T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 05-05-2011, n. 1178 Collocamento a riposo o in congedo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il sig. N.C., odierno ricorrente, è un Appuntato scelto dell’Arma dei Carabinieri.

Con il ricorso R.G. n. 2006/2008 impugna i seguenti atti: a) il provvedimento prot. n. 947/711991dell’ 1 luglio 2008 con il quale è stata disposta la sua collocazione in aspettativa per infermità per un periodo complessivo di 44 giorni; b) il provvedimento prot. n. 947/7111991dell’ 1 luglio 2008 con il quale è stata disposta la sua collocazione in aspettativa per infermità per un periodo di 59 giorni; c) il provvedimento prot. n. 5330/64/3 dell’8 luglio 2008, con il quale è stato comunicato il suo collocamento in congedo illimitato per superamento del limite massimo di aspettativa per infermità.

Dopo l’emanazione del provvedimento di collocamento in congedo, e precisamente in data 17 ottobre 2008, il sig. C. presentava, ai sensi dell’art. 14, comma 5, della legge n. 266/99 e del d.m. 18 aprile 2002, domanda di transito nel personale civile del Ministero della Difesa.

La domanda è stata rigettata con provvedimento n. 47113 dell’8 luglio 2009.

Con il ricorso R.G. n. 2448/2009 l’interessato ha impugnato tale atto di rigetto.

Per entrambe la cause si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa.

La Sezione, con ordinanza n. 1514 del 16 ottobre 2008 ha respinto l’istanza cautelare formulata nel ricorso R.G. n. 2006/2008.

Tenutasi la pubblica udienza in data 16 marzo 2011, le cause sono state trattenute in decisione.

Preliminarmente ritiene il Collegio che i due ricorsi in esame vadano riuniti stante la loro connessione soggettiva ed oggettiva.

Prima di affrontare il merito, è opportuno illustrare brevemente il quadro giuridico sul quale si innesta la controversia.

Dal combinato disposto degli artt. 8, comma secondo, della legge 1 febbraio 1989 n. 53 e 49, comma primo, del d.P.R. 31 luglio 1995 n. 395 emerge che il personale appartenente ai ruoli dell’Arma dei Carabinieri può essere collocato in aspettativa per infermità per un periodo non superiore a due anni in un quinquennio.

Ai sensi dell’art. 13 della legge 18 ottobre 1961 n. 1168 (recante "Norme sullo stato giuridico dei vice brigadieri e dei militari di truppa dell’Arma dei carabinieri"), oggi trasfuso nell’art. 929 del d.lgs. n. 66/2010, "Il militare (…) che non abbia riacquistato l’idoneità fisica allo scadere del periodo massimo di aspettativa (…) cessa dal servizio continuativo ed è collocato in congedo o in congedo assoluto, a seconda della idoneità".

Da queste norme discende dunque che il personale appartenente ai ruoli dell’Arma dei Carabinieri può essere posto in aspettativa per infermità per un periodo massimo di due anni in un quinquennio (periodo di comporto), scaduto il quale senza che si sia riacquistata l’idoneità fisica, scatta il collocamento in congedo.

Le stesse disposizioni prevedono tuttavia che, in casi particolari, allorquando le infermità siano particolarmente gravi e siano strettamente collegate ai compiti di istituto, il periodo di aspettativa ad esse afferente non sia computato ai fini della determinazione del periodo massimo di aspettativa.

Sovvengono al riguardo i commi secondo e terzo del citato art. 49 del d.P.R. n. 395/95.

In base al secondo comma "il periodo di ricovero in luoghi di cura a seguito di ferite o lesioni riportate per cause di servizio non è computato ai fini del compimento del periodo massimo di aspettativa".

Tale norma richiede dunque tre condizioni affinché si vernichi l’effetto da essa previsto: a) l’infermità deve conseguire a ferite o a lesioni traumatiche; b) l’infermità deve dipendere da causa di servizio; c) l’infermità deve aver determinato il ricovero in un luogo di cura.

Al ricorrere di questi tre elementi, il periodo di ricovero non viene computato ai fini del compimento del periodo massimo di aspettativa.

Il terzo comma dell’art. 49 prevede un’altra ipotesi di esenzione dal computo,.

