Cons. Stato Sez. IV, Sent., 05-05-2011, n. 2705 vincoli

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- La s.r.l "C. I. C." stipulava col Comune di Menaggio (prov. di Como) una convenzione per la realizzazione di un intervento edilizio, nell’ambito di un programma approvato dal Comune, per l’insediamento di strutture socioassistenziali, residenziali, terziarioricettive ed opere di urbanizzazione. In tale quadro la predetta società presentava alla Comunità Montana Alpi Lepontine un’istanza per il rilascio di autorizzazione paesaggistica per trasformazione di area boscata in Comune di Menaggio, da eseguirsi su un terreno denominato "Poggio (o Bosco) di Nanch", per realizzare un compendio immobiliare.

Con provvedimento n. 7 del 16.12.2008, il responsabile del servizio territorio e pianificazione della Comunità Montana rigettava la richiesta; con successivo decreto del 21.1.2009, la stessa Comunità Montana, visto il diniego di autorizzazione paesaggistica, vietava alla società esponente la trasformazione della superficie boscata, ai sensi dell’art. 43 della legge regionale n. 31/2008.

2.- Contro i suindicati provvedimenti negativi la società istante proponeva ricorso al TAR Lombardia, chiedendo il loro annullamento e proponendo altresì domanda di risarcimento del danno. Questi in sintesi i motivi posti a sostegno del ricorso:

A) quanto al diniego di autorizzazione paesaggistica n. 7 del 16.12.2008;

1) violazione dell’art. 80 della LR 12/2005, incompetenza, violazione dell’art. 3 della legge 241/1990 ed eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei presupposti di fatto e di diritto ed illogicità manifesta, difetto di motivazione;

2) violazione degli articoli 142, 146 e 159 del D.Lgs. 42/2004, degli artt. 80 e seguenti LR 12/2005, dell’art. 97 della Costituzione, dei principi di buona amministrazione, ragionevolezza, proporzionalità e leale collaborazione;

3) eccesso di potere per contraddittorietà, violazione dell’art. 3 della legge 241/1990, difetto assoluto di motivazione, violazione degli artt. 1 bis e seguenti LR 8/1976, 6 LR 18/1997, 25 LR 63/1978, 7 L. 1102/1971; 29 LR 13/93 e 29 L. 142/90;

4) violazione dell’art. 3 L. 241/1990, difetto di motivazione, eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e difetto di istruttoria, violazione del piano territoriale del paesaggio della Regione Lombardia approvato con delibera CR 6.3.2001, n. VII/197;

5) violazione dell’art. 4 D.Lgs. 227/2001, degli artt. 4 LR 27/04 e 43 LR 31/08, dell’art. 3 L. 241/1990, difetto di motivazione;

6) violazione dell’art. 10 bis della legge 241/1990, eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e difetto di istruttoria, inosservanza del principio del giusto procedimento, violazione dell’art. 81 LR 12/2005.

B) Quanto al diniego di autorizzazione forestale del 21.1.2009 prot. 212;

1) violazione degli artt. 7 e segg. L. 241/90 e dell’art. 10 bis L. 241/90;

2) invalidità derivata dal diniego di autorizzazione paesaggistica.

3.- Con la sentenza epigrafata il Tribunale amministrativo ha respinto il ricorso.

4.- La società istante ha tuttavia impugnato la sentenza del TAR, chiedendone la riforma sulla base di motivi ed argomentazioni riassunti nella sede della loro trattazione in diritto da parte della presente decisione.

4.1- Si è costituita anche nel giudizio d’appello l’amministrazione della Comunità montana "Valli del Lario e del Ceresio", resistendo al gravame ed esponendo in successive memoria le proprie argomentazioni difensive.

4.2.- Parte appellante ha riepilogato in memoria le proprie tesi e alla pubblica udienza del 22 febbraio 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1.- L’appello in esame controverte della legittimità di due provvedimenti amministrativi con i quali l’appellata Comunità montana ha, rispettivamente, negato il rilascio di autorizzazione paesaggistica per trasformazione di area boscata e, visto tale diniego, vietato alla società appellante la trasformazione della predetta superficie, necessaria alla realizzazione di un intervento edilizio.

