Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 29-08-2011, n. 17767 Pensioni indirette o di reversibilità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Bari, confermando la decisione del Tribunale della stessa sede, ha dichiarato improponibile, per difetto della domanda amministrativa – la domanda giudiziaria di L.A. – diretta ad ottenere la riliquidazione della sua pensione di reversibilità in dipendenza della contribuzione versata dal proprio dante causa successivamente alla decorrenza della pensione diretta – essenzialmente in base al rilievo che il complessivo tenore della L. n. 1338 del 1962, art. 4 (nel testo sostituito, a decorrere dal 1 maggio 1968, dal D.P.R. n. 488 del 1968, art. 19) imponeva di leggere la norma,nel senso che, mentre non è necessaria la domanda amministrativa del superstite quando il titolare della pensione diretta abbia già richiesto gli ivi previsti supplementi, tale domanda è, invece, necessaria quando non vi sia stata la richiesta in parola.

Per la cassazione di questa sentenza L.A. ha proposto ricorso fondato su un unico motivo, illustrato con successiva memoria.

L’INPS ha depositato la procura ai difensori che hanno, poi, partecipato all’udienza di discussione.
Motivi della decisione

Nell’unico motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 1338 del 1962, art. 4, comma 6, e vizio di motivazione, sostenendo che la domanda di pensione di reversibilità assomma in sè anche quella diretta al riconoscimento dei supplementi spettanti per i versamenti contributivi effettuati dal de cuius successivamente alla data di decorrenza della pensione diretta, per il che non occorre come erroneamente ritenuto dalla sentenza impugnata, una nuova ed autonoma istanza amministrativa per l’attribuzione dei supplementi in questione.

Il ricorso è fondato.

La questione in oggetto è già stata esaminata da questa Corte in controversia in tutto analoga (vedi Cass. sent. n. 26820 del 2008) e alla ivi espressa interpretazione del dato normativo il Collegio intende dare continuità, condividendo e facendo proprie le ragioni che vi danno fondamento.

Nell’occasione la Corte ha premesso che la domanda amministrativa di prestazione previdenziale – (anche) quando sia richiesta, a pena di improponibilità della domanda giudiziaria – assolve la "mera funzione di atto di avvio della procedura di liquidazione, che l’ente pubblico è tenuto ad espletare", con la conseguenza (vedi, per tutte, Cass. n. 20892/2007, n. 3745/2002) che non è necessaria una nuova domanda per ottenere la riliquidazione della stessa prestazione, nell’ipotesi in cui la domanda, precedentemente proposta, risulti idonea a fare conoscere all’ente i presupposti per averne diritto, quali il fatto fondante e la volontà di conseguirne il riconoscimento.

A questo principio – ha proseguito la sentenza citata – deve farsi riferimento ai fini della riliquidazione della pensione di reversibilità con il computo della contribuzione successiva alla decorrenza della pensione diretta corrispondente, allorchè il de cuius non abbia maturato il diritto al supplemento di tale pensione, o comunque, non abbia presentato la relativa domanda amministrativa.

Ciò per la decisiva ragione che la L. n. 1338 del 1962, art. 4 – norma che disciplina sia il diritto del titolare della pensione diretta ai supplementi (richiedendo a tal fine che ne sia fatta esplicita domanda) sia il diritto dei superstiti a vedersi computare, ai fini della misura della loro pensione, i supplementi in questione, ovvero i contributi accreditati o versati dal de cuius che non ne abbia fatto richiesta prima della morte – dispone (comma 6) che, in caso di morte del pensionato, sono computati – ai fini della misura della pensione ai superstiti – non solo i supplementi maturati dal de cuius sulla pensione diretta corrispondente ma anche i contributi (versati o accreditati dopo la decorrenza della stessa pensione diretta) "qualora il pensionato non abbia fatto richiesta dei supplementi prima della morte".

Ne risulta, quindi, esplicitamente stabilita la equiparazione – ai fini, appunto, della misura della pensione di reversibilità – tra supplementi già maturati (e richiesti dal de cuius sulla pensione diretta corrispondente) e contributi che, in difetto di domanda del de cuius, non abbiano dato luogo alla maturazione del diritto a supplementi in parola.

Coerentemente, la domanda amministrativa di pensione di reversibilità deve ritenersi inclusiva – in dipendenza, appunto, della prospettata equiparazione ex lege – della domanda di computo della contribuzione successiva al pensionamento del titolare della pensione diretta, ancorchè detta contribuzione non abbia dato luogo (com’è pacifico nella controversia qui in esame) alla maturazione del diritto a supplementi della stessa pensione diretta.

Tutto ciò considerato va (ri)affermato il seguente principio di diritto" In tema di riliquidazione di pensione di reversibilità, con riferimento sia ai supplementi maturati sulla pensione diretta, sia ai contributi versati o accreditati dopo la decorrenza della pensione diretta, la domanda amministrativa di pensione di reversibilità è inclusiva della domanda di computo della contribuzione successiva al pensionamento del de cuius nella base di calcolo della pensione di reversibilità richiesta, ancorchè la contribuzione stessa non abbia dato luogo alla maturazione del diritto a supplementi della pensione diretta corrispondente, attesa l’equiparazione ex lege tra supplementi, già maturati sulla pensione diretta corrispondente, e contributi che, in difetto di domanda del de cuius, non abbiano dato luogo alla maturazione del diritto a supplementi della stessa pensione diretta".

Tanto basta per ritenere proponibile la domanda giudiziaria dell’odierna ricorrente – volta ad ottenere la riliquidazione della propria pensione di reversibilità, in dipendenza del computo, nella base di calcolo della pensione stessa, di contribuzione successiva al pensionamento del proprio dante causa e per accogliere, di conseguenza, il ricorso, che censura, appunto, la decisione, di segno contrario, di cui alla sentenza impugnata.

Per l’effetto tale sentenza va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa è decisa direttamente nel merito da questa Corte (art. 384 c.p.c.) nel senso dell’accoglimento della domanda di cui al ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.

In ragione della soccombenza l’INPS è condannato al pagamento, in favore della odierna ricorrente, delle spese dei giudizi di merito e di cassazione, liquidate come in dispositivo e distratte a favore dei difensori della ricorrente medesima, dichiaratisi antistatari.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie la domanda di cui al ricorso introduttivo del giudizio di primo grado. Condanna l’INPS al pagamento in favore della ricorrente delle spese dei giudizi di merito liquidate, per il primo grado, in complessivi Euro 800,00 (di cui Euro 300,00 per diritti ed Euro 500,00 per onorari) e, per il grado di appello in complessivi Euro 1.100,00 (di cui Euro 300,00 per diritti ed Euro 800,00 per onorari), oltre che alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 23,00 per esborsi e in Euro 2000,00 per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A. in relazione a tutte le liquidazioni predette; spese tutte da distrarsi a favore dei difensori della ricorrente medesima, dichiarati si antistatari.

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