Cons. Stato Sez. VI, Sent., 09-05-2011, n. 2730 Legittimità o illegittimità dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

anzi e Valori per delega dell’avvocato Fortunato;
Svolgimento del processo

La ricorrente, sin dal mese di aprile del 1999, ha convissuto con la sig.ra Pavesi Carlotta, assegnataria dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica n. 24 situato in Milano, via Gola n. 23, al fine di assisterla, dietro ospitalità ed un compenso economico.

La convivenza delle due donne si è protratta fino al mese di agosto del 2003, quando l’intestataria dell’immobile è deceduta.

L’istante, con nota pervenuta all’A.L.E.R in data 18 settembre 2003, informava l’Ente gestore del decesso della signora Pavesi, chiedendo di subentrare nel contratto di locazione.

In data 28 ottobre 2003 la predetta azienda diffidava l’interessata a rilasciare l’alloggio. Quest’ultima, quindi, con una nota del 18 settembre 2004, inviava le proprie deduzioni riguardanti la diffida ricevuta, chiedendo di dare corso alla procedura per il cambio di intestazione dell’alloggio.

Con provvedimento del 2 dicembre 2004 l’A.L.E.R. disponeva, invece, il rilascio dell’appartamento, sull’assunto che la richiedente "occupava senza titolo l’alloggio… e che la stessa non risulta destinataria di provvedimento di assegnazione o di altro atto della pubblica amministrazione che legittimi l’occupazione dell’immobile".

Avverso tale atto ha proposto impugnativa l’interessata per i seguenti motivi:

1) violazione dell’art. 3, comma 4, della legge 241/1990.

Il provvedimento dell’A.L.E.R non contiene alcuna indicazione circa la possibilità di proporre ricorso, i termini per la sua presentazione e l’autorità competente a riceverlo.

2) Violazione e/o erronea interpretazione degli artt. 2 e 3 della legge 241/1990. Eccesso di potere per difetto di motivazione. Mancata e/o erronea valutazione dei presupposti. Difetto di istruttoria.

Il provvedimento impugnato non fa alcun riferimento alla circostanza che la ricorrente ha convissuto con l’intestataria per oltre quattro anni e agli altri elementi emersi nel corso dell’istruttoria.

3) Violazione e/o erronea interpretazione degli artt. 14 e 2 della legge regionale 91/83 anche in relazione alla delibera regionale 25 marzo 1985, n. III/2024 e alla delibera C.I.P.E. 13 marzo 1995. Eccesso di potere per mancata e/o erronea valutazione dei presupposti; difetto di motivazione; travisamento dei fatti.

La signora Pavesi, assegnataria dell’alloggio, ha accolto la ricorrente per motivi di reciproco sostegno morale e materiale per un periodo superiore ai tre anni previsti dalla normativa regionale e dalla delibera CIPE ai fini del subentro nell’assegnazione.

Ne deriva che l’interessata ha diritto al subentro ai sensi dell’art. 14 della legge regionale n. 91 del 1983, in combinato disposto con l’art. 2 della medesima legge, e della delibera regionale n. III/2024 del 19 giugno 1985, in quanto la convivenza ha assunto carattere di stabilità ed è stata finalizzata alla reciproca assistenza morale e materiale.

4) Violazione e/o erronea interpretazione degli artt. 16, 20 e 24 del regolamento recante "i criteri generali per l’assegnazione e la gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica" approvato dal Consiglio Regionale con deliberazione n. 1 del 10 febbraio 2004; eccesso di potere per difetto di motivazione, mancata e/o erronea valutazione dei presupposti, travisamento dei fatti, carenza di istruttoria; ingiustizia manifesta, difetto di motivazione, travisamento dei fatti.

La ricorrente possiede tutti i requisiti per il subentro previsti dall’art. 20 del regolamento regionale n. 1 del 2004.

L’A.L.E.R, in violazione del predetto art. 20, comma 5, non ha motivato il diniego al subentro dell’interessata.

5) Violazione dell’art. 2, commi 2 e 3, della legge 241/1990. Eccesso di potere per difetto di motivazione; violazione dei principi di celerità, immediatezza e tutela dell’affidamento; irragionevolezza.

La domanda di subentro è stata presentata nel mese di settembre del 2003, mentre il decreto di rilascio è stato emesso il 2 dicembre 2004, oltre il termine di trenta giorni ordinariamente previsto per la conclusione del procedimento dall’art. 2, commi 2 e 3 della legge 241/1990.

La ricorrente, inoltre, a causa del notevole lasso di tempo trascorso, ha maturato un fondato affidamento circa il legittimo subentro nel rapporto locativo.

La sentenza impugnata ha rigettato il ricorso della ricorrente.

