Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 20-01-2011) 05-05-2011, n. 17407 Dogana

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Tribunale del Riesame di Firenze del 9 luglio 2010 confermava l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere emessa in data 25 giugno 2010 dal GIP del Tribunale di Prato nei confronti di G.V. indagata per i reati di associazione per delinquere e contrabbando doganale.

Il Tribunale del Riesame aveva ritenuto sussistente il compendio indiziario (oltre che per i reati scopo) anche in punto di configurabilità dell’associazione a delinquere della quale la G. era accusata far parte, individuando un suo preciso ruolo di autonomia operativa e ritenendo altrettanto fondate le esigenze cautelari.

Propone ricorso il difensore dell’indagata, deducendo violazione della legge penale relativamente alla ritenuta sussistenza del reato associativo ed anche al ritenuto ruolo operativo (da tenere distinta l’autonomia organizzativa da quella operativa) e rappresentando invece che nel caso in esame sarebbe al più ravvisabile una mera partecipazione di tipo concorsuale, per di più non sostenibile in termini di consapevolezza della illiceità della condotta altrui.

Con un secondo motivo di ricorso la difesa lamenta vizio di motivazione relativamente alla valutazione delle esigenze cautelari evidenziando che il Tribunale avrebbe operato un giudizio prognostico in termini di mera astrattezza legato comunque ad una possibilità astratta di reiterazione della condotta, evidenziando per contro come il ruolo di mera dipendente della società di fatto limitasse anche l’aspetto della reiterazione delle condotte, desunto dal Tribunale anche dall’essere stata in passato la G. dipendente nelle varie imprese del S..

Il ricorso è infondato.

L’ordinanza impugnata appare correttamente motivata sia con riguardo alla configurabilità del reato associativo sia con riguardo al ruolo dell’indagata all’interno dell’associazione.

In particolare il Tribunale ha fermato la propria attenzione su un materiale indiziario compito ed eterogeneo ma soprattutto altamente indicativo sul piano oggettivo ed univocamente interpretabile, individuando così un ruolo definito centrale assunto in concreto dalla G..

Non solo ma il Tribunale – lungi dal qualificare, come preteso dalla difesa, il rapporto della G. con i correi come mera attività concorsuale – ha esattamente evidenziato quali fossero i tratti caratteristici della attività dell’attività della G. che non si sarebbe limitata a svolgere quell’attività di dipendente dell’azienda che ne avrebbe limitato i poteri di intervento, ma avvalendosi della fiducia accordatale (anche per la pregressa esperienza acquisita) dal suo datore di lavoro (promotore dell’organizzazione) avrebbe essa stessa curato direttamente e personalmente tutte le pratiche di sdoganamento delle merci e di consegna di esse ai destinatari (vds. pag. 1 dell’ordinanza impugnata) fondando detto convincimento proprio su elementi oggettivi quali le intercettazioni (telefoniche ed ambientali) ovvero spedizione via telefax di documenti che costitusivono il riscontro oggettivo al coinvolgimento della G. in termini di soggetto di riferimento per l’intera organizzazione.

Ed appunto per questo la censura della difesa in virtù della quale in siffatta condotta sarebbe al più ravvisabile una mera attività concorsuale è smentita dalle prove suddette anche per ragioni di stretta logica: l’ordinanza impugnata, infatti, pone quale elemento di valutazione specifica il dato della piena conoscenza da parte della G. delle pratiche doganali e la sua specifica propensione ad impartire agli altri istruzioni: una simile condotta non può di certo rientrare nello schema ben più modesto della partecipazione, proprio perchè a differenza del concorso di persone nel reato in quello associativo emerge il ruolo di partecipe consapevole al programma delittuoso elaborato dagli altri sodali.

Dall’ordinanza impugnata emerge anche un altro dato significativo correttamente posto in risalto dal Tribunale: vale a dire l’interesse diretto della G. ad agire secondo le direttive dei suoi superiori e datori di lavoro ( S. e D.L.) e impartire le necessarie istruzioni a tutti quei soggetti chiamati a svolgere compiti esecutivi minori (ma non per questo meno rilevanti sul piano penale) per la riuscita delle varie operazioni di sdoganamento programmate dall’organizzazione.

E’ l’autonomia organizzativa della quale indiscutibilmente al G. godeva a far sì che essa di ponesse al centro dell’organizzazione: e la suddivisione dei ruoli costituisce un’altra caratteristica essenziale che distingue il reato associativo dal mero concorso di persone nel reato.

Sostenere, come pretende la difesa, l’inconsapevolezza della G. quando gli elementi acquisiti al processo descrivono la stessa come il vero punto di riferimento per le varie attività illecite satelliti è affermazione priva di portata logica.

Così come appare insostenibile la tesi che vorrebbe la G. costretta ad agire in modo illecito per assecondare gli ordini dei superiori pena il rischi concreto di un (auto)licenziamento: tesi oltretutto nettamente smentita – per quanto si è dianzi visto – dalle emergenze processuali che indicano la G. come una protagonista attiva e non un mero strumento nelle mani di altri.

Quanto, poi, all’aspetto concernente le esigenze cautelari, la continuatività della condotta (che risulta dimostrata dai dati valutati a proposito della sussistenza del reato e del ruolo della G. nella associazione criminale) costituisce la riprova più eloquente della pericolosità dell’indagata e del pericolo di reiterazione di condotte analoghe che si connotano in termini di concretezza e non come pretenderebbe la difesa, in modo astratto ed avulso dalla realtà.

Proprio perchè nell’effettuare il giudizio di pericolosità il giudice deve operare una valutazione in termini prognostici di carattere presuntivo, il giudizio espresso nel caso in esame è caratterizzato da concretezza, tanto da aver anteposto ad una valutazione pur favorevole sulla personalità criminale passata dell’indagata (in quanto incensurata) quella operatività, ovviamente illecita, a ciclo continuo che costituisce la prova eloquente della pericolosità sociale nei termini in cui va inteso il requisito di cui all’art. 274 c.p.p., lett. c).

Assolutamente adeguata appare la motivazione dell’ordinanza anche con riguardo alla riferita compatibilità delle condizioni di salute dell’indagata con il regime carcerario.

Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Va inoltre disposta la trasmissione del presente provvedimento al Direttore dell’Istituto carcerario ove in atto l’indagato si trova ristretto, in conformità a quanto previsto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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