T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, Sent., 09-05-2011, n. 3985 Pensioni, stipendi e salari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ficato nel verbale;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La sig.ra V.D., dipendente del Ministero delle PP.TT., ha proposto ricorso avverso il provvedimento della Direzione Provinciale PT di Salerno prot. n. 6978 dell’8.5.1993, con il quale è stato disposto il recupero della somma di Lire 3.277.150, corrisposta in esecuzione della sentenza del TAR del LazioSez. II n. 27 del 3.1.1992 nonché avverso il provvedimento del Dir.Centrale per il personale del Ministero delle PP.TT. in data 21.6.1993, prot. n. DCP/2/3/AND/93, che ha ribadito la legittimità del detto recupero di somme e tutti gli atti connessi, chiedendo altresì la declaratoria del diritto al riconoscimento della rivalutazione monetaria e degli interessi legali sulle somme spettanti ai sensi dell’art.1 della Legge n. 336 del 1970, per il periodo dall’1.2.1981 al 31.7.1992. Con la predetta sentenza n. 27 del 1992, la Sez. II di questo Tribunale ha accolto la domanda della ricorrente relativa al riconoscimento del diritto al computo dell’anzianità convenzionale di servizio di cui al citato art. 1 della legge n. 336 del 1970, ai fini della determinazione del trattamento economico ad essa spettante, con il conseguente obbligo per l’Amministrazione di rideterminare il trattamento economico.

Riferisce la ricorrente che in esecuzione di tale decisione, in data 25.11.1992 l’Amministrazione ha determinato il trattamento economico spettante alla stessa corrispondendole la somma di lire 5.634.180, per il suddetto periodo, a titolo di differenze stipendiali comprensive di rivalutazione monetaria ed interessi. Lamenta, però, la ricorrente che successivamente, con nota prot. n. 6978 dell’8.5.1993, la Dir. Prov. P.T. di Salerno ha comunicato che la predetta somma era stata erogata in via provvisoria e che la somma netta spettante risulterebbe pari Lire 2.357.030, con una differenza a debito di Lire 3.277.150, da restituire all’Amministrazione stessa.

In seguito a ciò, la ricorrente con lettera in data 17.5.1993 ha contestato all’Amministrazione tale richiesta, ma con nota in data 21.6.1993, il Direttore Centrale ha ribadito la legittimità del recupero delle dette somme corrisposte alla ricorrente.

Pertanto, la sig.ra D’Andrea con il presente ricorso ha impugnato i provvedimenti di recupero delle somme indicati in epigrafe, censurando gli stessi con articolati motivi di Violazione del disposto della sentenza n. 27 del 1992 e della normativa in materia di recupero delle somme non dovute riguardanti i crediti retributivi dei pubblici dipendenti nonché l’ eccesso di potere sotto vari profili, in quanto il recupero delle somme è stato eseguito in contrasto con la statuizione giudiziale, senza il riconoscimento del diritto alla rivalutazione monetaria e agli interessi legali. Inoltre, il recupero delle somme sarebbe illegittimo in quanto già percepito in buona fede dalla ricorrente sulla base di regolari atti formali dell’Amministrazione attuativi della citata sentenza.

Si è costituita in giudizio l’Avvocatura Generale dello Stato in rappresentanza e difesa del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni, chiedendo la reiezione del ricorso.

Con successivo atto si è costituita in giudizio la società P.I. Spa, la quale ha precisato che con D.L. 1 dicembre 1993, n. 487, conv. nella L. n. 71 del 1994 l’Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni si è trasformata nell’ente pubblico economico denominato P.I. e che in seguito la società P.I. Spa è subentrata all’Ente P.I. a decorrere dal 28.2.1998, ai sensi dell’art.1, comma 2 della citata legge n. 71 e giusta la delibera CIPE del 18 dicembre 1997, con tutti gli obblighi e diritti da ciò derivanti; contestualmente, ha dichiarato che sarebbe venuto meno il patrocinio dell’Avvocatura Generale dello Stato.

In prossimità dell’udienza pubblica in data 25 marzo 2010 la ricorrente ha prodotto memoria difensiva insistendo sulle proprie posizioni e chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Con ordinanza collegiale n. 576/2010 sono stati disposti incombenti istruttori non eseguiti dalle Amministrazioni resistenti.

Alla pubblica udienza del 27 gennaio 2011 la causa è stata introitata per la decisione.

2. Preliminarmente, il Collegio esamina l’eccepito difetto di legittimazione dell’Amministrazione delle Poste e delle Telecomunicazioni e il venir meno del patrocinio dell’Avvocatura Generale dello Stato.

