione nel settore energetico sono lontani dall’essere completati, prevedono e consentono agli Stati membri, nell’ambito dei rispettivi recepimenti, forme di tutela per i clienti più deboli", l’AEEG ha nuovamente evidenziato la necessità di un tempestivo intervento normativo per legittimare, anche dopo l’1 luglio 2007, l’intervento regolatore dell’Autorità stessa.

Ed è proprio in accoglimento dell’esplicita richiesta di proroga dei poteri regolatori anche dopo l’1 luglio 2007 che si può ragionevolmente presumere sia stato adottato il D.L. n. 73 del 18 giugno 2007.

Del resto è lo stesso documento conclusivo dell’indagine sulla concorrenza nei settori energetici presentato dalla Commissione europea il 16 febbraio 2006 ad evidenziare come i mercati europei dell’energia non fossero, a quella data, ancora aperti alle regole della concorrenza e presentassero una pluralità di aspetti di criticità. Tra tali aspetti in primo luogo l’elevato livello di concentrazione degli operatori del settore del gas che hanno, quindi, la possibilità di influenzare i prezzi. In particolare, con riferimento al mercato italiano, la Commissione ha osservato il forte ruolo condizionante del mercato giocato, nel settore della produzione e dell’importazione, del principale operatore costituito da ENI.

Proprio in ragione di ciò l’Italia si è proposta, con l’adozione del disegno di legge delega già ricordato (da trasmettersi alla Commissione europea in riscontro alla messa in mora pervenuta), di "restituire all’Autorità per l’energia elettrica e il gas la pienezza dei suoi poteri originari, intaccata negli ultimi anni da alcuni provvedimenti legislativi, prevedendo al contempo un potenziamento della funzione di controllo del Parlamento sulle attività messe in atto dalla stessa Autorità per conseguire gli obiettivi generali della politica di settore indicati dal Governo negli atti di programmazione macroeconomica e negli atti di indirizzo. In particolare, ai sensi dell’articolo 5, l’Autorità dovrà contribuire a garantire la tutela dei clienti finali e la realizzazione di mercati concorrenziali e le azioni regolatorie atte a promuovere nei settori dell’elettricità e del gas efficaci dinamiche concorrenziali, anche mediante misure atte a riequilibrare la presenza di soggetti dominanti. La disposizione non comporta oneri a carico del bilancio pubblico, in quanto si prevede che l’Autorità provveda ai nuovi compiti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili.".

Non può però omettersi di considerare che, come ammesso dalla stessa relazione al disegno di legge sopra richiamata, uno dei principali problemi ravvisati dalla Commissione europea in relazione al recepimento delle direttive necessario per il conseguimento dell’obiettivo, considerato come primario dalla Comunità Europea, della liberalizzazione del mercato dell’energia, in vista della costituzione di un mercato europeo dell’energia, è rappresentato proprio dalla persistenza di prezzi regolamentati, in particolare a profitto di clienti idonei, che bloccano l’entrata sul mercato di nuovi concorrenti.

Invero questo aspetto, pare però al Collegio, non sia suscettibile di una valutazione (in termini di compatibilità della normativa interna) che prescinda da un’attenta considerazione della situazione del mercato nel suo complesso. In linea di principio, infatti, l’imposizione del prezzo può essere effettivamente disincentivante all’ingresso di nuovi operatori sul mercato, ma se ed in quanto imponga tariffe particolarmente agevolate ed in quanto tali non remunerative. Se, però, come nella particolare condizione del mercato del gas naturale italiano, il prezzo imposto risulta comunque essere il più elevato d’Europa, ciò sta a significare che ciò che falsa il mercato ostacolando eventuali ingressi non è l’imposizione di un prezzo "controllato", ma la presenza di un operatore dominante sul fronte dei grossisti che, approfittando della propria posizione, impone condizioni all’ingrosso non remunerative. L’abolizione del prezzo di riferimento, stante la situazione di fatto del mercato, è quindi presumibile che condurrebbe, una volta venuto meno l’effetto calmierante della regolamentazione da parte dell’AEEG, il fornitore all’ingrosso di gas – che così rafforzerebbe ulteriormente la propria posizione – ad imporre ai venditori al dettaglio aumenti ancora più elevati.

Con ciò escludendo ogni effetto positivo della privatizzazione a favore dei soggetti più deboli della filiera della vendita del gas e cioè i clienti domestici che non possono trasferire su alcuno il maggior costo della fonte energetica consumata.

