Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 23-03-2011) 05-05-2011, n. 17494 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Genova ricorre in Cassazione avverso l’ordinanza, in data 19.10.2010, del Tribunale dello stesso capoluogo – sezione riesame – che, in accoglimento dell’istanza proposta da M.D.F. avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip presso il Tribunale di Massa il 30.09.2010, in ordine a due episodi di detenzione a fine di spaccio di sostanza stupefacente (pasticche di ecstasy), disponeva l’immediata scarcerazione del medesimo. Si premette che il Tribunale, pur valutando sospette le telefonate intercettate tra il M. ed il Ma. (altro indagato) – sia per il linguaggio criptico, usato sia per l’invito rivolto dall’indagato al suo interlocutore a "non parlare più di tanto" – ha ritenuto che in totale carenza di elementi di conferma tali indizi sono privi del carattere di gravità necessario per legittimare la misura detentiva.

Sulla mancanza dei riscontri il P.M. ricorrente evidenzia che il Tribunale omette totalmente di prendere in considerazione una importante circostanza che costituisce, invece, riscontro concreto alle telefonate intercettate: le indagini hanno accertato che il Ma.Ma. aveva ceduto 500 pasticche di ecstasy a V. R., sequestrate poi dalla P.G. nel momento in cui il V. le cedeva a sua volta a S.E.. Sul punto si evidenziano gli elementi acquisiti dalle indagini (risultati di servizi di appostamenti, osservazione, perquisizioni, sequestri della p.g.) che confermano i rapporti di natura illecita tra il Ma. ed il V.. In una conversazione telefonica intercettata, su di un’utenza in uso al Ma., tra quest’ultimo ed il M. emerge con evidenza che i conteggi effettuati tra i due, in riferimento a dosi o pasticche, erano errati. La conversazione proseguiva con l’intento di chiarire un ammanco che ciascuno degli interlocutori addebitava all’altro. Le indagini successive portavano all’arresto del V. poichè notato nell’atto di cedere a S.M. un involucro risultato, poi, contenere, 500 pasticche di ecstasy.

Nel ricorso si riportano le trascrizioni di una serie di intercettazioni telefoniche intercorse tra il Ma. ed il V. di cui viene evidenziato il tenore chiaramente accusatorio nei confronti dei due circa l’attività di spaccio di sostanza stupefacente che aveva poi portato allo sviluppo delle indagini e all’arresto del V..

Tutto ciò per evidenziare che il Tribunale avrebbe dovuto valutare il sequestro delle pasticche quale elemento di riscontro delle telefonate intercettate tra il M. ed il Ma.; tra l’altro, si osserva, che le pasticche sono di sicura provenienza campana (il M. risiede in provincia di (OMISSIS)) posto che quando il Ma. parla con il V. si trova in provincia di (OMISSIS) (ciò risulta dalla cella che aggancia il suo cellulare) ed in quei giorni si è incontrato proprio con il M. per come risulta dalle conversazioni telefoniche intercettate.

Inoltre si argomenta che, a prescindere dall’avvenuto sequestro delle 500 pasticche, il Tribunale non tiene in debito conto il contenuto delle conversazioni intercettate tra il M. ed il Ma. fornendo sul punto una interpretazione e quindi una motivazione illogica e contraddittoria. (In ordine al capo di imputazione sub E) relativo alla detenzione di 81 pastiglie di ecstasy, si rileva che la contestazione si fonda sulla telefonata (83) in data 4.12.2007 ore 13,15, nella quale M. parla con il coindagato Ma. "di un conteggio di quelle cose" ("le abbiamo contate bene quelle cose?") e, nel prosieguo della conversazione si fa riferimento al numero 81 ed a capi di abbigliamento quali maglie di marca Versace e Lotus, vestiti e scarpe, precisandosi che con l’approssimarsi delle festività natalizie le persone avrebbero potuto acquistare tali capi, "le abbiamo contate bene quelle cose?").

La lettura del Tribunale del Riesame appare superficiale: sono state estrapolate solo alcune frasi della conversazione intercettata, senza tener conto di altre che difficilmente possono essere tematicamente/logicamente/linguisticamente coerenti con i capi di abbigliamento, pur tenendo conto della circostanza che "l’indagato risulta svolgere attività lavorativa proprio nel campo del commercio scarpe".

Segue l’analisi approfondita delle richiamate intercettazioni telefoniche dalle quali emerge che l’oggetto delle conversazioni non può che esser la sostanza stupefacente. Anche con riferimento al delitto di cui al capo F) il tenore delle conversazioni intercorse tra il M. ed il Ma. è stato superficialmente valutato.

(In ordine al capo d’imputazione sub F) relativo alla detenzione di 1000 pastiglie di ecstasy, essa si fonda sulla conversazione in data 22.01.2008 ore 21,30, nella quale gli stessi interlocutori fanno riferimento ad una partita di calcio che la squadra dell’Avellino avrebbe dovuto disputare a (OMISSIS) ed all’arrivo in tale occasione di "mille tifosi dell’Avellino", con la precisazione avvenuta nella telefonata successiva del 25.01.2008 ore 10.55 che se i tifosi fossero stati di più l’indagato avrebbe dovuto prenderli).

Infatti accertamenti più dettagliati avrebbero consentito di appurare che il campionato di serie B si disputa di sabato, rispetto al giorno della telefonata, il campionato prevedeva l’incontro Avellino-Treviso in casa dell'(OMISSIS), quindi il dato non è coerente con il contenuto della telefonata. In entrambe le telefonate (V. nota) si fa poi riferimento al "Cugino", elemento piuttosto significativo, che viene invece completamente ignorato dal Tribunale:

è lui quello che decide tutto. Lo stesso viene citato in numerose altre telefonate. Non si tiene conto, poi, delle cautele espresse dal M. nelle conversazioni circa l’uso del telefono e non si capisce, in punto di logica, perchè il telefono debba essere usato con cautela e prudenza se si sta effettivamente organizzando una trasferta di tifosi per una partita di calcio.

