T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 05-05-2011, n. 3885 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

da verbale d’udienza;
Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 17 dicembre 2010 e depositato il successivo 21 dicembre la società citata in epigrafe impugna, chiedendone l’annullamento, le informative antimafia emanate nei suoi confronti dall’Amministrazione intimata, dalle quali è seguita la risoluzione di contratti di lavoro in atto con le controinteressate S. e A..

Deduce i seguenti motivi:

1) Violazione e/o falsa applicazione della normativa in materia di antimafia – legge 31 maggio 1965 n. 575; d. lgs. 8 agosto 1994, n. 490; dPR 3 giugno 1998 n. 252. Eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti, errore nei presupposti, irragionevolezza, carenza e/o insufficiente istruttoria e motivazione.

2) Altra violazione e/o falsa applicazione delle citate disposizioni di legge in materia di antimafia. Eccesso di potere per travisamento ed errore nei presupposti, irragionevolezza, carenza e/o insufficiente motivazione e istruttoria.

3) Illegittimità derivata. Ulteriore violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 11, comma 3, del dPR 3 giugno 1998 n. 252. Eccesso di potere per errore nei presupposti e difetto di motivazione.

Con successivo atto, la ricorrente S. ha proposto impugnativa avverso la nota del 17 dicembre 2010 con la quale il Consorzio di Bonifica 10 di Siracusa ha reso noto che con delibera 106 del 17 dicembre 2010 adottata dal vice commissario è stato risolto il contratto di lavori in essere per il "rifacimento delle reti irrigue dipendenti dal canale di quota 100, lotto B – II stralcio/lotto C". Ha proposto l’illegittimità derivata dell’atto gravato, deducendo gli stessi motivi dell’impugnativa principale.

Con successivo atto ha proposto Motivi Aggiungi con i quali ha lamentato l’illegittimità derivata dell’atto di risoluzione del contratto in essere relativo al "rifacimento delle reti irrigue dipendenti dal canale di quota 100 lotto B – II stralcio lotto C"

Ha presentato atto di intervento ad adiuvandum la SIV srl, quale creditrice della ricorrente, per forniture di materiale venduto a quest’ultima in relazione a uno dei contratti risolti a seguito dell’informativa antimafia.

Si sono costituite in giudizio sia la S. che l’Amministrazione intimata che hanno controdedotto alle argomentazioni della ricorrente chiedendo il rigetto del gravame.

All’udienza pubblica in Camera di Consiglio del 24 marzo 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

Cessionaria dalla S.A.F.A.B. (S.A.E.F.P.A.E.B.) spa, del ramo d’azienda "lavori pubblici", la S. spa, viene poi ceduta alla MDC Partecipazioni srl dell’ing. M.D.C..

Riferisce che la società cedente, vale a dire la S.A.F.A.B. spa, è risultata, in precedenza, destinataria di un’informazione prefettizia atipica ex articolo 10, comma 7, lettera c) del dPR n. 252 del 1998 e che la medesima ha provveduto prima ad un trasferimento della gestione societaria ad un Trust di garanzia, poi allo scorporo del ramo d’azienda sopra menzionato e alla sua cessione alla suddetta MDC.

Sottolinea che l’acquirente – ing. De Capoa – è uno stimato professionista che, negli ultimi dieci anni, ha rivestito il ruolo di direttore generale e amministratore delegato, prima della Società Italiana per Condotte d’Acqua spa, poi della Todini Costruzioni spa di cui è stato, successivamente, consulente e rileva che si tratta di due delle più importanti aziende di costruzioni italiane.

Rileva, inoltre, che il suddetto ingegnere ha iniziato a dirigere la società MDC immediatamente, avviando anche una profonda riorganizzazione dell’intera azienda che è culminata, tra l’altro, nell’assunzione di tredici nuovi dipendenti, alcuni dei quali con il ruolo di responsabile di funzione.

