Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 20-01-2011) 06-05-2011, n. 17806 Divieto e obbligo di dimora

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza emessa in data 29 marzo 2010 il GIP del Tribunale di Cagliari convalidava l’arresto di D.L. e contestualmente emetteva nei suoi confronti la misura cautelare dell’obbligo di dimora con prescrizioni ai sensi dell’art. 282 c.p.p. per il reato di cui alla L. n. 75 del 1958, art. 3, nn. 5 e 8.

Ricorre avverso il detto provvedimento D.L. a mezzo del proprio difensore, deducendo, dopo una premessa in fatto riepilogativa della vicenda, assoluta assenza di motivazione in merito alla nozione di quasi flagranza, pur essendosi il giudice soffermato esaurientemente sui requisiti della gravità indiziaria e delle esigenze cautelari giustificanti l’adozione di una misura coercitiva.

Con un secondo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione da parte del GIP in ordine alla circostanza che si trattasse di un arresto facoltativo in flagranza, in particolare mancando indicazioni – dovute per legge ex art. 381 c.p.p., comma 4 – sulla gravità del fatto o sulla pericolosità dell’autore desunta dalla sua personalità ovvero dalle circostanze del fatto.

La terza censura si fonda su una malintesa interpretazione del concetto di quasi flagranza, asseritamente insussistente in relazione al notevole lasso di tempo trascorso tra la notizia criminis e il momento in cui è avvenuto l’arresto.

Essendo state denunciate violazioni di norme processuali, il giudice di legittimità è anche giudice del fatto per cui è consentito l’accesso agli atti. Tanto premesso osserva la Corte che il D. è stato tratto in arresto dopo che intorno alle ore (OMISSIS) era giunta una segnalazione agli operatori del 118 per prestare soccorso ad una persona esanime rinvenuta a bordo di un’auto: tale segnalazione veniva effettuata ai CC. mediante una telefonata attraverso un cellulare la cui scheda risultava in uso a tale F.T., la quale, rintracciata nelle ore immediatamente successive indicava – dopo alcune esitazioni – il D. come un giovane che favoriva e sfruttava la sua prostituzione e che, nel caso in esame, la aveva accompagnata sui luoghi in cui veniva, poi, rinvenuto il cadavere dell’uomo segnalato telefonicamente ai Carabinieri e con il quale la giovane si era intrattenuta, dietro compenso, per la consumazione di un rapporto sessuale durante il quale l’uomo veniva colto da malore. La giovane aveva riferito ai militari che il D. si era allontanato precipitosamente dai luoghi in quanto impaurito delle possibili conseguenze, non prima di aver bruciato la scheda telefonica con la quale era stata effettuata la segnalazione ai CC. Il D. veniva rintracciato intorno alle ore 22,30 di quello stesso giorno e, dopo le prime dichiarazioni, tratto in arresto per il reato di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione.

Sebbene non particolarmente esaustivo in merito alla nozione della quasi flagranza, presupposto necessario per procedere all’arresto e per il successivo provvedimento di convalida, il provvedimento impugnato contiene, sia pur implicitamente, la motivazione in merito alla sussistenza dei presupposti necessari ai fini della convalida dell’arresto.

Il giudice ha infatti emanato contestualmente il provvedimento di convalida dell’arresto e quello cautelare: tale contestualità – pur nella autonomia dei due provvedimenti (aventi caratteristiche loro proprie diverse) – consente di superare le censure di omessa motivazione, risultando evidente dal contenuto del provvedimento che, anche ai fini della convalida il giudice ha tenuto presenti gli elementi necessari per adottare detto provvedimento.

Ciò si desume dalla analitica esposizione del fatto che permette di riconoscere la sussistenza del requisito della quasi flagranza indispensabile ai fini dell’arresto operato dalla polizia giudiziaria.

Quanto, poi, alla censura relativa alla mancata valutazione del requisito della quasi flagranza, è proprio attraverso la lettura dell’intero provvedimento che ripercorre le varie sequenze temporali a partire dalla prima segnalazione della notizia di reato sino al rintraccio dell’autore ed al suo arresto, che emerge quella continuità dell’azione della polizia, presupposto proprio del concetto espresso dall’art. 382 c.p.p..

Invero la nozione di inseguimento da parte della forza pubblica come enunciata nell’art. 3282 c.p.p., comma 2 implica che l’attività di indagine e la ricerca finalizzata alla cattura dell’indiziato avvengano senza interruzioni dopo la commissione del reato ed anche nel caso in cui tale attività si protragga per più tempo (Cass. Sez. 4A 20.6.2006 n. 29980, Rv. 238416; Cass. Sez. 4A 12.11.2002 n. 4348, Rv. 226984).

Il giudice ha quindi fatto buon governo della norma processuale in esame dal momento che ha tenuto presenti i vari momenti decorrenti dalla commissione del reato ed apprensione della notizia da parte della polizia, evidenziandone la stretta concatenazione fino al momento dell’arresto avvenuto a pochissime ore di distanza dal fatto.

Anche con riguardo ai presupposti richiesti per procedere all’arresto facoltativo in flagranza ed alla correlata carenza motivazionale sul punto, il provvedimento impugnato appare non solo congruamente e logicamente motivato ma in linea con quell’orientamento giursprudenziale che esige, ai fini della adozione della misura precautelare, la coesistenza di due requisiti fondamentale: gravità del fatto e pericolosità dell’agente.

Orbene è attraverso l’esame del contenuto del provvedimento nella parte relativa all’esame (e relativa valutazione) delle esigenze cautelari, che si coglie la presenza di una motivazione che da conto dell’esistenza, al momento dell’arresto, di siffatte condizioni, avendo il GIP espresso precise valutazioni proprio sulla pericolosità dell’autore del fatto e soprattutto sulla gravità delle condotte che certamente – attesa quella con testualità di provvedimenti di eterogenea natura dei quali si è precedentemente detto (ordinanza di convalida dell’arresto e provvedimento cautelare) – sono state tenute presenti anche nella fase c.d. "precautelare" finalizzata alla convalida.

Il ricorso va, pertanto, rigettato. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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