Il ricorso non può trovare accoglimento, laddove si risolve in una censura sulla valutazione del quadro indiziario posto a fondamento del provvedimento de liberiate che esula dai poteri di sindacato del giudice di legittimità, non palesandosi il relativo apprezzamento motivazionale nè manifestamente illogico, nè viziato dalla non corretta applicazione della normativa di settore. In proposito, va ricordato che, secondo assunto non controverso, in tema di misure cautelari personali, la valutazione del peso probatorio degli indizi è compito riservato al giudice di merito e, in sede di legittimità, tale valutazione può essere contestata unicamente sotto il profilo della sussistenza, adeguatezza, completezza e logicità della motivazione, mentre sono inammissibili, viceversa, le censure che, pure investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze già esaminate da detto giudice (di recente, ex pluribus, Cass., Sez. 4A, 4 luglio 2003, Pilo; nonchè, Sez. 4A, 21 giugno 2005, Tavella).

Ciò che, nella specie, il ricorrente fa quando si limita ad accreditare "nel merito" il quadro probatorio a carico evidenziato nell’ordinanza cautelare, fondato sul contenuto di intercettazioni plurime, il cui significato probatorio, però, è stato analizzato dal Tribunale del riesame con attenzione ed è supportato da una motivazione ampiamente esaustiva. Sebbene non possa essere dimenticato che, nella materia de libertate, la nozione di "gravi indizi di colpevolezza" di cui all’art. 273 c.p.p. non si atteggia allo stesso modo del termine "indizi" inteso quale elemento di prova idoneo a fondare un motivato giudizio finale di colpevolezza (che sta ad indicare la "prova logica o indiretta", ossia quel fatto certo connotato da particolari caratteristiche che consente di risalire ad un fatto incerto attraverso massime di comune esperienza), quando il relativo giudizio sulla gravita e la concordanza degli indizi è fatto dal giudice di merito con valutazione ancorata ad elementi emergenti dalle indagini e con motivazione congrua, e non illogica, l’esame di questa corte non può trovare ingresso.

La censura del ricorrente non coglie nel segno: non emergono nella decisione gravata violazioni di norme di legge e, nel merito, le argomentazioni a supporto della ordinanza impugnata non sono sindacabili in questa sede, a fronte della rappresentazione, non illogica, della mancanza di un quadro indiziario grave nei termini di cui si è detto, che non consente, per la sua consistenza, di prevedere che, attraverso il prosieguo delle indagini, sarà idoneo a dimostrare la responsabilità del prevenuto, fondando nel frattempo una qualificata probabilità di colpevolezza (cfr. Cass., Sez. 2^, 19 gennaio 2005, Paesano).

Come si è accennato, tali principi risultano pienamente rispettati, risultando dalla motivazione dell’ordinanza gravata come si sia proceduto ad un’attenta analisi del contenuto delle conversazioni intercettate, ritenuto non significativo della contestata fattispecie incriminatrice, pur dandosi atto dell’uso da parte degli interlocutori di un linguaggio a volte criptico, ma insufficiente, anche in ragione delle concrete attività lavorative svolte dall’indagato, ad essere ritenuto sintomatico della condotta illecita contestata. Si evidenzia che all’esito dell’acquisizione della conversazione telefonica, intercorsa tra il ricorrente e l’indagato Ma. – avente ad oggetto un conteggio "di quelle cose" e nel prosieguo si fa riferimento al numero di 81 ed a capi di abbigliamento quali marca Versace e Lotus, vestiti e scarpe, non è seguita alcuna verifica o sequestro che possa confermare che l’argomento di tale conversazione fosse di carattere illecito, tanto più che effettivamente l’indagato risulta svolgere attività lavorativa proprio nel campo del commercio delle scarpe, cosi che il sospetto che l’oggetto della conversazione fosse riferito a pastiglie di ecstasy resta allo stato di indizio semplice, non qualificato dalla gravità necessaria per legittimare la misura cautelare emessa, per altro a carico di un soggetto totalmente incensurato. Altrettanto non assorbente è la censura di carenza di motivazione in ordine alla eccepita mancata valutazione delle conversazioni intercettate intercorse tra il Ma. ed altro coindagato, V., che portarono all’arresto di costui ed al sequestro di 500 pasticche di ecstasy, elementi, questi, per il ricorrente, di riscontro al contenuto delle conversazioni tra il M. ed il Ma., evincendosi, dalla lettura delle conversazioni riportate nel ricorso, un non evidente collegamento tra queste ultime e quelle tra il Ma. ed il V., tenuto conto che in esse non si fa mai riferimento alla persona del M..

Il Tribunale, correttamente, si è limitato all’analisi di quelle conversazioni che coinvolgevano direttamente l’indagato.

In questa prospettiva, la doglianza sollevata dal P.M. ricorrente circa l’interpretazione del contenuto delle intercettazioni, è inaccoglibile, invocandosi qui un controllo censorio sull’apprezzamento del quadro probatorio non esercitabile a fronte di una motivazione che non si appalesa ictu oculi illogica, ed appare non dubitabile che il giudice del riesame, non confermando l’ordinanza cautelare, ha evidenziato in maniera non illogica la ambiguità degli elementi posti a sostegno della gravità del quadro indiziario.

Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *