Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 22-02-2011) 06-05-2011, n. 17713

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Catania con sentenza del 18.5.2010 confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Siracusa del 26.11.2008 di condanna del ricorrente alla pena di anni tre di reclusione ed Euro 1.200,00 di multa per tentata estorsione. Si imputa al ricorrente di aver spedito dal carcere ove era detenuto una lettera minatoria alla parte offesa N.B. per costringerlo a non proseguire nell’azione di sfratto nei confronti della moglie.

La Corte territoriale riteneva certa l’ascrivibilità al ricorrente della lettera che risultava spedita dal carcere ove l’imputato era ristretto e la busta indicava lo stesso come mittente; inoltre la lettera si riferiva esplicitamente ad altra precedente lettera dell’Ottobre del 2004 nella quale si faceva analogamente riferimento alla menzionata azione di sfratto la cui paternità l’imputato aveva ammesso. Alla stregua di tali elementi la Corte territoriale riteneva superflua lo svolgimento della chiesta perizia grafica, in quanto anche se la lettera fosse stata scritta da altri, la paternità era certamente ascrivibile al ricorrente.

Ricorre l’imputato che allega la nullità della sentenza per violazione di legge. La Corte di appello aveva senza una congrua motivazione denegato la chiesta perizia grafica che avrebbe consentito di stabilire con certezza il vero autore della missiva.

L’argomento per cui la lettera di cui è processo andava collegata a quella precedente era non pertinente e logicamente illogico in quanto la prima lettera era dal contenuto corretto e gentile e certamente con conteneva alcuna minaccia.
Motivi della decisione

Il ricorso, stante la sua manifesta infondatezza, va dichiarato inammissibile.

Va ricordato con riferimento al vizio di motivazione che le S.U. della Corte (S.U. 24.9.03, Petrella) hanno confermato che l’illogicità della motivazione censurabile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile "ictu oculi", in quanto l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali. In conclusione il compito del giudice di legittimità è quello di stabilire se il giudice di merito abbia nell’esame degli elementi a sua disposizione fornito una loro corretta interpretazione, ed abbia reso esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti applicando esattamente le regole della logica per giustificare la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Cass. 6^ 6 giugno 2002, Ragusa). Esula infatti dai poteri della Corte di Cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Cass. S.U. 2.7.97 n. 6402, ud. 30.4.97, rv.

207944, Dessimone). Ora la motivazione della Corte territoriale appare congrua e immune da vizi logici ed ha osservato, come detto, che era certa l’ascrivibilità al ricorrente della lettera che risultava spedita dal carcere ove l’imputato era ristretto e la cui busta indicava il F. come mittente; inoltre la lettera si riferiva esplicitamente ad altra precedente missiva dell’Ottobre del 2004 nella quale si faceva analogamente riferimento alla menzionata azione di sfratto la cui paternità l’imputato aveva ammesso. Alla stregua di tali elementi la Corte territoriale ha ritenuto superflua lo svolgimento della chiesta perizia grafica, in quanto anche se la lettera fosse stata scritta da altri, la paternità era certamente ascrivibile al ricorrente. La motivazione appare persuasiva e non incorre in alcuna contraddizione di ordine logico, mentre le censure sono di mero fatto e ripropongono questioni di merito già esaminate nei precedenti gradi del giudizio.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso, e, condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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