Cass. civ. Sez. I, Sent., 29-08-2011, n. 17666 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con decreto del 10 ottobre 2008, la Corte di Appello di Napoli ha accolto la domanda di equa riparazione proposta da B. C. nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze per la violazione del termine di ragionevole durata del processo, verificatasi in un giudizio dinanzi a Tribunale amministrativo regionale per la Campania.

Premesso che il giudizio presupposto, iniziato nell’anno 1999, non si era ancora concluso, la Corte, per quanto ancora rileva in questa sede, ne ha determinato la ragionevole durata in tre anni, avuto riguardo ai parametri elaborati dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, e, ritenuto che il ritardo nella definizione dei processo avesse causato uno stato di disagio all’istante, in ragione del significato della vicenda giudiziaria nella sua vita sociale, ha liquidato equitativamente il danno non patrimoniale in complessivi Euro 5.300,00, pari ad Euro 1.000.00 per ogni anno di ritardo.

2. – Avverso il predetto decreto il C. propone ricorso per cassazione, articolato in sette motivi. Il Ministero resiste con controricorso.
Motivi della decisione

1. – Con i primi tre motivi d’impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione della L. 24 marzo 2001, n. 89 e dell’art. 6, par. 1, della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo, nonchè l’omessa, insufficiente, contraddittoria o incongrua motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio, censurando il decreto impugnato nella parte in cui ha immotivatamente riconosciuto l’indennizzo soltanto per il periodo di tempo eccedente la ragionevole durata del processo, anzichè per l’intera durata del giudizio presupposto, astenendosi dal disapplicare le norme interne contrastanti con la Convenzione e contravvenendo ai principi enunciali dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

1.1. – I motivi sono infondati.

Ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a), infatti, l’indennizzo per la violazione del termine di ragionevole durata del processo non dev’essere correlato alla durata dell’intero processo, ma al solo segmento temporale eccedente la durata ragionevole della vicenda processuale presupposta, che risulti in punto di fatto ingiustificato o irragionevole. Tale criterio di calcolo appare non solo conforme al principio enunciato dall’art. 111 Cost., il quale prevede che il giusto processo abbia comunque una durata connaturata alle sue caratteristiche concrete e peculiari, seppure contenuta entro il limite della ragionevolezza, ma. come riconosciuto dalla stessa Corte EDU nella sentenza 27 marzo 2003. resa sul ricorso n. 36813/97. non si pone neppure in contrasto con l’art. 6, par. 1, della CEDU, in quanto non esclude la complessiva attitudine della L. n. 89 del 2001 a garantire un serio ristoro per la lesione del diritto in questione (cfr. Cass., Sez. 1^, 23 novembre 2010, n. 23654; 14 febbraio 2008. n. 3716).

2. – Sono parimenti infondati il quarto ed il quinto motivo, con cui il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., nonchè l’omessa, insufficiente, contraddittoria o incongrua motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio, rilevando che la Corte d’Appello ha omesso di pronunciare in ordine alla domanda di riconoscimento del bonus di Euro 2.000,00 dovuto in relazione alla natura del giudizio presupposto, avente ad oggetto un credito retributivo, senza fornire alcuna motivazione.

2.1. – L’inclusione delle cause di lavoro e di quelle previdenziali ed assistenziali nel novero di quelle per le quali la Corte EDU ha ritenuto che la violazione del termine di ragionevole durata possa giustificare il riconoscimento di un importo forfetario aggiuntivo, in ragione della particolare importanza della controversia, non significa infatti che dette cause debbano necessariamente considerarsi particolarmente importanti, con la conseguente automatica liquidazione del predetto maggior indennizzo. Ne consegue da un lato che il giudice di merito può tener conto della particolare incidenza del ritardo sulla situazione delle parti, che la natura della controversia comporta, nell’ambito della valutazione concernente la liquidazione del danno, senza che ciò comporti uno specifico obbligo di motivazione al riguardo, nel senso che il mancato riconoscimento del maggior indennizzo si traduce nell’implicita esclusione della particolare rilevanza della controversia (cfr. Cass., Sez. 1, 3 dicembre 2009, n. 25446; 29 luglio 2009, n. 17684); dall’altro che, ove sia stato negato il riconoscimento di tale pregiudizio, la critica della decisione sul punto non può fondarsi sulla mera affermazione che il bonus in questione spetta ratione materiae, era stato richiesto e la decisione negativa non è stata motivata, ma deve avere riguardo alle concrete allegazioni ed alle prove addotte nel giudizio di merito, che nella specie non sono state in alcun modo richiamate (cfr. Cass., Sez. 1^, 28 gennaio 2010, n. 1893; 28 ottobre 2009, n. 22869).

3. – Sono infine infondati il sesto ed il settimo motivo, con cui il ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 dell’art. 6, par. 1, della CEDU e degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., nonchè l’omessa, insufficiente, contraddittoria o incongrua motivazione circa un fatto controversivo per il giudizio, censurando il decreto impugnato nella parte in cui. nonostante l’accoglimento della domanda, ha dichiarato parzialmente compensate tra le parti le spese processuali, senza un’adeguata motivazione.

3.1. – Il giudizio in esame è stato instaurato in data successiva al 1 marzo 2006 ma precedente al 4 luglio 2009, e ad esso si applica pertanto l’art. 92 cod. proc. civ., comma 2, nel testo modificato dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a), ed anteriore all’ulteriore modifica introdotta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 11, il quale, nel richiedere l’esplicita indicazione, nella motivazione, dei giusti motivi che, al di fuori dei casi di soccombenza reciproca, giustificano la compensazione totale o parziale delle spese processuali, non impone l’adozione di motivazioni specificamente riferite a tale provvedimento, purchè le ragioni poste a fondamento dello stesso siano chiaramente e inequivocabilmente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito (cfr. Cass., Sez. 3^, 30 marzo 2010, n. 7766; Cass., Sez. lav., 31 luglio 2009, n. 17868).

Nella specie, peraltro, tale operazione ricostruttiva non appare neppure necessaria, in quanto la scelta compiuta attraverso la parziale compensazione delle spese processuali è stata espressamente giustificata dalla Corte d’Appello evidenziando la natura della controversia e la complessa e non univoca elaborazione giurisprudenziale di cui sono state oggetto le questioni affrontate, il riferimento alle quali, traducendosi in una motivazione idonea a sorreggere la decisione ed immune da vizi logico-giuridici, si sottrae al sindacato di questa Corte.

4. Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, e condanna C.B. al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in Euro 900,00 per onorario, oltre alle spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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