Riferisce di aver mantenuto, il dr. M., già responsabile amministrativo della S.A.F.A.B. dal 1983 spa nella veste di amministratore unico della nuova S., in quanto memoria storica dell’attività relativa al ramo d’azienda ceduto e di averlo conservato in tale veste solo in una fase del tutto transitoria; di aver mantenuto nel Collegio sindacale il dr. Vincenzo T. dell’omonimo studio, noto per far parte della struttura commercialistica di riferimento sia della Società Italiana Condotte d’Acqua che della Todini Costruzioni nel cui ambito lavorativo sarebbe stato conosciuto dall’ingegner De Capoa.

Sottolinea come il ruolo di amministratore delegato formalmente assunto in data 3 dicembre 2010 dall’ingegner De Capoa, risulti svolto in via di fatto a partire dal maggio del medesimo anno 2010.

Ritiene illegittima l’informativa antimafia emanata il 23 novembre 2010 nei suoi confronti in quanto sorretta da pretesi elementi di continuità con la gestione societaria precedente colpita da un’altra informativa impugnata con distinto ricorso, e richiama tali elementi che secondo l’Amministrazione resistente sarebbero, appunto, quelli sopra esposti, vale a dire la permanenza del dr. M., già presidente del Collegio sindacale e dipendente della vecchia S.A.F.A.B., nella veste di amministratore della nuova S.; la concomitanza della persona del dr. T. nel collegio sindacale della S. spa e della Società per l’I.P.D.F. spa, società mista pubblicoprivata, la cui partecipazione era stata acquisita in gara dalla vecchia S.A.F.A.B.; l’utilizzazione – non in via occasionale – dell’impresa L.M. & figli colpita da informativa antimafia.

Lamenta l’illegittimità della risoluzione dei contratti in essere con l’A., con la S. e con il Consorzio di Bonifica 10 Siracusa e chiede il risarcimento del danno che assume patito.

Così riassunta la complessa vicenda il Collegio sottolinea preliminarmente che in virtù del principio tempus regit actum l’esame delle singole doglianze non potrà che svolgersi in relazione alla vicenda per come si è sviluppata fino all’adozione dell’atto gravato senza tener conto dei provvedimenti successivamente assunti.

Con la prima censura la S. lamenta la violazione della normativa in materia di antimafia a causa della pretesa inconsistenza degli elementi ritenuti rivelatori di contiguità e collegamento tra lei stessa e la vecchia S.A.F.A.B. e che sono, esattamente, quelli appena riferiti.

Premette che per una loro corretta valutazione, occorre evidenziare l’erroneità della prospettiva dalla quale si è mossa la Prefettura, nel senso che la cessione di un ramo di azienda dalla vecchia alla nuova S. per il tramite di un trust di garanzia non sarebbe stata attuata, così come sostenuto dalla medesima, per eludere la normativa antimafia ma, al contrario, per escludere qualsiasi ipotesi di infiltrazione mafiosa.

Ritiene che tale errata impostazione abbia indotto l’Amministrazione intimata all’adozione dell’atto illegittimo, gravato in questa sede.

Su ciascuno dei punti che costituiscono il fondamento dell’atto impugnato la società ricorrente si sofferma analiticamente rilevando, tra l’altro, quanto all’amministratore unico, che lo stesso ha rassegnato le sue dimissioni dalla carica di Presidente del Collegio sindacale della Società consortile Irrigazione della Piana del Fucino, il 3 maggio 2010 e che tale atto, vale a dire la rinuncia dalla carica, non implicando accettazione ha comportato la cessazione dalla funzione con effetto immediato; che la presenza di tale amministratore nella veste di segretario verbalizzante nell’assemblea ordinaria della S.A.F.A.B. (vecchia società) del 23 giugno 2010 nel corso della quale è stato nominato amministratore unico di detta società il signor F.M. (parte della proprietà della vecchia S.A.F.A.B.) si spiega alla luce della posizione di detto amministratore, che era quella di dipendente di tale vecchia società; che la situazione di fatto in relazione alla gestione della nuova S. è nel senso della piena e completa responsabilità dell’ingegner De Capoa secondo quanto dimostrano le note inviate da quest’ultimo all’amministratore formalmente in carica (dr. M.).