Un tale risultato può essere evitato solo attraverso l’ingresso di nuovi operatori all’ingrosso, il che, però, potrebbe aversi solo a seguito di una concreta, e non solo formale, separazione della proprietà delle infrastrutture (rete di trasporto) dalle attività di vendita o, più in generale, moltiplicando gli investimenti in infrastrutture di importazione e stoccaggio, che consentano una maggiore diversificazione delle fonti di approvvigionamento e liquidità del sistema.

La sola eliminazione dei prezzi di riferimento, in assenza di tali condizioni che incentiverebbero l’ingresso sul mercato di nuovi operatori, non può, quindi, avere un reale effetto di favorire la liberalizzazione del mercato, ma, anzi, al contrario rafforzerebbe ancor più la posizione degli operatori già dominanti. Alla luce di tutto ciò il Collegio ritiene, quindi, che non sussistano gli estremi né per disapplicare, né per rinviare all’esame pregiudiziale della Corte di Giustizia della Comunità Europea, gli interventi normativi e regolatori (dell’AEEG) che si sono susseguiti dal 2002 allo scopo di confermare la sussistenza del potere regolamentare dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas in ordine alla definizione di "prezzi di riferimento", quantomeno sino all’1 luglio 2007.

Del resto la stessa Commissione europea, nella comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo del 10 gennaio 2007 ha evidenziato, nel prendere atto del fatto che la domanda di energia è poco elastica e che alle fluttuazioni dei prezzi i consumatori dovranno reagire investendo in nuovi impianti che consentano di ridurre i consumi, come molti "Stati Membri continuano tuttavia ad esercitare controlli più generali sulle tariffe di fornitura al dettaglio. Se è vero che i controlli sui prezzi, mascherando i segnali che questi possono trasmettere, impediscono ai consumatori di capire quale sarà la futura evoluzione dei costi, va però riconosciuto che una regolamentazione ben mirata dei prezzi può essere necessaria per tutelare i consumatori in determinate circostanze, per esempio durante il periodo di transizione alla concorrenza effettiva. Questa regolamentazione dei prezzi deve tuttavia essere equilibrata, nel senso che non deve ostacolare l’apertura del mercato, né creare discriminazioni fra i fornitori europei di energia, né aggravare le distorsioni della concorrenza o limitare la rivendita".

Se questi sono i limiti cui la Comunità Europea subordina la legittimità di un intervento regolatore del Garante del mercato, si rende, quindi, necessario verificare se la disciplina dettata con la deliberazione n. 79/07 e gli effetti della stessa alla luce della sopravvenuta normativa sopra citata, possano ritenersi rientrare nei confini delineati dagli stessi.

A tale proposito appare opportuno premettere, che, come evidenziato da numerosi studi condotti rispetto al settore del gas, l’effettiva liberalizzazione del mercato non può prescindere da una sufficiente dose di flessibilità e liquidità del mercato.

Quest’ultima è strettamente collegata all’ingresso di concorrenti rispetto al grossista dominante che dovrebbe essere opportunamente stimolato e potrebbe portare alla creazione di una quotazione diretta del prezzo del gas, correlata alle dinamiche di domanda ed offerta, affrancata dall’effetto distorsivo del sistema conseguente all’indicizzazione del prezzo del gas a quello del petrolio. Ne discende, tenuto conto di tutto ciò sin qui rappresentato, che quello attuale – e a maggior ragione quello intercorrente tra l’1 gennaio 2003 e l’1 luglio 2007 – non può che essere qualificato come quel periodo di "transizione alla concorrenza effettiva" rispetto al quale la Comunità Europea sembra riconoscere spazio ad un intervento regolatore esterno dei prezzi.

Ne discende che la legittimità del provvedimento in questione deve essere valutata tenendo conto della tesi del Consiglio di Stato (avvalorata dalla sopravvenienza del d.l. 73/07) secondo cui la fase transitoria, di volontaria anticipazione della liberalizzazione, non poteva non ammettere un potere regolamentare dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas in ordine alla fissazione del prezzo del gas, quale strumentale a salvaguardare le dinamiche concorrenziali. Tanto più se si considera che tale periodo vedeva l’esistenza di due categorie di utenti: quelli idonei e quelli ancora vincolati. Ai clienti ancora vincolati non poteva che essere applicato un prezzo eteroimposto, rispetto al mercato, e cioè quello fissato dall’Autorità, mentre a quelli che avevano potuto e voluto optare per la stipulazione di un nuovo contratto "libero" non poteva non essere garantita la possibilità di ritornare al fornitore e alle condizioni di contratto originarie, laddove più convenienti e, quindi, in sostanza di accedere alle stesse condizioni economiche garantite ai clienti vincolati.