Avverso la sentenza impugnata, con la quale il Tribunale ha confermato la legittimità dei predetti provvedimenti, l’appellante ha formulato otto ordini di censure avversando le altrettante motivazioni recate dalla sentenza.

La società istante ha infine riproposto la domanda di risarcimento del danno.

L’appello è infondato.

1.1.- Il primo mezzo articola diversi profili di erroneità della pronunzia gravata.

a- Erroneo risulterebbe anzitutto il rigetto del motivo di incompetenza della Comunità Montana, disposto considerando che, ai sensi del comma 3bis dell’art. 80 della legge regionale n. 12/2005 (come integrato dalla legge regionale n. 4/2008), le funzioni amministrative per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica di cui al D.Lgs. 42/2004 sono esercitate dalle Comunità Montane, qualora si tratti di autorizzazione di interventi di trasformazione del bosco all’interno dei perimetri delle Comunità medesime.

Sul punto l’appellante ripropone la tesi per cui, ai sensi dell’art. 80 della legge regionale citata, la Comunità montana è competente per interventi strettamente attinenti alla trasformazione del bosco e non alla tutela paesaggio, per la quale la competenza sarebbe della Commissione comunale edilizia integrata (CEI). La censura non ha fondamento.

A parte l’indiscutibile ed oggettivo rilievo che in una zona paesaggistica assume l’esistenza del bosco, il Collegio osserva, sul piano normativo, che la legge regionale n. 4/08 ha trasferito alle Comunità montane anche la competenza in materia di autorizzazione paesaggistica e ciò ad integrare la tutela del bosco nella protezione del paesaggio. Occorre quindi evidenziare l’inconferenza del riferimento alla competenza della commissione comunale edilizia integrata (CEI), sia in quanto questa attiene ai profili strettamente edilizi del progetto, sia perché, secondo la normativa in applicazione, in materia di autorizzazione paesaggistica come di tutela boschiva, la competenza non appartiene al Comune, ma alla Comunità montana.

b- Si sostiene poi che illegittimamente la Comunità avrebbe negato l’autorizzazione sulla base della valutazioni paesaggistiche rese dalla Provincia (atto n. 20/2007), che invece non riguardavano la tutela del bosco. Il richiamo a detto provvedimento è, però, ad avviso del Collegio, inconferente rispetto agli atti gravati, atteso che il diniego di autorizzazione si basa sul parere reso non dalla Provincia ma dalla stessa Comunità montana.

c- La sentenza sarebbe erronea ove afferma che l’intervento comporta la sostanziale eliminazione del bosco, mentre dalla documentazione emerge che è solo un piccola parte dello stesso ad essere sacrificata. La questione appare, però, irrilevante, poiché la Comunità montana può esercitare la propria competenza tutelando il bene protetto indipendentemente dalla estensione del medesimo. E del resto la protezione di un elemento del paesaggio può legittimamente operare non solo a contrasto delle ipotesi di sua integrale soppressione, ma anche in quelle soltanto riduttive della sua presenza. L’affermazione sulla sostanziale eliminazione del bosco non inficia perciò le valutazioni compiute dall’Amministrazione a tutela di quella parte del bene protetto, interessata dall’intervento proposto.

d- Ancora con riferimento al primo ordine di motivi proposto, il Collegio non ritiene la sentenza inficiata da alcun difetto di istruttoria, il quale, secondo la perizia esibita dell’appellante emergerebbe invece considerando che l’area boscata non si pone in continuità con quella oggetto dell’intervento assentito, ma risulta solo ad essa confinante e distante circa 100 mt.. A parte che la tesi è, dal punto di vista fattuale, incompatibile col motivo che ammette l’incisione di una parte sia pur piccola del bosco, va in contrario qui ricordato che la tutela in argomento, conformemente alla misura delle competenze attribuite alla Comunità montana, ha per oggetto nella specie sia il bosco nella sua consistenza fisica, che in quanto componente formativa del paesaggio inteso come bellezza d’insieme.

