T.A.R. Veneto Venezia Sez. II, Sent., 06-05-2011, n. 783 Costruzioni abusive Piano di lottizzazione convenzionato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A. La S.I.I.T. S.a.s. ha presentato, in data 17 settembre 2009, un’istanza volta a sollecitare l’approvazione di un piano di lottizzazione da realizzare nel Comune di San Michele al Tagliamento.

B. Occorre premettere che la maggior parte delle aree ricomprese nel progetto suddetto hanno costituito oggetto di confisca disposta dal Pretore di Portogruaro in esito ad un procedimento penale concernente una lottizzazione abusiva e tale sentenza è stata confermata, sul punto, sia dal giudice d’appello sia dalla Corte di Cassazione.

C. Già nel 2002 la S.I.I.T. S.a.s. ritenendo, comunque, di essere legittimata alla presentazione del piano di lottizzazione aveva avanzato apposita domanda all’amministrazione comunale; secondo quanto rappresentato dalla difesa della suddetta società tale istanza era giustificata sia dalle modifiche medio tempore apportate alla disciplina urbanistica delle aree interessate dall’intervento sia dall’ordinanza adottata dalla Corte d’Appello di Venezia (giudice dell’esecuzione della sentenza penale) con la quale era stata rigettata la domanda di revoca della confisca, possibile solo nell’ipotesi di approvazione del piano di lottizzazione da parte dell’amministrazione comunale.

L’istanza di approvazione del Piano è stata, tuttavia, rigettata con provvedimento dirigenziale; tale provvedimento è stato annullato da questo Tribunale nel 2003 a motivo dell’incompetenza del dirigente all’adozione di atto riservato al Consiglio Comunale.

D. La S.I.I.T. S.a.s. ha, dunque, agito per l’esecuzione del giudicato. Con sentenza n. 3352/07 questo Tribunale ha accolto il ricorso e, dunque, affermato l’obbligo dell’amministrazione di rideterminarsi in ordine alla proposta di piano di lottizzazione presentata dalla ricorrente.

E. L’amministrazione comunale ha, dunque, riavviato il procedimento e, a seguito della reiterazione, in data 17 settembre 2009, della domanda di approvazione del piano, la Giunta municipale ha adottato la deliberazione con la quale ha rigettato l’istanza ritenendola "non conforme alla disposizione della norma di cui alla legge (regionale) 11/2004 art. 20 comma 6, in quanto la società S.I.I.T. non dispone di almeno il 51% del valore degli immobili ricompresi nell’ambito, in base al relativo imponibile catastale e che comunque rappresentino almeno il 75% delle aree inserite nell’ambito medesimo".

F. La S.I.I.T. ha proposto il ricorso introduttivo del presente giudizio chiedendo l’annullamento della suddetta deliberazione comunale, previa sospensione dell’esecuzione.

G. Le deduzioni di parte ricorrente si appuntano sul travisamento dei fatti in cui sarebbe incorsa l’amministrazione; la difesa della ricorrente, infatti, contesta, in primo luogo, la correttezza dell’assunto alla base della deliberazione gravata secondo cui la S.I.I.T. non avrebbe la disponibilità di almeno il 50% del valore degli immobili compresi nel piano di lottizzazione. Tale travisamento sarebbe reso evidente dalla circostanza che la società ricorrente ha acquisito la disponibilità di altre aree in proprietà di privati. Anche a prescindere da tale acquisizione, la difesa della ricorrente sostiene che le aree confiscate non avrebbero dovuto essere considerate al fine di escludere la sussistenza dei presupposti richiesti per la presentazione della domanda di approvazione del piano de quo, dovendosi desumere dalle statuizioni contenute nella sentenza resa in esito al giudizio di ottemperanza che proprio l’approvazione della proposta potrebbe incidere sulla revoca della confisca. Su tali basi, dunque, la difesa della ricorrente ha dedotto anche la nullità della deliberazione ai sensi dell’art. 21 septies della l. n. 241 del 1990 in quanto con tale deliberazione l’amministrazione non avrebbe dato puntuale esecuzione alla sentenza resa da questo Tribunale in esito al giudizio di ottemperanza. In altri termini la difesa della ricorrente, dopo aver richiesto l’annullamento della deliberazione, previa sospensione della sua esecuzione, ha chiesto anche l’accertamento della nullità di tale provvedimento in quanto elusivo del giudicato e l’adozione "dei provvedimenti idonei ad assicurare comunque l’ottemperanza dell’ottemperanza".

