Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 19-04-2011) 06-05-2011, n. 17756

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 25.5.2009, il Tribunale di Napoli, fra l’altro, dichiarò:

S.B. responsabile dei reati di rapina aggravata (capo A), tentata rapina aggravata (capo B), violenza privata (capo C e capo D) e tentata estorsione aggravata (capo L) e unificati sotto il vincolo della continuazione e lo condannò alla pena di anni 5 mesi 4 di reclusione ed Euro 1.500,00 di multa; V.A. responsabile dei reati di rapina aggravata (capo A), tentata rapina aggravata (capo B), violenza privata (capo C e capo D ) e tentata estorsione aggravata (capo L), nonchè di false generalità e unificati sotto il vincolo della continuazione e lo condannò alla pena di anni 5 mesi 6 di reclusione ed Euro 1.700,00 di multa;

S. e V. furono altresì condannati, in solido con i coimputati, al risarcimento dei danni (da liquidarsi in separato giudizio, con una provvisionale) ed alla rifusione delle spese di giudizio a favore delle parti civili E.A. ed E. P..

Avverso tale pronunzia anche gli imputati sopra indicati proposero gravame e la Corte d’appello di Napoli, con sentenza in data 12.3.2010, in parziale riforma della decisione di primo grado, ridusse la pena ad anni 4 mesi 8 di reclusione ed Euro 1.500,00 di multa, condannano l’appellante, in solido con i coimputati, alla rifusione favore delle parti civili delle ulteriori spese di giudizio.

Ricorrono per cassazione S.B. personalmente ed il difensore di V.A..

S.B. deduce:

1. violazione di legge in quanto non vi sarebbero state prove sufficienti per affermare la responsabilità degli imputati; il Tribunale del riesame aveva scarcerato un coimputato per mancanza di gravi indizi, ponendo in dubbio l’attendibilità delle persone offese; gli imputati sarebbero stati truffati dalle macchinette per video poker e si sarebbero rifiutati di pagare; avrebbero dovuto essere escusse le due ragazze dipendenti del bar, che non sarebbe stato difficile identificare;

2. mancata assunzione di prove decisive e cioè l’esame di D. M. ed altra teste oculare in quanto dipendente del bar (OMISSIS), da identificare tramite l’esame della D., testi oculari e non interessati; nonchè l’esame di Es.Al., indicato come il soggetto che aveva avuto maggiori rapporti con gli imputati;

3. violazione di legge in relazione alla mancata qualificazione dei fatti di cui ai capi A), B) ed L) quale esercizio arbitrario delle proprie ragioni o, quantomeno violenza privata;

4. diniego delle attenuanti generiche ed eccessività della pena inflitta. Il difensore di V.A. deduce:

1. violazione di legge in relazione alla ritenuta attendibilità delle dichiarazioni delle persone offese, nonostante l’interesse di cui sono portatrici e la diversa valutazione del Tribunale del riesame, l’irreperibilità di Es.Al. e la mancata collaborazione delle persone offese al rintraccio del congiunto;

2. mancata assunzione di una prova decisiva e cioè l’esame di Es.Al., che intrattenne i rapporti con V.;

3. mancata assunzione di una prova decisiva e cioè l’acquisizione dei tabulati e delle celle occupate dal (OMISSIS) in relazioene alle utenze (OMISSIS), richiesta nel corso dell’istruzione dibattimentale;

4. violazione di legge in relazione al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4.

Il primo ed il terzo motivo di ricorso proposto da S.B. svolgono censure di merito non consentite in questa sede.

Anche a prescindere dalla intervenuta rinunzia in sede di appello ai motivi di gravame diversi da quelli relativi alla misura della pena, il ricorrente propone una ricostruzione alternativa a quella operata dai giudici di merito, ma, in materia di ricorso per Cassazione, perchè sia ravvisabile la manifesta illogicità della motivazione considerata dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), la ricostruzione contrastante con il procedimento argomentativo del giudice, deve essere inconfutabile, ovvia, e non rappresentare soltanto una ipotesi alternativa a quella ritenuta in sentenza. (V., con riferimento a massime di esperienza alternative, Cass. Sez. 1 sent. n. 13528 del 11.11.1998 dep. 22.12.1998 rv 212054).

Il secondo motivo di ricorso proposto da S.B. è manifestamente infondato.

Questa Corte ha affermato (ed il Collegio condivide l’assunto) che ®per prova, la cui mancata assunzione può costituire motivo di ricorso per cassazione, deve intendersi solo quella che, confrontata con le ragioni poste a sostegno della decisione, risulti determinante per un esito diverso del processo, e non anche quella che possa incidere solamente su aspetti secondari della motivazione ovvero sulla valutazione di affermazioni testimoniali da sole non considerate fondanti della decisione prescelta. (Cass. Sez. 1 sent. n. 4836 del 5.4.1994 dep. 28.4.1994 rv 198620).

