Cons. Stato Sez. IV, Sent., 10-05-2011, n. 2763

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.1.I Signori G. F. e L. M. sono proprietari di un compendio immobiliare vincolato nel Comune di Albissola Marina (Savona).

Essi hanno impugnato innanzi al T.A.R. per la Liguria le deliberazioni del Comitato interministeriale per la programmazione economica – CIPE n. 130 del 30 aprile 2006, n. 65 del 20 luglio 1977 e n. 77 del 3 agosto 2007ed il relativo contratto di programma con l’A. S.p.a. 20072011, il decreto della medesima A. S.p.a. – Direzione compartimento ufficio per le espropriazioni Prot. n. 9809 del 1 settembre 2008, il correlato provvedimento dell’A. S.p.a. – Direzione compartimento ufficio per le espropriazioni Prot. n. 10413 in data 18 settembre 2008, il verbale di redazione dello stato di consistenza ed immissione nel possesso redatto in data 7 ottobre 2008, nonché la deliberazione del CIPE di approvazione del progetto definitivo della nuova strada di congiunzione tra i comuni di Albisola Superiore e Savona, raddoppio della Strada Statale n. 1 Aurelia.

I ricorrenti in primo grado, dopo aver premesso che la realizzazione dell’asse viario e la gestazione della progettazione sono obiettivi risalenti almeno alla seconda metà degli anni "90 da cui è scaturito il procedimento promosso in via ordinaria e asseritamente perseguiti peraltro dal CIPE senza che alcuna delle amministrazioni pubbliche coinvolte abbiano condiviso la soluzione adottata, hanno affermato che soltanto in data 11 aprile 2008 l’ANAS, soggetto attuatore dell’opera, li avrebbe informati che il progetto definitivo prevedeva l’esproprio anche delle aree di loro proprietà per consentire la realizzazione dell’interconnessione tra i caselli dell’Autostrada A10 di Savona e Albisola e i porti di Savona e di Vado.

Con l’atto introduttivo del procedimento in primo grado è stata quindi dedotta l’avvenuta violazione degli artt. 7, 8 e 10 della L. 7 agosto 1990 n. 241, l’avvenuta violazione degli artt. 166, comma 2, 167 comma 5, e 253, comma 27, lett. e), del D.L.vo 12 aprile 2006 n. 163, violazione dell’art. 167, comma 5, del medesimo D.L.vo 163 del 2006, difetto d’istruttoria per omessa partecipazione dei comuni interessati, ulteriore violazione degli artt. 161, 165, 167 del D.L.vo 163 del 2006 e dell’art. 2 della L. 21 dicembre 2001 n. 443 per omessa partecipazione della Regione Liguria alla deliberazione impugnata, violazione della disciplina transitoria in tema di VIA e illegittimità della VIA regionale per un opera d’interesse statale ex art. 182 e ss. del D.L.vo 163 del 2006, violazione della disciplina che regola all’art.1 Reg CIPE n. 63 del 9 luglio 1998 la partecipazione al Comitato CIPE, violazione dell’art. 22 bis del T.U. approvato con D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 e dell’art. 3 della L. 241 del 1990 per difetto di motivazione del decreto d’occupazione d’urgenza.

1.2. Con sentenza n. 307 dd. 12 marzo 2009 il ricorso è stato accolto limitatamente alle censure proposte avverso il decreto d’occupazione d’urgenza dell’immobile.

