T.A.R. Sicilia Catania Sez. IV, Sent., 04-05-2011, n. 1095 Armi, in genere Detenzione abusiva e omessa denuncia Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con decreto del 25.1.2006 il Prefetto di Enna ha vietato all’odierno ricorrente di detenere armi e munizioni, e ciò sulla base di precedenti penali del figlio convivente indicati nel provvedimento.

Parte ricorrente insiste molto sulla circostanza che il figlio F.P. non sarebbe stato convivente, ma quello che risulta incontrovertibilmente dai dati documentali è che il predetto figlio è emigrato a Catania in data 1.4.2008 dal Comune di Catenanuova e che in detto Comune ha avuto diverse residenze e in alcuni periodi è addirittura emigrato in Germania. La residenza anagrafica può non coincidere con il domicilio, quindi non fornisce dati sicuri sulla convivenza; per altro, la condotta di F.P., per la sua gravità, rileva di per sé, a prescindere dalla convivenza con il padre. La giurisprudenza ha costantemente affermato che il contesto sociofamiliare di chi – in deroga al generale divieto di detenere armi – eccezionalmente possiede (o aspira a possedere) un titolo che gli consente tale detenzione deve essere immune da ogni menda. Una delle ragioni che possono indurre alla formulazione di un giudizio prognostico negativo sulla affidabilità del soggetto di fare buon uso delle armi è data infatti dall’ambiente familiare (cfr., ex multis, Consiglio di stato, VI, 30 settembre 2008, n. 4693). Lo stesso ricorrente ammette che il figlio frequenta la casa paterna, come per altro è naturale che sia. Ciò implica che – a prescindere da quanto siano assidue le visite – il soggetto in questione, la cui personalità antisociale e violenta emerge dai precedenti (v. infra), può entrare in contatto con le armi e appropriarsene; tale pericolo il provvedimento mira appunto a scongiurare, essendo doveroso per l’autorità di p.s. prevenire, anche attraverso il controllo delle armi possedute dai cittadini, la commissione di reati e comunque di fatti che turbino l’ordinata convivenza sociale. In materia al Prefetto è attribuito dall’ordinamento un potere ampiamente discrezionale, in forza del quale egli è tenuto a valutare con il massimo rigore qualsiasi circostanza che consigli l’adozione del provvedimento di divieto o di revoca della detenzione di armi, attesa la su menzionata finalità di prevenire la commissione di reati e in generale di evitare che si verifichino fatti lesivi della pubblica sicurezza. E per questo è certamente necessario, ma non sufficiente, accertare che innanzitutto il detentore sia persona esente da mende o da indizi negativi, sì da dare sicura affidabilità circa il buon uso delle armi (T.A.R Campania Napoli, sez. V, 08 febbraio 2011, n. 744; T.A.R. Lazio, Roma, I, 1.2.2006, n.749; T.A.R. Umbria, 12.5.2005, n.276; Cons. Stato, IV, 30.4.1999, n.748; 19.12.1997, n. 1440); accanto alla condotta irreprensibile del soggetto richiedente, all’equilibrio psicofisico dello stesso, tale da garantire il dominio in qualsiasi situazione di impulsi ed emozioni, si richiede anche una trasparente collocazione in un sano ambiente non solo familiare, ma anche sociale (in tal senso, fra molte altre, T.A.R. Campania Salerno, sez. I, 03 febbraio 2010, n. 1031).

Orbene, il decreto del Prefetto di Enna meglio specificato in epigrafe è puntualmente motivato, con l’esposizione di numerose circostanze, tutt’altro che insignificanti, a carico del figlio dell’odierno ricorrente, F.P.: arresto in Tolmezzo il 6.11.2004 per porto abusivo di armi da taglio ed oggetti atti ad offendere, concorso in rapina, sequestro di persona, tentata estorsione, indebito utilizzo di bancomat; arresto il 18.12.2004 in Catenanuova per detenzione di sostanze stupefacenti a fini dispaccio; procedimento pendente press la Procura militare della repubblica presso il Tribunale militare di Padova per simulazione di infermità, diserzione aggravata, truffa militare pluriaggravata, disobbedienza aggravata, insubordinazione con minaccia pluriaggravata e continuata; è stato sospeso dal servizio di leva il 4.11.2005; segnalazione al Comando Stazione Carabinieri di Catenanuova al comando Compagnia Carabinieri di Enna per la proposta di applicazione della misura dell’avviso orale ex art. 5 legge n. 327/1988. Da tutti gli atti di causa, depositati dallo stesso ricorrente, emerge la "pessima condotta in genere" del figlio Filippo (nota della Stazione Carabinieri di Catenanuova del 4.9.2005).

Pertanto, le censure dedotte in ricorso, di violazione degli artt. 11, 39 e 43 TULPS, di erronea valutazione dei presupposti, di illogicità e contraddittorietà manifesta, di difetto di motivazione e di presupposti, alla luce del chiaro quadro fattuale, e al di là, si ribadisce, dell’elemento della convivenza, sono infondate, tenuto conto dei pacifici principi elaborati dalla giurisprudenza in subiecta materia.

Il ricorso deve in conclusione essere respinto; le spese seguono, come di regola, la soccombenza, e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania (Sezione Quarta),

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese a carico della parte ricorrente, liquidate in favore dell’amministrazione in euro duemilacinquecento/00.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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