La sussistenza del potere regolamentare dell’AEEG trova, quindi, con riferimento a tale periodo, giustificazione anche nel sistema a "doppio binario" instauratosi nel 2003 e sopravvissuto sino al 30 giugno 2007.

Accertata la sussistenza del potere regolamentare in capo all’Autorità, anche in prospettiva comunitaria, la risoluzione della controversia deve necessariamente passare attraverso una verifica della compatibilità del modo in cui tale potere è stato esercitato verificando, in particolare, se l’intervento, così come previsto, produca effetti distorsivi della concorrenza o meno.

A tale fine deve preliminarmente precisarsi che la delibera n. 79/07 prevede che per tutto il 2005 trovino applicazione le condizioni economiche di cui alla deliberazione n. 195/02, così eliminando, per tale anno, gli effetti della contestata applicazione dei criteri di calcolo del corrispettivo variabile per la commercializzazione all’ingrosso introdotti dalla delibera n. 248/04 e fatti propri con le successive determinazioni dell’Autorità che, perciò stesso non vanno ad incidere sul sistema.

A decorrere dal secondo semestre del 2006 e fino al 31 marzo 2007, la deliberazione n. 79/07 fa salva l’operatività dei correttivi introdotti dalla delibera n. 134/06, in ragione dei quali il moltiplicatore da applicarsi nella formula per la determinazione della variazione del costo della materia prima passa da 0,75 a 0,95 laddove la quotazione del Brent abbia superato i 60 $/barile e si riconosce un corrispettivo fisso da aggiungersi nella quantificazione finale del corrispettivo variabile. Tali previsioni, riprese dalla delibera n. 79/07 anche per il secondo trimestre 2007, riducono in modo sensibile, fino quasi ad annullarli, gli effetti del contenimento del prezzo di riferimento discendenti dall’applicazione della nuova formula di calcolo della variazione della voce "costo della materia prima". Può quindi escludersi che, per i due periodi di riferimento analizzati, l’intervento dell’Autorità possa avere in concreto inciso sull’equilibrio del mercato, contravvenendo al limite del rispetto delle dinamiche concorrenziali e possa, quindi, in ragione di ciò, ritenersi in contrasto con la normativa comunitaria. Rimane perciò da verificare se possano imputarsi conseguente distorsive della libera concorrenza alla regolazione del prezzo di riferimento del gas naturale per il primo semestre 2006.

Con riferimento a tale specifico aspetto, la memoria prodotta dalla difesa erariale chiarisce come lo scopo perseguito dai punti da 1.5 a 1.9 della deliberazione n. 79/07 sia proprio quello di riequilibrare il sistema, facendo in modo (attraverso l’imposizione della rinegoziazione) che i venditori al dettaglio acquistino il gas ad un prezzo pari al corrispettivo variabile relativo alla commercializzazione all’ingrosso, così come determinato sulla scorta della stessa delibera 79/07. L’imposizione dell’obbligo di rinegoziazione, da leggersi in tal senso preordinato, si configura in concreto idonea al perseguimento del dichiarato scopo di ricondurre ad equità il sistema, garantendo l’utente finale ed andando ad incidere esclusivamente sulla sovraremunerazione dei venditori all’ingrosso, trasformando il ridotto incremento del corrispettivo variabile di commercializzazione all’ingrosso in un "costo passante" per i venditori al dettaglio.

Il raggiungimento dello scopo in questione risulta garantito, da un lato, dal potere sanzionatorio conferito all’Autorità dall’art. 2, comma 20, lett. c) della legge 481 del 1995, che assiste l’applicazione delle delibere dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas e che può essere attivato in caso di mancato rispetto, da parte del grossista, dell’obbligo di rinegoziazione. Dall’altro il rifiuto di adempiere all’obbligo stesso, a cui deve comunque equipararsi, a tutti i fini, anche la disponibilità a rinegoziare a condizioni diverse da quelle ammesse dalla deliberazione n. 79/07 e non giustificabili nei termini individuati da quest’ultima, potrebbe altresì integrare una fattispecie di abuso di posizione dominante perseguibile dall’Autorità garante della concorrenza.

