Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 13-04-2011) 09-05-2011, n. 18017

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con sentenza deliberata in data 22 aprile 2010, depositata in cancelleria il 2 luglio 2010, la Corte di Appello di Torino, in parziale riforma della sentenza 27 ottobre 2005 del Tribunale di Asti che aveva dichiarato S.M. responsabile dei reati di tentato omicidio, di detenzione e porto di arma comune da sparo, assolveva il medesimo dal reato di tentato omicidio e di porto illegale d’arma, rideterminando la pena, per il residuo reato di detenzione illegale, in anni due e mesi sei di reclusione ed Euro 500,00 di multa.

1.1. – Secondo la ricostruzione del fatto operata nella sentenza gravata S.M., assolto dal reato di essere stato il mandante del tentato omicidio ai danni dello zio S.A., veniva tuttavia ritenuto responsabile della sola detenzione di una pistola cal. 22 che lo S.A. aveva venduto al nipote in cambio di sostanze stupefacenti.

1.2. – Il giudice di merito richiamava, onde pervenire alla formulazione del giudizio di responsabilità, il dato probatorio consistito non tanto dalle dichiarazioni rese in un primo tempo da S.A., poi ritrattate (in relazione alla responsabilità del nipote), ma da quelle profferite dai figli di quest’ultimo, L. e G.. Entrambi avevano, infatti, dichiarato ai Carabinieri di Asti, in data 11 giugno 1997, che l’arma in questione era stata ceduta dal padre al prevenuto per 5 grammi di cocaina. Tali propalazioni erano state poi confermate dalle dichiarazioni di F.J., il quale aveva affermato di aver saputo da C.A. (imputato anche lui di essere stato esecutore materiale del delitto di tentato omicidio, dalla cui imputazione era stato però assolto e che non aveva confermato la specifica circostanza della dazione dell’arma) che S.M. aveva a disposizione una pistola cal. 22. 2. – Avverso tale decisione, tramite il proprio difensore avv. Ferrucci Rattazzi, ha interposto tempestivo ricorso per cassazione lo S. chiedendone l’annullamento per violazione di legge e vizi motivazionali:

a) nullità della sentenza per violazione di legge e per difetto, illogicità e contraddittorietà della motivazione, risultante dal testo e da atti del processo, in ordine all’accertamento della penale responsabilità del ricorrente con riferimento alla detenzione dell’arma; il giudice ha erroneamente preso in esame le dichiarazioni rese dai due S., G. e L., in sede di sommarie informazioni testimoniali mentre avrebbe dovuto tener conto solo di quelle rese in incidente probatorio che sono sostanzialmente non confermative. Anche il riferimento alle dichiarazioni del F. sono errate, posto che il teste allude a tale Ci.Cr. e non a C.A.. Inoltre doveva farsi valere l’inutilizzabilità della circostanza riferita de relato, posto che nè il C., nè il Ci. erano stati mai indagati o imputati per il reato di detenzione di tale arma;

b) nullità della sentenza per violazione di legge, nonchè per difetto, illogicità e contraddittorietà della motivazione, risultante dal testo con riferimento alla intervenuta prescrizione del reato di detenzione di arma comune da sparo;

c) nullità della sentenza per violazione di legge, nonchè per difetto, illogicità e contraddittorietà della motivazione risultante dal testo con riferimento alla quantificazione della pena;

d) violazione di legge per violazione del principio del ne bis in idem. Lo S. è già stato giudicato per il reato in questione dal Tribunale di Asti in data 17 maggio 2007.

Con istanza depositata in cancelleria a mezzo fax in data 4 aprile 2011 il difensore dello S. ha insistito, tra l’altro, sull’eccezione relativa al divieto del ne bis in idem richiedendo, se del caso, che l’ufficio disponesse l’acquisizione della copia integrale della sentenza del Tribunale di Asti in data 17 maggio 2007.
Motivi della decisione

3. – Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.

3.1 – Il primo motivo di ricorso, in particolare, non è fondato e deve essere respinto.

3.1.1 – Le sollecitazioni difensive non possono essere ritenuti autosufficienti posto che non allegano i verbali di incidente probatorio da cui si dovrebbe desumere che, contrariamente a quanto assunto dal giudice dei merito, i due propalanti non avrebbero confermato le proprie dichiarazioni accusatorie rese nella fase delle indagini preliminari. Parimenti, analoga censura va mossa in relazione alle dichiarazioni del F..

3.1.2. – Questo Collegio ritiene per vero di dover dar continuità al principio più volte espresso dalla Corte di legittimità secondo cui, anche in sede penale, debba essere recepita la regola della cosiddetta "autosufficienza" del ricorso costantemente affermata, in relazione al disposto di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, dalla giurisprudenza civile, con la conseguenza che, quando si lamenti la omessa valutazione o il travisamento del contenuto di specifici atti del processo penale, è onere del ricorrente suffragare la validità del suo assunto mediante la completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti medesimi (ovviamente nei limiti di quanto era già stato dedotto in sede di appello), dovendosi ritenere precluso al giudice di legittimità il loro esame diretto, a meno che il "fumus" del vizio dedotto non emerga evidente dalla lettura della sentenza (Cass., Sez. 4, 26 giugno 2008, n. 37982, Buzi, n, 241023;

Sez. 1, 18 marzo 2008, n. 16706, Falcone, n. 240123; Sez. 1, 29 novembre 2007, n. 47499, Chialli, n. 238333; Sez. Feriale, 13 settembre 2007, n. 37368, Torino, n. 237302; Sez. 4, 19 dicembre 2006, n. 21858, Tagliente, n. 236689; Sez. 1,18 maggio 2006, n. 20344, Salaj, n. 234115; Sez. 1, 2 maggio 2006, n. 16223, Scognamiglio, n. 233781; Sez. 1, 20 aprile 2006, n. 20370, Simonetti, n. 233778); sussisteva pertanto l’onere del ricorrente di fornire compiuta rappresentazione e dimostrazione della evidenza (pretermessa ovvero infedelmente rappresentata dal giudicante) di per sè dotata di univoca, oggettiva e immediata valenza esplicativa, tale, cioè, da disarticolare, a prescindere da ogni soggettiva valutazione, il costrutto argomentativo della decisione impugnata, per l’intrinseca incompatibilità degli enunciati (Cass., Sez. 1,14 luglio 2006, n. 25117, Stojanovic, n. 234167 e Cass., Sez. 1, 15 giugno 2007, n. 24667, Musumeci, n. 237207).

3.1.3. – E’ poi qui peraltro appena il caso di osservare che non è applicabile la inutilizzabilità ex art. 195 c.p.p. come rilevato in ricorso, posto che non risulta in atti che sia stata avanzata richiesta di esame della fonte originaria a prescindere dalla sua individuazione.

3.2 – Deve invece essere rigettata la censura che attiene alla maturata prescrizione del reato. Posto che nella fattispecie deve ritenersi applicabile la normativa previgente all’entrata in vigore della L. 5 dicembre 2005, n. 251 dal momento che la sentenza di primo grado è stata pronunciata prima dell’entrata in vigore della novella legislativa. Poichè il reato è stato commesso l’ (OMISSIS) deve ritenersi prescritto solo in data 11 giugno 2012. 3.3 – Parimenti destituito di fondamento per genericità è il terzo motivo di impugnazione. Va osservato che, in tema di attenuanti generiche e di trattamento sanzionatorio in genere, il giudice non ha l’obbligo di procedere a un analitico esame dei criteri elencati nell’art. 133 c.p. ai fini della determinazione della pena e di fornire una congrua motivazione, essendo sufficiente il riferimento a dati obbiettivi o subbiettivi idonei ad evidenziare la correttezza sul piano argomentativo del criterio seguito nell’esercizio del proprio potere discrezionale. Nel caso in esame la sentenza impugnata appare conforme a tali principi, avendo fornito un’argomentazione compiuta e logicamente sviluppata in ordine alla dosimetria della pena.

3.4 – Il quarto motivo di ricorso è altresì privo di fondatezza.

3.4.1 – Si osserva innanzitutto che l’istanza depositata in data 4 aprile 2011 è pervenuta via fax sicchè la medesima è irrituale e non ricevibile. Deve sul punto rammentarsi per vero la giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo cui l’art. 121 c.p.p. prescrive che, in ogni stato e grado del procedimento, le memorie e le richieste siano presentate al giudice per iscritto mediante deposito in cancelleria, non assicurando il telefax la certezza della provenienza del documento, sicchè il giudice non è obbligato a prendere in esame l’atto così pervenuto; d’altro canto, l’art. 150 c.p.p., che contempla l’uso di forme particolari di notificazione, quali appunto, il telefax, indica nei funzionali di cancelleria gli unici soggetti abilitati ad avvalersene (Cass., Sez. 5, 14 ottobre 2009, n. 46954, Giosuè, P.M. Salzano F., rv. 245397).

3.4.2 – Va in ogni caso osservato che non è dato comprendere se sussista o meno la denunciata medesimezza del fatto giudicato, posto che il capo di imputazione ascritto allo S. di cui alla nominata sentenza del Tribunale di Asti è generico e non solo perchè fa riferimento a una data imprecisata di commissione, ma perchè, a prescindere dalla identità del calibro della pistola, non vi è alcuna certezza che trattasi della medesima arma per cui è giudizio.

4. – Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi indicativi dell’assenza di colpa (Corte Cost, sent. n. 186 del 2000), al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) alla Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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