Cass. civ. Sez. III, Sent., 23-08-2011, n. 17524 Opposizione all’esecuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Il Comune di Sant’Agata Li Battiati propose opposizione agli atti esecutivi ed opposizione all’esecuzione nella procedura esecutiva intentata nei suoi confronti, con le forme del pignoramento presso terzi, da parte della società creditrice Sposito Costruzioni S.p.A., deducendo l’omessa notifica del titolo esecutivo e l’impignorabilità delle somme vincolate poichè indisponibili ai sensi del D.Lgs. n. 77 del 1995, art. 11, come da delibera della Giunta Municipale n. 43 del 6 luglio 2001. 1.2.- Il Tribunale di Catania – sezione distaccata di Mascalucia rigettò entrambe le opposizioni, condannando il Comune opponente al pagamento della metà delle spese processuali, compensando tra le parti la restante metà. 2.- Proposto appello da parte del soccombente, la Corte d’Appello di Catania, con sentenza pubblicata il 17 febbraio 2006, ha dichiarato inammissibile il gravame avverso la sentenza di primo grado nella parte in cui ha deciso l’opposizione agli atti esecutivi ed, in riforma della sentenza impugnata, nella parte in cui ha deciso l’opposizione all’esecuzione, ha accolto l’appello e, per l’effetto, ha dichiarato, alla data dell’atto di pignoramento, impignorabili le somme esistenti presso la Tesoreria del Comune di Sant’Agata Li Battiati sino all’importo di L. 6.068.4 43.887; ha compensato le spese di entrambi i gradi di giudizio.

3.- Avverso la sentenza della Corte d’Appello propone ricorso per cassazione la Società S.S.C. s.r.l. in liquidazione (già Sposito Costruzioni s.p.a.), a mezzo di cinque motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso il Comune di Sant’Agata Li Battiati, che propone altresì ricorso incidentale, a mezzo di un unico motivo;

anche il Comune ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..
Motivi della decisione

Preliminarmente vanno riuniti i ricorsi, principale ed incidentale, proposti avverso la stessa decisione.

1.- Col primo motivo del ricorso principale è denunciato il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 615 e 617 cod. proc. civ.. Sostiene la società ricorrente che il motivo di opposizione col quale il Comune ha dedotto il vincolo di impignorabilità ai sensi del D.Lgs. n. 77 del 1995, dovrebbe essere ricondotto alla norma dell’art. 617 cod. proc. civ., trattandosi di opposizione agli atti esecutivi, e non di opposizione all’esecuzione; con la conseguenza che la Corte d’Appello avrebbe errato nella qualificazione ed avrebbe dovuto, invece, qualificare anche tale motivo come di opposizione agli atti esecutivi e dichiarare perciò l’inammissibilità del gravame.

1.1.- Il motivo è infondato.

Risulta dagli atti che il Comune propose l’opposizione al fine di far valere l’impignorabilità delle somme vincolate, ai sensi del richiamato decreto legislativo, con apposite delibere di Giunta, e non al fine di far dichiarare, come da giurisprudenza richiamata in ricorso, la nullità dell’ordinanza di assegnazione perchè avente ad oggetto somme vincolate a pubbliche finalità.

In proposito è sufficiente ribadire i principi espressi da questa Corte nel senso che l’esistenza di un vincolo di impignorabilità di somme depositate presso il tesoriere di un ente pubblico che siano vincolate a pubbliche finalità, ai sensi delle diverse normative succedutesi nel tempo, quindi anche ai sensi del D.Lgs. n. 77 del 1995, come modificato dal D.Lgs. n. 336 del 1996, può costituire oggetto di motivo di opposizione sia all’esecuzione che agli atti esecutivi, a seconda della causa petendi e del petitum formulati dall’opponente, anche in relazione alle vicende del processo esecutivo ed al momento in cui l’opposizione è proposta (cfr. Cass. n. 477/2009).

Più in particolare, è inquadrabile come opposizione agli atti esecutivi l’opposizione proposta da un comune avverso l’ordinanza di assegnazione del credito, con la quale si deduce l’esistenza di un vincolo di impignorabilità per la destinazione delle somme a pubbliche finalità, ai sensi delle normative già richiamate (cfr.