Quanto all’impresa L.M. & figli srl, colpita da informativa antimafia che sarebbe, secondo la resistente Prefettura, "fornitore non occasionale", la ricorrente fa rilevare di essere subentrata, all’atto dell’acquisto del ramo d’azienda, in tutti i contratti in essere e che l’impresa anzidetta, alla data del 1° giugno 2010, ha esibito un certificato CCIAA munito dell’attestazione antimafia con la conseguenza che non vi era la possibilità di risolvere il contratto in corso.

Quanto, infine, alla vicenda legata alla figura di S.M., e allo stretto legame che si assume intercorrente tra lui e la S.A.F.A.B. spa e i suoi proprietari dell’epoca (i signori M.) osserva che tale legame non la riguarda. Infatti, la società di proprietà del sopradetto M., I., è subappaltatrice dei lavori nell’ambito della commessa S. e lo stesso M. è stato autorizzato dal GIP del Tribunale di Caltanisetta a prestare la propria attività alle dipendenze della I. presso il cantiere della S. (nuova società) in data 2 settembre 2010 e in data 11 novembre dello stesso anno.

Prima di valutare punto per punto gli argomenti addotti dalla parte ricorrente a sostegno delle proprie argomentazioni il Collegio ritiene utile richiamare l’orientamento della giurisprudenza amministrativa a proposito dell’interdittiva antimafia emanata dal Prefetto, quale quella in esame.

Ha affermato più volte il giudice amministrativo che: "Le informative prefettizie in materia di lotta antimafia possono essere fondate su fatti e vicende aventi valore sintomatico e indiziario e mirano alla prevenzione di infiltrazioni mafiose e criminali nel tessuto economico imprenditoriale. L’informativa antimafia deve, quindi, fondarsi su di un quadro fattuale di elementi che, pur non dovendo assurgere necessariamente, a livello di prova (anche indiretta), siano tali da far ritenere ragionevolmente, secondo l’id quod plerumque accidit l’esistenza di elementi che, secondo il prudente apprezzamento del Prefetto, sconsigliano l’instaurazione di un rapporto con la P.A.. Il giudizio del Prefetto è, quindi, connotato da un margine di apprezzamento riservato che il giudice amministrativo può sindacare solo nei casi limite in cui il giudizio relativo al pericolo di infiltrazione si basi su mere congetture o sospetti. (T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 9 dicembre 2010, n. 7483; Consiglio Stato, sez. VI, 15 dicembre 2010, n. 8928). Ed ancora che: "L’informativa antimafia è una tipica misura cautelare di polizia, preventiva ed interdittiva, che si aggiunge alle misure di prevenzione antimafia di natura giurisdizionale e che prescinde dall’accertamento in sede penale di uno o più reati connessi all’associazione di tipo mafioso. Non occorre né la prova dei fatti di reato, né la prova dell’effettiva infiltrazione mafiosa nell’impresa, né la prova del reale condizionamento delle scelte dell’impresa da parte di associazioni o soggetti mafiosi. Tuttavia, è richiesto il "tentativo di infiltrazione" avente lo scopo di condizionare le scelte dell’impresa, anche se tale scopo non si è in concreto realizzato. Tale scelta è coerente con le caratteristiche fattuali e sociologiche del fenomeno mafioso, che non necessariamente si concreta in fatti univocamente illeciti, potendo fermarsi alla soglia dell’intimidazione, dell’influenza e del condizionamento latente di attività economiche formalmente lecite. L’ampia discrezionalità di apprezzamento riservata al Prefetto genera, di conseguenza, che la valutazione prefettizia è sindacabile in sede giurisdizionale solo in caso di manifesti vizi di eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti." (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 6 dicembre 2010, n. 35388)

Alla luce di tale chiaro consolidato orientamento giurisprudenziale deve ritenersi che nella fattispecie in esame non siano rinvenibili nè l’illogicità, né l’irragionevolezza necessari per dichiarare l’atto gravato, illegittimo, né tanto meno si sia in presenza di congetture o sospetti.

Va premesso che nella relazione depositata dall’Amministrazione resistente risulta, senza che vi siano specifiche controdeduzioni al riguardo, che l’istruttoria svolta dalla Prefettura intimata è stata necessariamente "reiterata a seguito delle citate numerose modifiche societarie che si sono susseguite nel tempo e della relativa documentazione trasmessa dalla società..".