A tale riguardo, il giudice di primo grado ha evidenziato che il F. e la M. "oltre a ricordare la ratio legis sottesa alla occupazione d’urgenza di nuovo conio individuata nell’avvertita necessità di circoscriverne l’impiego nei procedimenti ablativi ai casi di stretta necessità", hanno dedotto che "il provvedimento d’occupazione non è affatto motivato, disattendendo spirito, scopo e lettera dell’art. 22 bis. del T.U. approvato con D.P.R. 327 del 2001. Né il numero dei soggetti espropriati né il tipo di procedimento esonererebbero l’autorità espropriante, nel caso in esame l’attuatore, dall’enunciare le ragioni obiettive e concrete che rendono necessaria l’apprensione illico et immediate dei beni di proprietà. In definitiva, le ipotesi astratte di cui alle lettere a) e b) del secondo comma dell’art. 22 bis d.P.R. 327 del 2001, ossia interventi di cui alla legge 21 dicembre 2001 n. 443 e destinatari della procedura espropriativi superiore a 50, entrambe ricorrenti nel caso in esame, attenuerebbero l’onere di motivazione senza che venga meno l’esigenza garantistica, concreta espressione di libertà negativa, ad esso sottesa. Sul punto va chiarito che il contenuto testuale dell’art. 22 bis, contrariamente alle conclusioni rassegnate dalla difesa erariale, non è risolutivo, cosiccome, per la specificità della vicenda qui all’esame, non lo sono gli autorevoli precedenti giurisprudenziali invocati (per tutti, cfr., Cons. St., sez. IV, 12 luglio 2007 n. 3968). La procedura prevista della legge obiettivo, come più volte precisato, s’è infatti innestata nel corso di avvio e svolgimento del procedimento ordinario che, per l’effetto, ha avuto repentina accelerazione. Inoltre, nel procedimento l’attuatore s’era assunto l’impegno di ricollocare in altri luoghi i soggetti espropriati che nelle aree da occupare svolgono attività d’impresa. Entrambi i fatti hanno specifica rilevanza in ordine alla questione trattata. Il primo dà conto della specificità del procedimento non perfettamente sovrapponibile a quello previsto alla lett. a) dell’art. 22 bis del D.P.R. citato; l’altro, nell’assunzione dell’impegno, evidenzia la particolare considerazione in cui erano tenuti i soggetti espropriati, non genericamente accorpati e dissolti nell’indistinta quantificazione numerica prevista alla lett. b). Per colmare la (segnalata) lacuna occorre previamente osservare che le disposizioni applicabili, l’art. 253, comma 27 lett e), del D.P.R. 163 del 2006 (norma sostanziale del procedimento, non transitoria) e l’art. 22 bis del D.P.R. 327 del 2001 si trovano collocate all’interno di specifici complessi normativi. Il codice dei contratti e il testo unico dell’espropriazione accorpano e disciplinano ciascuno un specifico settore del diritto amministrativo, e certo non si sottraggono all’esigenza, presente in ogni ordinamento, di risolvere gli squilibri normativi che i singoli istituti, diversamente ed autonomamente regolati, possono in concreto incontrare. L’esperienza maturata in altri sistemi normativi, da sempre adusi alla pratica della codificazione, suggerisce il ricorso alle clausole generali, vale a dire a strumenti che per la loro elasticità consentono un adeguamento continuo della norma ai principi, garantendo l’armonia complessiva. Nel caso in esame soccorre l’art. 2 del D.P.R. 163 del 2006, intitolato "Principi", laddove prevede che, oltre l’affidamento, anche, e per quel che qui direttamente rileva, l’esecuzione dei lavori deve rispettare il principio di correttezza. Che, in ambito pubblicistico, e con riguardo ai procedimenti ablativi, si traduce, in forza del coordinamento con l’art. 97 Cost, nella immediata precettività del principio costituzionale del buon andamento dell’azione amministrativa.

Nel procedimento in esame, strutturalmente e funzionalmente antitetico alla reciprocità degli obblighi e all’effetto integrativo che rispettivamente individuano l’ambito d’incidenza ( artt. 1175 e 1375 c.c.) e l’effetto giuridico ( artt. 1175 e 1374 c.c.) nell’atto negoziale, la correttezza concretizza il principio di trasparenza dell’azione a prescindere dalla qualificazione (strettamente pubblica) del soggetto agente. Sicché la pur legittima accelerazione della procedura espropriativa, e gli impegni assunti ma non affatto assolti, onerano l’assuntore di dare conto ai sensi dell’art. 22 bis comma 1, del D.P.R. 327del 2001 delle ragioni che giustificano l’occupazione d’urgenza delle aree e degli immobili oggetto della procedura ablativa, strumentale alla realizzazione dei lavori" (cfr. sentenza impugnata, pag. 12 e ss.).