Si tratta, come ben evidenziato dal giudice di prime cure, "di una valutazione unitaria, nel corso della quale l’Amministrazione preposta all’esercizio della funzione di autorizzazione paesaggistica ai sensi del citato comma 3bis" è chiamata a "valutare l’impatto sul paesaggio circostante dell’attività antropica volta alla trasformazione o, come nel caso di specie, alla sostanziale eliminazione del bosco".

Questa "continuità ecologicopercettiva con la vasta area protetta della Val Sanagra" era stata, del resto, già esplicitamente sottolineata dalla stessa delibera provinciale (atto n. 20/2007), la quale ha ritenuto l’intervento, per la parte incidente sul bosco, suscettibile di "determinare un negativo impatto ecosistemico ed esteticovisuale", ed a tali aspetti complessivi ha legato le prescrizioni imposte al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica. Sul punto non è perciò condivisibile la tesi appellante per cui la Comunità non avrebbe accertato che l’area oggetto dell’intervento (denominata "Poggio o Bosco del Nanch" e contraddistinta ai mappali 382, 383, 384 e 385 del foglio 1 del Comune di Menaggio), non si porrebbe in continuità con l’area protetta della Val Sanagra, oltre ad essere distante dall’apparato morenico e dal valletto boscato. Il Collegio deve confermare l’orientamento del primo giudice in quanto, dalla relazione tecnica depositata in giudizio dalla resistente, emerge invece che:

fra l’area del "Bosco del Nanch" – Val Sanagra e l’apparato morenico intercorra una distanza molto limitata (meno di 100 metri), tale da non mettere seriamente in discussione la continuità ambientale e percettiva fra le due zone;

– inoltre l’area di cui è causa si pone, in direzione sud, in continuità con altre due aree boscate, contraddistinte ai mappali 376 e 391.

In presenza di queste valutazioni di carattere tecnicofattuale, pertanto, l’istruttoria non poteva definirsi carente, con conseguente legittimo rigetto della doglianza tesa alla sua dimostrazione.

– In conclusione, il primo ordine di motivi deve essere respinto in quanto infondato.

1.2.- Anche il secondo gruppo di doglianze contesta la sentenza sotto diverse angolazioni.

a- Si ripropone anzitutto la censura di illegittimità del diniego impugnato, per aver affermato ed applicato un vincolo paesaggistico che, ai sensi dell’art. 142 del D.Lgs. 42/2004, comporterebbe un illegittimo divieto assoluto di edificazione. La tesi, che imputa alla Comunità montana un’interpretazione del vincolo paesaggistico in senso impeditivo della fruibilità del bene, è però del tutto infondata.

Il Collegio, ribadita nella specie la confluenza funzionale tra il vincolo paesaggistico (che ha natura relativa e d’insieme) e il vincolo di protezione boschiva applicato dall’amministrazione (che protegge il bene nella sua fisicità), ritiene corretto l’orientamento espresso del primo giudice, per cui il contestato diniego non reca un’affermazione di inedificabilità "ma più semplicemente si limita ad evidenziare come la necessità di garantire l’integrità del bosco, che sarebbe irrimediabilmente compromessa dall’intervento edilizio richiesto, implichi necessariamente un divieto di edificazione, in quanto ogni altro intervento edilizio cagionerebbe….. la compromissione dei valori ambientali che devono invece essere tutelati attraverso la salvaguardia del bosco stesso". Al riguardo l’appellante sembra poi ignorare che, come già emerso in primo grado, la Comunità ha espressamente assentito la possibilità di collocare l’intervento in area diversa da quella individuata e precisamente in quelle circostanti, destinate specificamente agli interventi stabiliti dal P.I.I. approvato dal Comune.

E" pertanto da escludere che i contestati provvedimenti applichino una nozione di vincolo paesaggistico che illegittimamente impedisce radicalmente la fruibilità edilizia delle aree in questione.

b- Sotto tale ultimo aspetto è da condividere anche il rigetto dell’ulteriore censura che lamentava la violazione del principio di proporzionalità; la cennata possibilità di realizzare, seppure con le cautele indicate dalla Provincia di Como, interventi edilizi sull’area oggetto del P.I.I., costituisce in effetti un legittimo bilanciamento tra l’interesse privato imprenditoriale azionato dall’appellante e l’interesse pubblico alla tutela dell’area boscata.

