Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 07-04-2011) 06-05-2011, n. 17727 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

le in persona del Dott. Spinaci Sante che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ha proposto ricorso per cassazione G.A., per mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza della Corte di Appello di Salerno del 24.4.2010, che in riforma della sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dal locale Tribunale, sez. distaccata di Mercato Sanseverino, il 26.3.2009, per i fatti di estorsione di cui ai capi 1) e 2) della rubrica accusatoria, entrambi commessi in danno di R.M., e per il reato in materia di sostanze stupefacenti di cui al capo 3), ritenne assorbito il fatto di estorsione di cui al capo 2 in quello di cui al capo 1), affermò la continuazione tra l’unico fatto estorsivo ritenuto e il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 e ridusse la pena inflittagli, confermando nel resto la decisione di primo grado.

La difesa deduce il vizio di violazione di legge e il difetto di motivazione della sentenza per non avere i giudici territoriali affrontato in alcun modo le doglianze formulate dall’imputato con l’atto di appello, a partire dalla questione della esistenza di un debito della persona offesa per legittimo titolo, nei confronti dell’imputato, nato da una compravendita di mobili.

Al riguardo, la corte di merito non avrebbe dato conto della ragioni della ritenuta maggiore attendibilità della diversa ricostruzione dei fatti da parte del R., a dispetto del comportamento processuale ambiguo e poco trasparente di quest’ultimo. La motivazione della sentenza impugnata, inoltre, sarebbe del tutto carente anche in ordine all’identificazione degli estremi del delitto di estorsione, tanto in ordine al profilo soggettivo che a quello oggettivo.

Quanto al reato di spaccio di sostanze stupefacenti, la Corte territoriale avrebbe dato credito alle dichiarazioni del R. sulla base dell’indebito rilievo attribuito alle troppo generiche indicazioni del teste di accusa C..

Infine, la Corte territoriale non avrebbe considerato l’influenza dell’intervento della polizia ai fini della qualificazione giuridica dei fatti di estorsione.

Il ricorso è infondato.

Ed invero, l’indicazione della presunta liceità della causale delle richieste di denaro formulate dall’imputato alla persona offesa è rimasta priva di concreti supporti probatori, riuscendo per converso avvalorata la spiegazione della persona offesa di crediti dell’imputato riferibili a precedenti cessioni di droga ma per ciò stesso privi all’evidenza di qualunque tutela giuridica, mentre non è chiaro, nelle deduzioni difensive, quali siano i connotati di ambiguità e di scarsa trasparenza dell’atteggiamento della persona offesa che ne minerebbero l’attendibilità, a meno che non si voglia alludere alla sollecitazione, da parte del R., dell’intervento de carabinieri, che al contrario conferma, come bene nota la Corte di merito, la situazione di esasperazione in cui lo stesso si era venuto a trovare per le pressioni estorsive dell’imputato.

Per il resto, i giudici di appello ricostruiscono le vicende processuali con argomentazioni logiche e coerenti, con puntuali riferimenti anche ai numerosi supporti documentali delle accuse del R., indiscutibilmente confermate, inoltre, quanto al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, dalle dichiarazioni del C., contestate in modo del tutto generico dalla difesa, e danno conto esaurientemente della valutazione conclusiva della sussistenza di tutti gli estremi oggettivi e soggettivi dei reati in contestazione.

A nulla rileva poi l’intervento della polizia ai fini della qualificazione giuridica dei fatti, dovendosi ritenere che l’azione criminosa sia stata voluta e realizzata nella specie dall’imputato secondo impulsi e modalitàconcrete allo stesso del tutto autonomamente riconducibili (cfr. ex plurimis, Corte di Cassazione nr 11915 del 26/01/2010 SEZ. 5 Dell’Aversano e altri).

Alla stregua delle precedenti considerazioni, il ricorso va pertanto rigettato, con le conseguenti statuizioni sulle spese.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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