L’Autorità, inoltre, ad ulteriore compensazione dei maggiori oneri sopportati dagli esercenti nel primo semestre 2006, ha previsto, a favore degli stessi (punto 1.8 della delibera 79/07), il riconoscimento di un importo pari al prodotto tra i volumi corrispondenti consumati dai clienti finali di cui alla deliberazione n. 138/03 (e cioè a tutti i soggetti che hanno un consumo inferiore a 200.000 mc. – o che pur avendo un consumo superiore non hanno optato per la stipulazione di un contratto libero) e il 50 % della differenza derivante dall’applicazione da parte dei medesimi esercenti, per il periodo 1 gennaio 2006 – 30 giugno 2006, dei valori calcolati ai sensi della deliberazione n. 195/02, in luogo di quelli fissati dal successivo articolo 2 della medesima delibera n. 79/07. Tale beneficio deve ritenersi destinato, in via principale, al soddisfacimento delle legittime pretese dei venditori al dettaglio a non essere i soggetti onerati dal contenimento del prezzo in questione. La sua spettanza in concreto appare, però, intimamente connessa all’ulteriore "ammortizzatore" rappresentato dalla rinegoziazione e, perciò, l’art. 1.8 deve essere letto in combinato disposto con il precedente 1.7.

Deve, infatti, tenersi in considerazione la circostanza per cui l’AEEG, proprio in ragione della fisiologica neutralità del proprio intervento, non poteva prevedere una diretta attribuzione degli importi in questione ai dettaglianti, ma doveva introdurre una previsione generica in ragione della possibilità di una rinegoziazione integrale, a copertura totale del ridotto incremento della voce componente materia prima, la quale avrebbe determinato la necessità di una redistribuzione delle somme stesse. In altre parole, nel caso di disponibilità del grossista alla rinegoziazione dei contratti tenendo totalmente immuni i dettaglianti dall’applicazione della nuova formula di determinazione del corrispettivo della commercializzazione all’ingrosso, non avrebbe avuto senso attribuire le somme di cui al punto 1.8 ai soli venditori al dettaglio che ne avrebbero ricavato un ingiustificato doppio vantaggio: pagamento del gas in misura pari al corrispettivo variabile applicato per la quantificazione del prezzo di riferimento per la fornitura al cliente finale e ulteriore recupero di somme compensative. Tenuto conto, quindi, che l’obiettivo finale minimo, garantito dalla possibilità di rivolgersi all’AEEG per l’applicazione delle relative sanzioni in caso di rifiuto del grossista alla rinegoziazione, è quello di assicurare ai dettaglianti, per il primo semestre 2006, il pagamento del gas all’ingrosso ad un prezzo non superiore a quello dagli stessi praticato ai clienti finali alla voce corrispettivo per la commercializzazione all’ingrosso, il recupero delle somme di cui al punto 1.8 sembra essere destinato a facilitare il perseguimento di tale risultato.

È comunque chiaro che l’applicazione delle misure reintregative di cui ai punti da 1.5 a 1.9 deve portare, quale risultato complessivo, a fare in modo che il dettagliante possa recuperare la differenza tra il prezzo effettivamente pagato e il corrispettivo variabile relativo alla commercializzazione all’ingrosso risultante dall’applicazione dei criteri previsti dalle delibere dell’AEEG che hanno trovato applicazione per il primo semestre 2006.

Tale risultato può essere raggiunto attraverso la rinegoziazione, nell’ambito della quale potrà tenersi in considerazione anche l’importo previsto dall’articolo 1.8 che potrà essere valutato ai fini del raggiungimento dell’obiettivo minimo stabilito individuando come riferimento massimo del prezzo praticabile il corrispettivo CCI, così come aggiornato con riferimento ai singoli periodi dall’art. 2 della delibera 79/07.

Per il periodo successivo la delibera nulla dispone, ma ciononostante può ritenersi che ciò non comporti effetti negativi sulla concorrenza, perché da un lato la modifica a regime del criterio di determinazione delle condizioni economiche della vendita del gas dovrebbe aver fisiologicamente portato all’assorbimento del nuovo criterio e, quindi, all’approvazione di nuove condizioni di contratto di fornitura che tengano conto della componente in questione. Se ciò non dovesse essersi realizzato i dettaglianti potrebbero sempre eccepire un abuso di posizione dominante che la stessa delibera impugnata tende ad evitare possa prodursi. Dall’altro l’operare del correttivo che innalza il coefficiente a 0,95 in presenza di quotazioni del Brent superiori a 60 $/barile (ormai costantemente registrate dal mercato) riduce al massimo l’impatto della formula di determinazione della variazione della componente materia prima."