Da ciò può dedursi che la vicenda relativa al cambiamento – con riferimento ad un ramo di azienda – dalla precedente S.A.F.A.B. colpita da interdittiva antimafia in ragione dell’evidenziato "rapporto di natura affaristica tra i fratelli L. e F.M. della predetta società e M.S." e l’affermato "stabile rapporto di quest’ultimo con la S.A.F.A.B. che sostanzialmente si occupa anche della gestione degli affari della medesima garantendola sul territorio" e la nuova S. risulta non essere stata lineare e diritta.

Inoltre, il dipendente (dal 1983) della vecchia S.A.F.A.B., dr. A.M., responsabile amministrativo della medesima ha assunto nella nuova S. spa il ruolo determinante di amministratore unico.

Ora, se è indubitabile che una società di capitale per esistere deve fondarsi su un contratto associativo tra due o più persone o su un atto unilaterale nel caso di spa uni personale; su un un atto costitutivo e uno statuto per atto pubblico; sulla sottoscrizione per intero del suo capitale e sul deposito dell’atto costitutivo presso il registro delle imprese al fine della sua iscrizione; tutti elementi costitutivi di essa, è altrettanto indubitabile che la stessa società assume una precisa connotazione attraverso i suoi organi sociali e in particolare attraverso il suo organo amministrativo che è costituito proprio dall’amministratore cui spettano compiti di gestione dell’impresa e di attuazione dell’oggetto sociale.

Se tale organo con un ruolo, si ripete, determinante, è costituito da un soggetto che dopo aver svolto la propria attività nella precedente compagine sociale colpita da informativa antimafia, assume le funzioni di amministratore unico, quindi di gestore dell’attività della società nella nuova compagine, non può invero sostenersi che sia frutto di ipotesi o peggio di congetture l’elemento di possibile continuità cui ricollegare i rischi di infiltrazioni mafiose.

Né a tale conclusione può pervenirsi sulla base della considerazione che la nomina suddetta, nella nuova società come "costola" della precedente, sia da ritenere giustificata e priva di ulteriori significati, perché il soggetto nominato costituisce la memoria storica della precedente società. Non può, invero, essere riconosciuta valenza a tale esigenza fino al punto di consentire che la gestione di un nuovo soggetto societario venga affidata a chi operava nel precedente soggetto societario, in una determinata posizione.

Né può riconoscersi peso alla circostanza – di mero fatto – secondo la quale l’ingegnere della MDC – acquirente della S.- ha svolto attività di gestione come dimostrerebbero le lettere indirizzate all’amministratore dal predetto soggetto.

Se è vero che agli atti sono state esibite lettere di tale contenuto nondimeno si tratta di missive che non cambiano il ruolo formale da ciascuno rivestito, dal quale derivano conseguenze giuridicamente precise e di rilievo, e che non possono dimostrare di aver esaurito, con le indicazioni in esse contenute, tutta l’attività di gestione spettante all’amministratore unico.

Di scarso rilievo anche la circostanza della riorganizzazione societaria dimostrata dall’ingresso di 13 nuovi dipendenti, alcuni dei quali in posizione di funzionario responsabile.

Infatti, un rilievo determinante deve essere riconosciuto a chi assume le decisioni in ordine alla gestione della società, mentre il ruolo del responsabile del procedimento rimane confinato nel ridotto ambito della responsabilità interna a tali decisioni.

Sul punto, deve, infine, rilevarsi che alla data dell’emanazione dell’atto gravato – 23 novembre 2010 – il dr. M. ricopriva la carica di amministratore unico, venuta meno formalmente soltanto il 3 dicembre successivo.

Oltre a quanto fino ad ora descritto che depone nel senso di una possibile "continuità" tra le due compagini colpite dalle interdittive antimafia occorre ora soffermarsi sull’ulteriore circostanza rilevata dalla Prefettura intimata secondo la quale l’amministratore unico della S. spa, A.M., è anche presidente del Collegio sindacale della società I.P.D.F. nella quale il 34,5% delle quote è detenuto dalla G.I. spa le cui quote sono interamente di proprietà della signora V.S., moglie convivente di F.M. e cognata di M.L. (già titolare assieme al fratello F. della vecchia S.A.F.A.B.) amministratore delegato e vice presidente della stessa.

