T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. II, Sent., 06-05-2011, n. 651 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il presente ricorso (eccependo la nullità in parte qua del titolo) si contesta il computo del costo di costruzione e degli oneri di urbanizzazione del permesso di costruire per la realizzazione di un capannone industriale con destinazione in parte a deposito e in parte ad attività commerciale.

In sostanza il ricorrente afferma di non dover pagare alcun costo di costruzione per il deposito, in quanto l’art. 19 del d.p.r. n. 380/20001 disciplina il costo di costruzione in relazione ad impianti destinati ad attività commerciali (mentre il deposito servirebbe per lo svolgimento di attività artigianale).

Contesta, inoltre, la deliberazione di Giunta Municipale n. 55 del 6 giugno 2002 (di cui chiede la disapplicazione, ovvero accertarsi la nullità), con cui si è deliberato l’aumento dell’aliquota per la determinazione del costo di costruzione (al 5%) per le attività industriali e artigianali, in quanto il citato art. 19 non prevede il pagamento di alcun costo di costruzione per impianti di questo genere. In ogni caso, secondo il ricorrente l’imposta dovrebbe essere decurtata del 20% (per avere egli realizzato impianti di utilizzazione di energia solare).

Inoltre, il ricorrente osserva che nell’originaria convenzione di lottizzazione era previsto un indice volumetrico pari a 2,5 mc/mq, mentre, in seguito all’introduzione di nuovi parametri, è stato previsto un indice di 4,80 mc/mq. Ma, poiché all’aumento dell’indice volumetrico non ha fatto seguito un aumento nelle opere di urbanizzazione, il Comune, secondo il ricorrente non potrebbe ora pretendere di applicare il nuovo indice volumetrico al fine di richiedere maggiori oneri di urbanizzazione.

Con motivi aggiunti è stata, poi, impugnata la delibera n. 20 del 9 marzo 2009 della Giunta Municipale, con cui è stato attivato il procedimento per la realizzazione di opere di urbanizzazione ulteriori rispetto a quelle previste nella convenzione di lottizzazione.

Con i motivi aggiunti il ricorrente lamenta "eccesso di potere per manifesta illogicità", osservando che: a) la decisione di realizzare opere di urbanizzazione dimostra l’infondatezza della richiesta di cui al permesso di costruire; b) le maggiori opere di urbanizzazione di cui alla citata delibera n. 20 del 9 marzo 2009 risultano di difficile realizzazione in quanto l’area è già urbanizzata; c) il Comune, all’atto della variazione dell’aumento volumetrico delle costruzioni, non ha deliberato alcuna variazione degli standard previsti nel PIP; d) nella specie, trattandosi di area agricola (e non di area destinata ad edilizia residenziale) e non essendosi verificata una più gravosa destinazione d’uso della zona, non sussiste alcun fondamento per l’aumento dei relativi carichi.

Il Comune, costituitosi in giudizio, eccepisce l’irricevibilità del gravame e, in subordine, sollecita il suo rigetto nel merito.

In particolare, l’Amministrazione Municipale osserva che: a) il ricorrente non ha tempestivamente impugnato la delibera di Giunta n. 55/2002; b) l’art. 19 d.p.r. n. 380/2001 stabilisce un’esenzione che è di stretta interpretazione (Cons. St., V, n. 1512/1998); c) non risulta applicabile la riduzione del 20% di cui alla delibera n. 45/1982 per la realizzazione di impianti di utilizzo di energia solare, sia perché il ricorrente non ha dimostrato l’effettiva realizzazione di tali impianti, sia perché la riduzione di applica solo ai locali con destinazione direzionale, turistica o commerciale; d) nel caso di specie il deposito è annesso ai locali commerciali e non vi è alcuna attività industriale all’interno dell’area di cui si tratta; e) gli oneri di urbanizzazione devono essere determinati con riferimento al momento di rilascio del titolo e in base alla natura dell’edificio (Cons. St., V, n. 752/1994); f) dopo la lottizzazione è intervenuto un aumento della volumetria realizzabile sull’area a seguito di variante al Piano di Fabbricazione (adottata con delibera del Consiglio Comunale n. 16/2004 e approvata dalla Regione con decreto n. 2188/2005); g) il Comune ha legittimamente esercitato il proprio potere di pianificazione e il ricorrente, tra l’altro, ha prestato acquiescenza, ottenendo il titolo di cui si discute, h) l’Amministrazione non può modificare unilateralmente le convenzioni di lottizzazioni, ma può adottare una variante allo strumento urbanistico che renda impossibile l’attuazione della convenzione di lottizzazione nei termini e con le modalità originariamente definite (Cons. St.,, IV, n. 3356/2008); i) il ricorso per motivi aggiunti è inammissibile per carenza di interesse.

