Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 26-01-2011) 05-05-2011, n. 17402 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 23.9.2008 il giudice del tribunale di Firenze, sezione distaccata di Pontassieve, dichiarò V.P. colpevole dei reati di cui: A) al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. c); B) al D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, art. 163; C) al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. c); D) all’art. 489 c.p.;

nonchè: capo A) del proc. 74/07, al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. c), e lo condannò alla pena ritenuta di giustizia con la sospensione condizionale della pena subordinata alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino dello stato dei luoghi. In sostanza l’imputato è stato riconosciuto colpevole di avere realizzato abusivamente opere edili con cambio di destinazione dell’uso originario di un garage di civile abitazione e di avere falsamente affermato nella domanda di condono edilizio che i lavori edilizi erano ultimati alla data del 31.12.2002.

La corte d’appello di Firenze, con la sentenza in epigrafe, dichiarò estinti per prescrizione i reati di cui ai capi A), B) e C), concesse le attenuanti generiche e rideterminò le pene sia per il reato di cui al capo D) sia per quello di cui al capo A) del proc. 74/07.

L’imputato propone ricorso per cassazione deducendo:

1) inosservanza dell’art. 525 c.p.p., comma 2, perchè dopo il cambio dei giudici e la riunione dei due procedimenti nella udienza del 23.9.2008 il giudice non ha disposto la rinnovazione dell’apertura del dibattimento e della ammissione di mezzi di prova.

2) omessa motivazione circa la mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale; decisività della testimonianza dell’arch. S. e della acquisizione della sua relazione sulla data di ultimazione dei lavori.

3) omessa motivazione sulla mancata concessione della sospensione condizionale della pena non subordinata alla demolizione delle opere abusive e dell’indulto.
Motivi della decisione

Il primo motivo è infondato, non essendosi verificata alcuna violazione del diritto di difesa, come del resto rilevato anche dalla corte d’appello, secondo la quale, appunto, l’apertura del dibattimento nei due diversi processi poi riuniti non aveva comportato attività che avessero compromesso la difesa. In sostanza, infatti, nelle precedenti udienze relative ai due procedimenti poi riuniti e svoltesi dinanzi a giudici diversi da quello che poi aveva compiuto l’attività istruttoria ed aveva emesso la sentenza di primo grado, era stata solo dichiarata l’apertura del dibattimento e disposta l’ammissione delle prove, che erano state però poi acquisite dal giudice che aveva deciso.

Ora, secondo la costante giurisprudenza di questa Suprema Corte:

– "La nullità insanabile della sentenza che la norma dell’art. 525 c.p.p., comma 2, ricollega alla mancata partecipazione anche parziale dei giudici che l’hanno pronunciata all’istruttoria dibattimentale non si verifica qualora innanzi al medesimo collegio del tribunale si sia svolta l’intera istruttoria, anche se si tratti di collegio in composizione diversa da quella innanzi al quale si era svolta l’udienza fissata nel decreto di citazione a giudizio, senza che sia necessaria anche la rinnovazione della medesima citazione, previo rinvio del dibattimento, perchè anche in tal caso risulta pienamente realizzata l’esigenza che la deliberazione della sentenza avvenga a opera dello stesso giudice che ha partecipato all’istruzione dibattimentale" (Sez. 6, 24.6.1998, n. 10137, Fusco, m. 211568);

– "Nel caso di rinnovazione del dibattimento per mutamento della composizione del collegio, la mancanza di un’iniziativa di parte che rappresenti il dissenso, o la non perfetta condivisione o anche l’opportunità di una rivisitazione della precedente fase (e dunque il tacito, implicito consenso delle parti medesime) equivale a consenso espresso. (Nella fattispecie, le parti avevano prestato acquiescenza rispetto all’assunzione delle prove già ammesse e si erano astenute dal proporre nuovamente richieste istruttorie)" (Sez. 2, 4.6.2008, n. 34723, Rotondi, m. 241000);

– "Il principio di immutabilità del giudice non è violato quando l’istruzione dibattimentale sia stata condotta e portata a termine da un collegio giudicante che, in una composizione parzialmente diversa, abbia precedentemente ammesso le prove e nominato dei periti, senza che nessuna delle parti abbia sollevato obiezioni o formulato richiesta di rinnovazione degli atti anteriormente assunti sino alla deliberazione della sentenza" (Sez. 6, 21.10.2009, n. 2928, Picozzi, m. 245768).

Nella specie dal relativo verbale non risulta, e del resto nemmeno è stato dedotto, che nella udienza del 23 settembre 2008 (nella quale sono state assunte le prove da parte di giudice diverso ed è stata resa la decisione) che la difesa avesse formulato obiezioni o espresso riserve sulle precedenti attività ed in particolare sulla ammissione delle prove, o avesse formulato richiesta di rinnovazione degli atti anteriormente compiuti, o avanzato nuove richieste istruttorie.

In particolare non risulta che abbia mai chiesto di sentire testi a controprova, sicchè non può dolersi in questa sede di legittimità del mancato accoglimento di richieste che non sono state mai avanzate.

Il secondo motivo è anch’esso infondato perchè con congrua ed adeguata motivazione la corte d’appello ha ritenuto superflua la deposizione dell’arch. S., dal momento che questi non aveva l’obbligo di controllare che i lavori fossero stati ultimati e che del resto non era stato mai incontrato sul posto dai vigili. D’altra parte, con un accertamento in punto di fatto congruamente motivato e non sindacabile in questa sede, la corte d’appello ha ritenuto provato, sulla base anche dei verbali di sopralluogo, che i lavori edili erano ancora in corso quando i vigili effettuarono le ispezioni nel 2004, e che di conseguenza doveva ritenersi anche provato che era stato falsamente dichiarato che i lavori erano terminati entro il 31.3.2003. E’ poi del tutto condivisibile il giudizio del giudice di primo grado sulla mancata ultimazione dei lavori, atteso il tipo di attività che si stava compiendo alla data delle ispezioni.

E’ infondato anche il terzo motivo. La corte d’appello, infatti, non aveva obbligo di motivare sulla revoca della subordinazione della sospensione condizionale della pena alla demolizione delle opere abusive dal momento che tale richiesta era stata fatta nelle conclusioni dell’atto di appello del tutto genericamente e senza alcuna motivazione.

E’ del pari esatta la mancata concessione dell’indulto, perchè "Con la sentenza di condanna, non può essere contestualmente applicato l’indulto e disposta la sospensione condizionale della pena, in quanto quest’ultimo beneficio prevale sul primo" (Sez. Un., 15.7.2010, n. 36837, Bracco, m. 247940). Qualora dovesse essere revocata la sospensione condizionale della pena per il mancato verificarsi della condizione, l’imputato potrà eventualmente chiedere l’indulto in sede esecutiva.

Il reato di cui al capo D) del proc. 74/07 si è consumato il 23.8.2005, sicchè l’ordinario termine di prescrizione (cui peraltro devono aggiungersi mesi 2 e giorni 17 di sospensione dal 18.9.2006 al 5.12.2006 per astensione del difensore) scadrebbe il 23.2.2011.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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