Società, quest’ultima, che risulta avere o avere avuto cointeressenze con altre società colpite da interdittive antimafia.

A tale riguardo la ricorrente richiama le dimissioni rassegnate dal dr. M., il 3 maggio 2010, dalla carica di Presidente del Collegio Sindacale e osserva che le stesse producono effetto immediato e automatico non essendo subordinate ad alcuna accettazione.

Rileva, poi, che lo stesso M. risulta "ancora Presidente ma solo apparentemente e solo perché la società è nell’impossibilità di operare e quindi non ha provveduto ad operare la sostituzione".

L’argomento non persuade.

Effettivamente, ai sensi dell’articolo 2401 c.c. "A seguito delle dimissioni di un membro del collegio sindacale di una s.p.a., subentra al suo posto, ai sensi dell’art. 2401 c.c., il sindaco supplente più anziano e, conseguentemente, l’organo amministrativo ha l’obbligo di provvedere, entro 15 giorni, all’iscrizione delle dimissioni stesse nel registro delle imprese. In caso di omissione, trattandosi di iscrizione obbligatoria, essa va disposta d’ufficio dal tribunale." (Tribunale Roma, 24 maggio 2000; Tribunale Napoli, 15 ottobre 2009).

Ma nel caso in esame da una parte la società ricorrente non chiarisce le ragioni dell’impossibilità della sostituzione del dr. M. con altro Sindaco; dall’altra deve rilevarsi che lo stesso, secondo quanto riferisce anche l’Amministrazione intimata, figura come tale ancora sulla base di una visura camerale effettuata in data 19 novembre 2010, ed infine che: "La rinuncia all’incarico da parte di un sindaco di una società di capitali ha effetto immediato, indipendentemente dalla sua accettazione da parte dell’assemblea, soltanto quando sia possibile l’automatica sostituzione del dimissionario con un sindaco supplente e non quando, invece, le dimissioni coinvolgano un numero di sindaci effettivi superiore a quello dei membri supplenti a disposizione."(Cassazione civile, sez. I, 18 gennaio 2005, n. 941)

Ulteriore elemento oggetto di contestazione è quello relativo alla figura del commercialista Vincenzo T., già sindaco effettivo della vecchia S.A.F.A.B. e Presidente del Collegio sindacale della nuova S..

Secondo la ricorrente si tratterebbe di particolare insignificante atteso che il professionista in parola è di sicura competenza e che dei suoi servizi si avvalgono primarie società di costruzioni nazionali e che la sua opera risulta prestata da molti anni in favore sia della vecchia S.A.F.A.B. che di altre importanti società.

Tralasciando ogni considerazione sul professionista in parola non può negarsi rilievo alla circostanza che in entrambi i casi, lo stesso, ricopre una delicata funzione all’interno dell’organo di controllo e che tale posizione risulta addirittura rafforzata nella seconda ipotesi, quella riguardante la nuova S., trattandosi nel caso di specie non di un componente del Collegio dei revisori ma del presidente di tale organo.

Ora, riesce difficile comprendere la ragione per la quale in presenza di un atto grave quale l’interdittiva antimafia a carico della vecchia S.A.F.A.B. dalla quale è scaturita l’esigenza di porre quest’ultima al riparo da rischi di compromissione della sua stessa esistenza sul mercato, mediante -prima- l’affidamento della sua attività di gestione a un Trust di garanzia e poi la creazione di un nuovo soggetto societario, sia pure per una parte dell’attività, la stessa abbia deciso di attribuire compiti delicati, se non decisivi, relativi alla sua gestione a soggetti inidonei a comprovare la cesura tra la vecchia compagine e la nuova. Né può immaginarsi che le attività da questi svolte non potessero essere affidate a soggetti diversi attese le ampie possibilità offerte in tale campo dal mondo delle professioni e la considerazione che nel caso di creazioni di nuovi soggetti societari, ad esempio mediante fusioni o incorporazioni, spesso i primi organi a essere sostituiti, anche repentinamente, sono proprio quelli degli amministratori e dei componenti il collegio dei sindaci.