Stabilisce tale disposizione che "Fino a completa guarigione clinica, i periodi di assenza del personale dovuti a ferite o lesioni traumatiche riportate in servizio, che non comportino inidoneità assoluta al servizio, non sono computati ai fini del compimento del periodo massimo di aspettativa".

E’ importante ai fini della soluzione della presente controversia comparare le due disposizioni esaminate.

La differenza sostanziale fra le due fattispecie è che, nella seconda, condizione necessaria e sufficiente affinché si determini l’effetto dell’esenzione dal computo ai fini del compimento del periodo massimo di aspettativa è che le lesioni o le ferite traumatiche non solo dipendano da causa di servizio, ma siano state riportate in servizio, quando cioè il dipendente sta svolgendo i propri compiti di istituto. Vi deve essere dunque un doppio legame funzionale: il primo tra l’attività svolta dal militare, nel momento in cui subisce le lesioni, e le funzioni proprie dell’amministrazione di appartenenza; il secondo tra le lesioni e l’attività svolta, nel senso che le prime debbono essere state riportate per adempiere ai doveri istituzionali del militare (si pensi, ad esempio, alle ferite riportate in un conflitto a fuoco, o alle lesioni riportate in caso di incidente stradale occorso in occasione di un inseguimento, ecc..).

In questo caso, l’esclusione dal computo riguarda tutto il periodo di aspettativa e non solo quello afferente a periodi di ricovero in luoghi di cura.

In altre parole, e per concludere sul punto, può dirsi che, se l’infermità dipende da ferite o lesioni traumatiche riportate in servizio, tutto il periodo di aspettativa è escluso dal computo; se invece l’infermità dipende da causa di servizio, ma non da ferite o lesioni traumatiche riportate in servizio, non tutto il periodo di aspettativa è escluso dal computo, ma solo quello connesso a periodi di degenza in luoghi di cura.

Ciò premesso può ora essere affrontato il merito dei ricorsi, partendo dall’esame di quello afferente all’impugnazione degli atti con i quali è stato disposto il congedo del ricorrente..

In proposito la doglianza che l’interessato solleva con maggiore rilievo è quella volta a lamentare che l’Amministrazione avrebbe erroneamente computato, nel calcolo per la determinazione del periodo massimo di aspettativa, il periodo di assenza di 59 giorni conseguente ad un incidente stradale occorso mentre egli si stava recando sul luogo di lavoro. Secondo il ricorrente, l’infermità che ne è conseguita dipende da causa di servizio e, per tale ragione, l’Amministrazione non avrebbe dovuto tenere conto dell’assenza da essa determinata.

Come detto poc’anzi tuttavia la circostanza che l’infermità possa in ipotesi essere riconosciuta dipendente da causa di servizio non è di per sé elemento sufficiente per far ritenere che i periodi di assenza ad essa afferenti debbano essere senz’altro esclusi dal suddetto calcolo.

In particolare si è visto sopra che, in base al comma terzo dell’art. 49 del d.P.R. n. 395/95, la dipendenza da causa di servizio è solo uno degli elementi che debbono concorrere affinché l’aspettativa possa essere non computata nel periodo di comporto; essendo altresì necessario che la stessa sia conseguente a ferite o a lesioni traumatiche riportate in servizio.

Tali ulteriori elementi, nel caso specifico, non ricorrono.

In particolare, l’infermità cui il ricorrente si riferisce è, come detto, quella derivante da un incidente stradale occorso in data 24 aprile 2008 mentre lo stesso si stava recando sul luogo di lavoro.

In questo caso, a parere del Collegio, va escluso che la fattispecie concreta possa essere ricondotta a quella contemplata dal terzo comma del ridetto art. 49, atteso che le lesioni sono state riportate quando il ricorrente, proprio perché non ancora giunto sul luogo di lavoro, non era ancora entrato in servizio.

A suffrago di tale lapalissiana conclusione va anche rilevato che se da un lato può ritenersi che l’attività del militare, che percorre il tragitto casalavoro, sia ricollegabile ai suoi doveri di servizio, ed in particolare al dovere di giungere in orario sul luogo di lavoro (da qui la possibilità che l’infortunio in itinere possa essere riconosciuto dipendente da causa di servizio); da altro lato, tuttavia, tale attività non può certo essere funzionalmente ricondotta ai compiti istituzionali che competono all’Arma dei carabinieri.

