Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 24-03-2011) 05-05-2011, n. 17671 Falsità materiale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 1-3-2010 la Corte d’appello di Napoli confermava quella del GUP del Tribunale di Nola in data 29-3-2007 con la quale E.F., ad esito di giudizio abbreviato, era stato ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 479 in relazione all’art. 476 c.p., comma 2, perchè, quale ufficiale giudiziario incaricato di notificare a P.M. un atto di citazione nei confronti del predetto dinanzi al giudice di pace di Ottaviano, aveva attestato falsamente nella relata di notifica di aver consegnato l’atto a mani del destinatario – deceduto tre anni prima, mentre in realtà aveva lasciato l’atto nella cassetta della posta della famiglia P..

L’affermazione di responsabilità era basata sulle dichiarazioni della moglie e del figlio del defunto, ritenute attendibili per la loro essenzialità e linearità e per la chiara assenza di intenti calunniatori, i quali avevano riferito che la citazione era stata rinvenuta nella cassetta della posta e che l’anomalia della notifica era stata comunicata al legale della famiglia (il quale aveva confermato la circostanza) e segnalata alla prima udienza dinanzi al giudice di pace, in cui la causa era stata interrotta causa il decesso di una delle parti. A fronte dell’affermazione del prevenuto di aver notificato l’atto a persona che si era presumibilmente qualificata come P., veniva escluso l’interesse di P. D. a fornire false generalità (in quanto avrebbe potuto semplicemente rifiutare l’atto allegando il decesso del destinatario), mentre era ritenuto irrilevante l’approfondimento dell’interesse o dei motivi della condotta dell’imputato, stante la consapevolezza dell’immutatio veri.

L’avv. Massimo Krogh, difensore dell’imputato, ha proposto ricorso deducendo quattro motivi.

1) Mancanza assoluta e illogicità di motivazione. A fronte delle opposte versioni rese dagli interessati (rispettivamente: notifica a mani di soggetto qualificatosi per il defunto, e rinvenimento della citazione nella cassetta della posta), si sarebbe dovuto considerare che, anche se P. fosse stato vivo, non avrebbe mancato di denunciare la falsità della relata di notifica. Il che avrebbe dovuto far dubitare della prospettazione accusatoria che attribuisce ad un esperto ufficiale giudiziario una così grave leggerezza.

Inoltre, poichè la moglie e il figlio del defunto avevano tutto l’interesse a ricevere una notifica invalida per farla valere nella causa civile, questo avrebbe dovuto determinare l’approfondimento della questione della buona fede dell’imputato. Mentre è stata illogicamente privilegiata una versione dei fatti interessata e si è ritenuta irrilevante l’assenza di ragioni del falso ignorandosi la sua incompatibilità con i conseguenti rischi.

2) Mancanza di motivazione sulle deduzioni contenute nei motivi d’appello. In particolare a) sul punto che all’ufficiale giudiziario non incombe l’onere di identificare il ricevente; b) sull’assenza di nome sulla cassetta della posta; c) sulla modesta capacità della cassetta medesima; d) sulla circostanza che l’imputato, se avesse effettuato un secondo accesso, avrebbe lucrato una doppia indennità;

d) sull’imprecisione e contraddittorietà delle dichiarazioni della moglie e del figlio del defunto P..

3) Mancanza di motivazione sulla richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, avente ad oggetto verifiche sulla cassetta della posta e su documentazione attestante l’interesse della famiglia P. nella vicenda. Richiesta sulla quale la corte territoriale non si è pronunciata.

4) Difetto di motivazione circa la contestuale applicazione dell’indulto e della sospensione condizionale della pena. Sul punto la corte ha sostenuto la compatibilità dei benefici, senza tener conto dell’interesse del ricorrente a non sprecare il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va disatteso.

