Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 24-02-2011) 05-05-2011, n. 17686

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v. Lepre Salvatore, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo

Con il provvedimento impugnato veniva confermata l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli in data 10.10.2010, con la quale veniva applicata nei confronti di S.M. la misura cautelare della custodia in carcere per il reato di cui agli artt. 319 e 321, commesso dall’ (OMISSIS) quale appartenente al Dipartimento di Polizia Locale di (OMISSIS) facendosi dare o promettere somme di denaro o altre utilità da T.G., V.R., D.S. A., D.A.A. e Sa.Gi. al fine di omettere o ritardate i controlli presso cantieri edili impegnati nella realizzazione di opere abusive, affidati alla ditta del Sa. previo pagamento di somme versate al T. quale esponente dell’associazione di tipo mafioso denominata clan Lo Russo.

Il ricorrente deduce:

1. mancanza ed illogicità della motivazione sulla sussistenza dei gravi indizi;

2. violazione di legge ed omessa motivazione sulla ravvisabilità nei confronti dello S. dell’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7.
Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso, relativo alla sussistenza dei gravi indizi, è infondato.

Il ricorrente rileva l’omessa considerazione da parte del Tribunale della mancanza di richiami alle condotte corruttive nelle telefonate che vedono lo S. quale diretto interlocutore e del contenuto della conversazione del 3.1.2006 nella quale il V. e l’ A. indicavano nel P. e nel Pe. coloro che "avevano fatto gli sporchi" e di altre nelle quali, in relazione ad inaspettati controlli ai cantieri, gli interlocutori facevano riferimento al P. come colui che avrebbe dovuto intervenire.

Il Tribunale motivava tuttavia congruamente sulla rilevanza dei riferimenti alla persona dello S. in conversazioni svoltesi fra il D.A. ed il V. e fra costoro e gli agenti della Polizia municipale P. e Pe., aventi ad oggetto le condotte corruttive, e sull’univocità degli stessi, in quanto insuscettibili di diversa significazione, in termini di coinvolgimento del ricorrente in dette attività; aggiungendo peraltro, a sostegno di tale argomentazione, il richiamo ad una conversazione del 16.12.2005 nella quale il V. e il D. A. parlavano dello S. come persona con cui il D. A. si riprometteva di parlare per un controllo in corso in un cantiere in (OMISSIS), associando l’indagato ad un contesto strettamente inerente l’oggetto degli accordi delittuosi.

Quanto poi alla conversazione del 3.1.2006 indicata specificamente nel ricorso, la stessa non era affatto trascurata nella motivazione del provvedimento impugnato, ma veniva interpretata, con argomentazione tutt’altro che illogica, come riferita ad atteggiamenti di avidità del P. e del Pe. nell’ambito dei patti illeciti, e non di attribuzione esclusiva agli stessi dell’attività illecita; non senza considerare che nella stessa motivazione si faceva comunque riferimento ad un passaggio della conversazione nel quale si manifestava la necessità di parlare della questione con lo S., evidenziando comunque un ruolo partecipativo del predetto nella vicenda delittuosa.

2. Infondato è altresì il secondo motivo di ricorso, relativo alla ravvisabilità nei confronti dello S. dell’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7.

Il ricorrente discute la natura oggettiva dell’aggravante, posta dal Tribunale a base della conclusione in termini di estensione della stessa a tutti i concorrenti nel reato, che ritiene viceversa connotata da una dimensione finalistica e quindi soggettiva; e lamenta l’omessa valutazione della effettiva idoneità della condotta attribuita allo S. a favorire l’organizzazione camorristica e della consapevolezza nell’indagato del coinvolgimento del clan Lo Russo, attesa la mancanza di contatti diretti fra lo S. ed il T..

Premesso che la circostanza aggravante in discussione è delineata normativamente nelle due diverse forme della finalità della finalità di agevolazione delle attività dell’associazione mafiosa e dell’adozione del metodo mafioso, la dimensione oggettiva di entrambe le manifestazioni dell’aggravante è stata riconosciuta sulla base della loro comune riconducibilità alle modalità della condotta (Sez. 6, n. 19802 del 22.1.2009, imp. Napolitano, Rv. 244261);

rimanendo superato il diverso e peraltro meramente incidentale riferimento giurisprudenziale citato nella memoria difensiva oggi prodotta (Sez. 2, n. 35266 del 13.6.2007, imp. Ferrigno, Rv. 237849).

A prescindere da ciò, il menzionato riferimento ha comunque oggetto limitato alla fattispecie circostanziale della finalità di agevolare l’attività mafiosa; mentre nel caso in esame viene addebitato anche l’aver agito con metodo mafioso, ipotesi la cui natura oggettiva è assolutamente indiscussa.

Il provvedimento impugnato motivava peraltro adeguatamente sulla consapevolezza in capo all’indagato della destinazione all’associazione mafiosa dei vantaggi delle condotte criminose, desumendola senza manifeste illogicità dalla sistematicità dell’attività corruttiva e dalla costante presenza del T. nella vicenda.

Il ricorso deve in conclusione essere rigettato, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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