In altri termini "Il vizio della sentenza di cui all’art. 606 c.p.p., lett. d) (mancata assunzione di una prova decisiva quando la parte ne ha fatto richiesta a norma dell’art. 495 c.p.p., comma 2) consiste in una sorta di error in procedendo, ravvisabile solamente quando la prova richiesta e non ammessa, confrontata con le argomentazioni formulate in motivazione a sostegno ed illustrazione della decisione, risulti tale che, se esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia; perchè si configuri il vizio de quo deve cioè necessariamente sussistere la certezza della decisività della prova ai fini del giudizio e dell’idoneità dei fatti che ne sono oggetto ad inficiare le ragioni poste a base del convincimento manifestato dal giudice". (Cass. Sez. 2 sent. n. 2380 del 27.1.1995 dep. 9.3.1995 rv 200980).

Inoltre "Il vizio di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d) (mancata assunzione di prova decisiva) rileva solo quando la prova richiesta e non ammessa, confrontata con le argomentazioni a sostegno della decisione adottata, risulti decisiva, cioè tale che, se esperita, avrebbe potuto determinare una diversa soluzione. La valutazione di siffatta decisività deve quindi essere compiuta accertando se i fatti indicati dal ricorrente nella relativa richiesta siano tali da potere inficiare tutte le argomentazioni poste a fondamento del convincimento del Giudice". (Cass. Sez. 1 sent. n. 12584 del 21.10.1994 dep. 20.12.1994 rv 200073).

Nel caso in esame viene invece sollecitata l’ammissione di prove presentate non come decisive, ma solo opportune.

Il quarto motivo di ricorso proposto da S.B. è manifestamente infondato.

Va ricordato che "ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche è sufficiente che il giudice di merito prenda in esame quello, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno la concessione del beneficio; ed anche un solo elemento che attiene alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente per negare o concedere le attenuanti medesime". (Cass. Sez. 2 sent. n. 4790 del 16.1.1996 dep. 10.5.1996 rv 204768).

Nel caso di specie tale elemento è stato indicato nella gravità dei fatti.

La determinazione in concreto della pena costituisce il risultato di una valutazione complessiva e non di un giudizio analitico sui vari elementi offerti dalla legge, sicchè l’obbligo della motivazione da parte del giudice dell’impugnazione deve ritenersi compiutamente osservato, anche in relazione alle obiezioni mosse con i motivi d’appello, quando egli, accertata l’irrogazione della pena tra il minimo e il massimo edittale, affermi di ritenerla adeguata o non eccessiva. Ciò dimostra, infatti, che egli ha considerato sia pure intuitivamente e globalmente, tutti gli aspetti indicati nell’art. 133 cod. pen. ed anche quelli specificamente segnalati con i motivi d’appello. (Cass. Sez. 6, sent. n. 10273 del 20.5.1989 dep. 12.7.1989 rv 181825. Conf. mass. N. 155508; n. 148766; n. 117242).

Il primo motivo di ricorso proposto nell’interesse di V.A. svolge censure di merito.

A prescindere dalla rinunzia ai motivi relativi alla responsabilità, va rilevato che si propone in questa sede un’inammissibile diversa valutazione sull’attendibilità delle persone offese rispetto a quella operata dai giudici di merito, ritenute lineari e coerenti.

Il secondo motivo di ricorso proposto nell’interesse di V.A. è manifestamente infondato e generico.

Nel motivo ci si duole della mancata audizione di Es.

A., conseguente alla sua irreperibilità, ma, pur dubitando di tale irreperibilità, non si indicano elementi atti a dimostrare che lo stesso poteva essere rintracciato.

Il terzo motivo di ricorso proposto nell’interesse di V.A. è manifestamente infondato.

La prova decisiva la cui mancata assunzione rileva ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. d) è solo quella di cui è stata chiesta l’assunzione dalla parte interessata e non quella sollecitata ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen.. Il quarto motivo di ricorso proposto nell’interesse di V.A. è manifestamente infondato e generico.

La Corte territoriale ha ritenuto non irrilevanti le somme ricevute e nel ricorso non si contesta con adeguati argomenti (fra cui l’indicazione dell’ammontare delle singole ricezioni) tale valutazione.

I ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibili i ricorsi, gli imputati che li hanno proposti devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – ciascuno al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della sortirla di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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