Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 24-02-2011) 05-05-2011, n. 17414 Revoca e sostituzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Provvedimento impugnato e motivi del ricorso – Con l’ordinanza qui impugnata, il Tribunale per il Riesame ha respinto l’appello che l’imputata aveva proposto contro la reiezione, da parte del Tribunale, di una istanza di "revoca-sostituzione" della misura cautelare in carcere (cui l’imputato era sottopoto – all’atto del gravame – da 11 mesi) perchè accusato di avere commesso violenza sessuale e furto in danno di una conoscente che, come lui, viveva sotto un passante ferroviario.

Avverso tale decisione, l’imputato ha proposto ricorso deducendo:

1) violazione di legge ( art. 606 c.p.p., lett. c)) per illogicità di una motivazione che, pur partendo dalla considerazione del dato obiettivo che, in sede di giudizio di primo grado, i fatti erano stati qualificati nell’ottica dell’attenuante di cui all’art. 609 c.p., comma 3, conclude, pur tuttavia, con il rilievo che ciò non basta a giustificare un ridimensionamento della misura cautelare;

2) violazione di legge ( art. 606 c.p.p., lett. c) in rel. all’art. 274 c.p.p.) perchè il pericolo di reiterazione deve essere motivato con dati obiettivi che inducano a ritenere la concretezza e la attualità del pericolo stesso. Nella specie, invece, il Tribunale si è rifatto a due precedenti modesti e risalenti nel tempo nonchè alla condizione di "marginalità sociale" nella quale l’imputato vive sebbene tale dato sia del tutto equivoco;

3) contraddittorietà di una motivazione che prende le mosse da un obiettivo ridimensionamento del fatto per poi concludere con una conferma della misura più grave;

4) violazione di legge ed illogicità della motivazione con riferimento al fatto che una misura cautelare deve essere graduata in funzione delle esigenze processuali. Pertanto, poichè l’esito del giudizio di primo grado era stato un ridimensionamento dei fatti non si sarebbe giustificata la protrazione della misura cautelare più grave e la motivazione sul punto da parte del Tribunale per il Riesame (riferimento alle condizioni degradate di vita dell’imputato) non sarebbe idonea.

Il ricorrente conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

2. Motivi della decisione.

Il ricorso è manifestamente infondato e, come tale, inammissibile.

A prescindere dalla diversa qualificazione loro data, i diversi motivi sono tutti accomunati dal fatto di puntare a censurare la motivazione del provvedimento di cui non si condividono i contenuti.

Ciò comporta che, semmai, il vizio denunciato è – sempre, e soltanto – quello di manifesta illogicità o contraddittorietà, non certo violazione di legge che, come noto, ricorre, solo nel caso di mancanza assoluta di motivazione ovvero in presenza di motivazione meramente apparente (sez. u, 28.1.04, Bevilacqua, n. 58z, Rv.

226710).

Se dunque, i vizi che si intendono qui denunciare sono solo quelli previsti dall’art. 606 c.p.p., lett. e), deve anche conseguire una delimitazione dei poteri di controllo di questa S.C. cui compete certamente verificare che i giudici di merito abbiano tenuto conto di tutte le emergenze in atti e che le abbiano valutate secondo i parametri della logica ed in modo non contraddittorio, ma non spetta certo "la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito" (ex multis Sez. 1^, 27.9.07, Formis, Rv. 237863; Sez. 2^ 11.1.07, Messina, Rv. 235716).

A tale stregua, deve dirsi, in primo luogo, che i motivi di gravame possono e devono essere esaminati congiuntamente perchè formulano la stessa censura (e, per di più, il primo ed il terzo motivo sono del tutto sovrapponigli) e, secondariamente, che il provvedimento qui impugnato si sottrae a qualsiasi censura.

La stessa nozione di contraddittorietà viene evocata dal ricorrente in modo non appropriato. Essa, infatti, (configurata dalla L. n. 46 del 2006 come motivo autonomo e non più come una spetto dell’illogicità) si sostanzia "nell’incompatibilità tra l’informazione posta alla base del provvedimento impugnato e quella, sul medesimo punto, esistente negli atti processualì (Sez. 3^, 21.11.08, campanella, 243247). Pertanto, nella specie, l’accertato "ridimensionamento" del fatto grazie alla sua riconduzione nell’alveo del terzo comma non impediva logicamente ai giudici del Tribunale di portare avanti il ragionamento nei termini qui contestati.

Ed infatti, l’operatività dell’attenuante svolge – ed ha svolto – sicuramente i propri effetti sul piano sanzionatorio ma diverse possono essere le conseguenze su un piano prognostico. A prescindere dal rilievo che il Tribunale per il Riesame si è trovato a pronunciare in presenza del solo dispositivo (ignorando, perciò gli argomenti posti a fondamento dell’attenuante), sicuramente fondata e logica è l’osservazione dei giudici che la pur diversa, ed attenuante, qualificazione giuridica non ha impedito che "la pena complessivamente irrogata non è stata, pur tuttavia, contenuta intorno ai minimi editali".

Quanto al periodo custodiate già sofferto, altrettanto corretto è il rilievo che la custodia cautelare patita sino a quel momento, oltre ad essere ricompresa nei margini previsti, era inferiore di 1/3 rispetto alla pena inflitta.

Il che vale a dire, in primo luogo, che il periodo trascorso dall’inizio della custodia non era particolarmente lungo senza tralasciare di osservare, comunque, che nella giurisprudenza di questa S.C., in tema di durata della custodia cautelare, è stato sempre affermato che "il mero decorso del tempo non è elemento rilevante perchè la sua valenza si esaurisce nell’ambito della disciplina dei termini di durata massima della custodia stessa, e quindi necessita di essere considerato unitamente ad altri elementi idonei a suffragare la tesi dell’affievolimento delle esigenze cautelari" (sez. n 8.11.07, Lombardo, Rv. 238518).

Nel caso di specie, come detto, l’unico "altro elemento" valorizzato dal ricorrente era costituito dal riconoscimento della attenuante speciale della cui rilevanza si è detto.

Ma il provvedimento impugnato è ineccepibile anche perchè, oltre a replicare puntualmente agli argomenti che qui sono riproposti, si diffonde nel sottolineare le peculiarità del fatto (commesso in danno di altra persona costretta come l’imputato a vivere in precarie condizioni sotto un cavalcavia ferroviario) sì che una rimessione in libertà pura e semplice dell’imputato avrebbe di fatto ripristinato condizioni di vita molto difficili ed agevolatrici di una reitera.

Ad abundantiam – sotto il profilo della richiesta subordinata di semplice sostituzione della custodia in carcere con altra misura meno gravosa – si fa anche notare la genericità della stessa istanza di "sostituzione" priva, cioè, alcuna indicazione specifica di luoghi di domicilio eventualmente valutabili.

Alla presente declaratoria di inammissibilità, seguono, per legge ( art. 616 c.p.p.), la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento, a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000, nonchè la comunicazione, ex art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, alle autorità penitenziarie.
P.Q.M.

Visti gli artt. 637 e ss. c.p.p.;

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 Euro;

Visto l’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter;

ordina che a cura della cancelleria, sia trasmessa copia del presente provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario competente per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 bis.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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