Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 13-01-2011) 05-05-2011, n. 17448

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza emessa in data 9/11/2009 la Corte di Appello di Venezia confermava la condanna di B.M. per i delitti di tentato furto di un portafoglio da una borsetta e per il delitto di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 13 bis per abusivo rientro nel territorio dello Stato dopo l’espulsione. La pena irrogata per il capo 1) era di anni 1 e mesi 8 di reclusione ed Euro 334,00 di multa e per il capo 2) di anni 1, mesi 1 e gg. 10 di reclusione, esclusa la continuazione e valutata la recidiva reiterata specifica ed infraquinquennale e la diminuente del rito abbreviato.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, lamentando:

2.1. la violazione di legge ed il difetto di motivazione in relazione al mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra i fatti, tenuto conto che il furto è tipico delitto commesso da chi, clandestino e senza possibilità di svolgere regolare lavoro, necessità di procurarsi i mezzi di sussistenza; pertanto non poteva non riconoscersi una ideazione unitaria dei due reati;

2.2. la carenza ed illogicità della motivazione in ordine alla riduzione della pena per tentativo di furto (capo 1) non nella misura percentuale massima pur a fronte della modesta rilevanza del fatto ed in relazione al complessivo trattamento sanzionatorio.
Motivi della decisione

3. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

Invero ai fini del riconoscimento della continuazione, non è sufficiente la valutazione del fatto che a carico dell’imputato si proceda per più reati, perchè è onere di quest’ultimo allegare circostanze specifiche in ordine al contesto soggettivo unificante, costituito dal medesimo disegno criminoso (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 7389 del 13/04/1982 Ud. (dep. 28/07/1982), Ramella, Rv.

154766). Inoltre, la unicità del disegno criminoso, necessaria per la configurabilità del reato continuato, non può identificarsi con la generale tendenza a porre in essere determinati reati o comunque con una scelta di vita che implica la reiterazione di determinate condotte criminose, atteso che le singole violazioni devono costituire parte integrante di un unico programma deliberato nelle linee essenziali per conseguire un determinato fine, richiedendosi, in proposito, la progettazione "ab origine" di una serie ben individuata di illeciti, già concepiti almeno nelle loro caratteristiche essenziali. Deve, dunque, escludersi che una tale progettazione possa essere frutto, come nel caso di specie si pretende, di mere presunzioni, non asseverate da specifiche circostanze. Per quanto detto la doglianza è manifestamente infondata.

4. Quanto al motivo di censura relativo al complessivo trattamento sanzionatorio, va ricordato che la determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale, il riconoscimento delle attenuanti generiche ed il giudizio di comparazione rientrano nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito; quanto alla pena, in particolare, egli assolve il suo compito anche se abbia valutato globalmente gli elementi indicati nell’art. 133 c.p. ed anzi non è neppure necessaria una specifica motivazione tutte le volte in cui la scelta del giudice risulta, come nel caso di specie, contenuta in una fascia medio bassa rispetto alla pena edittale (cfr. ex piurimis Cass. 4, 20 settembre 2004, Nuciforo, RV 230278).

Nel caso di specie il giudice di merito ha giustificato il diniego delle attenuanti generiche e l’entità della pena, facendo riferimento alla negativa personalità dell’imputato, gravato da recidiva reiterata, infraquinquennale e specifica. Nondimeno, se tali considerazioni valgono a ritenere infondato il ricorso, sul punto, relativamente al capo 2), non altrettanto può dirsi in relazione al capo 1).

Infatti il tentato furto risulta aggravato dalla circostanza di cui all’art. 61 c.p., n. 11 bis (fatto commesso dal colpevole mentre si trovava illegalmente sul territorio dello Stato), aggiunta nel corpo della norma dal D.L. n. 92 del 2008 (conv. in L. n. 125 del 2008).

Tale disposizione è stata però dichiarata incostituzionale con sentenza del 8/7/2010, n. 249.

Pertanto, poichè il giudice di merito ne ha tenuto conto nel determinare la sanzione, visto il mancato riconoscimento di attenuanti, ne consegue che la sentenza su tale punto deve essere annullata, con rinvio per una nuova determinazione della pena.
P.Q.M.

La Corte annulla la sentenza impugnata limitatamente al punto concernente l’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 11 bis riconosciuta per il capo 1), aggravante che elimina.

Rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Venezia per rideterminazione della pena inflitta per il capo 1).

Rigetta il ricorso nel resto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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