Cons. Stato Sez. VI, Sent., 09-05-2011, n. 2746 Agenti di assicurazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

E’ impugnata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio n. 1663 del 2010 che ha respinto il ricorso proposto dall’odierno appellante avverso il provvedimento dell’ISVAP (Istituto Vigilanza Assicurazioni Private e di interesse Collettivo) del 27 gennaio 2007 col quale gli è stata inflitta la sanzione della radiazione con conseguente cancellazione dello stesso dal registro degli intermediari assicurativi e riassicurativi.

L’appellante reitera in questo grado le censure già fatte valere dinanzi al Tar, assumendo la erroneità della decisione da quest’ultimo adottata e concludendo per l’accoglimento dell’appello e, in riforma della impugnata sentenza, per l’annullamento dell’atto destitutorio impugnato.

Si è costituito l’ISVAP per resistere all’appello e per chiederne la reiezione.

All’udienza del 29 marzo 2011 la causa è stato trattenuta per la decisione.

L’appello è infondato e va respinto.

La questione da dirimere attiene alla legittimità della sanzione della destituzione irrogata dall’istituto appellato in confronto dell’appellante in relazione alla intermediazione da questi operata, nella sua qualità professionale di broker assicurativo, di polizze fideiussorie contraffatte da un soggetto risultato essere un falso agente della compagnia assicurativa F. S..

Con il primo motivo l’appellante reitera la censura afferente la erronea base giuridica individuata e posta a fondamento della sanzione destitutoria. A suo dire, non dovrebbe trovare applicazione nella fattispecie l’art. 9 della legge n. 792 del 1984, nella parte in cui tale disposizione riserva la massima sanzione della destituzione ai fatti " di particolare gravità", sebbene le più favorevoli disposizioni recate dall’art. 329 del d.lgs. 209 del 2005, recante il Codice delle assicurazioni (entrato in vigore, con effetto abrogante delle pregresse disposizioni, fin dall’epoca di avvio del procedimento disciplinare avviato nei confronti dell’appellante) che prevede la censura per fatti di particolare gravità ascritti all’incolpato e la destituzione soltanto per fatti di " eccezionale gravità".

Sempre nella prospettiva difensiva dell’appellante, poiché l’art. 354 del d.lgs. 209 del 2005 ha espressamente abrogato la legge n. 792 del 1984, il regolamento Isvap n. 6 del 2006 art. 12) non avrebbe potuto legittimamente disporre la ultrattività di tale legge ai fatti commessi entro il 31 dicembre 2006.

6.1. La censura non è meritevole di accoglimento.

Anche ad ammettere che la pregressa disciplina normativa sanzionasse meno severamente i fatti per cui l’appellante è stato sottoposto a procedimento disciplinare (ma l’assunto non è convincente, se è vero che il nuovo regolamento Isvap n. 5 del 2006 prevede – art. 62 – la sanzione della radiazione, tra l’altro, per la comunicazione o trasmissione al contraente di documentazione non rispondente al vero), nondimeno è pacifico che sia stata correttamente applicata alla fattispecie in oggetto la disciplina previgente rispetto alla entrata in vigore del citato d.lgs. n. 209 del 2005. Infatti da un lato non sussiste la pretesa antinomia tra previsioni di rango primario e disposizioni regolamentari in ordine al regime transitorio applicabile dopo la entrata in vigore del codice delle assicurazioni e prima della adozione del regolamento applicativo, dato che l’art. 354 comma 4 del codice dispone espressamente l’ultrattività delle previgenti disposizioni di legge (e fra queste della legge 28 novembre 1984 n.792) fino all’entrata in vigore dei regolamenti (avvenuta il 1 gennaio 2007, e quindi successivamente ai fatti contestati, che risalgono al 2006); dall’altra è la stesso regolamento ISVAP n. 6 del 2006 (art. 12) a prevedere, conformemente alla disposizione di rango primario, che ai fatti occorsi fino al 31 dicembre 2006 continuano ad applicarsi le disposizioni previgenti. Ne consegue che correttamente è stato applicato alla fattispecie l’art. 9 della legge 28 novembre 1984 n. 792 in quanto, si ripete, i fatti contestati risalgono ad epoca anteriore al 1 gennaio 2007.