Se ne deve allora dedurre che le ipotesi di un possibile, perdurante, condizionamento tra la vecchia società e la nuova non si rivela, alla luce delle argomentazioni esposte, assolutamente peregrina o frutto di congetture.

Va esaminata, ora, la questione relativa all’impresa L.M. che secondo la società ricorrente avrebbe presentato un certificato camerale munito della dicitura antimafia in data 1° giugno 2010 e successivamente in novembre dello stesso anno, nei cui confronti, per tale ragione, non avrebbe potuto darsi luogo alla risoluzione dei contratti in corso.

Ebbene, nel quadro appena delineato tale vicenda assume un carattere non rilevante.

Mentre da una parte, l’Amministrazione intimata osserva che la Prefettura dell’Aquila ha emanato, in data 5 maggio 2010, nei confronti dell’impresa sopra richiamata l’interdittiva antimafia ai sensi dell’articolo 10 del dPR 252 del 1998, prima quindi della data del 1° giugno 2010, dall’altra parte, la ricorrente rileva che la predetta impresa Mascitti, ha esibito per due volte e fino a novembre 2010, una certificazione della Camera di Commercio con la dicitura antimafia, rilasciata ai sensi dell’articolo 3 del predetto dPR. 252 del 1998.

Ed ancora, risulta depositata agli atti, sempre dalla ricorrente, la sentenza n. 870 del 2010 del TAR per l’Abruzzo con la quale è stata annullata l’interdittiva antimafia emanata nei confronti dell’impresa Mascitti per il carattere generico degli indizi.

Sennonché il peso che il rapporto con detta impresa assume nella vicenda che ha fatto da substrato all’atto gravato è, come prima precisato, di scarso rilievo, essendo decisivi al riguardo le figure dell’amministratore unico e quella del Presidente del Collegio dei sindaci così come prima ricostruite.

Assume anche scarso rilievo l’altra circostanza addotta da parte ricorrente a dimostrazione della sua immunità da infiltrazioni mafiose, quella secondo la quale avrebbe dato immediata applicazione alla legge 136 del 13 agosto 2010.

Premesso che l’applicazione della norma in parola costituisce un dovere al quale ogni impresa soggiace, deve osservarsi che il breve tempo dalla sua operatività (da metà settembre) non consente di escludere i timori collegati alla conduzione della società formalmente affidata al dr. M. fino al 3 dicembre 2010, vale a dire dopo l’adozione dell’atto contestato.

Infine, non può essere attribuita la valenza pretesa, all’autorizzazione in favore di S.M. da parte del GIP del Tribunale di Caltanissetta, per due volte, a prestare la sua attività lavorativa alle dipendenze della I. srl presso il cantiere della nuova S. atteso che lo stesso Tribunale, secondo quanto precisato nella memoria difensiva depositata in data 18 febbraio 2011 dalla ricorrente ha poi applicato al medesimo soggetto una misura di prevenzione patrimoniale tanto da indurre la medesima ricorrente a preannunciare al sopra indicato, la risoluzione del contratto in assenza di valide spiegazioni.

A ogni buon conto non può trascurarsi che il predetto S.M. nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere adottata dal GIP del Tribunale di Caltanissetta è stato da questo ritenuto titolare di uno

" stabile rapporto…. con la S.A.F.A.B. che sostanzialmente si occupa anche della gestione degli affari della medesima garantendola sul territorio." E che di ciò, la memoria storica della nuova S., vale a dire il dr. M., proprio in ragione della sua posizione precedente, era informata.

Conclusivamente ritiene il Collegio che l’atto gravato non si riveli espressione di congetture o d’ipotesi artificiose e per tale verso illegittimo.

Infondata si rivela anche la seconda censura con la quale la ricorrente lamenta la violazione delle medesime disposizioni censurate con il primo motivo e l’eccesso di potere sotto molteplici profili a causa della mancanza di attualità, delle questioni prese a fondamento dell’atto gravato in quanto superate da provvedimenti con i quali è stata disposta la nomina del nuovo amministratore o è intervenuta la rinuncia a Presidente del Collegio dei revisori del dr. T., a partire soltanto dal 1° dicembre 2010.