1.2. Ciò posto, con il ricorso in epigrafe l’A.A.N.A.S. S.p.a., la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il C.I.P.E., il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Ministero dell’Interno, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il Ministero per i Bene e le Attività Culturali e il Ministero dell’Economia e delle Finanze chiedono la riforma, sul punto, della sentenza resa in primo grado deducendone in primis l’erroneità in fatto in quanto l’A. non avrebbe mai assunto l’impegno di ricollocare in altri siti le attività coinvolte nel procedimento ablatorio, e tantomeno quella dei ricorrenti in primo grado, il cui immobile è costituito da una villa con annesso parco.

La medesima sentenza risulterebbe errata inoltre in diritto, posto che i provvedimenti annullati dal giudice di primo grado sarebbero stati emessi dopo che la procedura ordinaria è stata assoggettata alla disciplina speciale della leggeobiettivo, con conseguente legittimità dell’applicazione al riguardo dell’art. 22bis del T.U. 327 del 2001 e sufficienza della motivazione del relativo provvedimento con riferimento al presupposto di legge.

Inoltre, ad avviso della difesa erariale non risulterebbero pertinenti nella specie i richiami agli artt. 2 e 253 del D.L.vo 163 del 2006 contenuti nella sentenza impugnata.

1.3. Non si sono costituiti in giudizio i ricorrenti in primo grado.

1.4. Si è viceversa costituita in giudizio la Regione Liguria, concludendo per l’accoglimento del ricorso.

2. Tutto ciò premesso, il ricorso in epigrafe va accolto.

Come è ben noto, l’art. 22bis del D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, introdotto per effetto del D.L.vo 27 dicembre 2002 n. 302, dispone al comma 1 che "qualora l’avvio dei lavori rivesta carattere di particolare urgenza, tale da non consentire, in relazione alla particolare natura delle opere, l’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 20" (ossia la formazione dell’elenco dei proprietari che non hanno concordato la determinazione della indennità di espropriazione e l’invito al proprietario interessato a comunicare la propria volontà di accedere al procedimento di determinazione in contraddittorio dell’indennità di espropriazione), può essere emanato, senza particolari indagini e formalità, decreto motivato che determina in via provvisoria l’indennità di espropriazione, e che dispone anche l’occupazione anticipata dei beni immobili necessari. Il decreto contiene l’elenco dei beni da espropriare e dei relativi proprietari, indica i beni da occupare e determina l’indennità da offrire in via provvisoria. Il decreto è notificato con le modalità di cui al comma 4 e seguenti dell’articolo 20 con l’avvertenza che il proprietario, nei trenta giorni successivi alla immissione in possesso, può, nel caso non condivida l’indennità offerta, presentare osservazioni scritte e depositare documenti".

Il susseguente comma 2 dispone, quindi, che il decreto anzidetto "può altresì essere emanato ed eseguito in base alla determinazione urgente della indennità di espropriazione senza particolari indagini o formalità, nei seguenti casi: a) per gli interventi di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443; b) allorché il numero dei destinatari della procedura espropriativa sia superiore a 50".

