Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 24-03-2011) 05-05-2011, n. 17492 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza, in data 4-6 maggio 2010, la Corte d’Appello di Ancona ha condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento della somma di Euro 7.500,00 in favore di C.P., a titolo di equa riparazione per ingiusta detenzione subita.

Ricorre per Cassazione avverso la suddetta ordinanza l’istante che deduce la violazione di legge con riguardo ai criteri di determinazione della prestazione riparatoria.

In particolare, si argomenta che la Corte d’Appello ha erroneamente applicato i principi di quantificazione del danno derivante dal periodo di detenzione, indicando la somma di Euro 150,00 quale risarcimento per ogni giorno di detenzione carceraria, diminuita di un terzo per quella domiciliare. La individuazione di detta cifra, diminuita rispetto al massimo giornaliero fissato dalla giurisprudenza delle SS.UU., si è fondato sul presunto poco clamore che il fatto ha avuto in sede nazionale e locale e sul fatto che non sia stata compromessa a livello nazionale e locale la figura del ricorrente. Inoltre si eccepisce che la Corte territoriale ha omesso di pronunciarsi sulla richiesta liquidazione per il danno fisico, morale ed esistenziale.

Con parere scritto, il Procuratore Generale, nella persona del Dott. Giovanni D’Angelo, ha chiesto accogliersi il ricorso.

Con memoria scritta l’Avvocatura Generale dello Stato, in rappresentanza del Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha chiesto dichiararsi improponibile, inammissibile e comunque infondato il proposto ricorso.

Il ricorrente ha subito 3 giorni di detenzione carceraria e 63 giorni nella forma degli arresti domiciliari, il calcolo del relativo indennizzo di riparazione per ingiusta detenzione, con il solo riferimento al parametro matematico (Euro 235,82 x 3 gg. = 707 + Euro 117,91 x gg. 63 = 7.418), ammonta all’importo di Euro 8.135,33.

Come è comunemente riconosciuto la riparazione per l’ingiusta detenzione non ha natura di risarcimento del danno ma di semplice indennità o indennizzo in base a principi di solidarietà sociale per chi sia stato ingiustamente privato della libertà personale.

La natura di indennizzo della somma liquidata a titolo di riparazione conduce a importanti conseguenze anche nel giudizio di legittimità perchè i criteri, necessariamente equitativi, utilizzati dal giudice di merito non possono essere sindacati in questo giudizio se non nei limiti di seguito indicati e non certo quando, con il ricorso, si intende in realtà non denunziare la violazione di legge o un vizio di motivazione del provvedimento impugnato ma evidenziare l’insufficienza della somma liquidata a favore dell’istante. Il controllo sulla congruità della somma liquidata a titolo di riparazione – quale tipico giudizio di merito – è dunque sottratto al giudice di legittimità che può soltanto verificare se il giudice di merito abbia logicamente motivato il suo convincimento e non certo sindacare la sufficienza, o insufficienza, della somma liquidata a titolo di riparazione a meno che, discostandosi in modo assai sensibile dai criteri usualmente seguiti – che fanno riferimento al tetto massimo liquidabile correlato alla durata massima della custodia cautelare – il giudice non abbia adottato criteri manifestamente arbitrari o immotivati ovvero abbia liquidato in modo simbolico la somma dovuta. Nel caso in esame è ravvisabile uno di questi casi; il giudice ha liquidato l’indennità in parola senza fare alcun riferimento ai criteri di liquidazione, limitandosi ad affermare che la somma liquidata è rispondente ad equità. Ma appare evidente che essa, essendo inferiore al parametro indicato, e non giustificata da alcun altro elemento limitativo di natura soggettiva od oggettiva, assume carattere arbitrario e puramente simbolico. In sostanza, il criterio matematico va, in ogni modo, posto a base della valutazione del giudice della riparazione che potrà, comunque, derogarvi in senso ampliativo – purchè nei limiti del tetto massimo fissato dalla legge – o restrittivo a condizione che, in un caso o nell’altro, dia congruo conto della valutazione dei relativi parametri di riferimento e ciò pur nel contesto di una delibazione guidata dal metodo equitativo, in coerenza, si ripete, con l’indole indennitaria e non risarcitoria della somma liquidata a titolo di riparazione. Questa Corte ha altresì affermato che il riferimento all’equità si traduce nell’attribuzione al giudice di un più vasto potere di apprezzamento per la soluzione del caso concreto, ma non in funzione additiva rispetto al parametro aritmetico, e la massima indennità giornaliera va tenuta presente dal giudice di merito come parametro per modulare concretamente l’indennizzo in relazione alle specifiche conseguenze personali e familiari patite dall’istante per effetto della ingiusta detenzione.

Tutto ciò ribadito il provvedimento impugnato non risponde correttamente ai cennati principi, in quanto l’erronea indicazione dell’indice aritmetico falsa il calcolo complessivo dell’indennizzo liquidato tanto più, e ciò conferma il vizio che inficia la motivazione in parte qua, che la situazione gravata tiene conto, ai fini della determinazione complessiva dell’indennità, anche di criteri additivi rispetto a quello della durata della restrizione: il "clamor" del provvedimento restrittivo sulla sfera professionale, patrimoniale e di vita di relazione del richiedente, il disagio psicofisico conseguente alla misura cautelare ed il suo stato di incesuratezza per cui se ne impone l’annullamento limitatamente alla determinazione dell’indennizzo con rinvio sul punto alla Corte d’Appello di Ancona per nuovo esame, che provvederà anche al regolamento delle spese per questo grado di giudizio tra le parti.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Ancona cui rimette anche il regolamento delle spese tra le parti del presente giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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