1.3.- Anche il terzo motivo di appello non può essere accolto. Esso individua, a carico del diniego di autorizzazione, una contraddizione con il fatto che, in sede di esame del PRG, la Comunità montana non ha espresso alcuna criticità (ma parere favorevole) sulla destinazione dell’area. L’argomentato contrasto è però inconfigurabile, atteso il diverso ruolo cui la Comunità montana assolve nei due differenti procedimenti. Ed invero, in sede pianificatoria la Comunità montana concorre alla formazione delle scelte urbanistiche, valutando nel complesso le destinazioni di zona proposte, mentre in sede di singole autorizzazioni (che gestiscono i vincoli) essa valuta la compatibilità dello specifico intervento edilizio domandato rispetto ai singoli beni oggetto della tutela ad essa affidata. Non può sussistere, pertanto, alcuna contraddittorietà tra un parere in via di principio favorevole ad una destinazione di zona recata dal PRG ed un diniego di autorizzazione "paesaggisticoambientale" che ritenga uno specifico progetto edilizio incompatibile con altrettanto specifiche presenze di detta natura.

– Quanto alla giurisprudenza che viene indicata a favore del contrasto, essa in realtà afferma la tesi opposta e qui accolta, vale a dire che il parere negativo espresso in ragione del vincolo non è in contrasto col parere in tema di destinazione dell’area, comportando il primo una valutazione speciale rispetto alla seconda. Oltre a ciò, ammettere la tesi dell’appellante equivarrebbe in effetti ad affermare che l’espressione di un parere favorevole al PRG, peraltro intervenuto quasi dieci anni prima, implichi di per sé l’autorizzazione futura di qualsiasi tipo di intervento edilizio indipendentemente da ogni eventuale vincolo.

1.4- Il quarto mezzo denunzia a carico della sentenza carenza di motivazione sulle ragioni della incompatibilità dell’intervento col vincolo, evidenziandosi l’illogicità delle ragioni accolte dal TAR, che tale incompatibilità ha confermato; secondo l’appellante, la relazione cui l’amministrazione si è riferita non potrebbe supportare l’asserita incompatibilità, attesa la presenza di specie arboree differenti rispetto a quelle che giustificano la tutela del bosco. In proposito il Collegio non ritiene che il giudice amministrativo possa essere chiamato ad esaminare, indicandone eventuali effetti, la distinzione botanica tra piante di minor valore (Orno Ostrieto Tipico), destinate alla produzione di legname (bosco ceduo), e piante da frutto (quali il castagno "Castanea sativa"); e ciò in quanto, come già ripetutamente evidenziato, la tutela di un bosco mediante il vincolo viene apprestata dall’ordinamento quale bene ambientale unitariamente considerato, poiché comprendente molteplici aspetti di utilità pubblica (qualitativi arborei, di stabilità geologica, o di fruibilità del verde), il cui concorso non permette quindi di operare logiche distinzioni all’interno di un bene tutelato perché complessivamente ritenuto di utilità per la comunità locale. Resta infatti fermo il principio generale per cui tali valutazioni, attenendo al "pregio" del bene, sono in concreto riservate all’autorità preposta alla gestione del vincolo (nella fattispecie espressasi nella relazione tecnicoforestale in atti), risultando perciò difficilmente sindacabili in sede di legittimità amministrativa.

1.5.- Cionondimeno, il quinto motivo accede pienamente alla valutazione discrezionale del contenuto del vincolo, risultando inammissibile. Esso avversa infatti l’orientamento, espresso nel provvedimento impugnato, che ha ritenuto non possibile (in ordine alla richiesta della ricorrente) alcuna compensazione fra le piante che sarebbero eliminate ed una nuova piantumazione. La doglianza, che ricalca in parte le censure precedenti, deve essere respinta, avuto riguardo a quanto già sopra esposto; infatti, il diniego di autorizzazione di cui si tratta risulta sufficientemente motivato col pregio della zona boscata nell’attualità della sua consistenza e che integra una valutazione ampiamente tecnicodiscrezionale, pertanto esulante dalla cognizione del giudice amministrativo.

