Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 24-03-2011) 05-05-2011, n. 17470 Falsità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

E DIRITTO G.G. ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che, giudicando in sede di rinvio a seguito di annullamento disposto da questa Corte limitatamente alla determinazione della pena per i reati di associazione per delinquere, emissione e utilizzazione di false fatture (ciò a seguito di annullamento di alcuni degli episodi contestati per intervenuta prescrizione), ha provveduto a rideterminare in melius la pena riducendo l’aumento per la continuazione in ragione dell’intervenuta prescrizione di taluni degli episodi in origine contestati (che concernono "grosso modo la metà delle singole imputazioni"): per l’effetto, stabilendosi una pena finale di anni due e mesi otto di reclusione, comprensiva di un aumento per la continuazione pari a mesi quattro di reclusione.

Con il ricorso si censura l’aumento per la continuazione, di cui si sostiene la carenza di motivazione, ritenendo che il giudicante non avrebbe potuto limitarsi a considerare il numero delle imputazioni, ma anche il numero delle persone offese e la gravità della condotta.

Il ricorso è manifestamente infondato, trattandosi di censura di merito su un apprezzamento valutativo che il giudice di merito ha sviluppato nel pieno rispetto delle indicazioni della Corte di cassazione nel precedente annullamento e della normativa di settore.

Va ricordato, infatti, che in tema di determinazione della misura della pena, ciò valendo anche per l’aumento a titolo di continuazione, il giudice del merito, con la enunciazione, anche sintetica, della eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri indicati nell’art. 133 c.p., assolve adeguatamente all’obbligo della motivazione: infatti, tale valutazione rientra nella sua discrezionalità e non postula una analitica esposizione dei criteri adottati per addivenirvi in concreto.

Ciò che qui è stato fatto apprezzando proprio la gravità della condotta, presa in considerazione dal richiamato articolo del codice penale, desumibile dal numero delle violazioni in contestazione per cui vi è stata condanna, con ciò del resto tenendo conto proprio anche del danno in concreto cagionato come preteso dalla difesa.

Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 (mille) a titolo di sanzione pecuniaria in favore della cassa delle ammende non emergendo ragioni di esonero.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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