Cons. Stato Sez. VI, Sent., 09-05-2011, n. 2744 Danni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

eo e l’avvocato dello Stato Varone;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La signora C. M., in proprio e quale procuratrice generale della sorella C. L., chiede la riforma della sentenza, in epigrafe indicata, nella parte in cui il Tar della Campania ha dichiarato inammissibile la domanda di risarcimento dei danni, proposta dal de cuius C. C., per la perdita del diritto di proprietà a seguito della realizzazione di opera pubblica in assenza del decreto di esproprio e oltre i termini di occupazione legittima e per il deprezzamento della parte residua della proprietà.

I) Espone l’appellante che i terreni di cui è causa, siti nel Comune di Santa Anastasia e nel Comune di Pomigliano d’Arco, sono stati interessati dalla procedura espropriativa per la realizzazione della linea ferroviaria a monte del Vesuvio -lotto C1- tra Casalnuovo e Santa Anastasia; che il decreto di esproprio è intervenuto in data 13 marzo 2003, oltre il termine di due anni dall’immissione in possesso, avvenuta l’11 marzo 1998 da parte di Italstrade s.p.a. (cui è succeduta per incorporazione al A. s.p.a.) in nome e per conto delle F. D. S. s.p.a.; che prima dell’emanazione di tale decreto e dopo la scadenza dei termini per l’occupazione d’urgenza l’opera pubblica (piloni di sostegno della linea ferroviaria sopraelevata) è stata realizzata, così generandosi il diritto al risarcimento del danno per la perdita della proprietà a causa della cosiddetta accessione invertita.

La sentenza impugnata ha dichiarato il ricorso proposto per ottenere tale risarcimento inammissibile in dipendenza dell’inammissibilità del ricorso (per omessa notifica all’Avvocatura distrettuale dello Stato) proposto medio tempore avverso il decreto di esproprio.

II) Con l’appello in esame la ricorrente contesta, innanzitutto, l’applicazione, operata dal Tar, della regola della pregiudizialità amministrativa, regola che, come noto, preclude l’esame delle richiesta risarcitoria ove non sia stato demolito in giudizio il provvedimento amministrativo generatore del danno lamentato: secondo l’appellante, infatti, nel momento in cui è intervenuto il decreto di esproprio, il diritto di proprietà si era già estinto, per effetto dell’irreversibile trasformazione del fondo.

Nel merito, l’appello ribadisce la tardività del decreto rispetto al termine di validità biennale dell’occupazione d’urgenza e ripropone il calcolo per la quantificazione del danno subito, sia in dipendenza della perdita di proprietà dei terreni interessati dall’accessione invertita, sia per il deprezzamento della parte residua della proprietà per effetto della realizzazione dell’opera, che divide in due il fondo e costituisce una servitù di passaggio.

III) Osserva il Collegio che, come sostiene l’appellante, erroneamente il Tar ha dichiarato inammissibile la domanda di risarcimento del danno per effetto della inammissibilità del ricorso proposto avverso il decreto di esproprio: non da tale decreto deriva, infatti, la perdita della proprietà lamentata dalla ricorrente, ma dal mero fatto della irreversibile trasformazione del fondo per effetto della realizzazione dell’opera pubblica, che la ricorrente stessa assume avvenuta prima della formale espropriazione e in carenza di provvedimento di occupazione d’urgenza valido ed efficace.

Se la definizione della domanda comporta, in aderenza alla tesi dell’appellante, l’ammissibilità del ricorso di primo grado per la parte dedotta in appello, non però ne consegue la fondatezza del ricorso stesso (e, perciò, si può prescindere dall’esaminare le questioni pregiudiziali svolte dalle parti appellate).

Dalla individuazione della irreversibile trasformazione dell’area occupata come momento in cui si è verificato l’acquisto a titolo originario dell’area a favore della pubblica amministrazione occupante (ed è sorto il correlato diritto al risarcimento per la perdita della proprietà in capo al soggetto che ne era titolare) deriva, infatti, che assume rilievo decisivo l’indagine circa l’effettiva mancanza, in tale momento, di un provvedimento di occupazione d’urgenza in corso di validità: costituisce principio ormai consolidato in giurisprudenza (puntualizzato da Cass. S.U., 6 maggio 2003, n. 6853) che il fenomeno della cosiddetta occupazione appropriativa si verifica solo alla data di scadenza dell’occupazione legittima, con la conseguenza che, fino a quando tale termine (originario o prorogato) non sia spirato, il proprietario dell’area null’altro può pretendere se non la corresponsione della relativa indennità (cfr per tutte Cass. sez. I, 15 gennaio 2010).