1.6- Il sesto mezzo, di natura procedimentale, si duole della mancata sottoposizione alla Commissione per il paesaggio (ai fini del parere di cui all’art.81 l.r.n. 12/2005) delle controdeduzioni alle osservazioni, presentate dall’appellante ex art.10 bis legge n.241/1990, contro i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza. Il parere in atti riguarderebbe peraltro un intervento diverso da quello di cui si controverte.

– Sul primo punto il Collegio non reperisce elementi a suffragio della censura e contro la tesi del TAR, il quale ha ritenuto la doglianza smentita in fatto, tenuto conto che il provvedimento dà atto della presentazione delle osservazioni ai sensi dell’art. 10 bis da parte della società istante (in data 23.10.2008) e che le medesime sono state sottoposte alla commissione per il paesaggio in data 25.11.2008.

Quanto alla ritenuta diversità dell’intervento oggetto del parere, dalla lettura del verbale della Commissione riunitasi in detta data si desume come la stessa abbia espresso il proprio orientamento in relazione all’intervento sul mappale n.382 nell’ambito del "Poggio del Nanch", interessato dal progetto in questione, sicché anche la censura sulla diversità dell’oggetto provvedimentale non può essere accolta.

Pure il sesto ordine di motivi deve pertanto essere rigettato.

1.7 La censura svolta col mezzo rubricato al n.7 contesta la pronunzia per aver affermato l’inutilità dell’apporto partecipativo all’iter procedurale, poi conclusosi con l’impugnato diniego di autorizzazione forestale n. 212/2009 (adottato ai sensi della legge regionale 31/2008). L’appellante ripropone sul punto la violazione dell’art. 7 della legge n. 241, che impone l’avviso dell’inizio del procedimento amministrativo. Il TAR ha invece ritenuto che "la partecipazione è stata in ogni caso assicurata in relazione al procedimento sfociato nel diniego di autorizzazione paesaggistica, per cui sarebbe stata una inutile superfetazione procedimentale rinnovare i medesimi adempimenti con riguardo ad un atto meramente consequenziale".

Il mezzo è infondato, dovendosi rilevare che il diniego di autorizzazione risulta sufficientemente motivato con riferimento al parere negativo autorizzazione paesaggistica, nei confronti del quale il successivo diniego di autorizzazione forestale si pone in effetti come atto consequenziale a contenuto vincolato. E del resto, considerati sia la competenza della Comunità montana ad entrambi gli atti, sia il contenuto assolutamente omogeneo delle valutazioni da compiere, il parere ed il diniego di autorizzazione possono intendersi come parti integranti di un "unicum" procedimentale, nel quale la garanzia invocata può ritenersi soddisfatta con l’invio del solo preavviso relativo al parere negativo e senza necessità di ulteriori aggravi procedimentali.

1.8.- I motivi formulati col mezzo n. 8 ripropongono l’illegittimità del diniego di autorizzazione per derivazione da quella del diniego di autorizzazione paesaggistica. Essi vanno però respinti parimenti per derivazione, poiché le censure svolte sono tutte risultate infondate.

1.9.- Analoghe considerazioni valgono, infine, per la domanda risarcitoria, per l’assenza dei presupposti di legge rilevata dal TAR con riferimento all’infondatezza delle censure di legittimità formulate.

2- Conclusivamente, i provvedimenti impugnati in primo grado, risultano esenti dai vizi ipotizzati ed in questa sede riproposti. L’appello deve pertanto essere rigettato, meritando conferma la sentenza gravata.

3.- Le spese del presente grado di giudizio seguono il principio di soccombenza (art.91 c.p.c.)
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, respinge l’appello.

Condanna l’appellante al pagamento, in favore della Comunità Montana, delle spese presente grado di giudizio, che liquida, complessivamente in Euro cinquemila.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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