Quanto al merito dei fatti ascritti all’odierno appellante (e da questi non contestati nella loro oggettiva rilevanza) non appare condivisibile il rilievo secondo cui sull’appellante non gravasse l’onere di verificare che l’agente assicurativo le cui polizze venivano intermediate non fosse iscritto all’albo professionale degli agenti di assicurazione né all’albo dei mediatori di assicurazione.

Trattasi infatti di adempimento rientrante pacificamente nella ordinaria diligenza professionale, non particolarmente oneroso da svolgere e certamente esigibile nei confronti di un soggetto professionalmente deputato a mettere in contatto le parti ai fini della stipula dei contratti assicurativi.

Corrette e ragionevoli appaiono pertanto le valutazioni espresse dal Collegio di garanzia, fatte proprie dal presidente dell’ISVAP nell’impugnato decreto di radiazione, secondo cui è "mancata al M. l’avvedutezza di verificare l’effettiva qualità dell’emittente, essendosi egli limitato a prendere per buone evidenze documentali di scarsa o nessuna significatività……. senza compiere l’unico adempimento realmente risolutivo, vale a dire l’accertamento presso l’ISVAP…….per sapere se egli fosse effettivamente legittimato ad operare come agente ".

Né l’esperienza trentennale dell’odierno appellante nel settore assicurativo, non contrassegnata da pregressi episodi di rilevanza disciplinare, potrebbe assumere una portata esimente rispetto ai fatti che gli sono stati contestati nel procedimento che ha portato alla sua radiazione dall’albo. Al contrario, proprio il suo passato professionale doveva indurre il M. ad operare con ogni cautela verificando preliminarmente la sussistenza della qualità di agente assicurativo in capo all’A.; d’altronde, l’attività del broker assicurativo non può prescindere, in ragione della fiducia che tale profilo professionale induce presso il pubblico degli utenti, dall’osservanza del parametro di diligenza richiesto dall’art. 1176, comma 2, per la generalità dei professionisti, dato che altrimenti verrebbe significativamente sminuita la stessa ragione dell’esistenza di tale figura professionale, funzionale a porre il consumatore, che versa normalmente in una situazione di carenza informativa, in una posizione contrattuale più efficiente rispetto a quella in cui lo stesso si troverebbe nel rapporto diretto con l’agente (o con gli agenti) di assicurazioni.

Tenuto conto di tali considerazioni non appare irragionevole, neppure sotto il profilo del lamentato difetto di proporzionalità, la misura della radiazione, a fronte della gravità dei fatti ascritti all’odierno appellante. L’ISVAP, d’altra parte, ha condotto verifiche ispettive dalle quali è emersa, avuto riguardo anche alle caratteristiche tipografiche delle polizze contraffatte, la grossolanità delle contraffazioni operate dal falso agente, evidentemente non riconducibili alla compagnia assicurativa (F. S.) di cui lo stesso assumeva di essere agente.

8. Da ultimo non coglie nel segno la censura afferente la pretesa disparità di trattamento rispetto alla minor sanzione (censura) irrogata nei confronti di tal M. (responsabile dell’attività di intermediazione della Claris broker spa). Quest’ultimo, infatti, ha avuto rapporti diretti con l’odierno appellante (regolarmente iscritto nell’albo dei mediatori di assicurazioni fino alla sua radiazione) e non anche con il signor A. (falso agente della società F. S.). Inoltre, egli ha provveduto a ricollocare le polizze false procacciate ai suoi clienti per il tramite del M. (in numero ben inferiore a quelle intermediate direttamente da quest’ultimo), tenendo indenne la clientela da ogni conseguenza pregiudizievole; di tal che non irragionevolmente tali circostante sono state considerate rilevanti nella irrogazione in suo confronto della minor sanzione della censura.

9. In definitiva l’appello va respinto siccome infondato.

In considerazione della particolarità della controversia e del suo epilogo le spese di lite del presente grado possono essere compensate tra le parti, ricorrendo giusti motivi.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello (r.g. n. 5485 del 2010), come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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