T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 09-05-2011, n. 3958 Indennità di missione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Espone il ricorrente – componente del Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti – di aver chiesto, con istanza del 6 ottobre 1995, che la misura dell’indennità di missione relativa alla sua partecipazione dei lavori del predetto organismo fosse aggiornata all’importo di lire 55.800, con il riconoscimento degli arretrati con decorrenza 9 gennaio 1995; e che la medesima indennità venisse corrisposta per intero anche a fronte di missioni di durata inferiore alle 24 ore, in analogia al trattamento riservato ai componenti togati del Consiglio Superiore della Magistratura.

A fronte della reiterazione della suindicata istanza – intervenuta il 20 gennaio 1997 – il Consiglio di Presidenza della magistratura contabile, nell’adunanza del 2627 maggio 1997, rigettava la richiesta stessa.

Questi i dedotti argomenti di doglianza:

1) Eccesso di potere per violazione di legge.

Osserva in primo luogo il ricorrente che l’art. 18 del Regolamento di amministrazione e di contabilità del C.S.M. prevede due forme di rimborso dell’indennità di missione per i componenti dell’organo di autogoverno residenti fuori Roma:

– la prima, di carattere forfettario;

– la seconda, consistente nel trattamento di missione ordinario, con un previsto importo pari a lire 55.800, spettante in misura intera per qualunque durata di permanenza nella Capitale del componente dello stesso C.S.M.

Nell’osservare come questo Tribunale abbia già avuto modo di pronunziarsi in ordine all’applicabilità della regolamentazione concernente i componenti del C.S.M. nei confronti dei membri del Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti, assume parte ricorrente che l’avversato provvedimento sia illegittimo in ragione della mancata applicazione alla fattispecie dell’art. 18 del regolamento vigente per il C.S.M., sia con riferimento alla misura dell’indennità di missione, sia con riguardo alla mancata corresponsione di quest’ultima in misura intera anche a fronte di periodi di permanenza a Roma inferiori alle 24 ore.

2) Eccesso di potere per contraddittorietà fra provvedimenti.

Nell’osservare come il Consiglio di Presidenza, nell’adunanza del 1718 luglio 1995, abbia deliberato il riconoscimento, in favore dei propri componenti residenti fuori Roma, di un’indennità di missione pari a quella fissata per i membri del C.S.M., assume parte ricorrente la contraddittorietà dell’atto ora gravato rispetto all’indicata precedente determinazione dello stesso organo di autogoverno della magistratura contabile.

Conclude parte ricorrente insistendo per l’accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura e riconoscimento del diritto alla rideterminazione dell’indennità di missione, giusta quanto precedentemente indicato.

L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha eccepito l’infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell’impugnativa.

Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 23 marzo 2011.
Motivi della decisione

Come dalla parte ricorrente osservato nell’atto introduttivo del giudizio, la Sezione ha già avuto modo di affrontare la questione relativa alla determinazione della misura dell’indennità di missione spettante ai componenti del Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti.

Con (pur risalente) pronunzia n. 2153 del 19 dicembre 1991, prendendo spunto dall’indirizzo affermato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 27 del 16 dicembre 1983 (nella quale veniva affermato che "eventuali lacune nella disciplina del trattamento economico delle singole magistrature devono essere colmate… applicando in primo luogo, in via estensiva, e, ove occorra, analogica, le norme dettate per altre magistrature"), si dava atto dell’assenza, quanto alla magistratura contabile, di disposizioni specifiche disciplinanti la materia.

Si concludeva, per l’effetto, per la corresponsione dei gettoni di presenza e dell’indennità di missione nella misura fissata per i componenti togati del Consiglio Superiore della Magistratura.

I presupposti come sopra individuati nella citata sentenza appaiono positivamente riscontrabili anche nel quadro della vicenda all’esame, ove si consideri che nella "sintesi" della discussione e delle determinazioni assunte dal Consiglio di Presidenza della magistratura contabile nell’adunanza del 2627 maggio 2007, tale organismo risulta aver affermato che "potrebbe ipotizzarsi il ricorso ad una regolamentazione autonoma, in luogo dell’applicazione della normativa generale, in materia di indennità di missione".