Si fa riferimento anche all’obbligo generale, immanente, gravante sulla pubblica amministrazione di monitorare la situazione dell’impresa sottoposta a un provvedimento d’interdizione per sospetto d’infiltrazioni mafiose, allo scopo di assicurare la corrispondenza degli elementi di fatto al provvedimento che si intende assumere.

Se è vero che l’Amministrazione è tenuta ad aggiornare al massimo i dati sui quali fonda i suoi provvedimenti è altrettanto vero che questi dati devono essere rilevati entro un termine che sia il più possibile prossimo alla determinazione da assumere.

Nel caso in esame i provvedimenti che sono menzionati a dimostrazione del cambiamento nella gestione sono tutti successivi all’atto impugnato con la conseguenza che l’attualità intesa nel senso di corrispondenza della situazione di fatto al provvedimento che si intende assumere, deve ritenersi sussistente.

Con la terza censura la ricorrente lamenta l’illegittimità derivata dei provvedimenti adottati in conseguenza dell’impugnata interdittiva antimafia e, in particolare, quelli con i quali è stata disposta la risoluzione del contratto d’appalto da S. e dall’A..

Più specificatamente viene contestata, anche in via autonoma, l’illegittimità della risoluzione del contratto da parte della S. la quale nel determinarsi a ciò avrebbe dovuto verificare anche lo stato di avanzamento dei lavori e considerare tutte le azioni poste in essere dalla nuova S. per salvaguardare sé e i propri cantieri da ogni tentativo di infiltrazione mafiosa.

Premesso che il Collegio contrariamente a quanto richiesto dalla società S. non ha ritenuto, in adesione alla prospettazione di parte ricorrente, di dover aderire alla sua istanza di riunione del presente ricorso con il ricorso n. 10588 del 2009 a causa dell’autonomia intercorrente tra i due contenziosi, ritiene opportuno richiamare il chiaro dettato normativo contenuto nell’articolo 10, comma 2, del dPR 252 del 1998 ove si stabilisce che: "Quando, a seguito delle verifiche disposte dal prefetto, emergono elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa nelle società o imprese interessate, le amministrazioni cui sono fornite le relative informazioni, non possono stipulare, approvare o autorizzare i contratti o subcontratti, né autorizzare, rilasciare o comunque consentire le concessioni e le erogazioni."

Non ritiene necessario addentrarsi nella questione relativa alla tipicità o atipicità dell’interdittiva impugnata, peraltro meglio richiamata e definita da qiesta Sezione nella sentenza n. 3458/2011 pronunciata da questa Sezione nei confronti della medesima parte.

Richiama, ai limitati fini di cui in appresso, la circostanza rappresentata dalla predetta S., di aver aderito – in applicazione della Circolare 31 gennaio 2006 n. 593 dell’Assessorato Regionale ai Lavori Pubblici della Regione Sicilia – al protocollo di legalità cd. "Carlo Alberto Dalla Chiesa" e di aver inserito nel contratto stipulato con la ricorrente apposita clausola secondo la quale è previsto il recesso, in qualsiasi tempo dal contratto, al verificarsi dei presupposti stabiliti dall’articolo 11, comma 3, del dPR 3 giugno 1998 n. 252, il Collegio ritiene di dover concludere per l’infondatezza della censura.

