Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 24-03-2011) 05-05-2011, n. 17495 Circolazione stradale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 21 settembre 2010 il Tribunale per il riesame di Crotone ha rigettato l’appello proposto da B.M. avverso l’ordinanza emessa in data 3 luglio 2010 dal G.I.P. presso il Tribunale di Crotone con la quale era stata rigettata la richiesta di dissequestro dell’autovettura sequestrata con decreto del 16 aprile 2010 del medesimo G.I.P. nel procedimento a carico di L.L. per il reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c).

Il Tribunale territoriale ha motivato tale provvedimento ritenendo legittimo il provvedimento del G.I.P. impugnato, che ha considerato simulata la cessione dell’auto sulla base di copie non autenticate di scritture private, mentre la cessione ufficiale dell’auto è stata annotata nei registri del PRA solo in epoca successiva al fatto.

D’altra parte l’estraneità al reato da parte del soggetto a cui appartenga il veicolo e che ne impedisce il sequestro ai sensi dell’art. 186 C.d.S., comma 2, deve essere provata non facendo riferimento alla semplice proprietà del bene, ma con la buona fede e con l’ignoranza dell’uso illecito del veicolo non collegabile ad una condotta colposa, secondo l’orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione. Inoltre il Tribunale ha pure considerato che il sequestro è finalizzato alla successiva confisca, per cui non può essere disposto il dissequestro e la restituzione all’avente diritto, stante il concreto pericolo di una successiva cessione a terzi del veicolo oggetto del provvedimento.

La B. propone ricorso per cassazione avverso tale ordinanza lamentando violazione di legge e mancanza di motivazione.

In particolare si assume che il tribunale territoriale, nel rigettare il ricorso, avrebbe travalicato i limiti del devoluto conoscendo dell’autenticità di una documentazione in modo non consentito al giudice dell’appello non essendo stato investito della questione.

Con motivo aggiunto la ricorrente deduce che il sequestro in questione andrebbe considerato anche alla luce della giurisprudenza formatasi a seguito della nuova formulazione dell’art. 186 C.d.S., secondo cui la confisca del veicolo costituirebbe sanzione amministrativa che non consentirebbe il sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p., comma 2.
Motivi della decisione

Appare opportuno premettere che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Cass. Sez. Un. 29 maggio 2008 n. 25932).

Nel caso in esame, sebbene proposto anche per inosservanza ed erronea applicazione della legge panale, il ricorso contiene censure relative alla motivazione ai sensi della sola lett. e) dell’art. 606 c.p.p..

Infatti esso contiene censure non consentite nel giudizio di legittimità, in quanto concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto, nonchè l’apprezzamento del materiale probatorio, profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito, che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, immune da censure logiche, perchè basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza.

In particolare, con riferimento alla motivazione della sentenza impugnata, il giudice di merito non ha basato la propria decisione sulla non autenticità del documentazione relativa al passaggio di proprietà della vettura, come invece deduce il ricorrente, all’evidente fine di sostenere l’esistenza del vizio di violazione di legge ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ma, piuttosto, la simulazione dell’atto di cessione del veicolo. Pertanto, in concreto, andrebbe lamentato il vizio di motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), ma, come detto, il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Cass. 29 maggio 2008 n. 25932), fattispecie estranea al caso in esame al caso in esame ove si deduce, sostanzialmente, un difetto di motivazione.

Riguardo al motivo aggiunto con il quale si deduce la affermata natura amministrativa della sanzione della confisca, con conseguente l’illegittimità di un sequestro preventivo, deve ritenersi la obbligatorietà della disposta misura come esattamente affermato dall’ordinanza impugnata, anche dopo l’entrata in vigore della L. n. 120 del 2010. Vale al riguardo osservare che, come già altra volta ritenuto da questa Suprema Corte, nonostante tale sopravvenuta normativa si presti a rilevanti dubbi interpretativi nell’unitario contesto dell’intero testo normativo, appare doversi ritenere che, quanto alla confisca, si sia ora in presenza di una sanzione amministrativa accessoria e non di una pena accessoria, come ritenuto dalla sentenza delle Sezioni Unite di questa Suprema Corte n. 23428 del 25 febbraio 2010 (in materia era pure intervenuta la Corte Costituzionale con la sentenza n. 196 del 26 maggio 2010, che aveva dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. e), limitatamente alle parole "ai sensi dell’art. 240 c.p., comma 2"). Tanto induce a ritenere soprattutto il richiamo della norma novellata (come quella dell’altrettanto novellato art. 187, comma 1), quanto al sequestro, all’art. 224 ter, introdotto con la legge di riforma, secondo cui "nelle ipotesi di reato per le quali è prevista la sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo, l’agente o l’organo accertatore della violazione procede al sequestro ai sensi delle disposizioni dell’art. 213, in quanto compatibili".