Nella pubblica udienza del 5 maggio 2010, sentiti i difensori delle parti, come indicato in verbale, il ricorso è stato, quindi, trattenuto in decisione.

Il ricorso è infondato e, può, quindi, prescindersi da ogni ulteriore rilievo, nonché dall’esame delle eccezioni di rito sollevate dal Comune resistente.

Deve premettersi che con la convenzione di lottizzazione del 9 febbraio 2004 è stata disciplinata l’edificazione dell’area in questione, ponendo a carico del lottizzante e dei suoi aventi causa gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, quantificati in Euro 3,79 mc e determinati dall’applicazione dell’indice 2,5 alla superficie territoriale di mq 69.334.

In data 5 agosto 2004 il Consiglio Comunale ha adottato una variante al Piano di Fabbricazione, approvata dalla Regione con decreto n. 2188 del 25 febbraio 2005, con cui si è stabilità una modifica percentuale del rapporto di copertura e dell’altezza massima, tale da determinare un aumento dell’indice volumetrico realizzabile.

Con permesso edilizio n. 17 del 26 luglio 2006 il ricorrente è stato autorizzato all’edificazione del capannone di cui si tratta, secondo i più favorevoli indici volumetrici di cui alla variante del Piano di Fabbricazione, con conseguente determinazione dei costi e degli oneri in base alla maggiore volumetria.

In buona sostanza, il ricorrente, dopo aver beneficiato del maggiore indice volumetrico di cui alla variante, sembra ritenere illegittimo che gli oneri siano stati commisurati al maggior indice volumetrico di cui egli stesso ha beneficiato.

La doglianza del ricorrente non può essere condivisa.

L’esistenza di una convenzione di lottizzazione non preclude, come esattamente rilevato dal Comune resistente, ogni ulteriore pianificazione urbanistica, tantomeno quando essa si traduca in un beneficio per il lottizzante, abilitato, in base alle nuove previsioni dello strumento urbanistico, a un intervento implicante un maggior carico volumetrico.

E’ evidente, peraltro, che al maggior carico volumetrico conseguono maggiori costi di costruzione e oneri di urbanizzazione, in quanto tali oneri sono obiettivamente commisurati all’incidenza effettiva dell’intervento a livello edilizio e urbanistico, di talché il loro effettivo importo non può farsi dipendere da una presunta negoziazione intervenuta fra le parti in occasione della convenzione di lottizzazione (alla quale, ad ogni buon conto, non può che applicarsi il principio "rebus sic stantibus").

Tanto premesso, va ulteriormente osservato che: a) l’art. 19, primo comma, d.p.r. n. 380/20001 contempla alcuni benefici in relazione a costruzioni e impianti destinati ad attività industriali e artigianali dirette alla trasformazione di beni ed alla prestazione di servizi (primo comma) e a costruzioni o impianti destinati ad attività turistiche, commerciali, direzionali o allo svolgimento di servizi (secondo comma); b) non vi è prova che il deposito di cui si tratta sia stato – immediatamente – destinato ad attività artigianale diretta alla trasformazione di beni e alla prestazione di servizi o allo svolgimento di attività commerciale; c) il ricorrente non ha fornito prova in ordine all’effettiva realizzazione di impianti di utilizzazione dell’energia solare; d) l’Amministrazione ha effettivamente deliberato la realizzazione delle ulteriori opere di urbanizzazione (come risulta dalla delibera n. 20 del 9 marzo 2009, impugnata con motivi aggiunti); e) l’adozione della citata delibera n. 20 del 9 marzo 2009 non dimostra l’infondatezza della richiesta di cui al permesso di costruire, in quanto gli oneri di urbanizzazione non sono richiesti solo per le opere di urbanizzazione già realizzate, ma anche per quelle da realizzare; f) è priva di riscontro probatorio l’affermazione del ricorrente secondo cui le maggiori opere di urbanizzazione di cui alla citata delibera n. 20 del 9 marzo 2009 risultino di difficile realizzazione; g) come già indicato, il Comune non era tenuto a deliberare, contestualmente alla variazione dell’aumento volumetrico delle costruzioni, una corrispondete variazione degli standard previsti nel PIP, in quanto i costi di costruzione e gli oneri di urbanizzazione sono oggettivamente commisurati all’incidenza edilizia e urbanistica dell’intervento e la loro determinazione non è rimessa all’autonomia negoziale della parti interessate; h) l’aumento del carico volumetrico determina – inevitabilmente – una maggior carico edilizio e urbanistico e impone, conseguentemente, un aumento dei relativi oneri a carico degli interessati.

Per le considerazioni che precedono il presente ricorso deve essere rigettato.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

1) rigetta il ricorso in epigrafe;

2) condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore del Comune di Zumpano, liquidate in complessivi Euro 1.950,00, oltre accessori di legge se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *