Cons. Stato Sez. VI, Sent., 10-05-2011, n. 2756 Ricorso per l’esecuzione del giudicato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con la sentenza n. 281 del 2010, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello principale proposto dalla odierna ricorrente avverso la sentenza n. 11260/2007 con cui il TAR per il Lazio ha annullato:

– la delibera n. 23 del 2001 con cui l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha valutato che, in considerazione delle condizioni concorrenziali e di mercato nel settore della telefonia riscontrate in Italia nel 2000, esistevano i presupposti per l’applicabilità del meccanismo di ripartizione del costo netto del servizio universale, ai sensi dell’art. 5, comma 2, lett. a), D.M. 10 marzo 1998;

– il conseguente provvedimento del Ministero delle Comunicazioni DGCA/2/1 del 29 aprile 2003, col quale si è ingiunto a Vodafone Omnitel di versare al Ministero l’importo della quota di contribuzione per il finanziamento del servizio universale per l’anno 2000, pari ad Euro 11.131.243,53.

2. Giova anteporre alla illustrazione della vicenda processuale la ricostruzione del quadro normativo di riferimento, oltre che della delibera dell’Agcom contestata con il ricorso di primo grado.

2.1. Il servizio universale è disciplinato dall’art. 3 del d.P.R. 19 settembre 1997, n. 318, che, dopo aver individuato la s.p.a. T. I. come l’organismo di telecomunicazioni incaricato di fornire il servizio universale sul territorio nazionale, chiarisce (comma 4) che a decorrere dal 1° gennaio 1998 possono essere incaricati della fornitura del servizio universale anche altri organismi di telecomunicazione, che garantiscono la fornitura su tutto il territorio nazionale o su parte di esso a condizioni economiche accessibili a tutti e non discriminatorie rispetto alla localizzazione geografica dell’utente.

Al comma 3, il citato art. 3 dispone che qualora, in base alle disposizioni dello stesso articolo, gli obblighi di fornitura del servizio universale rappresentino un onere iniquo per l’organismo o gli organismi incaricati di fornire il servizio in questione, è previsto un meccanismo atto a ripartire il costo netto dei suddetti obblighi con altri organismi che gestiscono reti pubbliche di telecomunicazioni, con fornitori di servizi di telefonia vocale accessibili al pubblico e con organismi che prestano servizi di comunicazione mobili e personali.

Tale meccanismo non è però applicabile quando:

a) la fornitura delle obbligazioni di servizio universale non determina un costo netto;

b) il costo netto degli obblighi di fornitura del servizio universale non rappresenta un onere iniquo;

c) l’ammontare del costo netto da ripartire non giustifica il costo amministrativo di gestione del metodo di ripartizione e finanziamento dell’onere di fornitura degli obblighi di servizio universale.

I successivi commi decimo e undicesimo individuano il procedimento da seguire per deliberare l’applicabilità del meccanismo di ripartizione del costo medio del servizio universale.

La determinazione del costo netto del servizio universale, secondo quanto previsto dal regolamento e dalle prescrizioni dell’Autorità, è fatta dal fornitore del servizio ed il relativo calcolo è controllato da un soggetto pubblico o privato con specifiche competenze, autonomo dall’organismo fornitore del servizio universale, diverso dall’Autorità e da questa incaricato a conclusione di una gara pubblica.

In esecuzione del citato art. 3 del d.P.R. n. 318 del 1997 il Ministro delle comunicazioni, di concerto con il Ministro del tesoro, ha adottato il D.I. 10 marzo 1998 che, all’art. 2, istituisce un fondo per il finanziamento del costo netto degli obblighi del servizio universale; tale norma, al comma 2, fa riferimento anche al servizio di comunicazione mobile.

Il decreto interministeriale ha in tal modo trasformato quella che era individuata dal d.P.R. citato come mera eventualità in una certezza, sul presupposto della sicura sostituibilità tra servizi di rete mobile e servizi di rete fissa.

2.2. Con l’impugnata delibera n. 23 del 2001, l’Agcom, verificate le condizioni concorrenziali e di mercato nel settore della telefonia nel corso dell’anno 2000, ha dichiarato che esistevano le condizioni per l’applicabilità del meccanismo di ripartizione del costo netto del servizio universale ai sensi dell’art. 5, comma 2, D.I. 10 marzo 1998 ed ha individuato la ricorrente quale soggetto debitore con una quota di contribuzione pari al 18,90%.

In primo grado, la s.p.a. Omnitel Pronto Italia ha anche impugnato la nota del Ministero delle comunicazioni DGCA/2/1 del 29 aprile 2003, recante Finanziamento del servizio universale nel settore delle telecomunicazioni ( D.M. 10 marzo 1998) anni 2000 e 2001, nella parte in cui ha ingiunto alla s.p.a. Vodafone Omnitel di versare per l’anno 2000 l’importo della quota di contribuzione per il finanziamento del servizio universale, pari ad Euro 11.131.243.53, come determinato con la delibera dell’Agcom 23/01/Cir.