Cass. n. 496/00, n. 328/01, n. 3655/06), ma, qualora nel processo esecutivo si ponga la questione se, rispetto alle somme sottoposte a pignoramento da parte del creditore, ricorrono o no le condizioni stabilite dalla legge perchè le somme di competenza del comune restino sottratte alla esecuzione, ed il giudice dell’esecuzione non abbia, d’ufficio o su istanza di parte, dichiarato nullo il pignoramento, nè si sia ancora addivenuti alla chiusura del processo con l’ordinanza di assegnazione (che segna il limite preclusivo dell’opposizione all’esecuzione: cfr., da ultimo, Cass. n. 4505/11), il debitore può proporre l’opposizione per impignorabilità, sussumibile nella fattispecie dell’art. 615 cod. proc. civ. (cfr.

Cass. n. 23084/05).

Ricorrendo nel caso di specie la situazione processuale da ultimo evidenziata, si deve concludere nel senso che sia corretta la qualificazione operata dal giudice d’appello in termini di opposizione all’esecuzione.

2.- Col secondo motivo di ricorso, la società ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 77 del 1995, art. 113, come modificato dal D.Lgs. n. 336 del 1996, sostenendo che la norma, come risultante dopo la dichiarazione di illegittimità di cui alla sentenza n. 69 del 1998, andrebbe interpretata nel senso, ribadito dalla successiva sentenza della Consulta n. 211 del 2003, che l’ente locale potrebbe evitare il pignoramento soltanto dando la prova del rispetto dell’ordine di pagamento dei creditori per tutto il periodo che va dalla presentazione della fattura sino all’emissione della delibera di Giunta municipale con cui si individuano le somme da vincolare a pubbliche finalità. 2.1.- Il motivo è infondato.

L’infondatezza discende per tabulas dalla lettura, non solo della motivazione, ma già dei dispositivi delle sentenze della Corte Costituzionale richiamate dalla ricorrente. Infatti, il dispositivo della sentenza n. 69 del 1998, riferito alla norma applicabile al caso di specie, è il seguente: "…omissis… dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 113, comma 3, del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77 (Ordinamento finanziario e contabile degli enti locali), come modificato dal D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, nella parte in cui non prevede che l’impignorabilità delle somme destinate ai fini ivi indicati non opera qualora, dopo l’adozione da parte dell’organo esecutivo della delibera semestrale di quantificazione preventiva degli importi delle somme stesse, siano emessi mandati a titoli diversi da quelli vincolati, senza seguire l’ordine cronologico delle fatture cosi come pervenute per il pagamento o, se non è prescritta fattura, delle deliberazioni di impegno da parte dell’ente…omissis..".

Ne segue che l’ordine dei pagamenti la cui violazione rileva ai fini del venir meno del vincolo di impignorabilità imposto con le delibere della Giunta municipale è quello seguito dopo l’adozione delle delibere, poichè il vincolo di destinazione delle somme a pubbliche finalità idoneo a sottrarre tali somme alle procedure esecutive individuali risulta apposto soltanto al momento dell’adozione delle delibere comunali previste dalla legge e della loro notificazione al tesoriere: è questo un fatto impeditivo dell’esercizio dell’azione esecutiva; il fatto positivo dell’emissione di mandati di pagamento per titoli diversi da quelli vincolati e senza seguire l’ordine indicato dalla legge vale a porre nel nulla il vincolo nascente dalle delibere (così Cass. n. 13263/2006, ma sostanzialmente nello stesso senso anche Cass. n. 23727/08, n.12259/09 e n. 8327/11), sicchè può rilevare soltanto quando trattasi di pagamenti fatti dopo l’adozione di queste; e per di più quando tali pagamenti siano fatti per un titolo diverso da quelli vincolati.

2.2.- Dal momento che la sentenza impugnata si è attenuta all’interpretazione del D.Lgs. n. 77 del 1995, art. 113, come modificato dal D.Lgs. n. 336 del 1996, art. 39, e dichiarato incostituzionale in parte qua con la sentenza della Consulta n. 69/1998, sopra ribadita, il secondo motivo di impugnazione va rigettato.