Manca dunque il legame funzionale fra attività espletata nel momento in cui sono state riportate le lesioni e le funzioni proprie dell’amministrazione di appartenenza; legame che, come detto, costituisce elemento indefettibile per l’operatività dell’esenzione prevista dalla norma suindicata.

Ne consegue che va ribadita la non sovrapponibilità della fattispecie concreta a quella astratta contemplata dal terzo comma dell’art. 49; e che pertanto la doglianza in esame non può trovare accoglimento.

Con altra doglianza il ricorrente lamenta che l’Amministrane ha omesso di sottoporlo a visita medica nell’approssimarsi della scadenza del periodo di comporto; contravvenendo in tal modo alle disposizioni contenute nella circolare DGPM/II/SEGR./806/Circ. del 26 ottobre 2000.

La doglianza è infondata in punto di fatto, atteso che il ricorrente in data 28 maggio 2008, e quindi in data prossima rispetto a quella di scadenza del periodo di comporto (26 giugno 2008), è stato sottoposto a visita medica presso la CMO di Milano, la quale lo ha ritenuto temporaneamente non idoneo al servizio per un periodo di giorni 70.

E’ da ritenere corretto pertanto il comportamento tenuto dall’Amministrazione resistente la quale, considerato l’avvenuto espletamento della suindicata vista, e considerato il lungo periodo di non idoneità rilevato, ha ritenuto non necessaria la sottoposizione dell’interessato ad una nuova visita da effettuarsi, peraltro, a distanza di pochi giorni da quella precedente.

Deve essere quindi ribadita l’infondatezza della doglianza.

Per completezza va ancora osservato che il ricorrente, nella memoria finale lamenta che l’Amministrazione avrebbe computato nei calcoli effettuati per determinare il periodo massimo di aspettativa, anche un periodo nel quale egli si trovava in licenza ordinaria.

In particolare rileva che il Ministero della Difesa, nella memoria difensiva, nella parte in cui vengono riepilogati i periodi di aspettativa fruiti dal dipendente, ha indicato il periodo 30 luglio 2007 – 27 dicembre 2007; mentre egli, nel periodo 9 agosto 2007 – 1 settembre 2007, si trovava appunto in licenza ordinaria.

In proposito va osservato che, al di là dell’evidente inammissibilità della doglianza (sollevata per la prima volta in memoria non notificata), non è vero che l’Amministrazione nei suoi calcoli ha tenuto conto del periodo trascorso in licenza ordinaria.

Effettivamente, in un prospetto contenuto nella memoria difensiva, il Ministero indica che nel periodo 30 luglio 2007 – 27 dicembre 2007, il ricorrente era in aspettativa. Tuttavia nello stesso prospetto si indica anche che, con riferimento a detto periodo, sono stati computati solamente 102 giorni di aspettativa (in luogo dei 161 dell’intero periodo).

Si deve dedurre pertanto che l’Amministrazione ha tenuto conto dei gironi di licenza ordinaria fruiti dal dipendente, e quindi anche dei 26 giorni del periodo 9 agosto 2007 – 1 settembre 2007.

Anche questa doglianza è quindi infondata.

In conclusione, per le ragioni illustrate, il ricorso R.G. n. 2006/2008 va respinto.

Passando ora all’esame del ricorso R.G. n. 2448/2009, con il quale viene impugnato l’atto di rigetto della domanda di transito nei ruoli del personale civile del Ministero della Difesa va osservato che, con un unico motivo, il ricorrente – dopo aver osservato che il rigetto è stato disposto in quanto la domanda sarebbe stata presentata, a parere dell’Amministrazione, tardivamente, quando egli ormai non era più in servizio – deduce l’illegittimità del provvedimento impugnato rilevando che l’atto con il quale è stato disposto il suo collocamento in congedo è oggetto di impugnazione dinanzi a questo Tribunale; e che quindi in caso di accoglimento di quel ricorso, verrebbe meno il presupposto sul quale il rigetto si fonda.

In proposito osserva il Collegio che essendo, come visto, infondato il ricorso proposto avverso l’atto di collocamento in congedo, deve ritenersi necessariamente infondato anche il ricorso in esame, il quale va pertanto respinto.

In conclusione, per le ragioni illustrate i due ricorsi in esame vanno respinti previa loro riunione.

Ragioni di equità inducono il Collegio a disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando, riunisce i ricorsi come in epigrafe proposti e li respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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