2.3. Ciò posto, con la sentenza di primo grado il T.A.R. per il Lazio:

a) ha disatteso le censure con le quali è stato dedotto che mancassero i presupposti legittimanti l’attivazione del meccanismo di ripartizione degli oneri del servizio universale, così come richiesti dalla comunicazione della Commissione del 27 novembre 1996, e cioè l’esistenza nel periodo preso in considerazione dall’Autorità di un "significativo grado di sostituibilità fra telefonia fissa e telefonia mobile nel mercato nazionale della telefonia", tale cioè da rendere indifferente per l’utente la scelta fra l’uno e l’altro sistema;

b) ha respinto, quindi, le censure relative alla lamentata illegittimità dell’impugnata delibera nella parte in cui l’Autorità, con richiamo al disposto degli artt. 3, comma 6, d.P.R. 19 settembre 1997, n. 318, e 2, D.M. 10 marzo 1998, ha ritenuto di coinvolgere nel finanziamento del servizio universale gestito da T., accanto ai fornitori di servizi di telefonia fissa (c.d. vocale), anche coloro che, come la ricorrente, operano nel mercato delle comunicazioni come operatori di telefonia mobile;

c) ha, viceversa, accolto, le censure relative alla quantificazione del costo netto sostenuto da T. in quanto fornitore del servizio universale ed intese a contestare il modus procedendi seguito dal controllore verificatore e l’uso che delle sue conclusioni ha fatto l’Autorità nel redigere l’impugnata delibera.

Per l’effetto, il TAR ha annullato la delibera n. del 2001, affinché l’Autorità proceda ad una nuova valutazione dei relativi costi e vantaggi sulla base di dati obiettivi e comprovati; ha anche annullato, per illegittimità derivata, l’ingiunzione di pagamento del Ministero delle comunicazioni DGCA/2/1 del 29 aprile 2003.

2.4. Avverso la indicata sentenza ha proposto appello principale Vodafone Omnitel, deducendo, con due distinti motivi di ricorso, che:

– non vi erano i presupposti per estendere agli operatori di telefonia mobile l’onere del servizio universale, considerata la non sostituibilità, almeno nell’anno cui fa riferimento il provvedimento impugnato (2000), tra telefonia mobile e telefonia fissa;

– se anche tale onere fosse stato imponibile, nella sua determinazione occorreva tener conto, in base al principio di proporzionalità sancito dalla direttive comunitarie in materia, del fatto che Omnitel, con il d.P.R. 2 dicembre 1994, era stata obbligata a coprire, unica fra tutti gli operatori di telefonia mobile, il 98% del territorio nazionale e perciò anche le c.d. aree non profittevoli, oggetto dell’obbligo del servizio universale.

Avverso la stessa sentenza ha proposto appello incidentale la s.p.a. T. I., contestando il capo concernente la quantificazione del costo netto. Secondo la società, l’errore della sentenza di primo grado relativamente a quest’aspetto consiste nell’avere il giudice concentrato le sue osservazioni critiche non già sulla relazione integrale del revisore (il Consorzio Nera), ma sull’"executive summary" (un estratto di poche pagine illustrativo dei rilievi metodologici), ignorando del tutto l’ampio ed articolato supporto motivazionale addotto a fondamento della decisione finale di AGCOM di provvedere ad una significativa riduzione degli importi riconosciuti a titolo di costo netto a favore di T. I. rispetto alla richieste originarie.

Con la sentenza n. 281 del 2010. il Consiglio di Stato, nell’accogliere il suindicato primo motivo dell’appello principale proposto da Vodafine Omnitel, ha statuito che "la delibera n. 23/01/CIR, ricalcando sul punto il contenuto della delibera n. 8/00/CIR – relativa all’anno 1999 e già annullata da questo Consiglio per difetto di istruttoria con la citata decisione n. 7257/2003 – ha omesso una adeguata indagine sulla sostituibilità del servizio mobile al servizio fisso nel 2000. Così come già rilevato nella sentenza n. 7257/2003, l’istruttoria condotta dall’AGCOM non risulta adeguata laddove, volendo riscontrare le condizioni di concorrenzialità del mercato delle comunicazioni al fine di verificare uno dei presupposti per l’operatività del meccanismo di ripartizione degli oneri del servizio universale, si è limitata ad evidenziare l’erosione delle quote di mercato della T. I. da parte dei concorrenti della telefonia fissa, senza affrontare adeguatamente il tema del mercato rilevante e della sostituibilità dei servizi di telefonia fissa e mobile. Parafrasando ancora la sentenza n. 7257/2003, potrebbe, infatti, certamente anche darsi l’ipotesi che la contrazione dell’attività di T. fosse dovuta alla concorrenzialità dei nuovi operatori di telefonia fissa, e non già a quelli della telefonia mobile da tempo esistenti. Ma se così fosse, allora non avrebbe ragione di essere l’estensione degli oneri a questi ultimi: ove non esistesse, infatti, una situazione di concorrenza sul mercato rilevante, determinata dalla sostituibilità dei servizi fissi e mobili, non avrebbe senso compensare i costi sostenuti da T. per la fornitura del servizio universale mediante l’estensione dell’obbligo di contribuzione agli operatori mobili".

Lo stesso Consiglio di Stato ha invece assorbito il secondo motivo dell’appello principale proposto da Vodafone Omnitel ed ha anche dichiarato l’improcedibilità dell’appello incidentale proposto da T. I., volto a contestare la sentenza del T.a.r. nella parte relativa alla quantificazione del costo netto del servizio universale.

2.5. Con il ricorso per ottemperanza in esame, la società Vodafone Omnitel chiede l’adozione delle misure idonee ad assicurare la restituzione delle somme versate dalla stessa ricorrente in esecuzione dell’annullato provvedimento DGCA/2/1 del 29 aprile 2003, con cui il Ministero delle Comunicazioni ha ingiunto di versare l’importo della quota di contribuzione per il finanziamento del servizio universale per l’anno 2000, pari ad Euro 11.131.243,53.

Con successiva memoria del 16 febbraio 2011, la stessa società chiede che sia imposto all’Autorità, in sede di rinnovazione del procedimento, di darsi carico anche delle questioni oggetto delle censure dedotte in appello, ma assorbite dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 281 del 2010, in specie relative alla quantificazione del costo netto sostenuto da T. in quanto fornitore del servizio universale.

2.6. Ritiene la Sezione che il ricorso vada respinto.

Con l’atto introduttivo del presente giudizio, prima quindi che con la citata memoria del 16 febbraio 2011 la società ricorrente estendesse la portata della domanda, è stata chiesta al Consiglio di Stato l’adozione, in ritenuta esecuzione della citata sentenza n. 281 del 2010, delle misure idonee a disporre la restituzione delle somme versate dalla stessa ricorrente sulla base dell’annullato provvedimento con cui il Ministero delle Comunicazioni ha ingiunto di versare l’importo della quota di contribuzione per il finanziamento del servizio universale per l’anno 2000, pari ad Euro 11.131.243,53.

Ebbene, la domanda non può essere accolta se si considera che, per effetto della sentenza di cui si chiede l’esecuzione, l’Autorità è solo tenuta a rinnovare l’istruttoria relativa all’analisi di sostituibilità tra la telefonia fissa e mobile e i relativi effetti sul meccanismo di riparto del costo netto per l’anno 2010, dovendo solo all’esito della stessa adottare i provvedimenti conseguenti, confermativi o meno di quanto statuito con l’annullata delibera n. 121/10/CIR e con il conseguente ordine di ingiunzione.

Non vi è dubbio, del resto, che, se all’esito della dovuta istruttoria, l’Autorità dovesse pervenire ad esiti difformi da quelli cui è giunta con l’annullata delibera n. 121/10/CIR, l’Amministrazione dovrà disporre le dovute restituzioni, anche comprensive degli accessori.

Ebbene, in data 17 dicembre 2010, l’Autorità ha pubblicato la delibera n. 121/10/CIR avente ad oggetto "Consultazione pubblica concernente la rinnovazione del procedimento relativo all’applicabilità del meccanismo di ripartizione del costo netto del servizio universale per l’anno 2010", allegando alla stessa uno schema di provvedimento elaborato all’esito alla rinnovazione dell’istruttoria "relativa all’analisi di sostituibilità tra la telefonia fissa e mobile e i relativi effetti sul meccanismo di riparto del costo netto per l’anno 2010, in ottemperanza alla sentenza del Consiglio di Stato n. 281/2010".

Così operando, l’Autorità sta senz’altro ottemperando alla citata sentenza n. 281 del 2010.

Ciò posto, e in disparte l’ammissibilità delle questioni dedotte per la prima volta con memoria del 16 febbraio 2011, il Collegio rileva che l’effetto conformativo derivante dalla sentenza n. 281 del 2010 attiene alla sola ripetizione dell’analisi di sostituibilità tra la telefonia fissa e mobile, non anche alla riconsiderazione delle questioni oggetto delle censure che, rispettivamente dedotte in appello dall’odierna ricorrente e dall’appellante incidentale T., sono state tuttavia assorbite dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 281 del 2010.

2.7. Alla stregua delle esposte ragioni va quindi respinto il ricorso.

2.8. Consegue la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese processuali, come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 10611 del 2010, lo respinge.

Condanna la società appellante al pagamento delle spese processuali, liquidate in complessivi euro 2500 (duemilacinquecento), di cui 1000 (mille) in favore dell’Amministrazione e 1500 (millecinquecento) in favore della società T..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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