H. Il Comune di San Michele al Tagliamento si è costituito in giudizio per resistere al gravame concludendo per la reiezione dello stesso in quanto irricevibile, inammissibile, improcedibile e comunque infondato.

I. Con ordinanza n. 318 del 19 maggio 2010 questa Sezione ha rigettato la domanda cautelare ritenendo carente il requisito del fumus, non avendo la ricorrente fornito alcun elemento idoneo a comprovare la sussistenza dei presupposti prescritti dall’art. 20, comma 6 della l. n. 11 del 2004.

L. All’udienza del 9 marzo 2011 i difensori comparsi hanno ribadito le rispettive conclusioni, dopo di che la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va rigettato.

Ai sensi dell’art. 20, comma 6 della l.r. n. 11 del 2004 i "piani urbanistici attuativi di iniziativa privata sono redatti e presentati dagli aventi titolo che rappresentino almeno il 51% del valore degli immobili ricompresi nell’ambito, in base al relativo imponibile catastale e, comunque, che rappresentino almeno il 75% delle aree inserite nell’ambito medesimo".

La suddetta disposizione stabilisce, dunque, nel dettaglio i presupposti per la presentazione dei piani urbanistici attuativi di iniziativa privata.

Come evidenziato nella narrativa in fatto la società ricorrente già nel 2002 aveva presentato una domanda per l’approvazione del piano di lottizzazione ritenendo di averne titolo nonostante la confisca della maggior parte delle aree disposta dal giudice penale ed anche in considerazione delle modifiche alla zonizzazione approvate con il nuovo strumento urbanistico generale, con il quale le aree in argomento sono state destinate ad edilizia residenziale "balneare".

La suddetta domanda è stata negativamente riscontrata dall’amministrazione con provvedimento annullato da questo Tribunale nel 2003, a motivo dell’incompetenza del dirigente all’adozione di atto riservato al Consiglio Comunale.

Tale pronuncia è stata seguita, nel 2007, da un’ulteriore sentenza, resa in esito al giudizio di ottemperanza proposto dalla S.I.I.T., con la quale questo Tribunale ha affermato l’obbligo dell’amministrazione di rideterminarsi in ordine alla proposta di piano di lottizzazione presentata dalla ricorrente.

L’amministrazione ha, dunque, adottato la deliberazione gravata con la quale ha rigettato l’istanza proprio a motivo della mancanza dei presupposti prescritti dalla disposizione sopra richiamata.

La difesa della ricorrente contesta, in primis, la correttezza dell’assunto alla base della deliberazione, secondo cui la S.I.I.T. non avrebbe la disponibilità di almeno il 50% del valore degli immobili compresi nel piano di lottizzazione.

A tal fine adduce di aver acquisito la disponibilità di altre aree ("Rizzin" e "Moro") come, peraltro, sollecitato dalla stessa amministrazione comunale.

La sussistenza dei presupposti stabiliti dall’art. 20, comma 6 della l.r. n. 11 del 2004 è, tuttavia, solo asserita dalla difesa della ricorrente, la quale non ha fornito alcun elemento idoneo a comprovare che, attraverso l’acquisizione delle suddette aree, ha raggiunto la percentuale del "51% del valore degli immobili ricompresi nell’ambito" prescritta dalla normativa regionale.

Dalla documentazione versata in atti emerge, per contro, che la maggior parte delle aree interessate dall’intervento – e, segnatamente, quelle catastalmente censite al mappale 966 del foglio 48 ed al mappale n. 418 del foglio 49 – sono state confiscate e tale misura, disposta dal Pretore di Portogruaro in esito ad un procedimento penale concernente una lottizzazione abusiva, è stata confermata sia dal giudice d’appello sia dalla Corte di Cassazione.