Ella propone appello affidato ai seguenti motivi così epigrafati:

1) erronea motivazione in relazione alla violazione dell’art. 3, comma 4, della legge 241 del 1990 atteso che il provvedimento dell’ALER non contiene alcuna indicazione in relazione alla possibilità di presentare ricorso ed alle modalità dello stesso;

2) erronea motivazione in relazione alla violazione degli artt. 2 e 3 della legge 241 del 1990 nonché quanto all’eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria;

3) erronea e/o contraddittoria motivazione in ordine alla violazione degli artt. 2 e 14 della legge della Regione Lombardia n. 91/1983 in relazione alla delibera regionale III/2004 ed alla deliberazione CIPE 1995 per inosservanza della disciplina concernente il "subentro";

4) Erronea pronuncia in relazione alla violazione e/o erronea interpretazione degli artt. 16, 20 e 24 del regolamento regionale n. 1 del 2004: in particolare omessa pronuncia in ordine alla violazione dell’art. 20, comma 5;

5) erronea e/o contraddittoria motivazione in ordine all’illegittimità del provvedimento per violazione dell’art. 2, commi 1, 2 e 3 della legge 241 del 1990.

Si è costituita in giudizio l’Azienda Lombarda Edilizia Residenziale, che, con ampie memorie, ha sostenuto l’infondatezza dell’appello.

All’udienza del 21 gennaio 2001 il ricorso è stato posto in decisione.
Motivi della decisione

Il primo motivo di ricorso è infondato.

Costituisce oramai principio recepito che la semplice omissione di quanto disposto dall’art. 3, comma 4, l. n. 241 del 1990 ("in ogni atto notificato al destinatario devono essere indicati il termine e l’autorità cui è possibile ricorrere") non costituisce vizio di legittimità dell’atto amministrativo né giustifica "ex se" la rimessione in termini per errore scusabile. Ciò senza considerare che, nel caso in esame, la ricorrente aveva ben individuato, e tempestivamente, il giudice da adire (Cons. Stato VI, 26 marzo 2010, n. 1751).

Le ulteriori censure possono essere esaminate congiuntamente in quanto l’odierna appellante fa valere un interesse pretensivo al subentro nel contratto di locazione di cui era titolare la signora Pavesi Carlotta.

La sezione ritiene che in simili fattispecie il ricorrente non può limitarsi a dedurre violazioni di carattere formale, ma deve fornire la prova della ragionevole previsione che, a seguito della rinnovazione del procedimento, egli possa ottenere il bene della vita cui aspira.

Nel caso di specie ciò non può verificarsi.

La disciplina da prendere in esame è quella vigente al momento del decesso della sig.ra Pavesi, ossia la deliberazione del Consiglio Regionale della Lombardia 16 marzo 1985, n. III/2024, contenente la disciplina dei subentri del nucleo familiare e dell’ospitalità temporanea in attuazione dell’art. 14, quarto comma, della L.R. 5 dicembre 1983, n. 91.

In particolare il Par. 2, sotto la lettera A), disponeva che l’ampliamento era ammesso altresì nei confronti di persone prive di vincoli di parentela o affinità quando fossero riscontrabili finalità di reciproca assistenza morale e materiale, nonché il carattere di stabilità, previa dichiarazione resa in forma pubblica dall’assegnatario e dalle persone con cui si intendeva istituire la convivenza.

La domanda di ampliamento del nucleo familiare doveva essere presentata dall’assegnatario all’Ente Gestore degli alloggi.

È pacifico in atti che la signora Pavesi, assegnataria dell’alloggio, non ha presentato alcuna istanza di ampliamento del nucleo familiare, né di ospitalità a favore della ricorrente. Tale circostanza risulta assorbente rispetto alla natura del rapporto che legava la ricorrente all’assegnatario dell’alloggio, cosicché diventa irrilevante accertare se tra le finalità di reciproca assistenza morale e materiale possano rientrare anche i rapporti di lavoro retribuiti.

Alle stesse conclusioni si perviene ove alla fattispecie si applichi il regolamento regionale 10 febbraio 2004, n. 1 (entrato in vigore dopo la morte dell’assegnatario), perché l’art. 20, pure invocato dalla ricorrente, ha contenuto sostanzialmente analogo alla disciplina dettata dalla deliberazione 16 marzo 1985.

Infatti anche il comma 9 del predetto articolo 20 prevede la presentazione di una domanda di ampliamento all’ente gestore dell’alloggio; la ricorrente pertanto non può dedurre l’impossibilità di adempiere tale onere, a causa del decesso del suo datore di lavoro, perché, come già evidenziato, tale obbligo era già previsto nella disciplina del 1985.

E tale adempimento non costituiva un mero formalismo surrogabile mediante altri elementi di prova in quanto era l’unico mezzo per acquisire in modo certo la volontà dell’assegnatario di estendere a soggetti diversi il beneficio dell’alloggio.

In conclusione il ricorso va respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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