3.- Col terzo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2700 cod. civ., nonchè carenza di motivazione.

Il motivo, pur essendo fondato quanto al primo profilo, non è meritevole di accoglimento quanto al secondo e comporta, non la cassazione della sentenza, ma soltanto la correzione della motivazione ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., u.c..

La ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto dotata di fede privilegiata ai sensi dell’art. 2700 cod. civ., l’attestazione, proveniente dal capo settore dei servizi finanziari del Comune appellante, secondo cui dopo l’adozione della delibera di Giunta relativa al 11 semestre 2001 (notificata al tesoriere prima dell’atto di pignoramento) non erano stati emessi mandati di pagamento inerenti titoli diversi da quelli vincolati senza seguire l’ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento.

In effetti, è da escludere che all’attestazione in esame possa essere attribuita la qualifica di atto pubblico, poichè non proviene da soggetto cui possa essere riconosciuta la qualifica di pubblico ufficiale autorizzato ad attribuire all’atto, in sè considerato, pubblica fede nel luogo in cui l’atto è stato formato. Si tratta piuttosto di una certificazione c.d. impropria (o, secondo altra terminologia, attestazione amministrativa), vale a dire una dichiarazione di scienza relativa a circostanze che il soggetto dichiarante ha tratto da un accertamento (o ispezione) su documenti nella sua disponibilità per ragioni d’ufficio: essa, pertanto, non è finalizzata a fornire una certezza legale.

Per di più, trattasi di atto proveniente dalla pubblica amministrazione, ed a questa favorevole, sicchè va applicato il principio per cui nessuno può precostituire una prova a favore di sè stesso.

Alla stregua di quanto sopra, va ribadito che l’attestazione amministrativa (o, secondo altra terminologia, la certificazione in senso improprio) non può costituire piena prova a favore dell’Amministrazione da cui provenga, che di essa intenda avvalersene in causa (cfr. già Cass. n. 5296/80, nonchè Cass. n. 10695/99 e n. 1320/00).

3.1.- Peraltro, la circostanza che la certificazione suddetta non faccia piena prova ai sensi dell’art. 2700 cod. proc. civ., non vizia la motivazione della sentenza in punto di valutazione dell’adeguatezza della prova fornita dal Comune sulla sussistenza del fatto da provare.

Quest’ultimo consiste, nel caso di specie, nella mancata emissione di mandati di pagamento per titoli diversi da quelli vincolati ed è evidentemente oggetto di un accertamento di fatto riservato al giudice di merito, il cui esame è precluso a questa Corte a meno che la relativa motivazione non sia incongrua o illogica.

L’ente locale ha prodotto sia le deliberazioni della Giunta Municipale, notificate al tesoriere prima del pignoramento, dalle quali risultava l’apposizione del vincolo, sia l’attestazione del proprio capo settore dei servizi finanziari da cui risultava la mancata emissione di mandati di pagamento in violazione delle richiamate norme di legge. A fronte di tale produzione, nulla risulta avere specificamente eccepito la società creditrice procedente: in particolare, non ha dedotto elemento alcuno da cui si potesse anche soltanto sospettare della contrarietà al vero di quanto attestato dal funzionario del Comune, essendosi limitata a contestare soltanto che la detta attestazione "non era, comunque, sufficientemente provata".

Si è già detto che l’attestazione amministrativa non fa piena prova; essa è tuttavia dotata di valore indiziario e valutabile dal giudice al fine della formazione del suo convincimento in associazione ad altri elementi (cfr. Cass. n. 6626/84, nonchè Cass. n. 1320/00).

Orbene, contrariamente a quanto sembra ritenere la ricorrente, gli elementi in parola possono, a loro volta, avere valore indiziario, e non devono necessariamente consistere in quelle risultanze contabili che sarebbero, di per sè sole, sufficienti a dimostrare quanto oggetto di attestazione.

