T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 05-05-2011, n. 1183 Sanzioni disciplinari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il ricorrente è un agente della Polizia di Stato, in servizio presso il III Reparto Mobile di Milano.

Con il ricorso in esame impugna il provvedimento in epigrafe indicato, con il quale il Comandante del suddetto Reparto gli ha comminato la sanzione disciplinare della deplorazione congiuntamente alla pena pecuniaria nella misura di 2/30 del trattamento economico.

La misura disciplinare è stata adottata in quanto l’interessato, colpito da un’infermità mentre prestava servizio, si è avvalso, senza autorizzazione, di un medico estraneo all’Amministrazione facendolo accedere all’interno della caserma, invece di avvalersi del servizio medico interno.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno per opporsi all’accoglimento del gravame.

Con ordinanza n. 1407, depositata in data 10 dicembre 2009, la Sezione ha accolto l’istanza cautelare.

In prossimità dell’udienza di discussione del merito, parte ricorrente ha depositato memoria insistendo nelle proprie conclusioni.

Tenutasi la pubblica udienza in data 31 marzo 2011, la causa è stata trattenuta in decisione.

Con un unico articolato motivo di ricorso l’interessato contesta che il comportamento da egli tenuto possa considerarsi censurabile sotto il profilo disciplinare giacché, in primo luogo, nessuna norma vieterebbe al personale appartenente alla Polizia di Stato (anche al personale che risiede in caserma) di avvalersi di medici estranei all’Amministrazione; in secondo luogo in quanto l’ingresso del medico nella caserma è stato autorizzato dal Corpo di Guardia dopo l’espletamento delle procedure all’uopo previste.

Ritiene il Collegio che il ricorso sia fondato.

Come anticipato, il provvedimento disciplinare qui gravato è stato adottato in quanto il ricorrente, colpito da un’infermità mentre prestava servizio, si è avvalso di un medico estraneo all’Amministrazione, invece di ricorrere al servizio medico interno.

In particolare, nel provvedimento impugnato si contesta che l’interessato, dopo essere stato giudicato nella stessa giornata idoneo al servizio dal Sanitario del Reparto, ignorando volutamente la presenza del suddetto Sanitario, contattava un medico esterno all’Amministrazione e lo faceva accedere all’interno della caserma perché lo visitasse, permettendogli di esercitare la professione senza la preventiva autorizzazione della direzione.

L’Amministrazione ritiene che tale comportamento sia contrastante con le direttive impartite dalla Direzione sull’accesso alla caserma e con l’art. 65 del d.P.R. n. 782/85, integrando così la fattispecie disciplinare di cui all’art. 5, primo comma n.1, d.P.R. n. 737/81, volta a sanzionare "le abituali o gravi negligenze nell’adempimento dei propri doveri";

Con riferimento alle direttive sull’accesso, va tuttavia osservato che, dal documento n. 8 depositato dall’Amministrazione resistente, emerge che le funzioni e le responsabilità inerenti l’accesso alla caserma da parte di personale esterno sono attribuite al servizio di vigilanza e al Corpo di Guardia, cui sono preposti personale appartenente al ruolo degli Assistenti e degli Agenti.

Non si comprende dunque come l’Amministrazione abbia ritenuto il ricorrente responsabile di un ingresso non autorizzato giacché, qualora fossero mancati i presupposti per consentire l’accesso del medico nella caserma, il personale appartenente al Corpo di Guardia avrebbe dovuto impedirne l’ingresso; ed eventuali violazioni delle disposizioni che consentono l’accesso avrebbero dovuto essere ascritte alla responsabilità esclusiva di tale personale e non di colui che – estraneo al Corpo di Guardia – si è limitato a richiedere l’intervento del medico, peraltro spinto in tal senso da esigenze di salute.

Va poi osservato che nessuna disposizione contenuta nelle predette direttive prevede che colui che invita personale esterno a recarsi in caserma debba richiedere preventivamente l’autorizzazione della Direzione. Questa è richiesta esclusivamente al punto 12 per l’accesso di personale esterno dopo le ore 23,00, mentre per l’ingresso in caserma di persone estranee l’art. 14 richiede soltanto la previa identificazione e il rilascio di apposito pass da parte del Corpo di Guardia.

Il comportamento tenuto dall’interessato nel caso concreto non appare quindi in contrasto con le disposizioni suindicate.

Per ciò che concerne invece la violazione dell’art. 65 del d.P.R. n. 782/85, si osserva che in base a questa norma "per particolari esigenze può farsi ricorso all’opera di medici estranei all’Amministrazione, mediante la stipula di apposite convenzioni".

La disposizione tuttavia, come correttamente osserva il ricorrente, non si riferisce al personale, ma all’Amministrazione, nel senso che questa, per garantire lo svolgimento delle proprie funzioni, può avvalersi di personale esterno, previa stipula di apposite convenzioni.

Come pacificamente ammesso dalla difesa erariale, e come risulta dalle circolari depositate in atti (Circolare del Ministero dell’Interno n. 333A/9806.B.1.1 e Circolare della Questura di Milano n. B1.5/MAS/2009), il personale appartenente ai ruoli della Polizia di Stato, che non sia in condizione di prestare servizio, può invece liberamente scegliere se avvalersi del proprio medico, oppure del servizio sanitario interno all’Amministrazione.

Non si vede pertanto come tale disposizione possa essere invocata per censurare il comportamento tenuto dal ricorrente nel caso concreto, posto che la facoltà di avvalersi dell’assistenza di medico di fiducia non può essere soggetta a limitazioni soltanto perché il militare alloggia all’interno della caserma.

In conclusione deve affermarsi che le censure mosse dall’Amministrazione all’interessato non appaiono in linea con le disposizioni dalla stessa invocate dal provvedimento impugnato.

Per questa ragione il ricorso va accolto.

Le spese seguono la regola generale della soccombenza.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Condanna l’Amministrazione a rifondere le spese di causa al ricorrente che vengono quantificate in Euro 1.000,00 oltre IVA e c.p.a. se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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