Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 01-04-2011) 05-05-2011, n. 17692 misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione D.R.G. avverso l’ordinanza del tribunale del riesame di Catanzaro in data 4 novembre 2010 con la quale è stata confermata quella applicativa della misura cautelare della custodia in carcere emessa dal locale Gip nel luglio 2010 per il reato di favoreggiamento personale aggravato L. n. 152 del 1991, ex art. 7.

Il favoreggiamento, secondo la ipotesi accusatola, aveva riguardato la persona di F.V., capo della omonima cosca.

Costui era implicato in una guerra di mafia che aveva visto contrapposto il proprio gruppo di caratura mafiosa a quello degli zingari di (OMISSIS), per la supremazia nei traffici illeciti da realizzare nella zona di (OMISSIS).

Nel contesto di tale guerra di mafia erano stati uccisi, tra gli altri, appartenenti alla famiglia Abbruzzese, ma nel settembre (OMISSIS) si era sparsa la voce della collaborazione con la giustizia da parte di tale Fa.Do..

Posto che uno dei detti omicidi, quello di A.N., sarebbe stato eseguito da F.V. e dal Fa., mediante l’uso di una vettura che poi era stata abbandonata nel letto del fiume (OMISSIS), la collaborazione del Fa. con gli inquirenti e il timore quindi di un sopralluogo sul punto di interesse del detto fiume, avevano indotto il F. ad effettuare il recupero dell’auto avvalendosi dell’aiuto di tale L.S. e di D.R.P., l’odierno ricorrente.

Di tanto avevano reso edotta l’autorità giudiziaria sia il L. con dichiarazioni del 17 giugno 2010 che tale B.L. compagna del F. (dichiarazioni del 10 maggio 2010).

Il L. era soggetto con risalenti legami nei confronti del F. dal quale, sin dal (OMISSIS), aveva acquistato cocaina che poi rivendeva.

Entrambi i dichiaranti avevano riferito della operazione volta al recupero dell’auto che avrebbe costituito una importante prova a carico del F. in ordine all’omicidio di A.:

operazione alla quale aveva preso parte attiva il D.R., il quale aveva anche assistito con soddisfazione al sopralluogo delle forze dell’ordine, conclusosi sfavorevolmente.

Il L. aveva riferito fatti vissuti in maniera diretta mentre la B. aveva raccontato quanto appreso direttamente dal capocosca F. suo convivente.

In conclusione il Tribunale aveva ritenuto che le dichiarazioni del L., intrinsecamente credibili, erano riscontrate da quelle della B. e che le esigenze cautelari erano quelle previste dall’art. 275 c.p.p., comma 3.

Deduce il ricorrente che le dichiarazioni del L. non sarebbero convincenti quanto almeno in ragione della loro inattendibilità intrinseca.

Non sarebbero emerse in altri termini le ragioni della decisa collaborazione sicchè non sarebbe possibile saggiare la credibilità della dissociazione.

Soprattutto per la cronologia degli eventi come ricostruiti, quelle dichiarazioni sarebbero dubbie.

Infatti la rimozione del veicolo è stata fatta risalire alla estate del (OMISSIS) per timore del sopralluogo dovuto alla collaborazione del Fa. mentre tale sopralluogo avvenne un anno dopo.

Non sarebbero state effettuate indagini per verificare a chi appartenesse il mezzo meccanico usato per rimuovere il veicolo dal letto del fiume nè indagini riguardanti il titolare dello scasso che avrebbe dovuto prelevare il mezzo per ulteriormente distruggerlo.

Mancherebbero riscontri individualizzanti riguardo alla narrazione del L..

Tali non possono essere considerate le affermazioni della B. perchè basate su quanto appreso da terzo soggetto che non può a sua volte essere compulsato perchè imputato.

Non è spiegato neppure nella ordinanza chi sia il Fa., presunto collaboratore.

Infine difetterebbe qualsiasi adeguata motivazione sul dolo.

Infine, quanto alle esigenze cautelari, è stato fatto riferimento alla presunzione di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3 ma non è stata in alcun modo valutata la incidenza del tempo trascorso, della modesta gravità della condotta e della incensuratezza del ricorrente. Inoltre il D.R. non è mai stato imputato di reati associativi sicchè non è chiarita la natura del suo presunto legame con la associazione, vendo avuto egli solo risalenti rapporti personali con F.. La difesa invoca al riguardo una misura meno afflittiva.

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

La difesa adduce critiche alla attendibilità intrinseca del dichiarante L. sulla base di elementi generici, versati comunque in fatto e senza che nemmeno risulti in maniera esplicita che su di essi sia stata articolata una apposita censura dinanzi al Tribunale e del riesame.

Fatto sta che comunque il Tribunale ha affrontato ex professo la questione con argomentazione più che congrua, sulla quale la difesa non si sofferma, così dando adito, per l’appunto, alla definizione dei suoi motivi come generici perchè non rispettosi dei criteri posti dall’art. 581 c.p.p..

Il Tribunale infatti, a pag. 4 e 5 ha dato atto delle ragioni della ritenuta attendibilità intrinseca del dichiarante sottolineando la speciale credibilità che deriva non solo dalla intrinseca coerenza del racconto in tutti i suoi particolari, ma anche la conoscenza diretta dell’episodio che, oltre ad attribuire all’odierno ricorrente, il L. ha attribuito anche a sè stesso, con le conseguenze, in tema di responsabilità, che da una simile propalazione sono destinate a prodursi a suo carico.

Non hanno pregio, in conclusione, e sono per quanto detto inammissibili le doglianze sulla validità dal punto di vista della gravità indiziaria, della chiamata di correo del L..

Ugualmente generiche e inammissibili sono le censure che riguardano le convergenti dichiarazioni accusatorie della B., correttamente utilizzate dal Tribunale del riesame come elemento di riscontro individualizzante per la notevolissima coincidenza con il racconto del L. anche a proposito della implicazione del D. R. nel recupero della vettura e quindi sulla piena consapevolezza da parte sua della natura e delle finalità della azione.

Infine, per quanto concerne le esigenze cautelari, vale il costante orientamento della giurisprudenza secondo cui la presunzione normativa dell’adeguatezza della sola misura della custodia cautelare in carcere nei casi in cui sussistano gravi indizi di colpevolezza per un delitto di criminalità mafiosa – superabile esclusivamente in forza di elementi concreti e specifici dai quali emerga l’insussistenza delle esigenze cautelari – esonera il giudice dal dovere di motivare nel provvedimento genetico l’applicazione della misura, a fronte della deduzione difensiva di elementi generici e privi di concretezza (Sez. 6, Sentenza n. 39897 del 03/10/2008 Cc. (dep. 23/10/2008) Rv. 241484; massime precedenti Conformi: N. 2530 del 1995 Rv. 203392, N. 16615 del 2008 Rv. 240405).

Nella specie è indubbio che la parte ha dedotto argomenti generici quali lo stato di pregressa incensuratezza del prevenuto o la assenza di legami mafiosi, come pure la risalenza della condotta ed il giudice non aveva neppure uno specifico onere di motivazione al riguardo.

In più, comunque, il giudice ha argomentato come in concreto tale presunzione trovasse conforto, in ragione delle modalità del fatto che rendevano evidente come la condotta sia stata prolungata nel tempo e quindi particolarmente connotata dal segno della abitualità che è un indicatore sicuramente incompatibile con la evocata insussistenza di esigenze cautelari.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Manda la cancelleria per le comunicazioni ex art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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