Cons. Stato Sez. V, Sent., 06-05-2011, n. 2719 Atti amministrativi diritto di accesso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

– che il dott. M., con istanza del 29 aprile 2010, ha inviato al Dipartimento organizzazione e personale della Regione Calabria istanza di accesso ad alcuni documenti concernenti la dott.ssa F. T., dirigente incaricata per gli anni 2007 e 2008(schede di valutazione, istanza per tentativo di conciliazione inerente la pretesa risarcitoria per mobbing, osservazioni presentate dalla regione Calabria, certificato medico del 15 luglio 1996), assumendone la necessità per la propria difesa nel giudizio intrapreso nei suoi confronti dalla medesima per mobbing;

– che la Regione ha opposto un parziale diniego, ammettendo la visione e l’estrazione di copia delle sole schede di valutazione e della certificazione medica, con oscuramento della parte contenente la diagnosi a garanzia dei dati "ultrasensibili";

che hanno quindi proposto ricorso sia il dott. M., sostenendo la necessità di accesso anche ai documenti ed alle parti di documenti sottratti, in quanto necessari alla difesa dei propri interessi in giudizio, sia la dott.ssa T.;

– che il Tar, con la sentenza n. 2598/2010, ha accolto il ricorso del M., ordinando alla Regione Calabria di consentire al ricorrente di accedere ai documenti di cui all’istanza 29 aprile 2010, mentre, con la sentenza n. 2595/2010, ha respinto il ricorso della T., assumendo l’utilità della documentazione resa accessibile alla difesa nel giudizio pendente;

– che impugna entrambe le sentenze la dott.ssa T., con separati appelli, trattenuti in decisione all’udienza del 1° marzo 2011.

Considerato:

Preliminarmente, il Collegio procede alla riunione degli appelli in quanto connessi soggettivamente ed oggettivamente.

La controversia ha ad oggetto il provvedimento con cui, sull’istanza proposta dal dott. M. di accesso alla documentazione inerente la posizione della dott.ssa T. (schede di valutazione, istanza proposta per il tentativo di conciliazione nei confronti della Regione, osservazioni presentate dalla Regione Calabria, certificato medico del 15 luglio 1996 attestante infermità della T.), il Dipartimento Organizzazione e personale ha consentito di prendere visione ed estrarre copia delle sole schede di valutazione dei risultati ottenuti e del certificato medico, con oscuramento della parte relativa alla diagnosi.

Il Tar Calabria, adito sia dal dott. M. che dalla dott.ssa T., per quanto di rispettivo interesse, ha disposto l’accesso all’intera documentazione richiesta sul rilievo dell’utilità per la difesa in giudizio degli interessi del dott. M., accogliendo il suo ricorso e respingendo quello della dott.ssa T..

Degli appelli proposti dall’interessata, il Collegio ritiene fondato quello rivolto avverso la sentenza n. 2598/2010 di integrale accoglimento del ricorso del M..

Assorbenti sono invero il quarto ed il quinto motivo, con cui si deduce la violazione degli articoli 24 comma 7 L. n. 241/1990 e dell’art. 60 d. lgs. 30.6.2003, n. 196. Erroneamente il Tar avrebbe considerato funzionale alla difesa in giudizio l’acquisizione dell’istanza di conciliazione e delle osservazioni della Regione nonché la diagnosi della malattia risalente al 1996,contenendo detti atti dati ipersensibili relativi alle condizioni di salute della dipendente e non essendo dimostrato che tale conoscenza fosse strettamente indispensabile ai fini indicati dal primo giudice.

Ai sensi del comma 7 dell’art. 24 L. n. 241/1990 "Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall’art. 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale".

L’art. 60 prevede che la situazione giuridica che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi sia di rango almeno pari ai diritti dell’interessato, ovvero consista in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale o inviolabile.

Secondo un consolidato orientamento (Cons. Stato, Sez. VI, 27 ottobre 2006, n. 6440, Sez. IV, 6 maggio 2010, n. 2639), il bilanciamento cui fa richiamo la norma deve avvenire verificando se il diritto che si intende far valere o difendere attraverso l’accesso è di rango almeno pari a quello alla riservatezza. La prova del "rango" dell’interesse sotteso all’istanza di accesso grava sul richiedente, giacchè la divulgazione è di per sé lesiva di un bene primario, salvo che non vi si contrapponga un interesse altrettanto meritevole di tutela (Cons. St. Sez. VI, 9.maggio 2002, n. 2542).

Nella specie, sia l’appellato, con la propria istanza, sia il primo giudice hanno assunto una generica utilità difensiva dei documenti sottratti all’accesso contenenti riferimenti a lesioni psico- fisiche (istanza di conciliazione ed osservazioni della Regione) ed alla diagnosi di malattia (oscurata nella certificazione medica), mentre lo stesso interesse difensivo, per quanto attiene alla dimostrazione dei comportamenti non cooperativi della dipendente ed al suo inserimento nel contesto lavorativo, è stato pienamente soddisfatto attraverso il consentito accesso alle schede di valutazione.

Pertanto, in mancanza della dimostrazione dell’utilità difensiva della documentazione riguardante le condizioni di salute della dipendente e della sua inerenza al giudizio pendente, non si ravvisano i presupposti atti a superare il diritto alla riservatezza.

La preminenza del diritto alla riservatezza dei dati connessi allo stato di salute è peraltro ora confermata dalla disposizione di cui al comma 3bis,aggiunto dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 14 della legge 4 novembre 2010, n. 183, che dispone che non sono ostensibili dall’amministrazione di appartenenza, se non nei casi previsti dalla legge, le notizie concernenti la natura delle infermità e le componenti della valutazione o quelle concernenti il rapporto di lavoro tra il dipendente e l’amministrazione, idonee a rivelare le informazioni di cui all’art. 4, comma 1 lett. d) del d. lgs. n.196/2003, tra cui lo stato di salute.

Mentre è nella sede processuale che trovano composizione le diverse esigenze (di tutela della riservatezza e di corretta esecuzione del processo), dovendosi riconoscere alle disposizioni che regolano il processo natura speciale rispetto a quelle contenute nel codice della privacy (Cass SS.UU. 8 febbraio 2011, n. 3034).

E’ invece da respingere l’appello proposto dalla stessa T. avverso la sentenza n.2595/2010 con cui è stato respinto il suo ricorso avverso il medesimo provvedimento, poiché:

– avendo il giudizio di accesso per oggetto la verifica della spettanza o meno del diritto, più che la verifica di vizi di legittimità dell’atto amministrativo,anche sotto il profilo della sufficienza della motivazione, il giudice deve verificare se sussistono o meno i presupposti per l’accesso e non incorre in vizio di ultrapetizione anche quando pervenga ad un ampliamento degli argomenti contenuti nel provvedimento impugnato (Cons. St. Sez. VI, 12.1.2011, n.117);

– l’oscuramento della diagnosi del certificato medico disposta dall’amministrazione soddisfa le esigenze di riservatezza tutelate dall’art. 60 d.lgs. n. 196/2003;

– l’ostensione delle schede valutative, non contenendo dati riferibili alle condizioni di salute della dipendente, è giustificata dalla strumentalità dell’accesso a fini difensivi;

– l’art.30 d. lgs. n. 196/2003 non impone alcun obbligo di designare nell’atto di accoglimento dell’istanza di accesso la persona incaricata delle relative operazioni, limitandosi a disporre che il trattamento di dati personali è effettuato solo da incaricato designato per iscritto.

L’accoglimento dell’appello rubricato con il n. R.G. 9077/2010 ed il rigetto di quello rubricato con il n.R.G. 9078/2010 comportano il rigetto dell’originario ricorso del dott. M. e la conferma della reiezione di quello della dott.ssa T..

Sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, così dispone:

– riunisce gli appelli;

– accoglie l’appello rubricato con il n. R.G. 9077/2010 e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, respinge il ricorso del dott. Giuseppe M.;

– rigetta l’appello rubricato con il n.R.G. 9078/2010 e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado.

Spese compensate

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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