T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 09-05-2011, n. 3954 Annullamento dell’atto in sede giurisdizionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

In data 10 agosto 2009, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, avviava, ai sensi dell’articolo 27, comma 3, del Codice del Consumo, un procedimento istruttorio nei confronti della CAV (C.A.V. S.p.A.), esteso il 3 novembre 2009 nei confronti dell’odierna ricorrente volto a verificare "la presunta scorrettezza del comportamento posto in essere dalle società CAV e A., consistente nell’aver omesso o fornito in modo gravemente incompleto e, comunque, intempestivo notizie circa l’intenso flusso di traffico, l’esistenza di rallentamenti e di incolonnamenti di assoluta rilevanza che il giorno sabato 1° agosto 2009 hanno determinato significativi disagi e finanche ostacoli alla circolazione automobilistica sul Passante di Mestre, direzione Trieste."

In particolare, secondo l’Autorità "in mancanza di adeguate e tempestive informazioni, i consumatori non hanno potuto assumere una decisione consapevole circa la scelta di transitare su tale tratto autostradale, pagando il relativo pedaggio, rispetto all’utilizzo di percorsi alternativi, quale la cd. Tangenziale di Mestre (A57) o la viabilità ordinaria. Il servizio di transito sulle tratte autostradali consiste, infatti, nel permettere ai consumatori un percorso su più carreggiate dedicate ad un solo senso di marcia, senza interruzioni e con superiori limiti di velocità e, quindi, decisamente più veloce per mediolunghe percorrenze rispetto alla viabilità ordinaria".

Il procedimento è stato avviato sulla scorta dell’assunto secondo cui "rientra… negli obblighi di diligenza normalmente spettanti al concessionario quello di fornire all’utenza con tempestività ogni informazione in merito ad eventuali circostanze che limitino o impediscano tale specifica fruizione del servizio autostradale. Dalle informazioni raccolte, i disagi subiti dai consumatori sarebbero stati, peraltro, amplificati dall’assenza di aree di servizio nel tratto autostradale in considerazione."

Con memoria pervenuta il 16 novembre 2009, A. svolgeva le proprie argomentazioni difensive e rispondeva alla richiesta di informazioni nei confronti della medesima formulata dalla procedente Autorità.

In data 18 novembre 2009 veniva comunicato alle parti il termine di chiusura della fase istruttoria, fissato al 30 novembre 2009.

Con il provvedimento impugnato l’Autorità deliberava che la pratica oggetto di esame "posta in essere dalle società C.A.V. – CAV S.p.A. e Società delle A.D.V.E.P. S.p.A., costituisce, per le ragioni e nei limiti esposti in motivazione, una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20 e 22 del Codice del Consumo" vietandone nel contempo l’ulteriore diffusione.

L’Autorità irrogava altresì nei confronti di entrambi le parti una sanzione amministrativa pecuniaria pari ad euro 150.000.

Avverso siffatte determinazioni insorge A.D.V.E.P., deducendo i seguenti argomenti di censura:

1) Violazione e falsa applicazione di legge. Violazione della Direttiva 29/2005/CE e dei principi generali ad essa sottesi. Violazione dei principi e dei presupposti applicativi del Codice del Consumo di cui al D.Lgs. 6 settembre 2005 n. 206, adottato in attuazione della suindicata Direttiva: in particolare, violazione e falsa applicazione degli artt. 18, 20, 22, 27 e 101.

Parte ricorrente evidenzia come, secondo l’Autorità, la diligenza attesa da parte di una impresa concessionaria comporta che la stessa provveda a gestire i flussi di traffico proprio nei momenti di criticità, adottando misure specifiche di informazione e gestione del traffico medesimo. "Ciò, in particolare, con riferimento ad una direttrice autostradale che presentava specifici aspetti di criticità ed intensamente attraversata durante il periodo estivo, in corrispondenza dei tradizionali esodi" (punto 71 del provvedimento).

Secondo parte ricorrente la condotta addebitata, però, risulta estranea alle fattispecie disciplinate dal Codice del Consumo. Infatti (anche a volere ritenere provato l’addebito relativo all’episodio oggetto di analisi da parte dell’Autorità) essa non configura una "pratica commerciale", non vertendosi in ordine alla "promozione, vendita o fornitura di un prodotto".

2) Eccesso di potere: difetto di istruttoria, travisamento, carente ed illogica motivazione. Difetto di legittimazione sostanziale passiva di A.. Violazione degli artt. 310 della legge 241/1990, nonché del Regolamento di procedura adottato dall’Autorità in tema di procedure istruttorie.