Nella fattispecie in esame, la ricorrente asserisce che il danno è stato generato dalla irreversibile trasformazione del fondo, per effetto della realizzazione dell’opera pubblica; deduce anche l’ingiustizia del danno subito, dato che tale realizzazione è avvenuta dopo la scadenza dell’efficacia del provvedimento di occupazione d’urgenza.

Tale asserzione, peraltro, è smentita dalla documentazione versata in atti, dalla quale risulta che l’originario decreto del 13 gennaio 1998 è stato prorogato per due volte, da ultimo con decreto prefettizio del 10 gennaio 2002, che ne fissava la scadenza al 13 gennaio 2003.

Il danno lamentato dalla ricorrente difetta quindi del requisito dell’ingiustizia, necessario al fine di riconoscerne la risarcibilità, poiché l’occupazione d’urgenza è condizione sufficiente alla realizzazione dell’opera (salvo restando l’obbligo per la pubblica amministrazione di condurre a compimento l’esproprio, altrimenti verificandosi la cosiddetta accessione invertita per il fatto della irreversibile trasformazione del fondo, con conseguente nascita dell’obbligo risarcitorio da parte dell’amministrazione a causa della connotazione di ingiustizia che il danno allora assume: ma è questione che qui non rileva, dato il senso delle censure svolte dall’appellante).

Né può essere trovare considerazione quanto rappresentato dall’appellante nelle note depositate all’odierna udienza circa l’inadeguatezza della proroga dei termini dell’occupazione a sostenere l’efficacia della dichiarazione di pubblica utilità: a parte l’irritualità di tale deduzione, trattasi infatti di questione inammissibile in quanto nuova anche rispetto ai motivi d’appello, del tutto estranea alla questione prospettata, che concerne, come si è più volte rilevato, la ingiustizia o meno del danno subito per la perdita della proprietà in forza della irreversibile trasformazione del fondo in costanza di un (valido ed efficace) provvedimento di occupazione d’urgenza.

Poiché, come del pari si è detto, nel caso in esame l’occupazione d’urgenza, contrariamente a quanto dedotto in giudizio, era valida ed efficace nel momento in cui si è verificata l’ablazione della proprietà per effetto della irreversibile trasformazione del fondo, si deve concludere che la domanda di risarcimento posta con il ricorso di primo grado e ribadita con l’appello non è fondata, anche per la parte relativa al deprezzamento della parte residua della proprietà. Anche per tale parte, infatti, la domanda ha sempre come presupposto l’illegittimità della acquisizione da parte dell’amministrazione, illegittimità che non sussiste nei termini lamentati dalla ricorrente (e salva l’opposizione alla indennità di occupazione, di pertinenza della giurisdizione ordinaria).

Né rileva nel caso di specie la circostanza che il decreto di esproprio sia stato adottato oltre il limite temporale consentito (con la conseguenza che la trasformazione irreversibile dà luogo ad accessione invertita, in astratto fonte di risarcimento del danno), atteso che ai fini del giudizio risarcitorio, pur non essendo pregiudiziale la previa impugnazione del tardivo decreto di esproprio, è tuttavia necessario dedurre l’illegittimo operato dell’amministrazione. Manca invece, il motivo di ricorso, atteso che le censure si limitano a lamentare che l’opera sarebbe stata realizzata dopo la scadenza dell’occupazione d’urgenza (circostanza non rispondente al vero, atteso che l’opera è stata realizzata durante il periodo di efficacia dell’occupazione d’urgenza), e non anche che sarebbe mancato un tempestivo decreto di espropriazione.

IV) Per tutto quanto sopra, in conclusione, l’appello deve essere respinto, con conseguente reiezione del ricorso di primo grado.

Data la particolarità della fattispecie esaminata, le spese del giudizio possono essere compensate tra le parti anche per questo secondo grado del giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe indicato, lo respinge e, per l’effetto, respinge il ricorso di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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