Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 12-04-2011) 06-05-2011, n. 17732 Attenuanti comuni danno lieve

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo

Con sentenza in data 15 marzo 2010, la Corte di appello di Roma, confermava la sentenza del Tribunale di Roma, in data 17/7/2009, che aveva condannato B.B. alla pena di anni tre e giorni venti di reclusione ed Euro 1.200,00 di multa per il reato di rapina aggravata in concorso.

La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello, in punto di riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4) e delle attenuanti generiche e di mitigazione del trattamento sanzionatorio, e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo equa la pena inflitta.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato personalmente, sollevando due motivi di gravame con i quali deduce inosservanza o erronea applicazione della legge penale e vizio della motivazione in relazione alla mancata concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4), nonchè delle circostanze attenuanti generiche.

Al riguardo si duole che erroneamente la Corte ha ritenuto di non particolare tenuità il danno cagionato dalla rapina, quantificato in Euro 365,00, riferendolo al reddito medio di un lavoratore, senza tenere presente che nella fattispecie il soggetto passivo è il supermercato e non la lavoratrice addetta alla cassa. Osserva, inoltre, che nella rapina, ai fini del riconoscimento dell’attenuante in parola, trattandosi di delitto più rioffensivo è necessaria una valutazione globale del pregiudizio subito dalla parte lesa ed eccepisce che, nel caso di specie il prevenuto non ha mai messo in pericolo l’integrità fisica della vittima o la libertà della stessa, limitandosi a pretendere la consegna del denaro.

Quanto alla mancata concessione delle generiche, il ricorrente si duole che la Corte abbia considerato, al fine di valutare la gravità del fatto criminoso, il fatto che il prevenuto abbia agito a volto scoperto ed eccepisce che sarebbe stato ben più grave agire travisato, essendo tale fatto previsto come circostanza aggravante.

Si duole che l’impianto motivazionale della sentenza impugnata sia illogico ed incoerente, tanto da condurre ad un trattamento sanzionatorio non adeguato alla reale offensività del fatto.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Per quanto riguarda il denegato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4), le censure del ricorrente sono infondate.

Non v’è dubbio che essendo la rapina un reato plurioffensivo, nel valutare se sussistono le condizioni per applicare l’attenuante in parola non è sufficiente che il bene sottratto sia di modestissimo valore perchè occorre una valutazione globale del pregiudizio subito dalla parte offesa. E’ stato infatti, anche recentemente, ribadito da questa Sezione l’indirizzo giurisprudenziale consolidato, secondo cui:

"Ai fini della configurabilità dell’attenuante del danno di speciale tenuità con riferimento al delitto di rapina, non è sufficiente che il bene mobile sottratto sia di modestissimo valore economico, ma occorre valutare anche gli effetti dannosi connessi alla lesione della persona contro la quale è stata esercitata la violenza o la minaccia, attesa la natura plurioffensiva del delitto "de quo", il quale lede non solo il patrimonio, ma anche la libertà e l’integrità fisica e morale della persona aggredita per la realizzazione del profitto. Ne consegue che, solo ove la valutazione complessiva del pregiudizio sia di speciale tenuità può farsi luogo all’applicazione dell’attenuante, sulla base di un apprezzamento riservato al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimità, se immune da vizi logico-giuridici" (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 19308 del 20/01/2010 Ud. (dep. 20/05/2010) Rv. 247363).

Nel caso di specie la Corte territoriale, con una valutazione in fatto non censurabile in questa sede, ha ritenuto che la somma di Euro 365,00 non può essere considerata di lievissima, minima rilevanza economica, pertanto non aveva bisogno di prendere in considerazione gli altri aspetti di offensività del fatto che sarebbero venuti in rilevo soltanto a fronte della sottrazione di un bene di valore lievissimo. Qualora la Corte avesse preso in considerazione il pregiudizio subito dalla persona offesa, a maggior ragione avrebbe dovuto negare la configurabilità dell’attenuante del danno di speciale tenuità, dal momento che dalla rubrica emerge che il prevenuto minacciò F.A., puntandole contro un coltello a scatto, mettendone pertanto in pericolo l’integrità fisica e la libertà morale.

Ugualmente infondate sono le censure in punto di diniego di concessione delle attenuanti generiche, in quanto la motivazione del diniego non è fondata esclusivamente sulla gravità del fatto, ed in particolare sulla circostanza che il prevenuto agì a volto scoperto, dimostrando così un senso di impunità (qualificato come arroganza), ma sulla valutazione del comportamento precedente al reato, essendo la condotta del prevenuto qualificata da numerosi carichi pendenti per reati contro il patrimonio, per violenza personale, resistenza a p.u., detenzione illegale di armi, tutti elementi sicuramente rilevanti ai sensi dell’art. 62 bis e art. 133 c.p..

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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