Dato preliminarmente atto della eccezionalità degli eventi che hanno condotto, nella giornata del 1° agosto 2009, al verificarsi di numerosi rallentamenti che hanno congestionato il traffico veicolare sull’arteria autostradale di che trattasi, assume parte ricorrente che la censura nei confronti della medesima mossa da AGCM con riferimento alle carenze informative verso l’utenza sia del tutto infondata: sotto tale profilo assumendosi che AGCM non abbia tenuto conto delle osservazioni dalla ricorrente stessa formulate in ambito endoprocedimentale.

La società ricorrente evidenzia, inoltre, che all’epoca dei fatti faceva capo alla società CAV l’esercizio delle funzioni di indirizzo, controllo e coordinamento relativamente al tratto autostradale in discorso.

3) Sulla sanzione pecuniaria. Violazione dell’art. 27 del D.Lgs. 206/2005 in combinato con l’art. 101 del Codice del Consumo, nonché dell’art. 11 della legge 689/1981 e dei principi generali della legge sulla depenalizzazione. Violazione del principio di tassatività dell’illecito amministrativo e di proporzionalità della sanzione. Violazione del principio del ne bis in idem. Eccesso di potere per carenza, contraddittorietà della motivazione ed ingiustizia manifesta.

Nel ribadire l’assenza dei presupposti al fine di configurare nella condotta di A. gli estremi dell’illiceità, contesta parte ricorrente anche la gravità della responsabilità alla medesima ascritta dall’Autorità, per l’effetto assumendo l’illegittimità della commisurazione della inflitta misura sanzionatoria.

Si è costituita in giudizio l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, analiticamente controdeducendo alle censure proposte con il presente mezzo di tutela ed insistendo, conclusivamente, per la reiezione del gravame.

Analoghe conclusioni sono state, altresì, rassegnate da C.A.V. (CAV) S.p.A., parimenti costituitasi in giudizio.

Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 20 aprile 2011.
Motivi della decisione

1. La controversia in esame trae origine dall’istruttoria avviata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per verificare la presunta scorrettezza del comportamento posto in essere dalle società CAV e A. (odierna ricorrente) "consistente nell’aver omesso o fornito in modo gravemente incompleto e, comunque, intempestivo notizie circa l’intenso flusso di traffico, l’esistenza di rallentamenti e di incolonnamenti di assoluta rilevanza che il giorno sabato 1° agosto 2009 hanno determinato significativi disagi e finanche ostacoli alla circolazione automobilistica sul Passante di Mestre, direzione Trieste."

Nella delibera impugnata, dopo una analitica ricostruzione degli avvenimenti del 1° agosto 2009, l’Autorità ha individuato, tra i soggetti responsabili di quanto accaduto, anche l’attuale ricorrente Società A.D.V.E.P..

Ad essa, in quanto concessionaria del tratto autostradale, spettava "predisporre un’adeguata informazione all’utenza e procedere alla gestione delle criticità di traffico. Inoltre, sebbene sulla base della Convenzione stipulata con A. le informazioni sulla viabilità fossero raccolte da quest’ultima, restavano comunque in capo a CAV "le funzioni di indirizzo, controllo e coordinamentò e, quindi, in ultima analisi, la responsabilità sui servizi relativi alla viabilità, del centro operativo e per l’informazione all’utenza nel tratto autostradale del Passante di Mestre".

Secondo l’Autorità, inoltre "Le risultanze istruttorie evidenziano l’assoluta carenza informativa resa dai professionisti all’utenza in transito e in avvicinamento al Passante in merito alle condizioni di viabilità e soprattutto circa le notevoli situazioni di criticità che si sono verificate il giorno 1° agosto 2009".

In particolare "le informazioni sulla situazione del traffico sul Passante di Mestre non sono state comunicate all’utenza in modo completo e tempestivo né attraverso i P.M.V. dislocati sul tratto dell’A4 in avvicinamento al Passante, né sui P.M.V. posti lungo il Passante di Mestre e neppure attraverso i bollettini radiofonici diffusi dalle stazioni radio locali (su tale tratto non è operativo il servizio Isoradio."

Da un lato "le informazioni diffuse da A. sui P.M.V. dislocati sul tratto dell’A4 in avvicinamento al Passante, risultano assolutamente incomplete e comunque intempestive rispetto al quadro informativo dettagliato sulla situazione di traffico a disposizione dei professionisti".

Ad esempio, prosegue l’Autorità "già tra la mezzanotte e l’una di notte del 1° agosto 2009 era chiaro il formarsi di una situazione critica con lunghe code sul passante, ma A. ha atteso che la coda aumentasse fino a 15 Km per inserire sui P.M.V. installati in avvicinamento al Passante l’informazione generica – senza specificazione della lunghezza e senza alcuna indicazione di percorsi alternativi -"lunga coda direzione Trieste". Si rileva, altresì, come tale messaggio sia rimasto invariato fino ad oltre le 09:30, nonostante dalle 06:00 A. fosse a conoscenza del fatto che la coda sul Passante aveva raggiunto i 25 Km e alle 08:50 la coda aveva raggiunto i 31 Km. Solo alle 09:56 quando la coda sul Passante aveva abbondantemente superato i 30 Km di lunghezza veniva inserito sui P.M.V. in avvicinamento l’indicazione di deviare sulla Tangenziale di Mestre attraverso l’indicazione "per Trieste seguire l’A57 direzione Venezia", senza, tuttavia, indicare la causale ovvero la lunghezza della coda, e solo alle 11:45 fino alle 15:45 l’indicazione "A4 bloccata deviare per Venezia".

L’Autorità ha poi soggiunto che "Con riferimento specifico ai passeggeri già in transito sul Passante, le risultanze (cfr. paragrafo 31) hanno evidenziato l’assenza di qualsiasi informazione inserita sui sette P.M.V. dislocati lungo il suo percorso, nonostante CAV disponesse di puntuali e tempestive informazioni circa l’estrema criticità delle condizioni di traffico già a partire dalla mezzanotte del 1° agosto 2009. La riscontrata totale omissione di informazioni sulla viabilità appare, peraltro, ulteriormente aggravata dalla situazione di estremo disagio in cui si sono trovati i passeggeri in transito sul Passante, in assenza di aree di servizio lungo l’intero tragitto del Passante e di presidi di ristoro e soccorso meccanico."

Riguardo poi ai bollettini del traffico "diffusi ogni ora ("al punto ora") su cinque stazioni radio locali e sulla base delle informazioni fornite da CAV e A. alla S.U.S., essi, anche a voler prescindere dalla loro effettiva idoneità a coprire l’intero percorso del Passante, presentano un contenuto troppo generico. A titolo esemplificativo, si consideri che, nonostante poco prima dell’una di notte del 1° agosto 2009 la coda sul Passante avesse già raggiunto i 10 Km di lunghezza, i bollettini radiofonici diffusi ai notiziari delle 01:00 e alle 02:00 si sono limitati alla sola informazione: "code Preganziol allacciamento A4/A/57 causa traffico" modificata alle 02:00 con riguardo alla causa (causa incidente) che si ripete in termini del tutto analoghi nei bollettini diffusi nelle due ore seguenti, quando la coda aveva già raggiunto i 15 Km di lunghezza."

La non tempestività e l’incompletezza delle informazioni fornite all’utenza nel corso dell’intera giornata del 1° agosto 2009 da parte di entrambe le società, risultano confermate, secondo l’Autorità "da quanto rappresentato e deciso nelle riunioni istituzionali indette dopo il verificarsi delle descritte situazioni di criticità sul Passante proprio al fine di apprestare procedure e interventi idonei a scongiurare il ripetersi di simili eventi in corrispondenza dei successivi esodi estivi. In particolare, dalla riunione indetta dal Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell’Interno il 5 agosto 2009, emerge espressamente la necessità "che le società concessionarie(i.e. CAV e A.) divulghino messaggi su P.M.V. che garantiscono informazioni sulla viabilità con congruo anticipo"e di non attendere il formarsi dei citati 15 Km di coda per procedere alla chiusura del Passante, ma di governare gli eventi con maggior anticipo e di vagliare possibili percorsi alternativi al Passante. Le società sono state anche invitate "a sensibilizzare le rispettive strutture periferiche perché curino la comunicazione con giornali e radio locali".

L’Autorità precisa, infine, che "la diligenza attesa da parte di un’impresa concessionaria comporta che la stessa provveda a gestire i flussi di traffico soprattutto nei momenti di criticità, adottando specifiche misure di informazione e gestione del medesimo traffico (ad esempio con misure di deviazione e orientamento dello stesso). Ciò, in particolare, con riferimento ad una direttrice autostradale che presentava specifici aspetti di criticità e intensamente attraversata durante il periodo estivo in corrispondenza dei tradizionali esodi.". L’inadeguatezza, sotto tale profilo, della condotta di entrambe le concessionarie troverebbe conferma "anche nell’ambito della riunione tenutasi presso il Ministero degli Interni, dove è stata sottolineata l’incapacità di gestire con anticipo situazioni emergenziali deviando il traffico verso direzioni alternative secondo un piano di governo già previsto nel Piano nazionale di viabilità. D’altra parte la necessità ed efficacia di tali misure gestionali ha scongiurato il ripetersi dei medesimi disagi nel corso del successivo fine settimana, quando il flusso tra il Passante e la Tangenziale è stato ripartito con il giusto anticipo ed è stata adottata con altrettanto successo la decisione di deviare il traffico in direzione di Jesolo sul raccordo dell’aeroporto Marco Polo".

L’assenza di una sufficiente diligenza da parte di CAV e A. "emerge ed è aggravata anche dalla mancata previsione di piani di gestione del traffico e, nello specifico, di misure idonee ad assistere l’utenza che si trovava bloccata, in piena estate, su un tratto autostradale privo di aree di sosta e ristoro".

La carente gestione di tali aspetti "appare non giustificabile se si considera che era nota, soprattutto ai professionisti, l’intensità del traffico sul tratto autostradale in questione e, quindi, il rischio di situazioni di criticità che proprio la realizzazione del Passante di Mestre è diretta a risolvere o attenuare decongestionando il traffico in un’arteria autostradale fondamentale per la viabilità non solo nazionale".

L’Autorità rimarca, infine, che quanto è accaduto "è riconducibile a precise responsabilità, sia informative che di gestione del traffico, da parte di CAV e A., che avrebbero potuto ripetersi in analoghe situazioni di criticità se, per effetto di pressioni esterne, non fossero state predisposte idonee misure di intervento".

2. Ai sensi dell’art. 18 del D.Lgs. 6 settembre 2005 n. 206 (come modificato dal D.Lgs. 2 agosto 2007 n. 146), "per le finalità considerate dal Titolo III" (Pratiche commerciali, pubblicità ed altre informazioni commerciali), si intende per:

– "professionista": qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche commerciali oggetto del presente titolo, agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisce in nome o per conto di un professionista;

– "prodotto": qualsiasi bene o servizio, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni;

– "pratiche commerciali tra professionisti e consumatori": qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori;

– "falsare in misura rilevante il comportamento economico dei consumatori": l’impiego di una pratica commerciale idonea ad alterare sensibilmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole, inducendolo pertanto ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

Il successivo art. 19 puntualizza, poi, che le disposizioni contenute nel Titolo anzidetto trovano applicazione alle pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori poste in essere prima, durante e dopo un’operazione commerciale relativa a un prodotto.

Il comma 2 dell’art. 20 stabilisce, quindi, che "una pratica commerciale è scorretta se è contraria alla diligenza professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori"; mentre il successivo comma 4 individua come scorrette le pratiche commerciali:

– ingannevoli di cui agli articoli 21, 22 e 23

– aggressive di cui agli articoli 24, 25 e 26.

In particolare, ai sensi dell’art. 22 "è considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omette informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induce o è idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso".

Secondo l’art. 24 "È considerata aggressiva una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, mediante molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica o indebito condizionamento, limita o è idonea a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e, pertanto, lo induce o è idonea ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso".

Gli articoli 23 e 26, descrivono, infine, le pratiche che sono considerate in ogni caso ingannevoli e/o aggressive.

2.1. Per quanto qui interessa, giova anche ricordare, che, ai fini dell’applicazione delle norme in materia di contrasto alle pratiche commerciali scorrette, per "pratica commerciale" si intende non già un comportamento, sporadico ed isolato, adottato dal professionista nei confronti del consumatore, bensì prassi, protocolli ovvero stili di condotta, suscettibili di ripetersi nel tempo, in quanto espressione di una determinata organizzazione ovvero strategia di impresa.

Sebbene, infatti, la direttiva 2009/25/CE faccia generico riferimento a "qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresi la pubblicità e il marketing, posta in essere da un professionista", deve pur sempre trattarsi di atti posti in essere nel "quadro di un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale" e direttamente connessi alla "promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori".

L’elaborazione di una disciplina comune di tutela dei consumatori nei confronti di quelle azioni in grado di alterare il comportamento economico dei consumatori, allo scopo di "contribuire al corretto funzionamento del mercato interno e al conseguimento di un livello elevato di tutela dei consumatori mediante l’armonizzazione delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di pratiche commerciali sleali lesive degli interessi economici dei consumatori" (art. 1 della direttiva), come pure l’attività di "enforcement" affidata alle Autorità nazionali (giurisdizionali e/o amministrative), non avrebbe molto senso qualora dovesse intendersi come riferita anche a singoli atti, sia pure aventi le caratteristiche di slealtà in precedenza indicate, che non siano anche espressione di una più generale organizzazione (ovvero, disfunzione) di impresa, e, per i quali, pertanto, i comuni rimedi contrattuali, ovvero l’applicazione della pertinente disciplina di settore, appaiono del tutto adeguati.

L’attività di "public enforcement" (affidata, in Italia, all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato), tende invece (come più volte affermato dalla Sezione (cfr. le sentenze nn. 5625, 5627, 5628 e 5629 del 15 giugno 2009, nonché n. 6446 del luglio 2009, caso PS24/Fatturazione per chiamate satellitari; n. 8399 dell’8 settembre 2009, caso PSI1874/Enel/Energia/Bolletta gas; n. 8400 dell’8 settembre 2009, caso PSI/Prezzi bloccati elettricità), ad individuare lo standard di diligenza, a cui, nel caso concreto, il professionista deve ispirarsi in funzione della salvaguardia del "consumatore medio".

Quest’ultimo rappresenta un modello giuridico astratto, ispirato dal principio di proporzionalità, e, come tale, idoneo ad operare un effettivo bilanciamento tra l’esigenza di libera circolazione delle merci e dei servizi e il diritto del consumatore a determinarsi consapevolmente in un mercato concorrenziale.

Il nuovo quadro di tutela offerto dal Codice del Consumo viene quindi ad aggiungersi, da un lato, ai normali strumenti di tutela contrattuale (attivabili dai singoli), dall’altro, a quelli derivanti dall’esistenza di specifiche discipline in settori oggetto di regolazione.

Le norme in materia di contrasto alle pratiche commerciali sleali richiedono ai professionisti l’adozione di modelli di comportamento in parte desumibili da siffatte norme, ove esistenti, in parte dall’esperienza propria del settore di attività, nonché dalla finalità stessa di tutela perseguita dal Codice del Consumo, purché, ovviamente, siffatte condotte siano dagli stessi concretamente esigibili, in un quadro di bilanciamento, secondo il principio di proporzionalità, tra l’esigenza di libera circolazione delle merci e dei servizi e il diritto del consumatore a determinarsi consapevolmente in un mercato concorrenziale, secondo la logica alla base del modello, pur esso di derivazione comunitaria, del c.d. consumatore medio.

Va ancora soggiunto che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha costantemente interpretato il concetto di "pratica commerciale" nel senso sopra indicato.

Nei numerosi casi vagliati dalla Sezione, gli specifici episodi oggetto di esame (per lo più segnalati dai singoli consumatori, o dalle loro Associazioni), sono stati sempre riguardati come "sintomatici" di un protocollo di comportamento del professionista (ad esempio nella promozione del prodotto o servizio, nell’acquisizione del consenso, ovvero nella predisposizione delle condizioni generali di contratto e dei modelli di stipulazione).

Anche nel caso in esame, l’Autorità si è posta il problema della potenziale "reiterabilità" della condotta sanzionata e ha precisato che il proprio intervento è giustificato dalla circostanza che le carenze nella gestione del traffico, da parte di CAV e A., "avrebbero potuto ripetersi in analoghe situazioni di criticità se, per effetto di pressioni esterne, non fossero state predisposte idonee misure di intervento".

3. Ciò posto è possibile complessivamente apprezzare la consistenza delle censure dedotte, la principale delle quali concerne la sussumibilità della fattispecie in esame tra quelle disciplinate dal Codice del Consumo sotto un duplice profilo.

Se, da un lato, viene evidenziato che eventuali carenze od omissioni, qualora sussistenti, potrebbero semmai integrare violazioni degli obblighi assunti nell’ambito del rapporto concessorio in essere con ANAS, d’altro canto osserva la ricorrente come l’Autorità non avrebbe compiutamente dimostrato che gli eventi del 1° agosto 2009, siano effettivamente sintomatici dell’esistenza di una "pratica commerciale", alla medesima ascrivibile.

3.1. Non può in primo luogo condividersi l’assunto secondo cui una società concessionaria di pubblico servizio non possa qualificarsi quale "professionista" ai sensi del Codice del Consumo.

E’ noto, infatti, che tratti caratteristici della concessione di servizi sono, da un lato, l’esistenza di un "rapporto trilaterale che interessa l’amministrazione, il concessionario e gli utenti del servizio" (Cons. St., sez. V, 30 aprile 2002 n. 2294), dall’altro, "l’assunzione da parte del concessionario del rischio connesso alla gestione dei servizi cui è strumentale l’intervento realizzato, in relazione alla tendenziale capacità dell’opera di autofinanziarsi, ossia di generare un flusso di cassa derivante dalla gestione che consenta di remunerare l’investimento effettuato" (così l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, Determinazione 11 marzo 2010, n. 2, con specifico riguardo alle concessioni di lavori pubblici, tra le quali rientrano, pacificamene, anche le concessioni autostradali).

Non appare, dunque, seriamente contestabile che la gestione di una infrastruttura stradale costituisca un’attività economicamente rilevante e quindi idonea a generare un reddito, potenzialmente utile tanto a recuperare l’investimento profuso nella costruzione dell’infrastruttura che a remunerare il capitale.

L’interesse economico di cui parte ricorrente (nonché quella interveniente) contestano l’effettiva sussistenza, è dunque in re ipsa, posto che, come ovvio, le concessionarie autostradali non sono enti di beneficenza e svolgono la loro attività sulla base, anche, di un piano economico – finanziario, tale da conseguire, nel tempo, quantomeno l’equilibrio di gestione.

Con precipuo riguardo alle categorie contemplate del Codice del Consumo, rileva il Collegio che il servizio oggetto di analisi da parte dell’Autorità altro non è che l’accesso, a pagamento, al tratto autostradale, in relazione al quale, nei rapporti con gli utenti, è individuabile in capo alla ricorrente la qualità di "professionista".

E’ poi irrilevante (al fine di escludere, in astratto, la competenza, in materia, di AGCM) che, per quanto concerne il lato interno del rapporto concessorio, l’Ente di Settore (in questo caso, l’Ispettorato Vigilanza Concessioni Autostradali dell’Anas) abbia adottato una specifica ed autonoma sanzione.

La Sezione ha, ormai numerose volte, evidenziato che la circostanza che il professionista operi in un settore regolato, oggetto di disciplina da parte di altra Autorità indipendente (o comunque di altra pubblica amministrazione) a ciò specificamente preposta, non esclude la possibilità di un concorrente intervento dell’Autorità antitrust (cfr., TAR Lazio, sez. I, 19 maggio 2010 n. 12277 – Carta Accord).

Si è in particolare precisato che solo nell’ipotesi in cui si delinei un contrasto tra la disciplina di un settore affidato alla vigilanza di una Autorità di regolazione e il modello di "professionista diligente", così come declinato dall’Autorità antitrust, deve farsi applicazione delle norma di chiusura di cui all’art. 19, comma 3, Codice del Consumo (secondo la quale la disciplina di settore prevale, appunto, solo in caso di contrasto).

Tale funzione si svolge però mediante l’apposizione di regole a monte, ed una eventuale attività sanzionatoria, a valle, limitata all’applicazione delle regole poste dalla stessa Autorità, mentre la tutela apprestata dall’Autorità antitrust opera con una tecnica del tutto diversa da quella affidata alle Autorità di settore. Si tratta, come osservato in dottrina, di attività di "adjudication", ovvero dell’ "accertamento in concreto della conformità o meno dei comportamenti delle imprese ai precetti generali" e della eventuale applicazione di sanzioni.

La "completezza" della normativa settoriale non può, inoltre, essere predicata in astratto ma va verificata nei casi concreti, in quanto, come ovvio, non potrà mai esservi una disciplina regolatoria che colga interamente la complessità del reale; né siffatta disciplina è effettivamente auspicabile, posto che, come noto, anche l’eccesso di regolazione può avere effetti controproducenti sulla concorrenzialità del mercato.

In questa prospettiva, la disciplina recata dal Codice del Consumo appare in grado non già di "completare" una disciplina di settore bensì il "quadro" complessivo dei poteri pubblici, sanzionatori e di enforcement, posti dall’ordinamento a tutela dei consumatori.

Il Codice delinea, infatti, un modello astratto di professionista diligente, la cui osservanza va verificata in concreto, come già chiarito, non solo alla stregua della disciplina di settore, ma anche dell’esperienza propria del settore di attività del professionista e delle finalità di tutela perseguita dal Codice stesso.

3.2. Il Collegio reputa invece suscettibile di condivisione l’ulteriore rilievo secondo cui l’Autorità non ha, nel caso di specie, compiutamente dimostrato l’esistenza di una vera e propria "pratica commerciale", avente i caratteri delineati al paragrafo 2.1. della presente decisione.

Rileva in particolare che, sebbene l’Autorità abbia imputato, genericamente, alla ricorrente, anche l’omessa adozione di "piani di gestione del traffico" (par. 73), nel corpo del provvedimento non vi è traccia di una compiuta istruttoria in tal senso, né in ordine all’efficacia dei sistemi monitoraggio e gestione delle emergenze operati dalla società A. sulla base della convenzione con CAV.

Nel corpo del provvedimento, infatti, viene svolta, sostanzialmente, solo una dettagliatissima analisi degli eventi verificatisi il 1° agosto 2009, la quale, però, ancorché utile a ricostruire il quadro delle responsabilità di quel giorno (sul piano civilistico ed amministrativo), non è tuttavia sufficiente a comprovare, di per sé, che gli episodi in questione siano anche il sintomo di una più generale inadeguatezza organizzativa delle società concessionarie e dell’inesistenza di efficienti "protocolli" di gestione delle emergenze, tale da giustificare l’intervento sanzionatorio di AGCM a tutela del consumatore.

L’Autorità ha in particolare evidenziato:

– che, sebbene "gli elementi acquisiti dimostrino che CAV e A. avessero la disponibilità di precise informazioni circa l’esistenza delle diverse criticità sul Passante e, in particolare, circa la presenza e la lunghezza delle code, il loro evolversi, l’esistenza di incidenti, con identica evidenza risulta come tali informazioni non siano state adeguatamente rese all’utenza sia a quella in transito, che a quella in avvicinamento sul Passante di Mestre"(par. 60);

– che le "informazioni sulla situazione del traffico sul Passante di Mestre non sono state comunicate all’utenza in modo completo e tempestivo né attraverso i P.M.V. dislocati sul tratto dell’A4 in avvicinamento al Passante, né sui P.M.V. posti lungo il Passante di Mestre e neppure attraverso i bollettini radiofonici diffusi dalle stazioni radio locali (su tale tratto non è operativo il servizio Isoradio)." (par. 62);

– che la "non tempestività e l’incompletezza delle informazioni fornite all’utenza nel corso dell’intera giornata del 1° agosto 2009 da parte di entrambe le società, risultano confermate da quanto rappresentato e deciso nelle riunioni istituzionali indette dopo il verificarsi delle descritte situazioni di criticità sul Passante proprio al fine di apprestare procedure e interventi idonei a scongiurare il ripetersi di simili eventi in corrispondenza dei successivi esodi estivi. In particolare, dalla riunione indetta dal Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell’Interno il 5 agosto 2009, emerge espressamente la necessità "che le società concessionarie(i.e. CAV e A.) divulghino messaggi su P.M.V. che garantiscono informazioni sulla viabilità con congruo anticipo"e di non attendere il formarsi dei citati 15 Km di coda per procedere alla chiusura del Passante, ma di governare gli eventi con maggior anticipo e di vagliare possibili percorsi alternativi al Passante. Le società sono state anche invitate "a sensibilizzare le rispettive strutture periferiche perché curino la comunicazione con giornali e radio locali" (par. 67);

– che "a seguito della riunione tecnica tenutasi il 6 agosto 2009 presso la Prefettura di Venezia, i rappresentanti delle società CAV e A., hanno convenuto di predisporre misure per implementare l’informazione ai viaggiatori, attraverso: (i) la competenza per il coordinamento degli interventi della Sala Operativa di A. alla quale si raccorderanno le Sale operative delle altre concessionarie e delle forze dell’ordine nazionali e locali e i Vigili del Fuoco per garantire un’immediata e tempestiva circolarità delle informazioni su ogni criticità e (ii) il potenziamento della segnaletica fissa indicante le località balneari nei pressi dell’uscita Venezia est." (par. 68).

Più in generale, quale modello di comportamento delle società concessionarie delle autostrade, conforme al Codice del Consumo, l’Autorità ha individuato la "capacità di gestire i flussi di traffico soprattutto nei momenti di criticità, adottando specifiche misure di informazione e gestione del medesimo traffico (ad esempio con misure di deviazione e orientamento dello stesso). Ciò, in particolare, con riferimento ad una direttrice autostradale che presentava specifici aspetti di criticità e intensamente attraversata durante il periodo estivo in corrispondenza dei tradizionali esodi." (par. 72), aggiungendo altresì che "Quanto precede non solo conferma la necessità di un intenso coordinamento tra le società interconnesse con il Passante e, quindi, anzitutto tra A. e CAV e tra queste e con le forze dell’ordine e dei Vigili del fuoco, ma anche la grave assenza di efficienti e tempestivi piani di gestione del traffico, con conseguente violazione dell’obbligo di diligenza professionale gravante normalmente sui professionisti.".