Pertanto alla luce delle conclusioni cui è pervenuta la sentenza 1875/08, dalle quali il Collegio non intende discostarsi, i residui motivi di ricorso non sono fondati per il periodo regolato fino al 30.6.2007.

Per affrontare, invece, la questione aperta per il periodo successivo è necessario partire dalle argomentazioni della sentenza parziale circa la necessità dell’intervento chiarificatore da parte della Corte di Giustizia espresse nel punto 10 che così motiva: "Appare, infatti, meritevole di considerazione l’istanza incidentale di rimessione, in via pregiudiziale, della controversia alla Corte di Giustizia della Comunità Europee, affinché chiarisca se la previsione di un potere dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas finalizzato ad eterodeterminare il prezzo che deve essere offerto al cliente finale, anche dopo l’1 luglio 2007, ancorché legittimato dall’intervento normativo del D.L. 73/07, sia compatibile con i principi della liberalizzazione del mercato del gas ed in particolare con l’art. 23 della Direttiva 2003/55/CE.

La questione non può essere risolta in termini di giudizio di costituzionalità del decreto legge n. 73/07.

In effetti lo ius superveniens apre una questione che, se astrattamente potrebbe essere portata all’attenzione della Corte costituzionale proprio sotto il profilo della violazione dell’art. 117, comma 1, in concreto impone, invece, la strada di Lussemburgo ex art. 234 TU, involgendo direttamente il rapporto con i principi stabiliti da una direttiva europea (la 2003/55) self executing, in ordine alla data del 1 luglio 2007, prevalente sull’ordinamento interno, la cui corretta interpretazione non può che essere chiarita, in via pregiudiziale, dalla Corte di Giustizia.

Interpretazione che si appalesa necessaria ai fini della risoluzione della controversia in esame, atteso che la normativa comunitaria si limita, nel caso di specie, a qualificare tutti i clienti come idonei a decorrere dall’1 luglio 2007, senza però nulla esplicitare in ordine alle conseguenze di tale evento in termini di eventuale permanenza ed estensione del potere regolatorio delle Autorità di vigilanza nazionali, in specie in materia di fissazione del prezzo del gas.

A tale proposito l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, nel parere n. 19/07 del 15 maggio 2007, redatto ai fini della discussione del disegno di legge n. 691 del Senato della Repubblica, previa affermazione, con riferimento al mercato dell’energia elettrica, del fatto che "la situazione attuale non sembra più compatibile con la normativa europea in quanto alcune disposizioni della stessa Direttiva" (la 2003/55/CE n.d.r.), "che appaiono direttamente applicabili, farebbero venir meno la facoltà di determinare tariffe di vendita della commodity energia elettrica ai clienti…", estende tale conclusione anche al mercato del gas disciplinato dalla direttiva 2003/55/CE. In esso si legge, infatti, che nonostante la liberalizzazione sin dal 2003, l’Autorità ha potuto controllare i prezzi per i consumi domestici in conseguenza del "fatto che la piena apertura del mercato italiano era avvenuta in anticipo rispetto agli obblighi della direttiva e costituiva quindi un regime "volontario", difficilmente sindacabile in ambito comunitario. Tuttavia dal 1° luglio, venuta meno questa connotazione "volontaristica" diventa essenziale ricondurre gli interventi citati nell’ambito delle tutele previste dalla Direttiva", con ciò auspicando un mirato intervento normativo che l’Autorità sembra presupporre, quindi, come ancora compatibile con il mercato liberalizzato.

Invero il legislatore è tempestivamente intervenuto, emanando, come già ricordato, il d.l. 73/07, ma la presenza di tale disposizione normativa non appare, al Collegio, sufficiente a fugare il dubbio sulla compatibilità della previsione del protrarsi del potere regolatorio dell’Autorità di vigilanza anche dopo la scadenza del termine che, in forza della Direttiva 2003/55/CE, avrebbe dovuto segnare la piena liberalizzazione del mercato.

Se, infatti, il principio – affermato dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 4896/07 e condiviso anche dal Collegio – per cui la liberalizzazione di un mercato non comporta automaticamente l’incompatibilità di norme finalizzate alla salvaguardia della dinamica concorrenziale, ben poteva legittimare gli interventi sulla fissazione del prezzo entro i limiti temporali del periodo transitorio (che ha visto la permanenza sul mercato, accanto a clienti già idonei, di clienti non idonei), non altrettanto sembrerebbe potersi sostenere dopo la scadenza dell’1° luglio 2007, a seguito della quale non possono più esistere clienti non idonei.

