Cass. civ. Sez. III, Sent., 30-08-2011, n. 17774 aima

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

a del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto.
Svolgimento del processo

La Banca nazionale del lavoro convenne in giudizio dinanzi al tribunale di Roma il Fondo Interbancario di Garanzia, esponendo:

– che, nel marzo del 1991, aveva ricevuto dall’APAS (acronimo dell’Associazione Produttori Agrumi di Sicilia) domanda volta ad ottenere, per la campagna 1990-1991, finanziamenti – rispettivamente per oltre L. 7 miliardi e per oltre L. 5 miliardi, ai sensi della L. R. siciliana n. 13 del 1986, art. 18 – destinati ad anticipazioni ai soci ed a spese imprenditoriali;

che l’IRAC aveva autorizzato l’operazione per complessivi 16 miliardi 760 milioni di lire, onde essa istante aveva erogato tre finanziamenti da utilizzare mediante aperture di credito in conto corrente agrario;

che, a garanzia di tali finanziamenti, era stata impartita disposizione irrevocabile alle industrie di trasformazione – acquirenti del prodotto – di accreditare ad essa attrice le somme dovute all’APAS, mentre analoghe disposizioni irrevocabili sarebbero state rivolte dall’APAS, all’Intendenza di Finanza e all’AIMA relativamente al pagamento delle somme da questi dovute, rispettivamente, per compensazioni finanziarie relative al prodotto venduto in Paesi extracomunitari e per contributi per la campagna 1990/1991;

– che i prestiti erano assistiti da privilegio legale, ai sensi della normativa 1760/1928;

che, a seguito di vertenze finanziarie con l’AIMA, l’APAS non era stata in grado di rimborsare alla scadenza le anticipazioni concesse, mentre l’AIMA, già nel 1990, aveva disposto il fermo amministrativo nei confronti di quest’ultima di tutte le somme dovute e debende: il successivo sequestro agrario era a sua volta rimasto infruttuoso;

che la richiesta di intervento del Fondo Interbancario di Garanzia aveva ricevuto esito negativo, essendo stata addebitata alla BNL scarsa diligenza nell’erogazione del finanziamento e nella fase dell’esecuzione coattiva.

Tanto premesso, la BNL chiese la condanna del Fondo -previa declaratoria di operatività della garanzia – al pagamento in suo favore della somma di L. 3 miliardi 691 milioni.

Il giudice di primo grado, accogliendo le eccezioni di parte convenuta – che, premessa la natura soltanto sussidiaria della garanzia prestata, contestava alla BNL di aver tenuto una condotta sotto vari aspetti negligente -, respinse la domanda.

La corte di appello di Roma, investita del gravame proposto dall’istituto di credito, lo rigettò.

La sentenza è stata nuovamente impugnata dalla BNL con ricorso per cassazione sorretto da 2 motivi.

Resiste con controricorso, corredato da ricorso incidentale condizionato la SGFA s.r.l, successore del Fondo Interbancario di Garanzia, che ha depositato tempestiva memoria.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo, si denuncia un vizio di contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 24 del regolamento del Fondo Interbancario di Garanzia approvato con D.M. 15 giugno 1967.

Il motivo viene così sintetizzato, in ossequio al disposto dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile alla fattispecie ratione temporis:

Avere la corte di merito interpretato l’art. 24 citato nel senso che non è richiesta la usuale diligenza del buon banchiere per consentire l’erogazione del prestito e aver poi preteso invece una particolare diligenza per valutare ed accettare le garanzie aggiuntive a quelle generali al momento della concessione del prestito stesso.

A sostegno della propria tesi, la ricorrente riporta, in seno al motivo, ampi stralci della sentenza n. 3382/08 di questa Corte, sostenendo che il giudice territoriale, pur nel declamato ossequio formale ai principi in essa contenuti, la abbia poi nella sostanza disattesa, avendo omesso di considerare che l’intento del legislatore era quello di agevolare il più possibile l’erogazione del credito agrario, restando conseguentemente esclusa la negligenza della BNL in punto di acquisizione delle garanzie richieste; non senza considerare, ancora, che proprio in presenza della garanzia offerta dal Fondo essa banca, nella qualità di ente finanziatore, poteva legittimamente rinunciare alle altre garanzie.

Il motivo non appare meritevole di accoglimento.

Esso si infrange, di fatti, sul corretto impianto motivazionale adottato dal giudice d’appello nella parte in cui – correttamente applicando i principi di diritto espressi da questa corte regolatrice con la sentenza 3382/2008 – ha ritenuto che la previsione di una garanzia sussidiaria, da parte del FIG, in favore dei soggetti eroganti il finanziamento agrario avesse sì la funzione di consentire un più facile accesso al credito (consentendo l’erogazione del finanziamento anche in assenza di certezze della solvibilità del soggetto finanziato), così derogando, nella fase iniziale della concessione del credito, ai criteri di comportamento permeanti la diligenza qualificata del "buon banchiere" (in via esemplificativa, omettendo di verificare l’equilibrio economico- finanziario dell’impresa, la sua capacità di produrre reddito, la sua solvibilità), senza peraltro che tale criterio, da mancata, certezza, della restituzione della somma erogata trasmutasse, del tutto impropriamente, in certezza della mancata restituzione.

Onde l’ente erogatore – legittimato inizialmente ad esimersi da una precisa valutazione della capacità di produrre reddito e dunque dell’attitudine del solvens alla restituzione della somma mutuata – non aveva titolo per poi sottrarsi alla perspicua valutazione delle altre garanzie poste a tutela del credito, quale il patrimonio del debitore (prima e più generica garanzia ex art. 2740 c.c.) e il privilegio legale, onde esigerne – in caso di patente insufficienza delle prime – altre, diverse ed ulteriori. Sicuramente conforme a diritto – dacchè prevista addirittura sul piano normativo, prima ancora che su quello interpretativo del tutto correttamente adottato dalla corte di appello – deve pertanto ritenersi, nell’orbita del complesso iter del credito agrario, la distinzione funzionale tra fasi operative, diacronicamente (oltre che logicamente) distinte tra il momento dell’acquisizione delle garanzie e quello di erogazione del mutuo (pur se entrambe anteriori alla erogazione del finanziamento), volta che l’art. 24 del Regolamento del Fondo (approvato con D.M. 15 giugno 1967) prevede che la garanzia non operi in caso di omissione o negligenza nell’espletamento degli accertamenti e delle formalità necessarie per l’assunzione delle garanzie connesse alla concessione del mutuo o nello svolgimento della procedura esecutiva.

Diversi, pertanto, vanno ritenuti (come correttamente mostra di opinare la corte territoriale) i parametri di valutazione della diligenza dell’istituto erogatore: se una diligenza qualificata (id est "del buon banchiere") non è richiesta nella fase di erogazione del finanziamento, stante la ratio della normativa di settore (e stante la diacronicità della previsione di automatica decadenza dalla garanzia per inadempienze relative a precedenti operazioni agrarie o perdite di bilancio da parte dei beneficiari), tale diligenza è invece necessaria con riferimento alla fase dell’acquisizione delle garanzie, onde la correttezza e la logicità della motivazione della sentenza impugnata che, con apprezzamento di fatto incensurabile in questa sede, ha condivisibilmente ritenuto predicabile la negligenza della BNL sotto l’aspetto della mancata valutazione delle aziende e dei terreni di proprietà dell’APAS (la cui situazione viene significativamente definita "critica" in sentenza, al folio 9) , e della conseguente, mancata acquisizione di ulteriori ed effettive garanzie rispetto al privilegio legale, da ritenersi necessarie attesa la deperibilità dei beni che ne costituivano l’oggetto e la loro destinazione al commercio (ciò che non poteva non renderne prevedibile la difficile se non impossibile realizzazione).

Del tutto condivisibile, poichè immune da vizi logico-giuridici, appare dunque la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui (ff. 9 ss.) ricostruisce la condotta dell’istituto di credito finanziatore in termini di non adeguata diligenza (elemento costitutivo della garanzia sussidiaria del Fondo, destinata peraltro a mutare, ove accolti gli auspici della BNL, ma del tutto contra legem, in garanzia principale) , motivazione che si sottrae, pertanto, alle censure mosse dal ricorrente con il motivo in esame.

Con il secondo motivo, si denuncia omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (sempre in relazione all’art. 24 del regolamento del Fondo Interbancario di Garanzia). In sintesi: aver ritenuto l’esistenza di una particolare negligenza nello svolgimento di una procedura esecutiva senza dare alcuna significativa giustificazione a sostegno dell’affermazione.

Il motivo (che presenta non marginali problemi di ammissibilità in punto di enucleazione ed esposizione del fatto controverso), è anch’esso infondato.

Erra, difatti, l’istituto oggi ricorrente nel sostenere che la motivazione della sentenza di appello si fondi sulla sola circostanza della deperibilità e della destinazione alla commercializzazione dei beni oggetto di privilegio legale (circostanza, questa, che avrebbe reso inutile ogni ulteriore condotta diligente, mentre il FIG non avrebbe in alcun modo provato di aver ricevuto un danno dal ritardo nell’attivazione della procedura esecutiva, il cui termine non sarebbe stato quello di scadenza del prestito ma quello, successivo, di chiusura del conto corrente agrario): la valutazione operata dalla corte territoriale, difatti, si articola secondo una complessiva e pluricircostanziata analisi del predicato difetto di diligenza, in seno alla quale la colpevole tardività nell’attivazione in executiviis del privilegio assume sicura e decisiva prova della negligenza dell’ente erogatore, sì che del tutto inconferente (oltre che inammissibile, trattandosi di circostanza nuova mai dibattuta nelle fasi di merito, senza che il ricorrente, in spregio al principio di autosufficienza del ricorso, indichi in quale fase del giudizio l’attuale questione del dies a quo dell’azione esecutiva sì come rappresentata in ricorso – ma del tutto assente in sentenza – sia stata tempestivamente sollevata ed illegittimamente pretermessa) appare la doglianza relativa alla pretesa chiusura dei conti correnti agrari, più recente e ravvicinata nel tempo rispetto all’inizio dell’azione esecutiva, atteso cha la rilevanza delle condizioni debitorie non può non essere oggetto di attenta e diligente valutazione già al momento della scadenza del finanziamento.

Il ricorso principale è pertanto rigettato, con conseguente assorbimento di quello incidentale condizionato. La disciplina delle spese segue – giusta il principio della soccombenza – come da dispositivo.
P.Q.M.

La corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale condizionato, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in complessivi Euro 25.200, di cui Euro 200 per spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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