Cass. civ. Sez. III, Sent., 23-08-2011, n. 17518

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Svolgimento del processo

La Costruzioni s.n.c. dei F.lli Orlando, conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Sala Consilina, R.A. e R.D. per sentirli condannare al pagamento della residua somma di L. 37.652.270, oltre accessori, per lavori di ricostruzione di un fabbricato rurale di proprietà dei convenuti.

R.D., costituendosi, deduceva di essere proprietario di una sola unità abitativa dell’immobile ristrutturato e di dover corrispondere solo la sua quota.

Precisava che il prezzo totale dell’opera era di L. 85.000.000 (e non di L. 96.000.000 come indicato da parte attrice) e che i tale somma i proprietari avrebbero dovuto corrispondere solo L. 5.000.000 ciascuno perchè i restanti sarebbero stati pagati con il buono contributo erogato dal Comune di Sassano ed allo stato non pagato per cause imputabili alla impresa.

Precisava ancora di aver corrisposto già di sua parte L. 28.044.000 (che invece dovevano essere ricompresi nel complessivo prezzo di appalto), oltre a L. 29.173.865.

Sosteneva in conclusione che nulla doveva ed era anzi creditore di L. 14.717.865.

Spiegava pertanto domanda riconvenzionale per il pagamento di tale somma, oltre accessori.

Rimaneva contumace R.A..

Con sentenza del 28 luglio 2003 il G.O.A. i convenuti R. erano condannati in solido al pagamento di L. 6.641,53, oltre accessori.

Proponeva appello R.O. quale erede universale di R.A. il quale chiedeva la rimessione della causa al primo giudice e nel merito il rigetto di ogni avversa domanda; in via riconvenzionale chiedeva la condanna della società appellata al pagamento della somma di L. 12.411,85, oltre accessori.

Si costituiva R.D. che contestava la decisione del primo giudice rilevando l’assenza di prova in ordine al credito riconosciuto alla società ed insisteva nella dedotta carenza del vincolo di solidarietà.

Insisteva nella precisazione circa l’importo convenuto dalle parti in contratto e spiegava domanda riconvenzionale per il pagamento di Euro 7.601,14, oltre Euro 6.205,92.

Si costituiva la Costruzioni s.n.c. dei F.lli Orlando & C. che contestava specificamente ogni avversa deduzione chiedendo il rigetto dell’appello principale e di quello incidentale.

La Corte d’Appello di Salerno dichiarava la nullità del procedimento di primo grado e della emessa sentenza: Accoglieva per quanto di ragione la domanda attrice e condannava in solido R.O. e R.D. al pagamento, in favore della Costruzioni s.n.c. dei F.lli Orlando & C. della somma di Euro 16.130,67, oltre accessori.

Propongono ricorso per cassazione R.O. e R. F., con tre motivi.

Resiste con controricorso la Costruzioni s.n.c. dei F.lli Orlando & C..

Motivazione semplificata.
Motivi della decisione

Con il primo motivo parte ricorrente denuncia "Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omessa valutazione di tutti i mezzi di prova in atti e vizio di omesso esame di un punto decisivo della controversia".

Il motivo si conclude con il seguente quesito: "Se il giudice possa basare e fondare il suo convincimento omettendo di esaminare elementi probatori contrastanti con quelli posti a fondamento della pronuncia e se ciò costituisce o non vizio di esame di un punto decisivo della controversia".

Con il secondo motivo si denuncia "Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per il mancato esame di elementi probatori".

Con il terzo motivo si denuncia "Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per mancata ammissione dimezzi istruttori – Vizio di motivazione".

Il secondo e terzo motivo si concludono con il seguente quesito: "Se il Giudice possa basare e fondare il suo convincimento senza ammettere un mezzo istruttorio attinente all’accertamento dei fatti rilevanti per la decisione e quando le argomentazioni del Giudice non consentono di ripercorrere l’iter logico da lui seguito".

I motivi sono inammissibili.

Questa Corte regolatrice – alla stregua della stessa letterale formulazione dell’art. 366 bis c.p.c. – è fermissima nel ritenere che a seguito della novella del 2006 nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, allorchè, cioè, il ricorrente denunzi la sentenza impugnata lamentando un vizio della motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione: ciò importa in particolare che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (cfr., ad esempio, Cass., sez. un., 1 ottobre 2007, n. 20603).

Al riguardo, ancora, è incontroverso che non è sufficiente che tale fatto sia esposto nel corpo del motivo o che possa comprendersi dalla lettura di questo, atteso che è indispensabile che sia indicato in una parte, del motivo stesso, che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata.

Non può in tal senso dubitarsi che allorchè nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall’art. 366-bis c.p.c., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (in termini, ad esempio, Cass. 7 aprile 2008, n. 8897, nonchè Cass. 10 aprile 2010, n. 8555;

Cass. 10 marzo 2010, n. 5794).

I quesiti formulati a conclusione dei suddetti motivi non si attengono ai criteri sin qui enunciati.

Va peraltro rilevato che i motivi vertono su circostanze di fatto il cui esame è insindacabile in sede di legittimità, in presenza di motivazione congrua ed immune da vizi logici o giuridici.

Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano in complessivi Euro 1.700,00 di cui Euro 1.500,00 per onorari, oltre rimborso forfettario delle spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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