Premette che secondo un orientamento giurisprudenziale: "L’informativa prefettizia che precisi espressamente come dagli accertamenti svolti sia emerso il ragionevole pericolo, a carico di una società, di condizionamento mafioso, comunicandosi ciò per l’adozione dei consequenziali provvedimenti, è evidentemente, una informativa "tipica" resa ai sensi dell’art. 4, comma 4, del D.Lgs. n. 490/1994 e dell’art. 10 del D.P.R. n. 252/1998, avendo fatto seguito ad un’attenta attività preparatoria e acquisitiva da parte dei competenti organi. Poiché, quindi, non viene inviata all’Amministrazione destinataria dell’informativa stessa una raccolta di elementi di fatto rimessi alla sua valutazione in vista dell’adozione di determinazioni di sua esclusiva competenza (come nel caso di un’informativa "atipica"), ma viene espresso direttamente, da parte della stessa autorità prefettizia, il maturato convincimento circa la reale sussistenza del pericolo, si deve ritenere che l’Amministrazione destinataria dell’informativa non possa non tenerne conto, dovendo, di conseguenza, correttamente adeguare i propri comportamenti ai contenuti vincolanti dell’informativa medesima (come, del resto, nell’informativa stessa espressamente richiesto, laddove l’Amministrazione viene invitata ad adottare i consequenziali provvedimenti), adottando provvedimenti vincolati al giudizio circa il pericolo di infiltrazione, maturato dal Prefetto. (CdS, sezione VI, n. 3491 dell’8 giugno 2009;T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 9 luglio 2008, n. 6487), ma si sofferma, ritenendolo decisivo, sul consolidato orientamento giurisprudenziale in tema di motivazione dell’atto di recesso da un contratto in corso nellipotesi di provvedimento interdittivo.

Secondo tale orientamento: "Alla luce della consolidata giurisprudenza in materia, che ritiene le facoltà di revoca e recesso dettate dall’art. 11, commi 2 e 3, del D.P.R. n. 252/1998 applicabili pure nel caso di informativa atipica sopraggiunta, ai fini della revoca dell’autorizzazione al subappalto (v., da ultimo, T.A.R. Abruzzo, L’Aquila n. 14/2011), considerando irrilevante, all’uopo, la distinzione tra informative tipiche e atipiche (v. T.A.R. Lombardia, Milano, 14 gennaio 2011, n. 67). Né, d’altra parte, la stazione appaltante, in presenza di un’informativa atipica, ha il potere o l’onere di verificare la portata o i presupposti dell’informativa antimafia. Ciò comporta che il provvedimento di diniego di stipula del contratto o di prosecuzione del rapporto può ritenersi sufficientemente motivato anche per relationem – come avvenuto nel caso in esame – essendo riservato alla stazione appaltante un margine assai ristretto di valutazione discrezionale, mentre il dovere di ampia motivazione sussiste solo nel caso della scelta della prosecuzione del rapporto per inderogabili ed indeclinabili necessità della prestazione, non altrimenti assicurabile (T.A.R. Lazio, Roma, III, 12 maggio 2008, n. 3832; C.S., VI, 3 maggio 2007, n. 1948; C.S., VI, 17 maggio 2006 n. 2882; T.A.R. Lazio, II, 20 aprile 2006, n. 2876; C.S., IV, 30 maggio 2005, n. 2770; C.S., IV, 14 febbraio 2005, n. 435; C.S., V, 20 ottobre 2004, n. 6814; C.S., VI, 25 settembre 2002, n. 4879).

In buona sostanza e conclusivamente, deve aderirsi alle argomentazioni della S. laddove la stessa precisa che il comportamento censurato dalla ricorrente oltre ad essere dovuto in relazione alle premesse contrattuali e all’articolo 27 del medesimo contratto, è da ritenere immune dal vizio di mancanza di motivazione atteso che la motivazione del recesso è chiaramente desumibile dall’atto che ne costituisce il presupposto, cioè l’impugnata interdittiva antimafia.

Per tutte le argomentazioni sopra svolte il ricorso si rivela infondato.

Infondati, infine, sono anche i motivi aggiunti con i quali la società ricorrente ha impugnato la risoluzione del contratto in essere da parte del Consorzio di Bonifica 10 di Siracusa relativo al "rifacimento delle reti irrigue dipendenti dal canale di quota 100 lotto B – II stralcio lotto C".

Le censure mosse sono coincidenti con quelle esaminate e meritano la medesima conclusione.

La legittimità del comportamento tenuto dall’Amministrazione resistente e dalle controinteressate esclude che vi siano stati comportamenti colposi o dolosi, e ciò implica che non è sussistente uno degli elementi indispensabili per l’eventuale riconoscimento del risarcimento del danno.

Il ricorso deve essere respinto e le spese di lite, in ragione della peculiarità della vicenda esaminata, possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sede di Roma – Sezione I ter

Respinge il ricorso proposto dalla S. spa, meglio specificato in epigrafe.

Compensa le spese di lite tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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