Cass. civ. Sez. III, Sent., 23-08-2011, n. 17525 Ricognizione di debito e promessa di pagamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

D.L.F. propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi ed illustrato da successiva memoria, avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli che ha rigettato l’appello da lui proposto contro la sentenza di primo grado, con la quale erano stati respinti sia un opposizione a decreto ingiuntivo proposta nei confronti del Ministero della Salute, sia autonoma domanda avanzata nei confronti della Banca d’Italia.

Gli intimati non si sono costituiti.
Motivi della decisione

1.- Con il primo motivo il ricorrente, sotto il profilo della violazione o falsa applicazione dell’art. 1988 cod. civ., censura la sentenza impugnata nella parte in cui, affermata la natura di promessa unilaterale della scrittura privata posta a base del ricorso per ingiunzione, la ha ritenuta valida e produttiva di effetti benchè diretta ad una Avvocatura distrettuale dello Stato anzichè all’amministrazione creditrice.

1.1.- Il primo motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.

Il mezzo è teso infatti a denunciare la nullità della scrittura privata de quo in quanto diretta ad un avvocato dello Stato e non all’amministrazione creditrice. Tuttavia la scrittura non è, in parte qua, trascritta, cosicchè non è dato al Collegio di valutare la fondatezza della censura.

2.- Con il secondo motivo il ricorrente, sotto il profilo della violazione o falsa applicazione dell’art. 1987 cod. civ., deduce la nullità della scrittura, come promessa unilaterale, in quanto accompagnata dalla contestazione dell’esistenza del debito.

2.1.- Il secondo motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile. Non sussiste la denunciata violazione di legge in quanto il giudice di merito non afferma che, in linea di principio, una scrittura possa essere qualificata come promessa unilaterale nonostante la contestazione dell’esistenza del debito. Sussiste, in ipotesi, l’omessa motivazione in fatto circa la qualificazione dell’atto come promessa unilaterale nonostante la detta contestazione, ma evidentemente la questione non può essere esaminata d’ufficio, atteso che la censura è formulata con esclusivo riferimento all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3. 3.- Con il terzo motivo il ricorrente deduce la nullità della sentenza in quanto fondata sulla decadenza dal beneficio del termine, non eccepita dai ricorrenti e comunque non reiterata in appello.

3.1.- Il terzo motivo è infondato.

L’eccezione di decadenza dal beneficio del termine è implicita nella richiesta di decreto ingiuntivo per l’intera somma quando erano scadute solo due rate annuali, nè il Ministero della Salute, totalmente vittorioso in primo grado, aveva l’onere di riproporre l’eccezione stessa in appello.

4.- Con il quarto motivo, sotto il profilo del vizio di motivazione, il ricorrente censura la sentenza per avere ritenuto, senza motivazione, avverata la condizione prevista nell’atto – e cioè la confisca delle somme esistenti sul conto della Banca d’Italia – benchè la circostanza sia risultata smentita dagli atti. Come da ultimo sarebbe confermato anche dall’ordinanza della Corte di appello di Napoli del 24/1/11 che, decidendo sullincidente di esecuzione proposto dal PG, ha ordinato la restituzione all’avente diritto delle somme eccedenti l’importo di L. 800.000.000 e relativi interessi esistenti su conto corrente n. 172/12412, acceso presso la Banca d’Italia, filiale di Napoli.

4.1.- Il quarto motivo è inammissibile. A prescindere dall’ammissibilità della produzione, da parte del D.L., ex art. 372 cod. proc. civ., dell’ordinanza della Corte d’appello di Napoli dei 24/1/11, è assorbente il rilievo che il giudice di merito, alla pag. 10 della sentenza impugnata, afferma che "la definizione dell’alternativa tra la cessione del credito ed il pagamento in proprio doveva avvenire prima della ricordata data del 1 giugno "01", chiaramente interpretando la scrittura azionata nel senso che comunque, sussistendo o meno il provvedimento di confisca, entro il 1 giugno 2001 il D.L. avrebbe dovuto scegliere (e non lo ha fatto) tra la cessione del credito, se possibile, o il pagamento di L. 4.000.000.000. Tale interpretazione non è oggetto di ricorso e ciò rende inammissibile il mezzo teso a censurare l’assunto (non decisivo) secondo cui, alla data suddetta, la confisca sussisteva.

5.- Il ricorso va conclusivamente rigettato. Non vi è luogo a provvedere sulle spese, in difetto di attività difensiva da parte degli intimati.
P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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