Orbene, il fatto che – come ammesso dallo stesso giudice di primo grado – nel corso del procedimento ordinario di esproprio si sia innestata la procedura accelerata della L. 443 del 2001 non può rimanere senza conseguenze; e, pertanto, il ricorso allo strumento "di nuovo conio" dell’occupazione d’urgenza preordinata all’espropriazione, disciplinato dall’art. 22bis testè riferito, non può che avvenire mediante le forme ivi segnatamente contemplate per l’ipotesi dell’applicazione della L. 443 del 2001, ossia – come espressamente precisato dallo stesso legislatore – "senza particolari indagini o formalità": il che vale a dire che il mero richiamo alla disposta applicazione della disciplina speciale della c.d. "legge obiettivo" risulta ex se sufficiente per idoneamente motivare il provvedimento di apprensione urgente del bene.

Del resto, come ha già avuto modo di evidenziare questa stessa Sezione in altre e del tutto omologhe fattispecie (cfr. le decisioni n. 151 dd. 15 gennaio 2009, n. 3351 e n. 3355 dd. 29 maggio 2009, nonché nn. 2099, 2100 e 2101 dd. 7 maggio 2008), già nel quadro normativo antecedente all’entrata in vigore del testo unico sugli espropri n. 327 del 2001, per la pacifica giurisprudenza l’ordinanza di occupazione d’urgenza riguardava una fase puramente attuativa di quella riguardante la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori, con la conseguenza che era sufficiente l’espresso richiamo a tale dichiarazione, che ne costituiva l’unico presupposto (cfr. al riguardo, ex plurimis, le decisioni di questa Sezione 30 dicembre 2008n. 6608, 25 agosto 2003 n. 4813, 23 novembre 2002 n. 6436, 19 marzo 2001 n. 1620, nonché l’A.P. 15 settembre 1999, n. 14), e anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 22 bis del testo unico sugli espropri va considerata sufficiente la motivazione dell’ordinanza di occupazione,che rilevi l’urgenza di consentire la realizzazione delle opere previste nella dichiarazione di pubblica utilità.

Ad ogni buon conto, va pure denotato che la motivazione sulla "particolare urgenza" di avviare i lavori, presa in considerazione dall’art. 22 bis del testo unico, non è sostanzialmente dissimile dalla "urgenza" presupposta nell’art. 22: infatti, in presenza dei presupposti procedimentali prescritti per l’emanazione dell’ordinanza di occupazione (il vincolo preordinato all’esproprio e la dichiarazione di pubblica utilità, perché nel sistema del testo unico è divenuta irrilevante una specifica dichiarazione di indifferibilità ed urgenza, rilevante nel precedente sistema per ragioni storiche, ma di per sé sussistente in re ipsa), l’Amministrazione ben può immettersi senz’altro nel possesso dell’area in esecuzione dell’ordinanza, per realizzare le opere per le quali vi è stata l’approvazione del progetto e lo stanziamento delle relative risorse (cfr. al riguardo la decisione di questa Sezione n. 3697 dd. 27 giugno 2007).

Per di più – come è stato già parimenti evidenziato nei predetti precedenti giurisprudenziali – nella specie l’ordinanza impugnata in primo grado ha rilevato che l’immissione in possesso riguarda la realizzazione di lavori aventi una specifica qualificazione legale di urgenza, in quanto volti al raddoppio della strada statale Aurelia bis, rientrante – per l’appunto, a seguito della disposta approvazione del progetto da parte del CIPE – nell’ambito di applicazione della "legge obiettivo" n. 443 del 2001 (a seguito della approvazione del progetto definitivo da parte del C.I.P.E.), per cui – come detto innanzi – l’urgenza di provvedere risulta in re ipsa ed è naturaliter correlata al principio del buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost., a sua volta specificato nei parametri di economicità, di efficienza e di efficacia dell’azione medesima.

3. Le spese e gli onorari del giudizio possono essere integralmente compensati tra le parti, nel mentre va dichiarato irripetibile il contributo unificato di cui all’art. 9 e ss. del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 e successive modifiche.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,

lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge integralmente il ricorso proposto in primo grado.

Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.

Dichiara irripetibile il contributo unificato di cui all’art. 9 e ss. del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 e successive modifiche.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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