Tale indicazione conferma – con riferimento all’epoca di insorgenza della controversia – l’assenza di una specifica disciplina di regolamentazione per i componenti del Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti relativamente agli aspetti per cui è controversia: alla quale accede, nella convinta conferma dell’orientamento dalla Sezione come sopra già espresso, l’applicabilità delle pertinenti disposizioni dettate dalla regolamentazione vigente per i componenti togati dell’Organo di autogoverno della magistratura ordinaria.

Se, conseguentemente, le doglianze sotto tale profilo esposte meritano condivisione ed accoglimento – dovendosi, ex converso, disattendere le contrarie argomentazioni (peraltro genericamente) dedotte dall’Avvocatura Generale dello Stato con memoria difensiva depositata il 1° febbraio 2011 – va dato atto della piena operatività, ratione temporis, dell’art. 18 del Regolamento di amministrazione e contabilità del C.S.M., con riveniente applicabilità al caso in esame:

– della misura, ivi prevista, dell’indennità di missione pari a lire 55.800;

– della riconoscibilità della indennità medesima nella misura intera, a prescindere dalla durata del soggiorno a Roma del componente dell’organo di autogoverno, laddove quest’ultimo stabilmente risieda fuori dalla Capitale.

Va poi osservato come lo stesso art. 18 abbia previsto (comma 3) che "è fatta salva la facoltà di optare per l’indennità di missione prevista per le qualifiche indicate al punto 1 della Tabella A allegata alla legge 18 dicembre 1973 n. 836".

Da tale, invero univoca, indicazione è dato inferire che la commisurazione dell’indennità di che trattasi non può trovare elementi di correlazione rispetto alla qualifica rivestita dal componente togato dell’organo di autogoverno; piuttosto spettando – a prescindere, appunto, da tale elemento – in misura unitaria ed indifferenziata, in corrispondenza con le qualifiche alle quali la disposizione regolamentare come sopra ha rinviato.

Deve quindi escludersi la fondatezza della argomentazione, pure esplicitata dalla difesa erariale con il sopra citato scritto difensivo, in ordine alla confutata spettanza dell’indennità di missione (in favore dei componenti togati) nella stessa misura spettante a magistrati con qualifica superiore a quella di appartenenza, atteso che il chiaro disposto dell’applicabile disciplina regolamentare per il C.S.M., mercé l’illustrato rinvio contenuto nell’art. 18, esclude la condivisibilità di tale prospettazione.

I rilievi sopra condotti persuadono il Collegio della piena fondatezza del gravame, al cui accoglimento accede l’annullamento – in parte qua – dell’avversato atto deliberativo; nonché la condanna della Corte dei Conti alla liquidazione, in favore dell’odierno ricorrente, delle somme al medesimo spettanti a titolo di indennità di missione – accresciute, nei limiti di legge, dei maggiori importi per interessi legali e rivalutazione monetaria – alla luce delle indicazioni in precedenza esplicitate.

Va in proposito precisato che la somma spettante a titolo di sorte capitale, non è – diversamente da quanto sopra indicato relativamente agli interessi nella misura di legge – suscettibile di essere implementata della maggiori somme per rivalutazione monetaria, attesa la natura indennitaria dell’emolumento di che trattasi (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, 8 agosto 2006 n. 4785) e la riveniente inassimilabilità della stessa ad una componente retributiva, con accessiva esclusione della rivalutabilità degli importi a tale titolo spettanti (Cons. Stato, sez. IV, 14 aprile 2006 n. 2139 e 30 gennaio 2006 n. 298).

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) accoglie il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, così dispone:

– annulla, in parte qua, l’impugnato atto deliberativo;

– accerta e dichiara il diritto del ricorrente alla riliquidazione degli importi al medesimo spettanti a titolo di indennità di missione, nei limiti di cui in motivazione;

– condanna, per l’effetto, la Corte dei Conti, nella persona del Presidente p.t., alla corresponsione delle somme a tale titolo spettanti, accresciute – nei limiti di legge – dei maggiori importi percon interessi legali e rivalutazione monetariadalla data di maturazione dei crediti vantati e fino all’effettivo soddisfo;

– condanna la Corte dei Conti, nella persona del Presidente p.t., al pagamento delle spese di giudizio in favore del ricorrente R.V. per complessivi Euro 1.500,00 (euro mille e cinquecento/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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