Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 29-08-2011, n. 17770 Malattie professionali

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on riferimento al primo motivo.
Svolgimento del processo

Con sentenza 22.1.2001 il Tribunale di Napoli rigettava la domanda con cui G.O. aveva chiesto nei confronti dell’INAIL il riconoscimento della natura professionale della ipoacusia bilaterale neuro sensoriale di cui soffriva per effetto dell’esposizione all’azione rumorosa dei macchinali operanti nell’ambiente lavorativo (stabilimento FIAT Auto di (OMISSIS)).

Riteneva a riguardo il primo giudice che tale patologia, così come accertata in sede peritale, non incidesse sull’attitudine lavorativa nei limiti di legge.

Con sentenza del 27.2.06 la Corte d’Appello di Napoli, sul gravame proposto dal G., ne dichiarava inammissibile il ricorso di primo grado in quanto avente ad oggetto il mero accertamento della natura professionale di una data patologia, non accompagnato dalla specifica indicazione del beneficio economico che – per l’effetto – si intendeva conseguire.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre il G. affidandosi a due motivi.

Resiste con controricorso l’INAIL.
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo si deduce violazione degli artt. 112, 342, 345 e 352 c.p.c., nonchè vizio di motivazione per avere l’impugnata sentenza dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado malamente interpretandone il petitum, che il Tribunale aveva, invece, correttamente percepito come esteso anche alla condanna dell’INAIL al pagamento della rendita conseguente all’accertata riduzione da tecnopatia dell’attitudine lavorativa del G., interpretazione che nemmeno l’INAIL aveva censurato in appello; in altre parole, rilevando d’ufficio una inammissibilità dell’atto introduttivo non rilevata in prime cure, l’impugnata sentenza era incorsa in vizio di ultrapetizione e aveva leso il principio del tantum devolutum quantum appellatimi. Inoltre, proseguiva il ricorrente, la Corte territoriale non aveva adeguatamente motivato la propria interpretazione del libello introduttivo di lite.

2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 414, 442, 434, 164 e 157 c.p.c., nonchè perplessità della motivazione laddove la gravata pronuncia ha ritenuto che il G. non abbia inteso chiedere anche la condanna dell’INAIL ad erogargli le provvidenze economiche conseguenti alla riconosciuta origine professionale della malattia per cui è causa.

3. Entrambi i motivi – da esaminarsi congiuntamente perchè intimamente connessi fra loro – sono infondati.

Si premetta che la giurisprudenza richiamata in ricorso non è conferente in quanto concerne la diversa questione della rilevabilità d’ufficio dell’invalidità del ricorso introduttivo per mancata od insufficiente determinazione dell’oggetto della domanda o per mancata esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto sulle quali essa si fonda (vale a dire per violazione dell’art. 414 c.p.c.), mentre nel caso di specie si tratta di inammissibilità della domanda volta ad accertare non già un diritto (quello di percepire la rendita INAIL), ma un mero fatto (l’etiopatogenesi della lamentata ipoacusia bilaterale neurosensoriale).

Ciò involge – ad onta della non felice formula di inammissibilità adottata dalla Corte territoriale in luogo di quella, più propria, di improponibilità – non una nullità dell’atto introduttivo, bensì una carenza di interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. (cfr. ex aliis, oltre alla più risalente giurisprudenza menzionata nell’impugnata sentenza, Cass. Sez. Lav. 17.3.03 n. 3905, proprio in tema di domanda di un lavoratore intesa all’accertamento di una tecnopatia senza che risultasse specificata la richiesta di alcuno dei possibili benefici;

cfr., altresì, Cass. Sez. Lav. 4.5.02 n. 6398; Cass. Sez. Lav.

22.11.99 n. 12937).

E, come le Sezioni Unite di questa S.C. hanno già avuto modo di statuire, la mancanza di interesse ad agire è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo (cfr. Cass. S.U. 19.5.08 n. 12637), il che esclude il prospettato vizio di ultrapetizione.

In ordine, poi, all’interpretazione della domanda – su cui il G. lamenta vizio di motivazione va ribadito che essa è riservata al giudice del merito: si tratta di operazione che nel caso in esame non risulta inficiata da illogicità o contraddittorietà alcuna, essendosi basata sulla lettura del ricorso e delle relative conclusioni, che si limitano al riconoscimento del mero fatto consistente nella malattia professionale, senza chiarire il beneficio richiesto.

Nè in contrario il ricorrente può invocare il tenore delle conclusioni del proprio atto d’appello, giacchè il difetto di specifica indicazione del beneficio cui finalizzare il riconoscimento della tecnopatia è stato riscontrato – a monte – nell’atto introduttivo del giudizio, difetto non sanabile con un’integrazione del petitum in secondo grado.

4. In conclusione, il ricorso è da rigettarsi. Non va emessa pronuncia sulle spese, trattandosi di giudizio introdotto nel 1997 e, quindi, non assoggettato alle modifiche apportate dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, convertito in L. n. 326 del 2003, alla disciplina delle spese nelle controversie previdenziali ( art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo originario risultante dalla sentenza n. 134/94 della Corte costituzionale).
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Nulla spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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