Appare opportuno precisare che la questione non involge, ai fini che qui interessano, la possibilità, prevista dall’ultima parte del terzo comma dell’art. 3 del D.L. 73/07, che l’Autorità governativa fissi misure volte a tutelare utenti in particolari condizioni di salute o di svantaggio economico, le quali non rilevano ai fini della dinamica generale dei prezzi.

A prescindere, quindi, da tale aspetto, ciò che rileva, invece, ai fini della decisione, sono le particolari condizioni caratterizzanti il mercato del gas ed addotte a sostegno della legittimità dell’intervento regolatorio nel periodo provvisorio, che non possono certo ritenersi venute meno quale conseguenza della sola qualificazione formale di tutti i clienti come idonei.

La presenza di un unico operatore dominante sul mercato all’ingrosso, la mancata separazione della proprietà delle infrastrutture dalle attività di vendita e la carenza di investimenti in infrastrutture di importazione e stoccaggio che ostacolano l’ingresso nel mercato di nuovi operatori continuano, quindi, a connotare un mercato che, proprio in ragione di ciò pare potersi ritenere solo formalmente liberalizzato.

Del resto la stessa Commissione Europea, nella comunicazione al Consiglio e al Parlamento Europeo del 10 gennaio 2007 ha evidenziato come "una regolamentazione ben mirata dei prezzi può essere necessaria per tutelare i consumatori in determinate circostanze, per esempio durante il periodo di transizione alla concorrenza effettiva".

Ci si deve allora chiedere, in primo luogo, se, alla luce dei principi comunitari la mera definizione dei clienti come liberi debba implicare il darsi per scontata l’esistenza di quella "concorrenza effettiva" la cui presenza renderebbe inammissibili ulteriori interventi esterni sul prezzo di fornitura o se, a prescindere da ciò, le particolari condizioni che renderebbero ammissibile una regolamentazione dei prezzi possono essere ravvisabili anche nelle suddette particolarità del mercato del gas italiano.".

La Corte con la sentenza C26508 ha affermato una serie di principi il cui rispetto da parte delle delibere impugnate il giudice nazionale dovrà valutare.

Essi sono contenuti nel dispositivo che così recita: "Gli artt. 3, n. 2, e 23, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 26 giugno 2003, 2003/55/CE, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la direttiva 98/30/CE, non ostano ad una normativa nazionale, come quella controversa nelle cause principali, che consente di determinare il livello del prezzo di fornitura di gas naturale mediante la definizione di "prezzi di riferimento", come quelli di cui trattasi nelle cause principali, successivamente al 1° luglio 2007, purché tale intervento:

– persegua un interesse economico generale consistente nel mantenere il prezzo di fornitura del gas naturale al consumatore finale ad un livello ragionevole alla luce della contemperazione, che spetta agli Stati membri effettuare, tenendo conto della situazione del settore del gas naturale, fra l’obiettivo di liberalizzazione e l’obiettivo della necessaria protezione del consumatore finale perseguiti dalla direttiva 2003/55;

– non incida sulla libera fissazione dei prezzi della fornitura del gas naturale successivamente al 1° luglio 2007 se non nella misura necessaria a conseguire siffatto obiettivo di interesse economico generale e, di conseguenza, per un periodo necessariamente limitato nel tempo, e

– sia chiaramente definito, trasparente, non discriminatorio, verificabile, e garantisca alle imprese dell’Unione che operano nel settore del gas parità di accesso ai consumatori".

Appare necessario, pertanto, verificare se le tre condizioni cui è sottoposto il potere regolatorio dell’Autorità sono soddisfatte o meno dalla delibera impugnata 79/07.

Un primo aspetto individuato dalla sentenza della Corte di Giustizia riguarda il necessario contemperamento tra l’obiettivo della liberalizzazione del settore e quello della protezione del consumatore finale entrambi perseguiti dalla direttiva da applicare e che giustificherebbero l’intervento volto a determinare, almeno in parte, il prezzo del gas naturale.

Si tratta in sostanza di rispettare il principio di proporzionalità intervenendo sulla libera contrattazione delle parti nella misura minima necessaria per perseguire le finalità esposte in precedenza e con interventi obbligatoriamente limitati nel tempo.

La delibera 79/2007 ha dovuto rimediare alle conseguenze del contrasto di giudicati che si era creato sulla delibera 248/2004 che da un lato era stata formalmente annullata e dall’altro aveva visto riconoscere in capo all’Autorità il potere di provvedere in tema di determinazione delle condizioni di contratto.

Oltre però a regolare il passato per coprire il vuoto di disciplina venutosi a creare per effetto dell’annullamento della delibera 248/2004, ha previsto una regolamentazione generale che integrava la delibera 195/2002, con una deroga per il periodo 1.7.2006 – 30.6.2008 attraverso la modifica dell’art. 1.3.1 della Deliberazione 195/2002 con possibilità di prorogare tale regime fino al 30.6.2009 ai sensi dell’art. 1.3.2 della medesima delibera come modificata dalla delibera 79/2007.

Infatti successivamente la delibera 52/2008 prorogava il regime fino al 30.9.2008, quella 100/2008 disponeva ulteriore proroga fino al 30.9.2009.

A sostegno della possibilità di intervento sui prezzi di riferimento per le forniture di gas naturale, era stato anche approvato dal Governo il D.L. 73/2007 poi convertito in L. 125/2007 che all’art. 1,comma 3, così dispone: "Per garantire le disposizioni comunitarie in materia di servizio universale, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas indica condizioni standard di erogazione del servizio e definisce transitoriamente, in base ai costi effettivi del servizio, prezzi di riferimento per le forniture di energia elettrica ai clienti di cui al comma 2 e per le forniture di gas naturale ai clienti domestici, che le imprese di distribuzione o di vendita, nell’ambito degli obblighi di servizio pubblico, comprendono tra le proprie offerte commerciali contemplando anche la possibilità di scelta tra piani tariffari e fasce orarie differenziati. È fatta salva l’adozione, ai sensi dell’articolo 1, comma 375, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro della solidarietà sociale, entro il termine di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, di misure volte a tutelare utenti in particolari condizioni di salute o di svantaggio economico. Sono altresì fatti salvi i poteri di vigilanza e di intervento dell’Autorità a tutela dei diritti degli utenti, anche nei casi di verificati e ingiustificati aumenti dei prezzi e alterazioni delle condizioni del servizio per i clienti che non hanno ancora esercitato il diritto di scelta ".

Successivamente al 30.9.2009 è stata approvata la delibera 64/2009 che, in ossequio al disposto della norma sopra riportata, ha approvato il "Testo integrato delle attività di vendita al dettaglio di gas naturale e gas diversi da gas naturale distribuiti a mezzo di reti urbane" (TIVG), nella quale il criterio di aggiornamento del costo determinato dall’acquisto della materia prima non prevede più alcun parametro limitante; invero la delibera 89/2010 ha reintrodotto il coefficiente per l’anno termico 20102011 che limiterà il costo della materia prima riversabile sul consumatore finale.

La verifica del rispetto del principio di proporzionalità è data dal controllo sulla natura strettamente necessaria delle misure adottate e dalla loro temporaneità.

Il primo problema che si pone è che il mercato del gas è influenzato in Italia dalla situazione pressoché di monopolio del grossista nei confronti di coloro che poi venderanno il gas al consumatore finale; se le misure adottate possono tutelare il cliente finale nel caso di scarsa concorrenza nel settore della vendita al dettaglio, nulla possono contro il problema del monopolio del grossista, che scoraggia anche l’ingresso di altri operatori sui mercati locali di vendita al dettaglio, non potendo questi ultimi differenziare in modo significativo le offerte tra loro, assoggettati come sono alle medesime condizioni di acquisto all’ingrosso.

A riprova di ciò vi è la mancata riproposizione a partire dal gennaio 2007, nella delibera 79/2007, degli obblighi di rinegoziazione in capo ai grossisti che avrebbero dovuto compensare le limitazioni analoghe poste ai venditori del gas ai clienti finali.

La misura a tutela del consumatore finale non ha portato nessun beneficio neppure all’obiettivo di liberalizzare il mercato, regime in teoria in vigore dal gennaio 2003, poiché gli utenti finali che hanno cambiato fornitore durante la vigenza della disciplina della delibera impugnata (20082009) non supera il 2%.

Il raffronto con i prezzi di vendita al dettaglio praticati negli altri paesi europei, come documentato dalla società ricorrente (vedasi all. 8), evidenzia una maggiore convenienza degli stessi per il consumatore italiano, che non ha nessuno stimolo a cambiare fornitore, anche perché il concorrente non potrebbe offrirgli condizioni migliori ed il numero di clienti che si avvalgono delle tariffe determinate dall’Autorità è molto più alto che in altri paesi.

Anche il volume di gas fornito ai prezzi fissati con i criteri stabiliti dalle delibere dell’Autorità non ha subito significative diminuzioni.

Quanto al requisito della temporaneità delle misure regolatorie, anch’esso non appare soddisfatto: il punto 1.3.2 della delibera 79/2007 prevede la possibilità di prorogare fino al 30.6.2009 il più favorevole calcolo degli aumenti oltre la soglia fissata, ma alla scadenza non conseguirebbe un regime liberalizzato dei prezzi, ma la nuova vigenza dei criteri di cui al punti 1.2 della delibera 195/2002, come modificata dalla delibera impugnata che riporterebbe la soglia di copertura dell’aumento dei prezzi al 75% ancora più penalizzante per i venditori.

Peraltro, neanche il nuovo TIVG di cui alla delibera 64/2009 cit. prevede che la regolamentazione dei prezzi sia soggetta ad una scadenza e fissa con provvedimento tuttora in vigore quale siano i clienti che hanno diritto al servizio di tutela (vedasi Articolo 4 della delibera dal titolo: "Ambito oggettivo di applicazione", per cui:"Hanno diritto al servizio di tutela i clienti finali con riferimento a:

a) ciascun punto di riconsegna appartenente alla tipologia di cui al comma 2.3, lettera a);

b) ciascun punto di riconsegna appartenente alla tipologia di cui al comma 2.3, lettera b), con consumo non superiore a 200.000 Smc/anno") senza prevedere una data di scadenza rispetto a tale regolamentazione.

Un altro aspetto che attiene alla realizzazione del principio di proporzionalità riguarda l’applicazione indistinta della delibera sia alle famiglie che alle piccole e medie imprese.

Tenuto conto della differente capacità di contrattare di questi soggetti, non è giustificata la previsione di un identico regime tariffario per entrambi.

La violazione del principio di proporzionalità è ancora più evidente se si considera che usufruiscono dello stesso regime anche le imprese che, a prescindere dalla loro dimensione, non hanno mai esercitato la facoltà di stipulare nuovi contratti di fornitura (vedasi in merito art. 5 Del. 64/2009).

Pertanto, la previsione che il cliente finale, sia esso impresa o utente domestico, paghi la stessa tariffa è in contrasto con il punto 43 della cit. sentenza della Corte di Giustizia Europea, tanto più se tra le imprese non discrimina neanche in relazione alla loro dimensione.

Un’altra delle condizioni poste dalla sentenza della Corte di Giustizia per legittimare l’intervento regolatorio dell’Autorità è quella della non discriminatorietà della regolamentazione.

La valutazione demandata al giudice nazionale anche su tale punto non consente di ritenere integrata la condizione cui è subordinato l’esercizio del potere regolatorio.

Le società che vedono applicarsi un prezzo imposto verso quasi tutti i clienti finali non si approvvigionano tutte dallo stesso fornitore.

L’E.N.I. s.p.a. infatti, che alimenta la parte preponderante del mercato, non supera il 70% dello stesso, per cui vi sono comunque altri soggetti che si forniscono da importatori diversi dall’E.N.I. o che hanno capacità di procurarsi autonomamente la materia prima.

Costoro, quindi, pur pagando il gas che forniscono ai clienti finali ad un prezzo diverso, sono costretti a venderlo ad un prezzo imposto.

Il sistema regolatorio determinato dalla delibera 79/2007 non può in conclusione, ritenersi conforme alla disciplina che scaturisce dall’osservanza dei principi contenuti nella sentenza 26508 della Corte di Giustizia Europea.

Il terzo motivo di ricorso va di conseguenza accolto laddove evidenzia la violazione dell’art. 3.3 della Direttiva 2003/55/CE.

Il secondo motivo relativamente alla violazione dell’art. 41 Cost. ed il quarto motivo vanno accolti per quanto attiene alla regolazione dei prezzi dopo il 1° luglio 2007.

Vista la complessità della materia trattata, che ha richiesto anche un intervento chiarificatore della Corte di Giustizia Europea, appare equo compensare le spese di giudizio tra tutte le parti costituite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione IV, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, li accoglie, nei sensi di cui in motivazione.

Spese del giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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