Per un verso, difatti, appare generale il richiamo alle "ipotesi di reato per le quali è prevista la sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo", sicchè l’art. 224 ter appare ora prefigurare una disciplina unitaria per tutte le ipotesi di reato che comportino tale sanzione. Per altro verso, ove si dovesse ritenere che la confisca in questione abbia conservato la sua originaria natura penale, ci si troverebbe di fronte ad una evidente aporia sistematica e ad una disciplina abnorme e costituzionalmente illegittima: la procedura incidentale inerente al sequestro, finalizzata alla irrogazione di una pena accessoria, sarebbe del tutto arbitrariamente sottratta alla giurisdizione penale, ai suoi principi ed alle sue garanzie. La ennesima legge di riforma del Codice della Strada non ha dettato alcuna disciplina transitoria in relazione ai sequestri disposti ed eseguiti sotto il vigore della precedente disciplina; ha rafforzato le sanzioni penali tipiche per l’illecito in questione (arresto ed ammenda, confermando la natura penale dell’illecito), ma ha riqualificato come amministrativa la sola natura della confisca. Non si tratta, quindi, di una "depenalizzazione" dell’illecito, ma della depenalizzazione solo della sanzione accessoria, tanto evocando i principi stabiliti dall’art. 2 c.p., comma 4 ed L. n. 689 del 1981, art. 1. Tale situazione che con la legge di riforma si è venuta a delineare è diversa da quella tipica disciplinata dalla legge, come interpretata dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 7394/1994: non si è trasformato un illecito penale in illecito amministrativo, ma si è trasformata in amministrativa solo una sanzione accessoria, precedentemente penale, non iscrivibile nel novero all’apparato sanzionatorio tipico dell’art. 17 c.p. In siffatto contesto non può non ritenersi, per il principio del favor rei, applicabile la nuova disciplina di tale sanzione accessoria, il trattamento amministrativo (anzichè penale) essendo, per definizione, più favorevole per l’imputato. Quanto al sequestro, in particolare (per quel che nella specie rileva), salvo il profilo riconducibile all’art. 321 c.p.p., comma 1, esso, come richiamato dalle norme incriminatrici (artt. 186 e 187 C.d.S.), appare espressamente disciplinato solo come sequestro amministrativo. Tanto induce a ritenere il disposto in proposito dell’art. 186, comma 2, lett. e), e art. 187, comma 1: "ai fini del sequestro si applicano le disposizioni di cui all’art. 224 ter"; ed il richiamo non contiene espressioni "in quanto compatibili" o "salvo che …" o similari. Tale onnicomprensivo dettato della norma individua i soggetti legittimati a disporlo (l’agente o l’organo accertatore della violazione), i successivi adempimenti (la trasmissione del verbale al prefetto territorialmente competente), la opposizione al provvedimento di sequestro (che è quella di cui all’art. 205). L’applicabilità di tali disciplina e procedura nei casi disciplinati dagli artt. 186 e 187 scaturiscono dall’espresso rinvio all’art. 224 ter effettuato da tali norme incriminatrici. Da tanto anche la dottrina che sinora si è interessata della materia ha tratto la conclusione che, in ogni caso, il sequestro a fini di confisca, nelle ipotesi di cui agli artt. 186 e 187, non possa più essere disposto dal giudice penale, ma debba essere operato esclusivamente dall’autorità amministrativa.

Quanto ai sequestri disposti sotto il vigore della precedente normativa e tuttora sub indice, in mancanza di disposizioni transitorie, v’è da considerare che essi furono legittimamente imposti secondo le regole sostanziali e procedimentali all’epoca vigenti; la loro perdurante legittimità, però, non può più essere delibata alla stregua di quei presupposti, ed in particolare alla stregua del disposto dell’art. 321 c.p.p., comma 2, dovendosi invece verificare la sussistenza o meno dei presupposti che legittimano ora la confisca amministrativa.

La novella normativa, difatti, come s’è detto, non ha abrogato l’istituto del sequestro prodromico alla confisca, ma ha solo modificato la sua qualificazione giuridica. Il sequestro venne a suo tempo legittimamente disposto secondo le regole all’epoca vigenti (tempus regit actum) la misura, quindi, rimane valida, imponendosi al giudice solo di valutare ora se l’atto compiuto sia conforme anche ai requisiti sostanziali, di natura amministrativa, allo stato richiesti.

Contrariamente a quanto ritenuto dalle prime sentenze emesse da questa Suprema Corte in materia v’è da considerare che anche in tale delineata situazione deve trovare applicazione il principio della perpetualo iurisdictionis, sicchè, per i procedimenti già iniziati sotto il vigore della pregressa legge, è tuttora dato al giudice penale (senza investire l’autorità amministrativa) delibare a tali fini la fattispecie, tenuto conto, peraltro, del generale principio della competenza del giudice penale ad infliggere anche le sanzioni amministrative conseguenti alla commissione di un reato, come pacificamente avviene per la sospensione della patente di guida. Ed egli è in grado e deve valutare la legittimità o meno, nella sua connotazione amministrativa, dell’operato sequestro, giacchè, se si ritiene, quanto alle modalità di imposizione del vincolo, che valgano le norme all’epoca vigenti, per il resto tale legittimità appare ora valutabile solo alla stregua della sussistenza o meno di elementi inducenti a ritenere la legittimità dell’operato sequestro sotto il profilo amministrativo, cioè, in sostanza, la guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti secondo la previsione dell’art. 187 c.d.s., tale condotta nel contempo realizzando l’ipotesi di reato ivi prevista; siffatto accertamento coincide, quindi, del tutto con la verifica, precedentemente operata, della sussistenza o meno del fumus delicti che costituiva presupposto anche del provvedimento di cui all’art. 321 c.p.p., comma 2.

Nella specie, su tale presupposto legittimante il sequestro in questione deve essere ritenuto legittimo stante l’esistenza dei presupposti di fatto di cui si è detto.

Alla dichiarazione di inammissibilità fa seguito l’onere delle spese del procedimento nonchè la condanna del ricorrente al pagamento di una somma in favore delle Cassa delle Ammende che si stima equo fissare, anche dopo la sentenza n. 186 del 2000 della Corte Cost., in Euro 1000,00.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *