Cass. pen., sez. I 26-02-2009 (18-02-2009), n. 8656 Misure alternative alla detenzione – Affidamento in prova al servizio sociale – Revoca automatica in caso di applicazione di misura cautelare personale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

RITENUTO IN FATTO
1. Il 10 aprile 2008 il Tribunale di sorveglianza di Milano dichiarava cessata, a far data dal 29 febbraio 2008, nei confronti di D.B.F., la misura dell’affidamento terapeutico provvisorio, disposta il 31 gennaio 2008 dal Magistrato di sorveglianza di Milano che, successivamente, l’11 marzo 2008, ne aveva ordinato la sospensione cautelativa, a seguito dell’emissione, il 29 febbraio 2008, di ordinanza di custodia cautelare in carcere per fatti verificatisi il 21 marzo 2007. 2. Avverso il citato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione personalmente D.B., il quale lamenta mancanza o manifesta illogicità della motivazione, considerato che lo stato di custodia cautelare in carcere per una causa diversa da quella relativa al titolo in esecuzione non è di per sè preclusivo della valutazione nel merito e, ove ne sussistano i presupposti, dell’ammissione ad una misura alternativa alla detenzione.
OSSERVA IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
1. L’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di una persona cui sia stato concesso l’affidamento in prova al servizio sociale non comporta l’automatica revoca della misura alternativa, sia perchè l’affidamento in prova è compatibile (cfr., Cass. Sez. 1^, 27 ottobre 1999, n. 5916 Cappiello; Cass., Sez. 1^, 23 novembre 2001, n. 45800, rv. 220378; Cass., Sez. 1^, 19 marzo 2008, n. 14668, rv. 239405) con lo stato di detenzione conseguente all’applicazione di una misura cautelare coercitiva – comportandone soltanto la sospensione dell’esecuzione per la durata della misura custodiale, per sua natura di carattere provvisorio e sempre revocabile – sia perchè la revoca dell’affidamento in prova è correlata alla valutazione della condotta attribuita all’affidato con il provvedimento cautelare e non alla sola esistenza di detto provvedimento.
Il Tribunale di sorveglianza ha, infatti, l’obbligo, ai sensi della L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 51, comma 1, di vagliare gli elementi descritti nel provvedimento limitativo della libertà personale al fine di valutare se essi siano sintomatici del fallimento dell’esperienza rieducativa perseguita dall’esecuzione del beneficio penitenziario in questione, sicchè la revoca della misura alternativa può conseguire soltanto a tale accertamento.
Inoltre, dall’interpretazione letterale e logico-sistematica della L. n. 354 del 1975, art. 51-bis emerge che nemmeno la esistenza di un titolo detentivo definitivo comporta, di per se sola, la revoca dell’affidamento in prova, dovendo tale situazione sopravvenuta essere sottoposta al vaglio del Tribunale di sorveglianza, che, per disporre l’eventuale revoca, dovrà necessariamente valutare tutte le circostanze del caso concreto.
2. Nel caso di specie il provvedimento impugnato non è conforme ai principi in precedenza enunciati, in quanto ha fatto derivare automaticamente la revoca dell’affidamento terapeutico (D.P.R. n. 309 del 1990, art. 94) dalla sola esistenza di un provvedimento cautelare coercitivo.
L’ordinanza impugnata è, quindi, giuridicamente errata, oltre che priva di effettiva motivazione in ordine alle ragioni poste a base della revoca della misura alternativa alla detenzione in carcere.
S’impone, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata e il rinvio per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Milano che, ai sensi dell’art. 627 c.p.p., comma 3, si atterrà ai principi di diritto in precedenza enunciati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Milano.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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