Non è riscontrabile, dunque, alcun vizio di eccesso di potere per travisamento dei fatti, avendo l’amministrazione correttamente proceduto all’applicazione della normativa regionale che richiede per la presentazione di piani urbanistici attuativi ad iniziativa privata specifici presupposti.

Né, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa della ricorrente, l’amministrazione comunale avrebbe dovuto prescindere, nell’esaminare l’istanza di approvazione del piano de quo, da ogni considerazione in merito alle aree confiscate.

La difesa di parte ricorrente sostiene che tale vincolo sarebbe desumibile dalle statuizioni contenute nella sentenza resa da questo Tribunale in esito al giudizio di ottemperanza.

Il Collegio rileva, al contrario, che in nessun punto della suddetta pronuncia viene affermato il principio che la difesa della ricorrente pretende di desumere.

E’ opportuno rilevare, in primo luogo, che la suddetta pronuncia ha ad oggetto l’ottemperanza di una sentenza di questo Tribunale del 2003 con la quale è stato disposto, come sopra evidenziato, l’annullamento del provvedimento di rigetto della domanda di approvazione del piano presentata dalla ricorrente nel 2002, a motivo dell’incompetenza del dirigente all’adozione di atto riservato al Consiglio Comunale.

Quest’ultima decisione, dunque, si è limitata a rilevare il vizio di incompetenza con la conseguenza che, fermo l’obbligo del Consiglio Comunale, competente ai sensi della normativa regionale, di determinarsi in merito alla domanda presentata dalla società, non è scaturito, né poteva essere diversamente, alcun vincolo in ordine al contenuto della determinazione da assumere; in altri termini, la suddetta pronuncia non ha in alcun modo inibito la possibilità per l’amministrazione di provvedere nuovamente in modo analogo a quanto stabilito con il provvedimento annullato.

La sentenza di questa Sezione n. 3352 del 19 ottobre 2007, resa in esito al giudizio di ottemperanza,

afferma inequivocabilmente proprio quanto sopra esposto.

Con tale decisione, infatti, è stato affermato l’obbligo dell’amministrazione di rideterminarsi sulla domanda di approvazione del piano anche considerando, incidentalmente, che un eventuale approvazione avrebbe potuto costituire presupposto per la revoca della confisca dei terreni.

Da nessun passaggio della prefata sentenza emerge, neanche implicitamente, un obbligo dell’amministrazione comunale di prescindere, nella valutazione della domanda presentata dalla società, dalla situazione venutasi a determinare per effetto della misura disposta in sede penale.

Il Collegio sottolinea, per completezza di analisi, che il passaggio in giudicato della sentenza che ordina la confisca dei terreni abusivamente lottizzati determina ipso iure il trasferimento della proprietà dei beni confiscati al patrimonio indisponibile del Comune, recidendo ogni legame giuridico con i precedenti proprietari dei bene (cfr., ex multis, Cass. Pen., sez. III, 20 settembre 2007, n. 41075). Il Comune, dunque, diviene esclusivo titolare dei beni confiscati e di essi può disporre in piena autonomia nell’ambito della generale potestà di gestione del territorio ad esso affidata. La destinazione dell’area lottizzata all’edificazione da parte dei privati costituisce scelta discrezionale dell’amministrazione e gli atti che ne conseguono non si fondano su una inammissibile revoca della confisca giudiziale ma si sostanziano in ordinari negozi traslativi.

Le censure dedotte si palesano, quindi, infondate, avendo l’amministrazione legittimamente e correttamente operato, rilevando la mancanza dei presupposti legislativamente prescritti per la presentazione dei piani urbanistici attuativi di iniziativa privata e puntualmente ottemperato alle precedenti pronunce di questo Tribunale.

Per le considerazioni che precedono il ricorso va rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato lo rigetta.

Condanna la S.I.I.T. S.a.s. di B.V. & C. alla rifusione delle spese del giudizio in favore dell’amministrazione resistente, liquidandole complessivamente in Euro 3.000,00 di cui Euro 300,00 per spese anticipate ed il residuo per diritti ed onorari, oltre i.v.a. e c.p.a..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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