Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 24-03-2011) 05-05-2011, n. 17467 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

K.A. ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che, nel confermare quella di primo grado quanto al giudizio di responsabilità per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 (detenzione illecita di vari involucri contenenti grammi 0,191 di cocaina e grammi 0,499 di eroina), accogliendo peraltro l’impugnazione del Procuratore generale riformava l’affermato giudizio di prevalenza dell’attenuante del fatto di lieve entità ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5) sulla recidiva reiterata specifica e infraquinquennale contestata e ritenuta, per l’effetto formulando un giudizio di solo equivalenza e rideterminando in peius la pena. Il giudice di appello, invece, non accoglieva l’impugnazione dell’imputato tesa ad ottenere una riduzione della pena.

Con il ricorso contesta l’affermata sussistenza della recidiva, sostenendo la mancanza di motivazione sulle ragioni che potevano giustificare il giudizio di maggiore pericolosità proprio della circostanza de qua.

Il ricorso è manifestamente infondato, avendo il giudicante fatto corretta applicazione della normativa di settore, con motivazione satisfattiva.

E’ noto, in proposito, che sia la recidiva pluriaggravata che la recidiva reiterata, previste rispettivamente dall’art. 99 c.p., commi 3 e 4, devono ritenersi tuttora facoltative, dovendosi escludere che le modifiche introdotte dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251 (la cosiddetta legge ex Cirielli) abbiano voluto ripristinare il regime di obbligatorietà della recidiva preesistente alla riforma di cui alla L. 7 giugno 1974, n. 220.

Ciò determina, secondo assunto pacifico che ha ricevuto anche un avallo dalla giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenza 14 giugno 2007 n. 192), con riguardo alla recidiva reiterata, che non vi è alcun automatismo nell’applicazione dell’art. 69 c.p., comma 4, in forza del quale, in caso di recidiva reiterata, vi è divieto per il giudice, in sede di comparazione tra le circostanze eterogenee, di procedere a giudizio di prevalenza delle eventuali circostanze attenuanti. Nel senso che, soltanto nell’ipotesi in cui il giudice, a fronte della contestazione della recidiva reiterata, la ritenga concretamente e motivatamente applicabile in concreto, si procederà al giudizio di bilanciamento soggetto ai limiti di cui all’art. 69 c.p., comma 4, che vietano appunto il giudizio di prevalenza delle eventuali circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata; mentre, in caso contrario, cioè qualora il giudice non ritenga sussistente la recidiva, non vi sarà spazio per alcun giudizio di comparazione, rimanendo esclusa ogni ipotesi di elisione automatica delle circostanze attenuanti.

Il tema riguarda, quindi, il giudizio che il giudice deve formulare in ordine alle condizioni per ritenere o escludere la recidiva:

giudizio che, secondo la giurisprudenza consolidata, deve essere effettuato valutando la significatività del nuovo episodio delittuoso, sotto il profilo della pericolosità dell’imputato, in relazione alla natura ed al tempo di commissione dei precedenti delitti (tra le tante, Sezione 4, 2 luglio 2007, PG in proc. Farris, rv. 236910; Sezione 6, 25 ottobre 2007, PG in proc. Barah; Sezione 6, 25 settembre 2009, Dommarco; Sezione 6, 13 ottobre 2009, PG in proc. Baglio, inedite).

Or bene, la Corte di merito, anche richiamando le determinazioni del primo giudice, tale giudizio ha formulato in modo affatto immotivato, evidenziando l’entità oggettiva del fatto-reato (quantità della droga), i precedenti penali e il comportamento del prevenuto.

E’ giudizio che sfugge al sindacato di legittimità.

Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 (mille) a titolo di sanzione pecuniaria in favore della cassa delle ammende non emergendo ragioni di esonero.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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