T.A.R. Veneto Venezia Sez. II, Sent., 06-05-2011, n. 778 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

astelletti per il ricorrente;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Nel 1986, D.B. presentò istanza di condono edilizio al Comune di Brenzone per alcuni abusi commessi nell’immobile, destinato ad albergo, di sua proprietà, e costituiti da: un manufatto con destinazione a magazzino e lavanderia; una costruzione all’interno della quale erano state ricavate tre stanze da letto con servizi igienici; un manufatto destinato a cantina e centrale termica.

Il condono è stato tuttavia negato con il provvedimento 7 luglio 1999, n. 6480, ed un mese dopo – ordinanza 5 agosto 1999, n. 60 – è stata disposta la demolizione delle opere.

2. La sanatoria è stata negata ex art 33 lett. a) e d) della l. 47/85: gli interventi in questione non sarebbero suscettibili di sanatoria poiché realizzati in area di rispetto cimiteriale, già ridotta al minimo consentito di m. 50.

3.1. Il provvedimento di diniego impugnato è anzitutto censurato per violazione dell’art. 7 l. 241/90: ma la censura è palesemente infondata, poiché la relativa comunicazione non è applicabile ai procedimenti ad istanza di parte, quale appunto la domanda di condono edilizio (così T.A.R. Liguria, I, 7 luglio 2004, n. 1078).

3.2. Analoga censura è rivolta contro l’ordine di demolizione, egualmente infondata, giacché, in ragione del loro contenuto rigidamente vincolato, "gli atti sanzionatori in materia edilizia, tra cui l’ordine di demolizione della costruzione abusiva, non devono essere preceduti dalla comunicazione d’avvio del relativo procedimento" (C.d.S., IV, 26 settembre 2008, n. 4659).

4.1. Di maggiore rilevo è la censura di violazione dell’art. 338 r.d. 27 luglio 1934, n. 1265.

4.2. Come visto, il condono è stato negato per l’esistenza di un vincolo d’inedificabilità (art. 33, I comma, lett. d l. 47/85) quale regolato dal precitato art. 338.

4.3. Questo prevede anzitutto (I comma) che "I cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge"(I comma): peraltro, il consiglio comunale può approvare, "la costruzione di nuovi cimiteri o l’ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50 metri" quando ricorrano determinate condizioni.

Il contravventore deve "demolire l’edificio o la parte di nuova costruzione, salvi i provvedimenti di ufficio in caso di inadempienza" (III comma).

4.4. La tesi del ricorrente è che tali previsioni non si applicherebbero alle strutture non finalizzate alla stabile presenza di persone, e tali sarebbero quelle per cui è stato richiesto il condono.

4.5. La censura va senz’altro respinta.

Anzitutto, la norma non pone alcuna distinzione: del resto, il vincolo di rispetto cimiteriale trova la sua giustificazione anche in ragioni di decoro (alla "peculiare sacralità che connota i luoghi destinati a cimitero", si riferisce C.d.S., V, 8 settembre 2008, n. 4256), e di possibili successivi ampliamenti della struttura, oltre che in intuibili ragioni igienicosanitarie.

È da aggiungere che sarebbe concretamente assai difficile stabilire quale tipologia di manufatto sia compatibile con i predetti motivi di tutela igienicosanitaria: certamente non quelli oggetto della domanda di condono, parte integrante della struttura alberghiera e destinati, dunque, ad essere utilizzati con continuità dal personale e dalla clientela.

5.1. Per quanto si è finora rilevato, va altresì respinta la censura di carenza di motivazione, egualmente proposta: è evidente che il riferimento al vincolo, ed alle disposizioni di legge applicabili, è sufficiente ad individuare le ragioni della reiezione.

5.2. A questo punto è anche evidente che un apporto procedimentale da parte del ricorrente si presenta già ex ante inidoneo a modificare la decisione assunta dall’Amministrazione: sicché la lamentata violazione dell’art. 7 l. 241/90 non avrebbe comunque condotto all’annullamento del provvedimento, ex art. 21 octies l. 241/90.

5.3. L’ordinanza di demolizione è stata impugnata anche per invalidità derivata: ma si tratta di censura che va evidentemente respinta.

6. In conclusione il ricorso è totalmente infondato.

Non v’è luogo a provvedere sulle spese, non essendosi l’Amministrazione costituita in giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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