Premesso che questa Corte ha già affermato che il creditore procedente, quando intende sostenere che "l’efficacia della deliberazione di destinazione è stata resa inoperante da successivi pagamenti per debiti estranei eseguiti senza il rispetto del dovuto ordine cronologico, deve allegare quali specifici pagamenti abbiano determinato gli effetti da lui postulati" (cfr. Cass. n. 23727/08), nel caso di specie, non solo non si è avuta tale allegazione, ma il Comune ha provato il contrario.

Il giudice di merito ha ritenuto fornita tale prova sulla base delle risultanze processuali sopra richiamate ed, in presenza di motivazione adeguata, è precluso a questa Corte tornare a riesaminare dette risultanze.

4.- Gli ultimi due motivi vanno esaminati congiuntamente, poichè l’inammissibilità del quinto motivo comporta, a sua volta, l’inammissibilità del quarto.

Col quinto motivo di ricorso è infatti dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 184 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3, per avere la Corte di merito ritenuto ammissibile ed esaminato "la documentazione depositata in data 30 gennaio 2002", che invece sarebbe stata inutilizzabile perchè prodotta in violazione della preclusione di cui all’art. 184 cod. proc. civ., avendo le parti rinunciato, in prima udienza, ai termini per il deposito di memorie istruttorie (ai sensi del citato art. 184 cod. proc. civ., nel testo introdotto dalla L. n. 353 del 1990, applicabile ratione temporis al processo de quo) .

Il motivo è inammissibile per la mancata indicazione dei documenti dei quali la Corte d’Appello di Catania si sarebbe avvalsa in violazione della norma citata; e ciò anche in ragione del fatto che in motivazione la stessa Corte da atto che la deliberazione della Giunta Municipale che è stata valutata ai fini della decisione venne prodotta alla prima udienza di comparizione, quindi non oltre i termini dell’art. 184 cod. proc. civ..

Mancando di detta indicazione, il ricorso è, per il motivo in esame, privo di autosufficienza, quindi, come detto inammissibile.

4.1.- Il quarto motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 343 e 346 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3, per avere la Corte d’Appello ritenuto inammissibile l’appello incidentale, perchè tardivamente proposto, pur con riferimento a quelle eccezioni – specificamente di inammissibilità e di inutilizzabilità della documentazione depositata dopo la rinuncia ai termini dell’art. 184 cod. proc. civ. – per le quali non vi sarebbe stato onere di proporre appello incidentale, trattandosi di eccezioni riproponibili, ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civ., con le difese del giudizio di secondo grado. Il motivo è inammissibile per carenza di interesse. Tale carenza consegue, per un verso, alla mancata censura della ratio decidendi contenuta nella sentenza impugnata con la quale si è comunque disattesa nel merito l’eccezione di inutilizzabilità dei documenti prodotti dal Comune, nella quale insiste l’odierna ricorrente, già appellante incidentale, dando invece atto che venivano utilizzati soltanto documenti prodotti tempestivamente; per altro verso, all’inammissibilità del quinto motivo di ricorso, col quale la ricorrente avrebbe potuto finire per censurare validamente anche tale affermazione della sentenza impugnata, se avesse indicato i documenti che il giudice di merito avrebbe utilizzato illegittimamente, specificando in particolare se tra tali documenti si dovesse ricomprendere pure quello menzionato in sentenza. Il ricorso non contiene nè, come già detto, la prima indicazione, nè tale seconda specificazione. Va perciò ritenuta l’inammissibilità anche del quarto motivo.

5.- Con l’unico motivo del ricorso incidentale è denunciata la violazione dell’art. 91 cod. proc. civ., per avere il giudice d’appello compensato le spese di entrambi i gradi di giudizio.

Il motivo è inammissibile, essendo volto a sindacare l’esercizio del potere discrezionale del giudice di merito nella regolamentazione delle spese processuali ex art. 92 cod. proc. civ. (nel testo originario del codice di rito, applicabile in ragione della data di instaurazione del giudizio). Per di più, la relativa motivazione risulta congrua, avendo la Corte d’Appello fatto riferimento alla "particolarità delle questioni trattate" ed alla parziale soccombenza dell’appellante.

La reciproca soccombenza giustifica anche la compensazione delle spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte, riunisce i ricorsi, principale ed incidentale, e li rigetta. Compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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