Al riguardo, va confermata l’avvenuta successione a titolo particolare tra enti dell’Amministrazione delle Poste intimata, per effetto del DL n. 487 del 1993, conv. nella Legge n. 71 del 1994, dapprima nell’Ente P.I. a cui è subentrata nella titolarità dei rapporti giuridici, da ultimo, la società P.I. Spa. Pertanto, va rilevato che ai fini della legittimazione si è verificata una successione dei soggetti con trasferimento ex lege di una parte dei beni e rapporti ad un nuovo ente, senza l’estinzione di quello i cui beni e rapporti sono in parte trasferiti, nella specie subingresso dell’Ente Poste nei rapporti attivi e passivi già facenti capo all’Amministrazione delle poste e telecomunicazioni, senza soppressione del Ministero in precedenza titolare di essi; in tal caso, secondo l’insegnamento della Cassazione (sez. I, civ. n. 6521 del 2007), la successione nel processo è disciplinata dall’art. 111 c.p.c. a norma del quale, se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso a titolo particolare, il processo prosegue tra le parti originarie (cfr. in tal senso, Cons.giust.amm. Sicilia, sez. giurisd., 22 luglio 2002, n. 421; Consiglio Stato, sez. VI, 25 maggio 2006, n. 3113; idem, 25 giugno 2008, n. 3229; T.A.R. Calabria Reggio Calabria, 25 ottobre 2007, n. 1090). Orbene, nell’ipotesi in esame

il ricorso è stato promosso nei confronti del Ministero delle poste e telecomunicazioni prima della successione tra Enti nel 1993 per atti precedenti.

Non può essere accolta, pertanto, la richiesta dell’Amministrazione delle poste e delle Telecomunicazioni, intesa alla declaratoria del suo difetto di legittimazione passiva, perché per essa vale il principio della Cassazione prima ricordato.

2.1.Passando al merito, la questione oggetto del presente giudizio attiene al recupero disposto dalla Direzione Provinciale di P.T. di Salerno delle somme corrisposte alla ricorrente a titolo di rivalutazione monetaria e interessi legali sulle differenze stipendiali inerenti il periodo 1.1.1982 al 31.7.1992, riconosciute alla stessa a seguito della sentenza n. 27 del 1992 di questo Tribunale, passata in giudicato.

Le argomentazioni addotte dalla ricorrente e poste alla base del ricorso – tra l’altro non contestate specificamente dalla parte resistente, anche a seguito dell’ordinanza collegiale n. 576/2010 istruttoria, non eseguita dalla stessa – appaiono convincenti alla luce anche di quanto disposto dalla predetta sentenza n. 27 del 1992, non appellata dall’Amministrazione, che ha riconosciuto alla sig.ra D’Andrea la rideterminazione del trattamento economico per il periodo in contestazione ed ha condannato l’Amministrazione al pagamento delle differenze a tale titolo dovute oltre la rivalutazione monetaria e gli interessi sulle somme rivalutate.

In ogni caso, deve osservarsi che le somme così come disposto dalla predetta sentenza sono state corrisposte sulla base di un atto deliberativo efficace, che non è stato annullato prima dell’ adozione dei provvedimenti volti al recupero delle somme stesse.

Pertanto, gli atti di recupero impugnati appaiono illegittimi, così come censurati, alla luce della previa mancata revoca della delibera di riconoscimento delle somme stesse nonché in considerazione del più generale principio di irripetibilità delle somme percepite in buona fede da soggetti dipendenti e a seguito del protrarsi del tempo, atteso il presumibile utilizzo delle somme percepite per le fondamentali esigenze della vita e il ragionevole pericolo che la restituzione possa arrecare al soddisfacimento delle ordinarie esigenze familiari (cfr.Cons.Stato, sez. VI, 29 marzo 1995, n. 317).

Del resto tali considerazioni trovano conferma nel particolare andamento del giudizio e nella mancanza di una provata posizione di contestazione della parte resistente.

In definitiva, il ricorso è fondato e va accolto e, per l’effetto, sono annullati gli atti impugnati; è respinta la richiesta dell’Amministrazione delle poste e delle Telecomunicazioni di estromissione dal giudizio per difetto di legittimazione passiva.

Quanto alle spese di giudizio, ritiene il Collegio che le stesse siano poste a carico di P.I. Spa, attesa la soccombenza, nella misura stabilita in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Roma, sez. II bis, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone:

respinge la richiesta dell’Amministrazione delle poste e delle Telecomunicazioni di estromissione dal giudizio per difetto di legittimazione passiva;

– lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Condanna P.I. Spa, subentrata alla predetta Amministrazione, al pagamento delle spese di giudizio complessivamente liquidate in Euro 2.000,00 (duemila), in favore della sig.ra V.D..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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