1) La sentenza gravata si sottrae alla censura di cui al primo motivo del ricorso che, dietro l’apparente denuncia di vizio della motivazione, si traduce nella sollecitazione di un riesame del merito, non consentito, attraverso la rinnovata valutazione degli elementi probatori acquisiti. La corte territoriale ha invero dato pienamente conto del percorso logico seguito per giungere all’affermazione di responsabilità. Muovendo dalla certa falsità oggettiva della relata, non potendo la notificazione essere stata effettuata a mani di persona defunta, il giudice d’appello ha ritenuto maggiormente attendibile la versione della moglie e del figlio del defunto, secondo cui il plico era stato rinvenuto nella cassetta della posta, dal momento che la stessa, oggetto di affermazioni lineari e convergenti dei due testi, era avvalorata dalla circostanza della segnalazione dell’anomalia al legale di famiglia – il quale ne aveva dato conferma -, oltre a non essere maggiormente vantaggiosa per i predetti, nell’instauranda causa civile, rispetto al rifiuto della notifica per l’intervenuto decesso del destinatario della citazione. Per contro la versione del prevenuto di aver consegnato per errore il plico a persona qualificatasi per il defunto, era ritenuta poco plausibile essendo tra l’altro la residenza del defunto – e dei suoi familiari – costituita da una costruzione isolata, cui si accede attraverso un via letto, circondata da un muro di recinzione, con conseguente inverosimiglianza dell’ipotesi che un terzo si fosse spacciato per il defunto. A fronte di tale motivata r scelta di campo operata nelle sentenze di primo e secondo grado, appare irrilevante l’approfondimento delle ragioni della condotta dell’imputato, la consapevolezza della quale non può essere seriamente contestata sull’unico rilievo che un esperto ufficiale giudiziario mai avrebbe commesso un fatto così grave, ben conoscendone le possibili conseguenze.

2) Le deduzioni contenute nei motivi d’appello, asseritamente ignorate dalla corte di merito, sono in parte irrilevanti, in parte generiche. L’assenza del nome sulla cassetta della posta della famiglia P., è stata con ragione ritenuta irrilevante, non implicando l’impossibilità di individuare l’abitazione, individuazione che l’imputato avrebbe dovuto comunque, anche in base alla sua versione, aver effettuato. Nè è decisivo il rilevo del suo asserito interesse ad un secondo accesso che gli avrebbe lucrato una ulteriore indennità. Generica è poi la doglianza, non accompagnata da ulteriori specificazioni in contrasto con il principio dell’autosufficienza del ricorso, relativa alla contraddittorietà tra le dichiarazioni della moglie e quelle del figlio del defunto.

3) Invano il ricorrente censura l’omessa motivazione in punto di richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale finalizzata alla verifica delle caratteristiche della cassetta e dell’interesse nella vicenda della famiglia P.. Infatti, mentre vi è obbligo di motivazione nel caso di accoglimento di tale richiesta (tanto più nel caso, ricorrente nella specie, di giudizio abbreviato), occorrendo dar conto dell’uso del potere discrezionale correlato alla consapevolezza della rilevanza dell’acquisizione probatoria, nella ipotesi di rigetto, viceversa, la decisione può essere sorretta anche da una motivazione implicita nella stessa struttura argomentativa posta a base della pronuncia di merito, che evidenzi, come nella specie, la sussistenza di elementi sufficienti per una valutazione in ordine alla responsabilità, con conseguente mancanza di necessità di rinnovare il dibattimento (Cass. 5782/2007;

47095/2009; 15320/2010; 24294/2010).

4) Infondata è infine la doglianza relativa alla contemporanea applicazione della sospensione condizionale della pena e dell’indulto. Sul punto va ricordato che l’orientamento delle sezioni unite di questa corte (n. 36837/2010) si muove in senso contrario all’assunto del ricorrente in quanto, pur negando la contestuale applicazione dei benefici, stabilisce la prevalenza della sospensione condizionale, causa estintiva del reato, sull’indulto, causa estintiva della pena. Mentre un interesse dell’imputato, meritevole di tutela, a non ‘sprecarè la sospensione condizionale, è ravvisabile solo quando il provvedimento applicativo sia idoneo a produrre in concreto la lesione della sua sfera giuridica e la sua eliminazione consenta il conseguimento di una situazione giuridica più vantaggiosa. Detta lesione, tuttavia, intanto è rilevante, in quanto non attenga a valutazioni meramente soggettive di opportunità e di ordine pratico (come l’opportunità di riservare il beneficio per eventuali condanne più gravi), in contraddizione con la prognosi di non reiterazione criminale prevista dall’art. 164 c.p., comma 1 per la concessione del predetto beneficio, ma concerna interessi, giuridicamente apprezzabili, correlati alla funzione stessa dell’istituto, consistente nella individualizzazione della pena e nella sua finalizzazione alla reintegrazione sociale del condannato (Cass. 24920/2009, 2828/1999, 8876/1999, sez. un. 16/03/1994 Rusconi).

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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