3.2.1. Premesso l’indubbia condivisibilità di quanto fatto rilevare dall’Autorità circa lo standard di diligenza richiesto alle imprese concessionarie di un pubblico servizio, nel caso concreto, tuttavia, essa non si è peritata di valutare l’idoneità in sé dei sistemi di monitoraggio e gestione delle informazioni all’utenza utilizzati da Autovedp (ad. es., la rete telematica di collegamento tra i centri di controllo dei vari soggetti coinvolti nelle situazioni di emergenza, la pubblicazione dei messaggi di preavviso sui pannelli P.M.V., la pubblicazione dei bollettini radiofonici"), avendo operato, per così dire, una inversione logica.

In particolare, ha tratto la conclusione relativa ad una incapacità strutturale delle società concessionarie "di gestire con anticipo situazioni emergenziali", essenzialmente dalle decisioni assunte, nell’immediatezza degli eventi, nella riunione indetta dal Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell’Interno il 5 agosto 2009.

Tali decisioni, però, hanno semplicemente messo in luce, la necessità "che le società concessionarie divulghino messaggi su P.M.V. che garantiscono informazioni sulla viabilità con congruo anticipo", senza "attendere il formarsi dei citati 15 Km di coda per procedere alla chiusura del Passante" e che, quindi, in sostanza, governino "gli eventi con maggior anticipo".

Si tratta, tuttavia, di semplici e logici suggerimenti pratici, scaturiti non già dall’analisi dell’inidoneità in sé dei sistemi di gestione del traffico e delle emergenze, ma dalla concreta attuazione datane quel giorno (ad esempio, il contenuto ambiguo e incompleto dei bollettini radiofonici diffusi; l’indicazione, con eccessivo ritardo, dei percorsi alternativi; la disattivazione dei PMV fissi installati lungo il Passante), la quale, seppure ascrivibile alla responsabilità delle società concessionarie (civilistica ed amministrativa, stante la violazione degli obblighi inerenti il rapporto concessorio con Anas), non è necessariamente anche indizio di una "pratica" scorretta, sanzionabile dall’Autorità ai sensi del Codice del Consumo.

Gli elementi in precedenza evidenziati, non sono, in definitiva, concludenti, soprattutto ove si consideri che il Passante è infrastruttura di nuova costruzione, per la quale, all’epoca, non si possedevano dati storici circa i flussi di traffico e i comportamenti dell’utenza.

Sicché, semmai, come esattamente rilevato dalla società ricorrente, proprio il fatto che la stessa si sia immediatamente adoperata, unitamente agli altri soggetti pubblici e privati coinvolti, al fine di individuare accorgimenti idonei ad evitare ulteriori criticità di tale genere, ne denota il pronto adeguamento a tali dati di esperienza.

Sotto altro profilo, la necessità (in particolare, ai fini dell’elaborazione di percorsi alternativi) che vengano coinvolte non solo le società concessionarie dei tratti autostradali contermini, ma anche le amministrazioni pubbliche competenti, pone in luce una ulteriore carenza istruttoria del procedimento, in quanto l’Autorità avrebbe dovuto verificare, al fine di valutare l’efficienza organizzativa di A.D.V.E.P. nella gestione dei flussi di traffico, anche l’incidenza delle azioni di coordinamento rimesse alle pubbliche autorità.

Se è ben vero che quest’ultima aveva sottoscritto, nel 2005, un accordo con la Polizia Stradale, al fine di individuare percorsi alternativi (anteriormente, quindi, all’apertura del Passante), e che tale accordo è stato aggiornato solo in seguito agli eventi del 1° agosto 2009, non è tuttavia chiaro, però (né l’Autorità ha condotto approfondimenti in tal senso), a quale soggetto competesse l’iniziativa di promuovere l’aggiornamento dei piani.

E, d’altro canto, se la mancata predisposizione di adeguati strumenti di controllo in ordine ai servizi esternalizzati, rappresenta indubbiamente una condotta non conforme al "normale grado della specifica competenza ed attenzione che ragionevolmente i consumatori attendono da un professionista nei loro confronti rispetto ai principi generali di correttezza e di buona fede nel settore di attività del professionista" (cfr. l’art. 18, comma 1, lett. h) del Codice del Consumo), non risulta tuttavia aver formato oggetto di compiuta analisi, da parte dell’Autorità, l’efficacia delle azioni di controllo predisposte nel quadro più generale dei sistemi di gestione del traffico e delle emergenze.

4. In definitiva, per quanto appena argomentato, il ricorso merita accoglimento.

Le spese seguono come di regola la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in premessa, lo accoglie, e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato alla rifusione delle spese di giudizio in favore della società ricorrente, spese che si liquidano, complessivamente, in Euro 3.000,00 (euro tremila/00); compensa le spese di lite – in presenza di ravvisati giusti motivi – con riferimento a CAV S.p.A., parimenti costituitasi in giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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